Dai salotti buoni alla Silicon Valley.

La scommessa della nuova generazione. Ai De Benedetti il 43% del gruppo, Exor avrà il...

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La scommessa della nuova generazione. Ai De Benedetti il 43% del gruppo, Exor avrà il 5%. E Fca esce da Rcs.

TORINO – Tre storiche famiglie di imprenditori, una nuova generazione e il nuovo numero uno dell’editoria quotidiana in Italia. Dietro le grandi cifre dell’accordo che per la primavera del prossimo anno dovrà portare alla fusione fra gruppo L’Espresso ed Itedi sono questi i numeri che contano.

La volontà dei De Benedetti, degli Agnelli e dei Perrone di scommettere sull’editoria si concretizza infatti in un’operazione tutta nuova.

Un’operazione dove la Cir accetta di perdere la maggioranza assoluta del nuovo gruppo da oltre 750 milioni di ricavi, passando dall’attuale 53% al 43% circa, mentre i due principali azionisti che oggi controllano Itedi avranno alla fine una partecipazione del 5% a testa. Tutto in nome di quello che il presidente di Cir Rodolfo De Benedetti definisce «un gruppo più grande, più forte, con una redditività significativa e sempre più autorevole dal punto di vista della governance, dei contenuti e delle testate di proprietà», ossia La Repubblica e i quotidiani locali di Finegil, che oggi fanno capo al gruppo L’Espresso, e La Stampa e Il Secolo XIX della Itedi. Il salto generazionale tocca soprattutto i rapporti tra De Benedetti (55 anni), che assieme ai fratelli ha avuto tre anni fa la proprietà del gruppo dal padre Carlo, e il presidente di Fca ed Exor John Elkann (40 il mese prossimo). Sono loro due ad aver dato il calcio d’avvio ai negoziati e sono loro due che suggelleranno l’intesa nei prossimi mesi con un accordo sulle rispettive partecipazioni, stringendo un’alleanza che solo qualche anno fa sarebbe parsa difficile. Il tutto sotto la guida operativa che resterà in mano all’amministratore delegato del gruppo L’Espresso e della stessa Cir Monica Mondardini, che in questi anni si è guadagnata anche la fama di formidabile risanatrice di conti.

La necessità di creare un campione che sia perlomeno nazionale è chiara a tutti i protagonisti dell’accordo. Alla base un ragionamento in fondo semplice: se oggi da Cupertino o da Mountain View, Apple o Google vanno in cerca di un partner editoriale per un qualsiasi accordo, si concentrano esclusivamente sul primo operatore nazionale in ogni Paese. Le economie di scala, dunque, non si vedranno solo in quel conseguimento di sinergie che è uno degli obiettivi di ogni fusione, ma anche nel fatto che il nuovo gruppo potrà muoversi con una taglia adeguata in un mondo di giganti come è oggi quello della comunicazione tradizionale e soprattutto digitale. Non a caso i modelli a cui guarda la nuova holding, con le testate che manterranno la loro autonomia sotto il cappello comune, sono quelli della tedesca Axel Springer o dell’angloaustraliana News Corp. A dare la dimensione di leadership anche europea del nuovo gruppo nei quotidiani di qualità sono ancora una volta i numeri: l’aggregato di Repubblica, Stampa e Secolo XIX, ognuna delle quali manterrà la sua autonomia, supera le 560 mila copie quotidiane vendute, contro ad esempio le 495 mila del britannico Daily Telegraph, la stessa cifra della tedesca Süddeutsche Zeitung, o le 360 mila copie di El País. E lo stesso vale sulla nuova frontiera dell’informazione, quella di Internet, con i 2,5 milioni di utenti unici il giorno che surclassano qualsiasi altro concorrente.

Ma la giornata di ieri scuote il mondo dell’editoria anche per un’altra ragione. In parallelo al progetto con il Gruppo L’Espresso, Fca lascia infatti la Rcs Mediagroup, nella quale la Fiat di Giovanni Agnelli era entrata prima negli Anni 70 e poi negli Anni 80 e dove la stessa Fca aveva raddoppiato la posta, salendo fino al 20%, nell’estate del 2013 per poi arrivare infine all’attuale 16,7%. L’investimento in Rcs non ha dato i frutti sperati, anche per un azionariato composito e spesso occupato a esercitare il proprio potere di interdizione sopra ogni altra cosa. Così Fca esce senza rimpianti – se non una minusvalenza che si rifletterà pro quota anche su Exor – ed Elkann abbandona il più classico dei salotti buoni del capitalismo italiano per lanciarsi in un viaggio ben più avventuroso, con nuovi compagni di strada. Un viaggio anche verso i territori del digitale.

La futura fusione Itedi-Espresso scatenerà reazioni? Sono in molti a scommetterlo. Sotto la lente è proprio Rcs. Non solo Fca uscirà, ma Exor – alla quale spetterà come socio di Fca circa un terzo della partecipazione nella casa editrice – ha già fatto sapere che la cederà «in linea con le prassi di mercato per operazioni similari». Significa che non ci sarà presumibilmente nessun accordo per la cessione del pacchetto a un altro grande socio e che le azioni verranno cedute sul mercato nella maniera più indolore possibile per le quotazioni di Rcs. Con Fca in partenza, grandi soci finanziari come Mediobanca e Intesa-Sanpaolo anch’essi in cerca di una via d’uscita e un debito che si avvicina a quota mezzo miliardo, le prospettive sono l’emergere di un azionista forte o magari un’ulteriore fusione che smuoverebbe ancora dalle fondamenta – dopo decenni – il panorama editoriale italiano.

* FRANCESCO MANACORDA / lastampa

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