Raffaele Auriemma scrive su Tuttosport: “I tifosi chiedono di non mollare e di credere ancora in quello scudetto per il quale Sarri continua a ripetere che il Napoli “non ha alcun obbligo di battersi per il tricolore”. Tra verità e scaramanzia, il tecnico tosco-partenopeo sta già preparando la gara di giovedì a Villarreal, senza trascurare la delicata sfida di campionato, in programma lunedì al San Paolo, con il Milan reduce da una striscia di 9 partite senza sconfitte, 2 in Coppa Italia. Riuscirà Sarri a far ritrovare il sorriso a Higuain, uscito dallo Stadium senza gol e senza lo straccio di un tiro verso la porta di Buffon? Anche se non a tutti va giù, ma il dato resta significativo: quando il Pipita non segna, i risultati sono scadenti. Solo 7 punti nelle 7 partite in cui il capocannoniere della serie A non ha timbrato il cartellino, cioè all’andata con Sassuolo, Empoli, Carpi, Genoa, Roma, Torino e sabato con la Juventus, per un rendiconto di una vittoria, 4 pareggi e 2 sconfitte. Come si fa a superare la dipendenza dal Pipita? Il problema è stato messo a nudo dalla Juventus che ha creato una gabbia intorno al bomber, servito pochissimo anche perché i suoi partner, Insigne e Callejon, avevano il problema non da poco di seguire Cuadrado e Pogba nelle loro scorribande in attacco. Probabilmente tutti hanno ormai imparato il modo di giocare del Napoli e, chi può, riesce a creare un corto circuito nei meccanismi, tanto da far vivere a Higuain serate da sbadiglio come quella dello Stadium. Cambiare il modulo a gara in corso, come ha fatto anche Allegri che ha vinto la gara con la panchina, magari con l’inserimento di Gabbiadini al fianco di Higuain, potrebbe essere utile per aiutarlo quando i difensori sono troppi per permettergli di liberarsi al tiro”
Alberto Airola: “Sulle unioni civili i cattodem sono insaziabili, dietro c’è Bagnasco”. ANNALISA CUZZOCREA*
Il senatore grillino: “È vergognoso che in questo Paese non si possano dare diritti ai gay e ai bambini. Si è creata una polemica ad arte che ha spaventato parte dei nostri elettori”.
ROMA – All’appello del leader Ncd Angelino Alfano per fermare la stepchild adoption, l’adozione del figlio del partner nelle coppie omosessuali, il senatore Alberto Airola – che ha seguito la legge per i 5 stelle – risponde con una risata. “È vergognoso che in questo Paese non si possano dare diritti ai gay e ai bambini. Si è creata una polemica ad arte che ha spaventato parte dei nostri elettori”.
Senatore, il Movimento 5 Stelle tiene?
“Il mio gruppo è solido. Anche dopo la scelta di dare libertà di coscienza sulla stepchild mancheranno al massimo tre voti. Chi finora non ha detto un sì convinto vuole solo evitare di fare da stampella a Renzi”.
Ci sono state prese di posizioni importanti.
“Sia Roberto Fico che Paola Taverna hanno detto di appoggiare la legge nella sua interezza. Adesso aspettiamo domani: se ci sarà un emendamento canguro che consentirà di saltare migliaia di emendamenti decideremo come agire. Certo sono insaziabili”.
Chi?
“I cattodem. Quelli che continuano a chiedere mediazioni dopo averne ottenute moltissime”.
Fa bene il Pd a non fidarsi di voi?
“Al Pd dico: chiaritevi e portiamo a casa diritti e uguaglianza per tutti i cittadini”.
Ma allora perché la libertà di coscienza?
“Se non si fidano di noi per la libertà di coscienza sull’articolo 5 non possono fidarsi neanche di se stessi, visto che l’hanno data anche loro. Noi abbiamo due o tre casi, il Pd molti di più. Ho sentito Giorgio Tonini dire cose progressiste, ha capito che si tratta di una legge per tutelare i bambini, ha fatto un percorso. Mentre ci sono senatori, come Lepri, congelati nel loro no”.
Perché secondo lei?
“Il problema è la Chiesa. Un pezzetto di Chiesa. Quella che ho visto quando andavo a girare documentari in Darfur non è quella del capo dei vescovi Bagnasco”.
