Consigli di Lettura: “Non avrò scampo” di Vito Ferrone

“Non avrò scampo – La seconda indagine dell’ispettrice de Asmundiis” è l’ultimo romanzo di Vito...

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“Non avrò scampo – La seconda indagine dell’ispettrice de Asmundiis” è l’ultimo romanzo di Vito Ferrone edito da Apeiron, un Giallo avvincente di 270 pagine.

Consigli di Lettura: “Non avrò scampo” di Vito Ferrone

Il Professor Vito Ferrone è un Lucano d’origine, Napoletano di adozione. Laureato in Ingegneria Chimica. Abilitato alla professione di Ingegnere. E’ ordinario di Chimica e Tecnologie chimiche presso l’I.T.I.S. “Elena di Savoia” di Napoli. Ha al suo attivo esperienze di lavoro nel campo della ricerca applicata, della formazione e della sicurezza industriale.

Ha pubblicato negli anni: Nucleo centrale, Arduino Sacco Editore; Immobilità centrale, Youcanprint self publishing; Relatività centrale, Arduino Sacco Editore; Assenza centrale, Youcanprint self publishing; Napoli è centrale, Youcanprint self publishing; Centrale, Youcanprint self publishing; Aveva ancora i capelli bagnati, Robin edizioni.

La protagonista del suo romanzo è Camilla de Asmundiis, appena tornata nel suo commissariato e immediatamente si trova alle prese con un omicidio: un fisico nucleare morto ammazzato nella sua auto. Non è il classico delitto di camorra: questa l’unica certezza della decisa e caparbia sbirra. Per il resto, amori, tradimenti, fisica medica e farmaci ad alta selettività.

Questo libro non lo troverete in “prima fila” sugli scaffali delle librerie, il Prof. Ferrone scrive per amore della scrittura e della divulgazione -non ha alle spalle una “corazzata” potente come “gli scrittori del momento”, per questo vale la pena e il tempo andare alla ricerca del libro, magari partendo proprio dalla prima indagine di Camilla dal titolo “Aveva ancora i capelli bagnati”.

Camilla non è una protagonista come quelle raccontate nelle fiction ultimamente trasmesse, non ha bisogno di indossare un tacco 12 per “esprimere la propria femminilità”; è una donna credibile, fatta di carne, ossa, muscoli e sangue, capace di esprimere tutte le emozioni proprie dell’essere umano femminile.

Che un personaggio del genere sia stato creato e raccontato proprio da un uomo fa capire come “per fortuna” non siamo stati del tutto “accecati” dai modelli e i canoni estetici che il mercato ci impone.

L’Intervista all’Autore 
  • La protagonista del suo romanzo è Camilla de Asmundiis, “Uno sbirro con il coraggio, la determinazione e la cazzimma degli sbirri, in più con la sua sensibilità di donna che mette al servizio di chi è stato offeso, derubato, abusato, ammazzato” . Camilla però non è una ragazza qualunque:” viene dalla più alta e facoltosa borghesia napoletana con evidenti quarti di nobiltà. Una per la quale la vita, e il lavoro che si è scelto, sono carne e sangue”. Nel suo libro ad un passaggio riporta anche quello che i suoi colleghi di lavoro ritengono che sia un suo tratto distintivo “un culo imperiale”: non trova di aver giocato facile? Insomma è una protagonista perfetta per l’immaginario maschile e che non dispiace nemmeno al pubblico femminile, dato che racchiude tutte belle qualità (carattere- personalità- fisicità)?

