27enne spara, per gelosia, a 32enne in Montichiari: arrestato

Montichiari (BS): lunedì 2 Aprile un 27enne ha sparato alla schiena, per gelosia, ad un 32enne. Costretto alla custodia in carcere.

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Montichiari (BS): lunedì 2 Aprile un 27enne ha sparato alla schiena, per gelosia, ad un 32enne. Arrestato dai Carabinieri. Costretto alla custodia in carcere.

Il 2 aprile 2021, alle ore 20:20 circa, in Montichiari, un ragazzo classe 89 è stato attinto da un colpo d’arma da fuoco alla schiena, nella regione dorsale sinistra, riportando lesioni guaribili in 30 giorni.

Sul luogo dell’attentato era stato identificato un ragazzo classe 94, qualificatosi come amico della persona offesa e altre persone informate sui fatti.

Tramite immediate ricostruzioni testimoniali, si apprendeva che:

  • – il nipote minore di uno dei presenti era colui che aveva sparato e che il motivo dell’attentato era riconducibile a sentimenti di gelosia. In particolare, il ragazzo classe 94
    sosteneva l’esistenza di un rapporto fra una ragazza che stava frequentando e la vittima;
  • – lo zio aveva fornito la pistola al nipote, il quale nutriva fiducia nello zio, figura che gli aveva dato il sostegno paterno e, pertanto, il minore era disposto ad esaudire ogni sua richiesta.

La perquisizione effettuata presso le abitazioni del maggiorenne e del minorenne consentivano di rinvenire:

  • – presso l’abitazione dello zio 6 proiettili;
  • – tramite la collaborazione del minore, la pistola calibro 22 utilizzata per sparare, sottoposta a sequestro unitamente ai 6 proiettili in essa contenuti, di cui 2 esplosi, del medesimo tipo di quelli rinvenuti all’interno dell’abitazione del maggiorenne.

Il quadro probatorio in attesa degli accertamenti tecnici urgenti disposti dal Pubblico Ministero, vista la piena convergenza delle dichiarazioni confessorie con quella di altri testimoni, nonché il riscontro offerto dal rinvenimento dell’arma nel nascondiglio indicato dallo stesso minore, abbinati alla micidialità dell’arma usata a breve distanza e alla vitalità della zona attinta in prossimità del cuore, non lasciano dubbi in ordine all’idoneità degli atti a poter cagionare la morte della persona offesa.

Sul versante dell’elemento soggettivo del reato, allo stato non è apparso accreditabile la versione del minore secondo cui egli avrebbe puntato l’arma contro la vittima al solo fine di intimidirlo e che gli avrebbe sparato per errore, sebbene sia un soggetto tredicenne privo di dimestichezza con l’uso delle armi, credibilmente esposto ad un insopportabile tensione emotiva al momento del gesto.

Tuttavia l’impiego di un’arma carica per l’atto intimidatorio, l’esplosione del colpo al momento in cui la persona offesa era voltata di spalle e la vitalità della zona attinta costituiscono un solido quadro indiziario della natura dolosa del gesto.

Lo zio si deve ritenere che concorra nel delitto commesso dal nipote quale mandante dell’omicidio, avendo fornito consapevole contributo materiale e morale alla consumazione del reato, organizzando l’agguato e consegnando la pistola al minore, pertanto è indagato di tentato omicidio aggravato dalla premeditazione e dalla determinazione al reato di persona non imputabile.

Per quanto concerne l’arma, essendo clandestina, il reato è quello dell’articolo 23 comma 3 della legge 110 del 75.

Sebbene i suddetti delitti consentano al P.M. la disposizione del fermo dell’indagato, il fermo non è applicabile per l’assenza di un fondato pericolo di fuga, tenuto conto che l’indagato è stato identificato sul luogo del delitto e che non vi sono concreti elementi per ritenere che fosse in procinto di fuggire.

La gravità delle condotte, però, sostengono la sussistenza delle esigenze cautelari integrate dal concreto ed attuale pericolo di commissione di delitti della stessa specie, come si evince dal gravissimo reato di cui si è reso responsabile l’indagato e dalle inquietante circostanze del fatto, avendo in modo spregiudicato coinvolto nel delitto il nipote minore.

Pertanto l’unica misura adeguata a garantire le predette esigenze cautelari è quella della custodia in carcere essendo evidentemente altri strumenti insufficienti ad infrenare la spiccata pericolosità dell’indagato.

Redazione Lombardia / Cristina Adriana Botis

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