*larepubblica
Sarri e le frecciate a De Laurentiis: c’è delusione per il mercato invernale
La Gazzetta dello Sport scrive su Maurizio Sarri: “C’è qualcosa che non ha convinto nelle dichiarazioni post partita di Maurizio Sarri. Parole che hanno aperto alla discussione: possibile che l’allenatore del Napoli abbia lanciato un messaggio di resa esaltando la forza dell’avversario? Nemmeno a parlarne. “La Juve è di un’altra categoria, alla lunga il miglior fatturato potrà fare la differenza”. È questa la frase pronunciata dal tecnico dopo la sconfitta dello Stadium, che ha destato qualche perplessità. Ma la questione è di tutt’altra natura. In effetti non è la prima volta che Sarri punta il dito sulla differenza di gestione delle due società. Quelle parole hanno un destinatario, Aurelio De Laurentiis, il presidente che poco prima di Natale aveva promesso al mondo intero che avrebbe regalato al suo allenatore due top player. A fine gennaio, a Castelvolturno, sono arrivati due giocatori: Alberto Grassi, dall’Atalanta, un giovane centrocampista di 21 anni, con poco meno di 20 presenze in serie A e, dunque, un acquisto per il futuro; e Vasco Regini, difensore di medio livello, dalla Sampdoria. Giocatori che sicuramente non rappresentano i rinforzi che avrebbe voluto Sarri e che il presidente, invece, gli ha propinato al termine di un mercato caratterizzato dalle sue chiacchiere più che dalla concretezza. “Con questi acquisti, vuol dire che la società ha inteso confermare il programma della scorsa estate, cioè, una stagione di crescita, senza precisi traguardi”, disse l’allenatore al termine del calciomercato. E quando ha discusso ancora una volta la questione fatturati, è stato per chiarire nuovamente che proprio la qualità dell’organico alla fine potrebbe pesare sulla lotta per lo scudetto”.
Niente piagnistei, il messaggio di Sarri alla squadra
La Gazzetta dello Sport scrive sul clima che si respira a Castel Volturno dopo la sconfitta di Torino: “La terza sconfitta in campionato non modificherà nulla nei programmi del Napoli. A Castelvolturno c’è l’ordine di archiviare in fretta la caduta di Torino e di pensare al prossimo impegno. Che sarà nell’immediato, giovedì sera, in Spagna, contro il Villarreal, per l’andata dei sedicesimi di finale di Europa League. Niente piagnistei, dunque, Maurizio Sarri ha chiesto ai suoi una reazione immediata, che non sia condizionata dalla sconfitta rimediata contro la Juventus e la conseguente perdita del primato in classifica. D’altra parte, c’è poco per cui dannarsi, il risultato negativo, determinato da una deviazione, non basterà a condizionare l’andamento di questa stagione. Fino allo scontro diretto di Torino, il Napoli è stato un rullo compressore, sbarazzandosi di tutti gli avversari che si è trovato sulla propria strada. Come la Juve, d’altra parte, che ha sommato la quattordicesima vittoria consecutiva, roba da impresa vera. Il cambio al vertice non dovrebbe avere contraccolpi psicologici per il collettivo napoletano, un punto di distacco è facilmente recuperabile, anche se il calendario presenta le stesse difficoltà per entrambe le pretendenti al titolo”.
Reina e Higuain neri di rabbia, a Torino è stato un suicidio tattico
La Repubblica scrive su Reina e Higuain dopo la sconfitta di Torino: “La tattica preparata a tavolino prevedeva per il Napoli ben altro, infatti. Aggredire il centrocampo avversario, innanzitutto: approfittando della mobilità ridotta di Khedira e della pigrizia di Pogba nel lavoro di interdizione. A Callejon e Insigne, invece, era stato affidato il compito di schiacciare sulle fasce laterali Lichtsteiner ed Evra, non di preoccuparsi troppo delle incursioni degli esterni bianconeri: come è al contrario successo, invece. La conseguenza è stato l’isolamento totale di Higuain, che non ha potuto contare nemmeno sugli inserimenti di Hamsik, a sua volta troppo timido. Solo Hysaj ha provato a innescare una volta il capocannoniere del campionato: innervosito dalla mancanza di rifornimenti e costretto a una figuraccia contro Barzagli. Nero dalla rabbia anche lui, come Reina. I due leader hanno potuto fare poco per evitare il suicidio tattico dei compagni: tema bollente del confronto di oggi a Castel Volturno”.
Sarri non ha chiuso occhio al ritorno a Castel Volturno
La Repubblica scrive un retroscena su Maurizio Sarri di ritorno da Torino con la squadra a Castel Volturno: “Il tecnico non ha chiuso occhio al ritorno a Castel Volturno e alle tre e mezza di notte si è fermato a parlare con una cinquantina di tifosi: ringraziandoli per la loro incredibile dimostrazione d’affetto. Difficile prendere sonno per tutti, dopo aver perso il primato in circostanze così assurde. Il bagno di folla a Capodichino ha se non altro rincuorato un po’ i giocatori”.
Il debito pubblico è salito di 33 miliardi nel 2015
Alla fine di dicembre si è attestato a 2.169 miliardi, con una discesa rispetto al mese precedente ma in espansione rispetto all’anno prima. Enti locali virtuosi, la crescita si spiega con l’amministrazione centrale. Gli aiuti agli altri Paesi sfiorano 60 miliardi. Balzo delle tasse.
