Decreto di confisca di 7 milioni di euro di beni a imprenditore condannato per mafia

La Dia di Messina ha eseguito la confisca ad un imprenditore della provincia nebroidea operante nel settore della macellazione e commercializzazione di pellame condannato nel 2009 con sentenza irrevocabile

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Nella giornata dell’11 gennaio la Direzione Investigativa Antimafia ha eseguito in provincia di

Messina un decreto di confisca beni emesso dalla Corte di Appello peloritana.

Si tratta di un ingente patrimonio dal valore di circa 7 milioni di euro, riconducibile a un

Imprenditore, Nunzio Ruggeri, dell’area nebroidea della provincia operante nel settore della macellazione e commercializzazione di pellame, ritenuto – sulla base delle risultanze emerse dalle indagini condotte

dalla D.I.A. e coordinate dalla D.D.A. di Messina, – soggetto socialmente pericoloso a seguito di

vicende giudiziarie per truffa per il conseguimento di erogazioni pubbliche, abusivismo finanziario

e usura, delitto quest’ultimo per il quale è stato condannato con sentenza divenuta irrevocabile nel

2009.

LE INDAGINI

L’uomo è risultato storicamente legato alla mafia dei Nebrodi, vicino a elementi della criminalità tortoriciana, come Santo Lenzo e Cesare Bontempo Scavo, e brolese, Carmelo Armenio. Da alcune dichiarazioni del collaboratore Lenzo, risalenti al 2002, si evince che Ruggieri, nel 1999, tramite Armenio, “aveva chiesto che fossero incendiati i mattatoi di Sinagra, Barcellona e Giammoro, impegnandosi, nel contempo, a versare 50 milioni di lire all’organizzazione mafiosa” che lo avrebbe verosimilmente favorito. L’intento criminoso non giunse a compimento “per l’opposizione dei rappresentanti della criminalità organizzata barcellonese”.

Tra il 1998 e il 2000, invece, aveva negoziato tre assegni illeciti, per un valore di circa 76 milioni di lire, tramite un dipendente di banca che si era rivolto a Ruggieri per ottenere prestiti, poi risultati usura.

L’imprenditore, peraltro, emerge quale soggetto menzionato da collaboratore di giustizia come

operatore economico vicino ad ambienti mafiosi “nebroidei” e “tortoriciani”.

L’attività investigativa della D.I.A. ha permesso di accertare come il proposto nel periodo oggetto

d’indagine, pur non avendo formalmente dichiarato redditi sufficienti a giustificare le rilevanti

disponibilità economiche, sia riuscito ad accrescere il proprio patrimonio personale ed

imprenditoriale ricorrendo anche all’intestazione di beni a congiunti e parenti.

La misura ablativa eseguita oggi è provvedimento di secondo grado che segue quelli di sequestro e

di confisca emessi dal Tribunale di Messina-Sezione M.P. già nel corso del 2020 nei confronti

dell’imprenditore.

IL SEQUESTRO

Nel complesso sono stati oggetto del provvedimento ablativo: la quota pari al 50% di società

nonché la quota pari al 20% del Fondo Consortile di un Consorzio; 17 unità immobiliari (fabbricati

e terreni); 20 mezzi personali ed aziendali e vari rapporti finanziari.

Al Ruggeri erano già stati confiscati nel luglio 2018 circa 8 milioni e 200 mila euro tra le quote di un’impresa, decine di immobili a Naso e dintorni, le quote di un consorzio, diversi mezzi d’opera.

Nel 2020 Direzione investigativa antimafia di Messina, in sinergia con la Direzione distrettuale antimafia di Messina e il procuratore aggiunto Vito Di Giorgio, aveva scoperto che il Ruggeri aveva costituito un’altra società, pur essendo incapiente con le sue fonti ufficiali di reddito, al fine di eludere la normativa antimafia.

Adduso Sebastiano

(le altre informazioni regionali le trovi anche su Vivicentro – Redazione Sicilia)

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