Liberati due cani da una struttura senza aperture, denunciato il proprietario

Liberati dai CC di Randazzo (CT) due cani tenuti in una struttura senza aperture a Linguaglossa. La Giurisprudenza sul maltrattamento animali

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I Carabinieri del Nucleo Radiomobile della Compagnia di Randazzo comune alle pendici orientali dell’Etna della provincia di Catania, hanno denunciato un 51enne del vicino comune di Linguaglossa (CT), ritenuto responsabile di maltrattamento di animali.

Ai Carabinieri era giunta la segnalazione di alcuni cittadini che in via Cavour di Linguaglossa, ormai da tempo, percepivano i guaiti di alcuni cani pur non avendoli mai visti perché costantemente chiusi dentro una sorta di stalla.

L’intervento dei militari è stato supportato da personale della Polizia locale e da medici veterinari dell’A.S.P. di Giarre, i quali si sono recati sul posto constatando la presenza di due cani meticci, tenuti in pessime condizioni igieniche ed al chiuso di una struttura priva di apertura verso l’esterno.

I due poveri animali, a causa dello stress al quale erano sottoposti, erano soliti azzannarsi tra loro ed in particolare il più debole, visibilmente ferito, si nascondeva sotto una catasta di legname per evitare ulteriori attacchi del compagno di sventura.

L’animale ferito è stato così affidato ad un canile di Giarre, mentre l’altro è stato affidato alle cure del nipote dell’uomo denunciato.

LA GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI MALTRATTAMENTO ANIMALI

(fonte: Il reato di maltrattamento di animali https://www.studiocataldi.it/guide-diritto-penale/maltrattamento-animali.asp#ixzz6tcWAwuKh)

Per ravvisarsi maltrattamento non è necessaria l’azione materiale di cagionare lesione ad un animale, ma sia sufficiente lasciarlo soffrire (per mancanza di cure, inedia, ecc.) attraverso condotte omissive consapevoli di tali inflizioni (Cass. n. 46291/2003).

La Giurisprudenza ha chiarito che per integrare il reato non occorrono lesioni necessariamente fisiche, ma è sufficiente la sofferenza degli animali, poiché la norma mira a tutelarli quali esseri viventi in grado di percepire dolore, anche nel caso di lesioni di tipo ambientale e comportamentale (Cass. n. 46291/2003; Trib. Pen. Torino 25.10.2006).

Nel reato di maltrattamento di animali, la nozione di lesione, sebbene non risulti perfettamente sovrapponibile a quella prevista dall’art. 582 c.p., implica comunque la sussistenza di un’apprezzabile diminuzione dell’originaria integrità dell’animale che, pur non risolvendosi in un vero e proprio processo patologico e non determinando una menomazione funzionale, sia comunque diretta conseguenza di una condotta volontaria commissiva o omissiva (Cassazione penale n. 32837/2013).

In merito alla sottoposizione a sevizie o a comportamenti, fatiche o lavori insopportabili per le caratteristiche etologiche dell’animale, assume valenza qualsiasi azione caratterizzata da un’evidente e conclamata incompatibilità con il comportamento della specie di riferimento come ricostruito dalle scienze naturali (Cass. n. 5979/2013).

È ravvisabile il reato di maltrattamento di animali, previsto dall’art. 544-ter, secondo comma, c.p., nella somministrazione di sostanze medicamentose ad un cavallo, senza prescrizione medica e con l’unica finalità di superare quella che altrimenti sarebbe stata l’impossibilità della sua partecipazione ad una gara (Cassazione penale n. 5235/2017).

In tema di delitti contro il sentimento per gli animali, ai fini della configurabilità dei reati di uccisione (art. 544-bis c.p.) e di maltrattamento di animali (art. 544-ter c.p.) non è necessaria la compiuta identificazione dell’animale offeso (Cassazione penale n. 3674/2018)

Configura la lesione rilevante per il delitto di maltrattamento di animali, art. 544-ter, in relazione all’art. 582 c.p., l’omessa cura di una malattia che determina il protrarsi della patologia con un significativo aggravamento fonte di sofferenze e di un’apprezzabile compromissione dell’integrità dell’animale (Cassazione penale n. 22579/2019).

L’utilizzo di collare elettronico, che produce scosse o altri impulsi elettrici trasmessi al cane tramite comando a distanza, integra la contravvenzione di detenzione di animali in condizioni incompatibili con la loro natura e produttive di gravi sofferenze, poiché concretizza una forma di addestramento fondata esclusivamente su uno stimolo doloroso tale da incidere sensibilmente sull’integrità psicofisica dell’animale. Va tuttavia osservato che la condotta vietata, oggetto di incriminazione, non è la mera apposizione sull’animale del collare elettronico, ma il suo effettivo utilizzo, nella misura in cui ciò provochi “gravi sofferenze”: evento del reato, da intendersi nell’insorgere nell’animale di patimenti psico-fisici, in assenza dei quali si fuoriesce dal perimetro della tipicità (Corte di Cassazione penale, Sez. 3^, 19 marzo 2021, Sentenza n.10758).

Adduso Sebastiano

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