MILANO – Il debito pubblico chiude il 2015 con una crescita di 33 miliardi e 800 milioni, attestandosi il 31 dicembre a quota 2.169,9 miliardi. A fine 2014, svelano i dati comunicati da Bankitalia, il debito ammontava a 2.136 miliardi (132,4 per cento del Pil), mentre alla fine di novembre era sopra 2.200 miliardi.
Via Nazionale spiega che l’aumento del debito nel 2015 (33,8 miliardi) “è stato inferiore al fabbisogno delle Amministrazioni pubbliche (49,3 miliardi), per effetto della diminuzione di 10,7 miliardi delle disponibilità liquide del Tesoro (collocatesi a fine anno a 35,7 miliardi) e degli scarti e dei premi di emissione che hanno contenuto il debito per 5,1 miliardi”. Significa che il Mef ha svuotato in parte il suo conto corrente, mentre la dinamica dei titoli di Stato ha favorito il contenimento del debito. “Di contro”, precisa la nota di Bankitalia, “le variazioni dei cambi hanno aumentato il debito di 0,3 miliardi”.
Se si guarda ai luoghi dove il debito è aumentato, la “ripartizione per sottosettori” che sottolinea la nota di Palazzo Koch, si vede un comportamento virtuoso delle amministrazioni locali, mentre nel cuore dello Stato cresce l’indebitamento: “Il debito consolidato delle Amministrazioni centrali è cresciuto di 40,5 miliardi, a 2.077,5, mentre quello delle Amministrazioni locali è diminuito di 6,6 miliardi, a 92,3; il debito degli Enti di previdenza si è ridotto di 0,1 miliardi”.
Bankitalia fa anche il punto sul ruolo dell’Italia nel panorama degli aiuti internazionali: “Al 31 dicembre 2015 il contributo italiano al sostegno finanziario ai paesi” dell’Unione economica monetaria “ammontava a 58,2 miliardi (60,3 alla fine del 2014): 10 miliardi di prestiti bilaterali alla Grecia, 33,9 miliardi erogati per il tramite dell’European Financial Stability Facility (EFSF) e 14,3 miliardi di contributo al capitale dello European Stability Mechanism”, il nuovo fondo salva-Stati.
Sul fronte entrate, via Nazionale registra un deciso aumento delle tasse durante l’anno scorso. A fine dicembre scorso, le entrate tributarie sono state infatti pari a 433.483 milioni di euro, con un incremento del 6,4% rispetto ai 407.579 milioni dello stesso mese del 2014. Nel solo mese di dicembre le entrate tributarie si sono attestate a 80.144 milioni di euro, contro i 68.525 di dicembre 2014.
Reina fuori di sé al fischio finale di Orsato: aveva provato a scuotere i compagni
La Repubblica analizza la sconfitta di Torino: “La parola d’ordine è ripartire, subito. «Le squadre vere si vedono in questi momenti», ha dato la carica Pepe Reina, trasformando in energia positiva la rabbia accumulata a Torino: in una malanotte vissuta per 88’ da insofferente spettatore, fino alla beffarda deviazione di Albiol che ha regalato alla Juve vittoria e primato. Il portiere era fuori di sé, al fischio finale dell’arbitro Orsato. Dalla sua posizione privilegiata, infatti, il leader azzurro aveva invano provato a scuotere i suoi compagni dal loro torpore: intuendo, grazie alla sua esperienza, i pericoli che poteva comportare una tattica così rinunciataria. Accontentarsi dello 0-0 è stato un suicidio, con il senno di poi. Ma il numero uno se n’era accorto anche prima dell’improvviso guizzo di Zaza, cui il Napoli è andato incontro con eccessiva ingenuità: tradendo pure la sua natura”.
Villareal-Napoli, le probabili scelte di Sarri
Secondo Il Corriere dello Sport, Sarri dovrà pensare a che formazione schierare giovedì prossimo contro il Villareal in Europa League. Considerando che lunedì sera arriva il Milan al San Paolo sarebbe il caso di mischiare un po’ le carte. La soluzione meno probabile sarà quella di inserire i titolarissimi dal primo minuto. Se sarà rivoluzione ci saranno Maggio, Chiriches, Koulibaly e Strinic. A centrocampo spazio a David Lopez, Valdifiori e Chalobah. Invece l’ipotesib più probabile sarà quella di affidarsi ancora ad Allan, Ghoulam ed Hysaj che non hanno giocato contro la Lazio, a Jorginho che ha saltato il Carpi, più quelle due o tre riserve di buon livello tipo Chiriches e Mertens. Insomma, è ancora tutto da vedere. Sarri ci pensa…
Siria, raid colpisce ospedale Msf: 9 morti. Missili su Azaz: 14 vittime e 30 feriti
Dispersi otto membri dello staff di Medici senza frontiere. Mosca:”Attacchi contro terroristi continueranno anche con cessate il fuoco”. Ankara nega invio truppe turche vicino Aleppo: “Non vi è alcun pensiero di inviare truppe”.