Il punto, io credo, sia la credibilità. Da quando ho cominciato a scrivere, più di dieci anni fa ormai, il mio cruccio costante, e ansiogeno, è stato essere credibile. Costruire storie e personaggi credibili. Lo so in fondo sono solo dei romanzi, come dico spesso parafrasando Hemingway. Però… Però c’è il rispetto, ci deve stare altrimenti tutto crolla, per i lettori o, se vuole, per il lettore. E allora, pur nella sostanziale finzione, perché da sempre la realtà supera qualunque immaginario, anche quello meglio costruito, è, a mio modesto avviso, decisivo fare i conti con il reale e la realtà. Vissuta, sperimentata, raccontata, pensata, ipotizzata, osservata, ricordata. Tranne uno ― ma anche lì giocavo in casa: ero con il mio personaggio nel paese natio in Lucania ― tutti i miei libri sono ambientati a Napoli. Mi è più semplice scrivere senza perdere di vista il lettore o i potenziali lettori. Non necessariamente soltanto napoletani. Si fidi non è facile, affatto, essere credibili. Devi scrivere di ciò che sai, che conosci a fondo, che sai analizzare e sviluppare, generalizzare, per così dire, perché non resti confinato in un’unica realtà. Mi permetta un esempio, non particolarmente acuto nella sua semplicità, ma che probabilmente spiega: non bastano tutti gli ingredienti, quelli giusti, per fare uno spaghetto a vongole. Di qualità.

  • Il libro parte immediatamente con il caso con cui si confronterà la protagonista, i dialoghi sono incalzanti fin dal primo momento, non ci sono tempi morti: lo ha scritto immaginando già una versione cinematografica?

No. Ho smesso sinceramente di sognare un mio successo come scrittore. Tale, oltretutto, da pensare a una versione cinematografica? Proprio no. All’inizio avevo qualche velleità, adesso scrivo per me stesso e per quelle poche persone che con simpatia, affetto e anche curiosità, mi leggono. Ho scritto sempre così, sfruttando quello che un amico caro ha dichiarato essere un mio talento. Secondo lui, e non è ipocrita modestia la mia ― voglio dire che non sono io a dovermi giudicare ma altri. Se fossi un letterato ripeterei con Pablo Neruda che il libro una volta dato alle stampe non è più di chi lo scrive ma di chi lo legge ― secondo lui, dicevo, sono molto bravo nel costruire i dialoghi. E poi mi aiutano nell’essere veloce, nel mantenere il ritmo alto, direi serrato. Io odio quei polpettoni lenti, come pure quei personaggi talmente complessi da diventare complicati, e per me incomprensibili. Come, ancora, non amo quei romanzi che hanno un inizio lento, magari in un passato più o meno oscuro, che poi è sempre lo stesso: la vendetta, e che si sviluppano in un presente dagli orizzonti blandi e incerti. Ho fatto mia, quasi un mantra, una frase, credo, ma non vorrei sbagliarmi, nel caso chiedo scusa, di Corrado Augias, che recitava: “Le prime quarantotto ore sono quelle decisive”.

  • Ha dichiarato di essere convinto che “le terapie con gli acceleratori hanno un potenziale che i farmaci non hanno. Il futuro è, quindi, nelle particelle pesanti, gli adroni. Più efficaci e precisi, tant’è che hanno risolto uno dei problemi più angosciosi nella guerra al cancro: la distruzione di cellule sane oltre a quelle tumorali”. Quanti investimenti sarebbero necessari, secondo Lei per approfondire queste ricerche e far sì poi, che a beneficiarne possano esserne il più ampio numero di persone?

