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Migranti, l’ultimatum di Dimitris Avramopoulos, Commissario europeo

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Nel giorno del summit di Roma sul problema della gestione dei migranti, Dimitris Avramopoulos va diretto al punto: «Tutti si devono rendere conto che far parte della famiglia europea impone una serie di obblighi morali e istituzionali». Nell’editoriale Stefano Stefanini sottolinea il ruolo fondamentale dell’Italia nella gestione dell’emergenza in Nord Africa.

“L’Europa sanzionerà i Paesi che rifiutano le quote”

L’ultimatum del commissario Avramopoulos: l’Italia non deve ritenersi sola in questa emergenza

ROMA – «La relocation dei migranti non funziona? Dopo un anno e mezzo di amare delusioni adesso le cose cominciano a cambiare, e i rifugiati giunti in Grecia e in Italia cominciano a essere spostati in altri Paesi. Ma tutti gli Stati membri devono fare la loro parte. Due settimane fa da Bruxelles abbiamo lanciato un segnale molto chiaro: tra qualche mese questo programma si concluderà, e allora sarà il momento per tutti noi di prendere nuove decisioni. Speriamo che non debba essere necessario far scattare delle procedure di infrazione per i Paesi che non avranno rispettato i loro impegni». Dimitris Avramopoulos, greco, Commissario europeo per le migrazioni, gli affari interni e la cittadinanza, ha partecipato ieri al summit centromediterraneo di Roma sul problema della gestione dei migranti. E – almeno a parole – sembra voler minacciare di sanzioni i tanti Paesi Ue che non stanno accogliendo le quote previste di profughi.

Commissario, che ne pensa del vertice a Roma? È stato un incontro utile?

«

Sappiamo che la situazione è molto difficile, e che la pressione sull’Italia è fortissima. Questa iniziativa è da considerare utile per sostenere l’Italia, ma anche per mettere intorno a un tavolo tutti i protagonisti di questa vicenda. Ne è emerso un forte impegno a lavorare insieme per affrontare il tema dell’immigrazione sul terreno, in concreto. Vogliamo tutti dare il massimo supporto alla Libia perché possa controllare meglio le sue frontiere meridionali e contrastare i trafficanti di migranti, e le forniremo tutti gli equipaggiamenti necessari, a cominciare dalle forze della guardia costiera. Ma bisognerà insistere in futuro».

Che ne pensa dei progetti del governo italiano di un sostegno anche militare al governo libico?  

«Ci congratuliamo con l’Italia per quel che sta facendo per la Libia. È un’iniziativa complementare con le altre già avviate dall’Europa. Ma affrontare il tema dei transiti dalla Libia deve essere una responsabilità condivisa di tutti Paesi europei. Perché quello che avviene in Italia – o in Grecia – in realtà poi si riverbera sull’intera Ue. L’Italia non è sola su questa emergenza».

Commissario, eppure sappiamo che molti partner Ue – nei fatti – di migranti non ne vogliono sapere. L’Europa ci vuole aiutare davvero, o sono solo parole?  

«È un fatto che alcuni governi non si impegnano o riluttano a compiere quello che invece è un preciso dovere comune: affrontare insieme il problema dell’immigrazione. Tutti si devono rendere conto che far parte della famiglia europea impone una serie di obblighi morali e istituzionali».

Obblighi che però, per adesso, non vengono rispettati, se non in minimissima parte. E così un fenomeno come quello dei rifugiati, che rispetto al totale della popolazione e del territorio europeo avrebbe un peso irrisorio, diventa un problema potenzialmente esplosivo.  

«Dopo una partenza deludente, lo schema di ricollocazione dei profughi ha cominciato ad essere applicato. Piano, ma qualcosa comincia a muoversi. Ma tutti gli Stati devono far parte della soluzione. Dall’autunno, come ho detto, non vorrei fossimo costretti a intervenire con procedure di infrazione, per chi non rispetta i suoi impegni».

Commissario Avramopoulos, si sente in grado di promettere che stavolta le regole sulla ripartizione dei migranti verranno rispettate?  

«Sono molto fiducioso, assolutamente fiducioso. Le cose vanno migliorando, ma non siamo arrivati dove vorremmo, perché qualche governo è molto riluttante nell’accettare quelli che sono in realtà obblighi ben precisi. Quello che è stato deciso è legalmente obbligatorio e vincolante per tutti i Paesi membri dell’Ue. Il programma in corso si esaurirà in autunno. E questo significa che tutti quanti, nessuno escluso, verranno considerati responsabili sulla base di quel che hanno fatto, e degli impegni che non avranno mantenuto».

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