ROMA – Almeno 9 persone sono morte in raid aerei russi compiuti contro un ospedale sostenuto da Medici senza frontiere in Siria: lo ha denunciato oggi l’Osservatorio siriano sui diritti umani. Tra le vittime c’è anche un bambino. Un portavoce da Parigi ha spiegato che “un ospedale sostenuto da Medici senza frontiere è stato fatto oggetto di bombardamenti aerei” nella regione di Maaret al Noomane, a 280 chilometri a nord di Damasco. L’ospedale è stato colpito quattro volte in due serie di almeno due attacchi a distanza di pochi minuti l’uno dall’altro e di almeno otto membri dello staff non si hanno notizie. “Sembra essere un attacco deliberato contro la struttura sanitaria e lo condanniamo con la maggior forza possibile” ha detto Massimiliano Rebaudengo, capo missione di Msf. “La distruzione di questo ospedale lascia una popolazione di circa 40.000 persone senza accesso ai servizi sanitari in una zona in pieno conflitto.”
Fonti mediche hanno riferito di un altro attacco aereo governativo siriano che ha colpito un ospedale, una scuola e un campo profughi a Azaz, tra Aleppo e il confine turco: qui le vittime sono almeno 14 e 30 i feriti.
La reazione Turca. La Turchia “non permetterà la caduta di Azaz” nel nord della Siria nelle mani delle milizie curdo-siriane dell’Ypg, ha detto il premier di Ankara, Ahmet Davutoglu. “Elementi dell’Ypg sono stati allontanati dall’area intorno ad Azaz. Se si avvicineranno di nuovo affronteranno la più dura reazione” della Turchia, ha assicurato Davutoglu.
Intanto, però, la Turchia smentisce che il suo esercito sia entrato nel territorio siriano, come denunciato ieri da Damasco. Lo ha detto stamani in Parlamento il ministro della Difesa di Ankara, Ismet Yilmaz. Ieri il ministero degli Esteri siriano aveva inviato al segretario generale dell’Onu e alla presidenza del Consiglio di sicurezza una lettera in cui accusava la Turchia di aver sconfinato con “12 pickup armati e circa 100 militari nei pressi del valico di Bab al-Salameh, vicino all’aerea di Azaz colpita dall’artiglieria di Ankara”.
Russia: “Raid andranno avanti anche con cessate il fuoco”. La Russia, comunque, non intende interrompere i raid aerei “contro i terroristi” anche nella provincia di Aleppo nonostante l’accordo di cessare il fuoco in Siria. Il vice ministro degli Esteri russo Gennadi Gatilov ha spiegato: “Noi combattiamo contro gruppi terroristici, Is, al Nusra e altri, legati ad al-Qaeda. I bombardamenti su obiettivi dei gruppi terroristici continueranno in ogni caso, anche se si arriverà a un accordo per il cessate il fuoco in Siria”. “Il succo della questione sta nel fatto che il cessate il fuoco riguarderà coloro che sono davvero interessati all’avvio del processo di dialogo e non i terroristi”, ha detto Gatilov.
Rapporti sempre più tesi. A rappresentare “un considerevole ostacolo” alla creazione di un fronte unico per la lotta al terrorismo in Siria potrebbero, però, essere i complicati rapporti di Mosca con la Turchia, ha detto il portavoce di Putin, Dmitri Peskov. Il bombardamento del territorio siriano da parte di Ankara, secondo il Cremlino, equivale a “un manifesto sostegno al terrorismo internazionale e alla violazione delle risoluzioni del consiglio di sicurezza dell’Onu”. Per il ministero degli Esteri russo “la Turchia continua a favorire la penetrazione illegale di forze fresche jihadiste e mercenari armati in Siria”.
Nato esclude truppe di terra. “Escludo per ora che la Nato invii truppe di terra in Siria”: in un’intervista alla Bild il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, ha detto che “tutti gli Stati della Nato sono pronti a combattere Is. Inoltre l’Alleanza supporta Tunisia, Giordania e Iraq nella costruzione di strutture militari”. “Le dichiarazioni di Assad mostrano che non sarà facile portare le armi a tacere”, afferma poi in un altro passaggio, a proposito delle intenzioni manifestate dal leader siriano, che ha detto di voler “recuperare tutto il Paese” all’indomani dell’accordo sulla cessazione delle ostilità. “Ma il comportamento di Assad dimostra anche che noi dobbiamo continuare a tentare – ha concluso Stoltenberg – altrimenti morti e violenza andranno avanti”.