È una domanda realmente difficile. Meriterebbe una risposta lunga e articolata. Comincio con una precisazione che non solo è doverosa ma è anche giusta. Tutto ciò che concorre ad allievare il dolore e, soprattutto mi permetto dire, a sconfiggere queste patologie, quelle tumorali, così invasive e devastanti va non bene, va benissimo. Tutte le terapie farmacologiche o strumentali, devono essere, nel rispetto della loro specificità e selettività, poste in essere. E quelle più efficaci, senza troppi, anzi senza nessun intralcio di natura burocratica. Quando sono venuto a conoscenza dei L. E. A. (Livelli Essenziali di Assistenza) ho immaginato un possibile scenario dove non l’efficacia e l’efficienza delle terapie ma inconfessabili interessi economici avrebbero potuto scatenare una “guerra” a danno del malato, dei malati, e della stessa ricerca scientifica. Non ho nessuna prova e nemmeno un indizio di tutto questo. Le uniche cose certe sono la scoperta dell’hub clandestino dei farmaci, una notizia di qualche tempo fa ritrovabile su più di un sito, e il rigoroso, e faticoso, studio per raccontare in maniera semplice e comprensibili aspetti tecnici e, prima ancora, scientifici da togliere il sonno. Se non altro a me. In quanto ai costi, un dato verificato è il costo del sincrotrone, per cui, suppongo possiamo parlare di un miliardo di euro, come ordine di grandezza, a volere interessare con queste macchine tutto il territorio nazionale. C’è possibilità che i costi scendano? Non saprei. Tempo addietro, un carissimo amico, un fisico nucleare parecchio bravo, mi disse che forse qualcosa si poteva fare per ridurre l’ingombro e, quindi, i costi degli acceleratori non lineari. Ho usato questa informazione per dare sugo e spessore al libro. Ovviamente come possibilità, perché così mi era stata presentata. Il famoso rispetto, insomma. Non so, se lo studio delle equazioni abbia effettivamente portato a qualche praticabile conclusione oppure a un nulla di fatto. In questo caso, temporaneo spero. Perché con la Scienza una strada interrotta, a un certo punto, viene ripresa e la soluzione che sembrava impossibile, finalmente è a portata di mano. Accade proprio così.

  • Da Professore ha dichiarato che secondo Lei la Fisica è Scienza: guardando ai programmi scolastici, non è una materia studiata da tutti, che libro consiglierebbe a chi ha passato l’età della scuola e adesso con la lettura del suo giallo, vorrebbe iniziare a capirci un po’ più di fisica? (sia chiaro, non che si pretenda di diventare esperti, ma per poter essere un po’ meno ignoranti in materia).

“L’evoluzione della Fisica” di Albert Einstein e Leopold Infeld. Bollati Boringhieri.

  • Cosa della Fisica la affascina di più? Come è cambiato nel tempo il suo modo di insegnare?

L’intelligenza. Come “adeguatio rei et intellectus”.

Il mio modo di insegnare? Non lo so di preciso. Dovrebbero dirlo i miei studenti. Io posso dire questo: ho cercato sempre di mettermi in gioco e di interessarmi a loro e al loro futuro. Non sempre ci sono riuscito.

  • Qual è l’insegnamento più importante (anche più di uno) che la Fisica Le ha ispirato?

Di non parlare a vanvera. O per sentito dire o, peggio, senza sapere quello che si dice. Che pare un costume ben radicato di questi tempi. Con la Fisica non c’è trucco e non c’è inganno. Bensì la contestualizzazione, intelligente, onesta e puntuale, di un problema, di un aspetto preciso, in molti casi decisivo della realtà e, contemporaneamente, l’umiltà di aspettare che la realtà stessa ti dia, o meno, ragione. Senza preclusioni ideologiche, di razza o, meno che mai, culturali.

La più grande teoria scientifica che un uomo solo, Albert Einstein, abbia mai elaborato, la teoria della Relatività Generale, che ha rivoluzionato il nostro modo di concepire l’Universo, è stata confermata, validata mi viene da dire, da un fisico inglese, Artur Eddington. Einstein era tedesco, sebbene naturalizzato svizzero. E tutto questo alla fine di una delle più terribili guerre, la prima Guerra Mondiale, durante la quale, migliaia e migliaia di giovani inglesi ― tra cui l’intero reggimento degli studenti di Cambridge, l’università di Eddington ― vennero gasati. E viceversa. Anche gli inglesi gasarono i giovani tedeschi, ovviamente. Eddington trova la prova sperimentale che la massa incurva lo spazio, cioè la prova della validità scientifica del lavoro di Einstein.

Secondo me è un episodio che andrebbe meditato. A lungo.

  • Qual è l’errore peggiore che uno studente di Fisica non deve fare?

Pensare di avere tutte le riposte. Non le ha.

  • Nel suo romanzo dice di aver “giocato” nell’ideare una protagonista femminile -eppure sembra di aver giocato seriamente – come mai però l’ha circondata prevalentemente di personaggi maschili? E’ difficile per un uomo raccontare l’amicizia tra donne?

