Aria inquinata, fuorilegge più della metà delle città italiane. ANTONIO CIANCIULLO*

Milano vista dal 39° piano del palazzo della Regione Lombardia (fotogramma) Dal rapporto di Legambiente...

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Milano vista dal 39° piano del palazzo della Regione Lombardia (fotogramma)

Dal rapporto di Legambiente Mal’aria emerge la fotografia del 2015: 48 città italiane hanno il livello di Pm10 alle stelle. “Subito tram e metropolitane”.

ROMA – L’organizzazione delle città ci costringe a vivere in uno stato di illegalità cronica. In più di metà dei centri urbani monitorati i cittadini sono costretti a respirare un’aria fuorilegge pagando un prezzo pesante in termini sanitari. Anche il 2015 è stato un anno da codice rosso. Lo rivelano i dati della campagna Mal’Aria di Legambiente.

  • COSA RESPIRIAMO OGGI

Delle 90 città monitorate dall’associazione ambientalista ben 48 (il 53%) hanno superato il limite dei 35 giorni consentiti di sforamento delle Pm10, le micidiali polveri sottili. Non è solo un problema legato alle grandi città. Le situazioni più critiche si sono registrate a Frosinone, che guida anche quest’anno la classifica dei più inquinati con 115 giorni di superamento dei limiti; seguita da Pavia con 114 giorni, Vicenza con 110, Milano con 101 e Torino con 99. Dei 48 capoluoghi fuori legge il 6% (Frosinone, Pavia e Vicenza) ha superato di tre volte il limite delle 35 giornate, andando oltre i 105 giorni totali; il 33% lo ha superato di almeno due volte e il 25% di una volta e mezza.

Anche a livello regionale, la situazione non è delle migliori: in Veneto il 92% delle centraline urbane monitorate ha superato il limite dei 35 giorni consentiti; in Lombardia l’84% delle centraline urbane (tutte quelle di Milano, Bergamo, Brescia, Cremona, Lodi, Mantova, Pavia, Como e Monza); in Piemonte l’82% delle stazioni di città (en plein per le centraline di Alessandria, Asti, Novara, Torino e Vercelli); in Emilia Romagna il 75% (Ferrara, Modena, Piacenza, Parma, Ravenna e Rimini); al 75% anche la Campania (Avellino, Benevento, Caserta e Salerno).

Certo è stata anche colpa del tempo: è piovuto poco. Ma mentre è piuttosto difficile influire sull’andamento delle piogge (che peraltro risente dei cambiamenti climatici prodotti da un consumo eccessivo di combustibili fossili), non dovrebbe essere impossibile portare la modernità nel trasporto italiano. Ma l’impresa finora è clamorosamente fallita. Per la buona ragione che i grandi flussi di finanziamento vanno in direzione opposta: a favore dei mezzi che alimentano il problema. Nel periodo 2012-2014 la legge obiettivo ha destinato il 66% dei finanziamenti a strade e autostrade, il 15% alle metropolitane, il 12% alle ferrovie, il 7% all’alta velocità. Del programma «mille treni per i pendolari», lanciato dal governo Prodi nel 2006, si sono perse le tracce.

Lo sterile dibattito targhe alterne sì targhe alterne no finisce così per distogliere l’attenzione dal problema centrale: la necessità di un intervento strutturale a favore del ferro, del trasporto pubblico e dei veicoli a basso impatto ambientale. E l’Italia continua ad avere il record di auto per abitante: il tasso di motorizzazione arriva a 62 auto ogni 100 abitanti a Roma, contro le 25 auto ogni 100 abitanti di Amsterdam e Parigi e le 31 di Londra.

“Per uscire dalla morsa dell’inquinamento occorre mettere al centro degli interventi pubblici le aree urbane e la mobilità sostenibile, abbandonando una volta per tutte le fonti fossili e replicando quelle esperienze anti smog virtuose messe già in atto in molti Comuni italiani in termini di mobilità sostenibile, efficienza energetica e verde urbano”, propone la presidente di Legambiente Rossella Muroni. “Il protocollo firmato lo scorso 30 dicembre tra ministero dell’Ambiente, rappresentanti di Comuni e Regioni non è stato all’altezza del problema e il rischio è che si rincorra sempre l’emergenza senza arrivare a risultati concreti e di lunga durata. La priorità deve essere la realizzazione di nuove linee metropolitane e di tram, a cui deve essere vincolato immediatamente almeno il 50% delle risorse per le infrastrutture”. Legambiente ricorda che i danni alla salute della popolazione si traducono in costi economici dovuti alle cure sanitarie stimati tra i 47 e 142 miliardi l’anno (dati riferiti al 2010).

*larepubblica

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