Corridoi umanitari. Spera che il Consiglio dei ministri degli esteri europei che si riunisce oggi a Bruxelles sia “l’occasione per un impegno comune dell’Europa a sostegno delle intese, sia pure parziali, che sono state raggiunte a Monaco sulla Siria” il ministro degli Esteri italiano, Paolo Gentiloni. E “naturalmente – ha spiegato il ministro – il nostro auspicio è che i primi risultati di quelle intese, soprattutto per quanto riguarda l’apertura di corridoi umanitari, possano essere raggiunti già oggi con il via libera da parte del regime alle richieste avanzate” nel fine settimana.
*larepubblica
Battaglia sulle pensioni di reversibilità . ROSARIA AMATO*
La nuova legge lega i trattattamenti per chi perde il coniuge all’indice Isee, che include anche le case. Insorgono Lega, Cgil, sinistra Pd e Area popolare: “Così verranno tagliate”. Palazzo Chigi: “Falso, la delega dà, non toglie”
Ma con il ddl approvato dal Consiglio dei ministri alla fine di gennaio cambia tutto: infatti si prevede una “razionalizzazione delle prestazioni di natura assistenziale, nonché di altre prestazioni anche di natura previdenziale, sottoposte alla prova dei mezzi”. Dunque a giustificare l’erogazione delle pensioni di reversibilità non saranno più i contributi versati durante tutta la vita lavorativa da parte del lavoratore che avrebbe avuto diritto all’assegno se non fosse morto prematuramente, ma lo stato di bisogno dei familiari. Due settimane fa tuttavia nel commentare il provvedimento Stefano Sacchi, commissario straordinario Isfol ed ex consulente del ministero del Lavoro, ha affermato che “non si terrà conto della componente patrimoniale dell’Isee”, ma solo di quella reddituale. Mentre nel pomeriggio di ieri fonti di Palazzo Chigi hanno ribadito che le nuove norme si applicano solo alle pensioni future, non a quelle in essere.
Le foto di Casertana 1 – Juve Stabia 1
Guarda le foto realizzate dal nostro fotografo Michele Ruocco, che ci racconta così il pareggio ottenuto dalla Juve Stabia nel derby con la Casertana.
Davanti a circa 3000 spettatori presenti allo stadio “Pinto” di Caserta,la Juve Stabia ottiene un ottimo punto con la Casertana in una gara in cui entrambe le formazioni hanno giocato a viso aperto ed entrambe avrebbero potuto vincere. Alla fine un punto che serve più al morale delle Vespe in vista della gara casalinga con il Martina Franca.
Da segnalare ancora una volta, se ce ne fosse bisogno, l’enorme attaccamento ai colori sociali dei tifosi di Castellammare di Stabia che in 500 unità circa hanno seguito la propria squadra in questa difficile trasferta. Uno striscione esposto in curva “Lasciarti non è possibile….” è il messaggio che hanno voluto recapitare ai calciatori gialloblu.
Con questo punto le Vespe si mantengono fuori dalla zona play out grazie agli scontri diretti favorevoli con le altre formazioni invischiate nella lotta per non retrocedere.
Oltre alle azioni del match abbiamo fotografato il pubblico sugli spalti, cerca la tua foto e richiedici l’originale per e-mail:redazione.sportiva@vivicentro.it
La grande paura dell’orso FRANCESCO GUERRERA*
«Esce, inseguito da un orso». Serve la didascalia più famosa ed enigmatica di William Shakespeare, in «Il racconto d’inverno», per spiegare questo momento di panico nella finanza mondiale. Gli investitori sono paralizzati dalla paura di un «bear market», un mercato dell’orso.
Un mercato dell’orso che sta sbranando diversi mercati allo stesso tempo: dalle azioni alle obbligazioni, dal petrolio ai metalli pregiati, dalla Cina all’America.
La legge del capitalismo detta che quando un investitore voglia vendere un bene ce ne siano altri disposti a comprarlo a un determinato prezzo. Le crisi accadono quando quasi tutti gli investitori voglio vendere e nessuno vuole comprare. Come nel 2008, quando il crollo di Lehman Brothers provocò il collasso dell’economia mondiale.
Non siamo ancora ai livelli disperati del dopo-Lehman ma, dopo quasi due mesi di passione, ci sono parecchi mercati che stanno uscendo dalla norma, inseguiti da orsi grandi, aggressivi e affamati di sangue.
Venerdì mattina, ho chiamato un investitore che non si ferma mai, uno stakanovista dei mercati che di solito vende e compra azioni dalla mattina alla sera. Mi ha risposto dalla macchina, in viaggio verso il Sud dell’Inghilterra con la famiglia. «Mi sono preso un weekend lungo», mi ha detto. «Non c’è niente da fare in questi mercati».