Per la verità, nel primo libro che ha come protagonista Maria Camilla, dal titolo “Aveva ancora i capelli bagnati” il rapporto della bella, allora, ispettrice con le sue amiche di sempre è molto presente. E addirittura aiuta Camilla a fiutare la pista giusta, per risolvere un caso che è sufficientemente incasinato. Poi è cambiato tutto. Leggendo si capirà il perché. Inoltre, chi fa editing tende a imporsi su alcuni aspetti senza che l’autore abbia molte possibilità di ribellarsi. Avevo scritto di Maria Camilla e delle sue amiche al liceo, pagine cassate senza pietà. In nome della leggibilità. Boh.

  • Dal Suo punto di vista, è possibile l’amicizia tra uomo e donna?

Sì. E sono le migliori.

  • Qual è secondo Lei il discrimine tra Amicizia e Amore?

Se penso alla domanda successiva, prima di cercare di rispondere, dovrei dirle non lo so più. Ma riprendo le parole della vice de Asmundiis, sperando che in questa fluidità strutturata abbiano ancora un senso: “Con chi ami, scopi. Con chi vuoi bene, no”.

  • Le nuove generazioni sembrano abbracciare con più facilità l’idea di gender fluid e amicizie che includono anche il rapporto sessuale – non che prima non ci fosse, ma oggi pare che tutto questo sia più facilmente “sdoganato”- Le che ne pensa a riguardo?

Che se gender fluid significa, e non lo so, una sorta di confusa melassa di ciò che sei, cioè un progetto culturale e non persone, allora è un errore. C’è diversità e ricchezza nella diversità e un riconoscimento reale e fecondo della diversità se c’è un’identità. Consapevole.

  • La Fisica era conosciuta anche come la Regina delle Scienze, originariamente branca della Filosofia, fino al XVIII secolo era definita come “Filosofia Naturale”: qual è la sua Filosofia di Vita? E’ cambiata molto negli anni? Specialmente da quando oltre che Professore si è dedicato anche alla Scrittura?

La mia filosofia di vita? Il senso del dovere e la dignità del lavoro. Il rispetto dell’altro, chiunque esso sia. L’umiltà di imparare. L’importanza del tempo. Non perdere tempo. Che non significa che uno non si debba divertire, rilassarsi, cazzeggiare o altro. Ma dare un senso al tempo, vivendolo. E vivendolo bene. Uno dei suggerimenti dello scrivere, quello per me più importante, è stato di non perdere tempo. Ne avevo perso stupidamente già tanto nella mia vita. Che è un soffio, poco più di un soffio. La morte arriva presto. E qui il grande mio dilemma, forse per tutti è così, ma è di me che lei vuole sapere. Un dilemma irrisolvibile. Quanto mi piacerebbe potesse essere vero quello che dicono i preti, la Chiesa. La vittoria sul tempo. Non vedo mio padre da quarantanove anni. Non sarebbe male rivederlo e parlare con lui.

  • Ha scelto Napoli per ambientare la sua storia: cosa ha di “speciale” secondo Lei rispetto a tutte le altre città?

“Napoli avrà molti difetti, ma non inganna mai”. Non sono parole mie, ma di uno storico intelligente e bravo, Paolo Macry. Sono, però, parole che condivido e che dicono bene delle mie emozioni per una città che è diventata la mia città. Che non puoi non amare, e odiare. Proprio perché la ami. Troppo, si capisce.

  • Lei è Napoletano di adozione: c’è secondo Lei, qualcosa che noi napoletani non abbiamo capito di Napoli?

Che bisogna difenderla. Soprattutto dagli stessi napoletani. Almeno da alcuni, o anche da molti, di loro.

  • Lei è un Professore che tiene molto alla divulgazione: dal Suo punto di vista cosa si può fare per combattere la dispersione scolastica?