Siamo nel mezzo del peggiore terremoto finanziario dai tempi della crisi del 2008. Ma a differenza di quel crollo – che fu causato da un’esplosione insostenibile nel debito di consumatori e banche, amplificata da errori di governi e banche centrali – gli scompensi odierni non sono il prodotto di un problema solo.
«E’ la convergenza di fattori diversi ma tutti pericolosi», mi ha detto un dirigente di uno dei più grandi fondi d’investimento mondiali la settimana scorsa mentre guardava i mercati europei sciogliersi come neve al sole.
Io citerei cinque ragioni dietro il profondo malessere dei mercati.
La Cina è vicina. Troppo vicina e troppo importante per gli Usa e l’Europa. L’ascesa stratosferica di Pechino nella galassia dell’economia mondiale fa sì che quando la Cina ha il raffreddore, il resto del mondo si prende l’influenza. Il rallentamento, naturale ed inesorabile dell’economia cinese riduce la crescita globale. Pechino ci ha messo del suo, con errori clamorosi nel controllo dello yuan che hanno fatto scappare investitori e impaurire i governi occidentali.
La salute del sistema bancario. E’ un paradosso del dopo-crisi: i governi e i regolatori hanno spinto le banche a costruire muri di capitale per evitare i collassi del passato. Ma il costo di quegli edifici sta riducendo gli utili e rendendo difficile la vita di amministratori delegati, impiegati e azionisti.
Da due settimane, le paure hanno raggiunto livelli altissimi: è possibile – si chiedono gli investitori – che le banche non abbiano soldi per pagare gli interessi sulle proprie obbligazioni? Questa settimana, Deutsche Bank e Société Générale, due colossi europei, sono state costrette a dire esplicitamente che avevano ampi mezzi per saldare i conti. Deutsche ha addirittura deciso di comprare e ritirare 5,4 miliardi di dollari di debito, una mossa disperata, dettata solamente dai patemi del mercato.
L’impotenza delle banche centrali. Le cose belle durano poco e pure le cose così-così non durano per sempre. Il torrente di stimolo scatenato dalle banche centrali americana, europea e giapponese per tenere i tassi d’interesse bassi è ormai secco.
Lo ha spiegato bene Michael Harnett, il capo della ricerca di Bank of America Merrill Lynch, in una durissima nota uscita giovedì scorso. Secondo Harnett, «gli investitori si stanno ribellando» allo stimolo delle banche centrali. Dopo 637 tagli ai tassi d’interesse da parte delle banche centrali dai tempi del crollo di Bear Stearns nel marzo del 2008, dopo più di 12 mila miliardi di dollari immessi nei mercati, l’economia mondiale non cresce e gli investitori hanno capito che Mario Draghi, Janet Yellen e compagnia non hanno più munizioni.
Le politiche monetarie europee e giapponesi fanno male alle banche. I tassi bassi sono la kriptonite delle banche, perché non permettono di guadagnare soldi sulla differenza tra il prezzo del denaro che prendono in prestito e quello che danno in prestito. Ma negli ultimi mesi, la Banca Centrale Europea e la Banca del Giappone (e pure quella svizzera e quella svedese) hanno fatto di peggio: hanno spinto i tassi sotto lo zero. Gli interessi negativi sono una tassa sulle banche. Gli investitori questo lo sanno e stanno scappando dalle azioni delle società finanziarie.
L’incertezza regna sovrana. In politica, le vecchie certezze non contano più. In America, non è impossibile prevedere una campagna presidenziale tra il populismo aggressivo di Donald Trump e il socialismo impraticabile di Bernie Sanders. In Europa, i prossimi mesi saranno dominati dal referendum britannico sulla permanenza nell’Unione Europea, che potrebbe portare al divorzio di uno dei paesi più importanti del continente. E il Medio Oriente rimane un vulcano attivo e pronto ad eruzioni.
I mercati odiano l’incertezza e in questo momento sono circondati da un mare magnum d’incertezza.
Ci sono speranze? Senza dubbio. C’è chi pensa che i mercati delle ultime settimane siano troppo pessimisti. Che si stiano comportando come se il mondo stesse per ricadere nella recessione, ma in realtà le economie-guida continueranno a crescere nel 2016 e nei prossimi anni.
Ed è anche vero che le banche sono molto più preparate a crisi di questo tipo proprio grazie alle regole create dopo la crisi del 2008. E in politica, lo scenario più probabile è che Hillary Clinton sfiderà non Trump ma un moderato come Marco Rubio o un conservatore di ferro come Ted Cruz nelle presidenziali di novembre. E gli investitori continuano a sperare che la Gran Bretagna voti con la testa e non con il cuore e decida di restare nell’Unione Europea.
Nessuno sa se Shakespeare abbia utilizzato un orso vero o finto – un attore vestito da orso – nella prima del «Racconto d’Inverno» nel 1611. Nel 2016, non sappiamo se questo sia un mercato dell’orso vero o finto, un malessere passeggero o una malattia cronica. Anche questo è incerto. Ma fino a quando non è chiaro, occhio agli orsi e agli investitori in fuga.
* Francesco Guerrera è il condirettore e caporedattore finanziario di Politico Europe a Londra / lastampa
Liberalismo cercasi con urgenza MASSIMILIANO PANARARI*
Nuove sono le mappe politiche dei nostri anni. E anche se le geografie non si sono stabilizzate, uomini politici e analisti si trovano a fare i conti con temi molto diversi da quelli che avevano contraddistinto la battaglia delle idee e la lotta politica lungo il Novecento. Tematiche, va sottolineato, sempre più spesso trasversali rispetto all’asse sinistra-destra, e capaci di mobilitare singoli e gruppi (cosa che le tradizionali narrazioni ideologiche ammaccatissime, o definitivamente archiviate, non sono più in grado di fare) sulla base di questioni valoriali o delle sensibilità intorno a quella che il sociologo Anthony Giddens ha definito la «politica della vita». Vale per l’aspro dibattito sulle unioni civili in corso in Italia, come per il ritorno sulla scena elettorale degli evangelici pro-life corteggiati dai competitor delle primarie del partito repubblicano americano.
L’oggetto del contendere si sposta su un terreno che si colloca a metà tra lo stile di vita e il patrimonio di concezioni etico-morali considerate come non negoziabili. Sono nuovi terreni post-ideologici all’insegna di fratture e cleavage (come li chiamano gli scienziati della politica) simbolici inediti. Ma la battaglia torna, proprio come in un certo passato, a essere ultimativa, negli Stati Uniti come nel nostro Paese. In Italia, in particolare, la spiegazione di questo contrasto modello «madre di tutte le battaglie» intorno al ddl sulle unioni civili rimanda a una serie di stratificazioni storiche e culturali di lungo periodo, che si saldano alle varie paure e inquietudini (reali o infondate) di cui si rivela costellata l’attuale epoca liquida.
La reazione diventa così quella di rifugiarsi all’interno di una trincea identitaria che consola coloro che vi si sono arroccati, ma non fa avanzare la discussione e la convivenza. E, per di più, si presta a non poche strumentalizzazioni che hanno, in genere, gioco facile perché il nostro Paese è meno moderno – in parti rilevanti della sua società, come nell’organizzazione e nel funzionamento generale dello Stato – di molte altre democrazie rappresentative occidentali. La difficoltà di affrontare la materia dei diritti individuali con le categorie del Secolo breve diventa quindi massima (ed estrema) proprio a casa nostra. Il fatto è che l’arretratezza nazionale nel campo dei diritti civili ha a che fare con l’eredità (di nuovo, trasversale) di quelle culture e subculture politiche egemoni nella storia novecentesca del nostro Paese che, dalla centralità delle masse a quella del gruppo, dal primato della classe sociale alla rivendicazione dell’identità (rigorosamente) collettiva, hanno teso a sacrificare l’individuo e le sue libertà. Queste dottrine e pratiche politiche hanno certamente svolto anche una funzione di incivilimento di una società per tanto tempo arcaica e culturalmente depressa, ma sono sostanzialmente rimaste delle «gabbie fordiste», deliberatamente aliene e spesso nemiche delle istanze di soggettività.
L a diffusione dei valori post-materialisti ha trovato qui da noi una cultura liberale ancora molto «classica» e, per tanti versi, ottocentesca, che non aveva saputo (né voluto) diventare, in termini di mentalità, un patrimonio condiviso da settori ampi della popolazione. La somma di queste fragilità e dello sgretolamento delle antiche culture politiche ci espone così al rischio del dilagare senza freni della retorica di un nuovo «organismo collettivo» (tornato indistinto e generico, com’era prima delle divisioni sociali del XX secolo), il «popolo», vessillo a disposizione di imprenditori elettorali della paura che, a differenza dei partiti di massa italiani del secondo dopoguerra, hanno ben poco rispetto dei limiti e delle regole della Costituzione. Di fronte alle sfide intrecciate del populismo, del fanatismo e dell’integralismo, servirebbe allora una cultura politica di tipo innovativo, un liberalismo capace di svolgere un ruolo civile e «pedagogico» di educazione al valore prezioso della singolarità e della differenza, e in grado di operare la mobilitazione cognitiva e l’accrescimento delle competenze (sotto ogni profilo) degli individui. Cercasi urgentemente, insomma, un liberalismo positivo e postmoderno.
* @MPanarari / lastampa
Allacci… Abusivi. (Lo Piano Santarossa)
ROMA – La Commissione Lavoro alla Camera, nella sua infinita magnanimita’, sta cercando di trovare il sistema di tagliare le pensioni di reversibilita’ collegandole a l’Isee.