Abbiamo bisogno di una scuola che sappia accogliere, e motivare. Che segua il cammino di tutti e di ciascuno, accompagnandolo nel rispetto delle peculiarità e dei talenti personali. Senza dimenticare il contesto e, laddove utile o necessario, intervenire, con progetti di socializzazione concreti che coinvolgano tutti i soggetti sul e del territorio.

  • In questi tempi, si è parlato molto dei pochissimi finanziamenti investiti nella ricerca scientifica: nel campo della Fisica, quali progetti, oltre quelli da Lei citati nel libro, meriterebbero attenzione?

Tutti quelli che riguardano lo sviluppo di energie alternative. La combustione come fonte primaria e quasi totalizzante di produzione di energia pone problemi seri per l’ambiente. Averne cura con professionalità e competenza è, ormai, non più rinviabile.

  • Cosa si può fare, per sensibilizzare la Cittadinanza rispetto all’importanza di finanziare la ricerca? Sembra che ce ne interessiamo solo in caso di crisi, quando ci troviamo faccia a faccia con il rischio di morire.

Non c’è peggiore sordo di chi non vuole sentire. Non passa giorno, ora o minuto mi viene da dire, che da qualche parte, in televisione, per radio o sui social in senso lato intesi, non venga ricordata qualche patologia particolare o rara che può essere sconfitta con la ricerca scientifica. Come pure l’importanza delle nuove tecnologie per il mezzo di trasporto più amato dagli italiani, l’auto. Chi vuole, può.

  • Cosa ha provato quando ha terminato di scrivere il libro? Pensa che sia stato solo un punto “di pausa” perché immagina già un nuovo caso?

Quando il lavoro è terminato ti senti come svuotato. Di norma, è così. Non vorrei fare paragoni irriguardosi, ma Simenon si sottoponeva ad una accurata visita medica prima di cominciare a scrivere un nuovo romanzo. Aveva necessità di stare e di sentirsi bene in previsione dello sforzo “anche fisico” dello scrivere. E sempre a proposito di inarrivabili, Hemingway festeggiava alla grande, quando aveva finito di scrivere un libro. Con caviale e champagne Krug. Pare sia il migliore o, certamente, fra i migliori. Insomma, devi recuperare. Di norma. Questa volta non è andata così. Ho già scritto un altro romanzo, il cui protagonista è il commissario Arcangelo Lombino. È già nelle mani dell’editing. Ho, pertanto, cominciato il terzo con Maria Camilla protagonista. Penso che per la puntuta vice sarà l’ultimo, perché lei tiene un conto in sospeso e lo dovrà pagare. In quanto al commissario, con il quale ho iniziato il mestiere dello scrivere, con un libro dal titolo tautologico “Nucleo centrale”, credo che ne scriverò un ultimo dove Lombino diventa questore. Mi sembra giusto. È bravo, preparato, intelligente. Uno sbirro di qualità, perché non lo devo promuovere? Così magari mettiamo per una volta fine alla boutade che i commissari nascono commissari, e va bene, ma nonostante siano capaci e sempre più intelligenti e furbi dei loro superiori, restano commissari, per l’eternità. E questo va meno bene.

  • Per favore, un Suo messaggio agli Studenti che vivono la DAD in questo periodo storico e anche ai loro genitori.

Di avere pazienza e di fidarsi. Noi prof, almeno quelli degni di tale nome, ci stiamo impegnando con dedizione per non lasciare soli né loro né le loro famiglie e per portare avanti un programma di studi, che pur tra mille difficoltà, possa far raggiungere loro quantomeno gli obiettivi minimi di una preparazione seria. Aggiungo che io sono il primo ad essere contrario alla DaD, perché lavoro di più e mi esaurisco parecchio.

  • Per favore, un Suo messaggio ai lettori di Vivicentro.it, sia Fisici che non!

Leggete con passione, attenzione e continuità. È il migliore dei viaggi, e si impara tanto. Se vi va, leggete anche qualcuno dei miei libri.

Ringraziamo ancora il Prof. Ferrone, per aver condiviso, con le sue riflessioni, ben più di una semplice intervista.

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