- Pensioni di reversibilità, la polemica sui tagli: nasce un fronte del no. (Rita Querzé)
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- Quant’è bella giovinezza che si fugge tuttavia. EUGENIO SCALFARI*
Pensioni di reversibilità , la polemica sui tagli: nasce un fronte del no. (Rita Querzé)
Dal pd Damiano a Salvini: non toccatele. Il governo: razionalizzazione per evitare sprechi e vale per il futuro.
«Palazzo Chigi vuole tagliare le pensioni di reversibilità. Un governo che fa cassa sui morti mi fa schifo». Sono 140 caratteri sparati ad alzo zero quelli che ieri il leader della Lega Matteo Salvini ha fatto partire via twitter all’indirizzo della presidenza del Consiglio. Materia del contendere: le pensioni di reversibilità.
Il no di Damiano e di Binetti
Pur con toni diversi, ieri anche Cesare Damiano ha posto il suo altolà: «La delega del governo sul sostegno alla povertà prevede la possibilità di tagliare le reversibilità – ha rimarcato il presidente della commissione Lavoro della Camera –. Non è accettabile. La previdenza non può essere una mucca da mungere». A completare la trasversalità dell’allerta Paola Binetti, Area Popolare: «La proposta di legare all’Isee le pensioni di reversibilità va approfondita».
La partita della commissione
Nella serata di ieri palazzo Chigi ha precisato che «se ci saranno interventi di razionalizzazione saranno solo per evitare sprechi e duplicazioni, e riguarderanno solo le prestazioni future, non quelle in essere». Ma facciamo un passo indietro. A far scattare l’«allerta reversibilità» è stato l’arrivo in commissione Lavoro della Camera della delega del governo sul sostegno alla povertà. Il testo prevede di riformare i criteri (di reddito e/o patrimonio) che permettono l’accesso a determinate misure, tra cui anche l’integrazione al minimo oltre alla reversibilità. Una delle ipotesi è quella di legare la reversibilità alla parte dell’Isee che valuta il reddito (eventualmente inserendo anche soglie patrimoniali elevate).
La posizione dell’Isfol
«Sia chiaro, tutto questo non ha l’obiettivo di risparmiare risorse ma di rendere più giusta l’assegnazione dei fondi», sottolinea Stefano Sacchi, commissario dell’Isfol oltre che ex consigliere del ministero del Lavoro su questa partita. E ancora: «Primo: le pensioni già in essere non sono materia di intervento. Secondo: se in futuro ci fosse qualche risparmio con questa misura sarebbe reinvestito nella lotta alla povertà».
Cambio di criteri
Resta il fatto che i criteri per l’assegnazione della reversibilità in futuro cambieranno. Chi con le regole di oggi aveva il diritto potrebbe perderlo o vederlo ridimensionato. Chi non lo aveva potrebbe acquisirlo. A spezzare una lancia a favore di una razionalizzazione attenta è l’esperto di previdenza Alberto Brambilla: «I casi soprattutto di donne che sposano uomini molto più anziani sono più frequenti. Alcune restano vedove giovani, magari senza figli. È giusto pagare loro la reversibilità da subito? O andrebbe valutata la possibilità di versare l’assegno, come in molti Paesi, quando si raggiunge l’età pensionabile?». Da notare: a oggi il 67% di pensionati di reversibilità gode già di un’altra pensione. Una certezza c’è: la questione continuerà a far discutere.
Si riparte, per con-vincere: Gonzalo piangi adesso, ma poi alza lo sguardo, non è tutto da buttare
Quanto può dire un pianto. Quanto fa capire. Gli occhi si inumidiscono, la vista si abbaglia, la testa sbatte, ma il cuore si sente più forte. Ed e lì, in quell’istante, che si creano le cose più belle, ineffabili, che manca davvero il fiato. E’ in quel momento che un artista si rivela tale. Non è sintomo di debolezza, non lo è mai stato. Ma di sensibilità, perché quello che stai facendo è la tua vita e nessuno può dire che non lo sai fare o che non va bene. Non è facile perdere. Non lo è mai. Soprattutto quando sai che forse non te lo saresti nemmeno meritato. Ma il calcio, come del resto la vita, è fatto così. A volte democratico, a volte spietato. Fatti di momenti indimenticabili e momenti in cui dimenticare è l’unica cosa da fare. Higuain ha pianto. Per la terza volta da quando è a Napoli. L’ha fatto perché sa di non aver dato il meglio, perché se fosse stato in lui, davvero, al centro per cento, la partita sarebbe andata diversamente. E’ non si tratta di un gol all’88esimo su deviazione, ma del fatto di non aver mantenuto la parola e di non aver difeso una città. La pressione, di nuovo, s’è fatta sentire. I vecchi fantasmi sono ricomparsi, le gambe faticavano a fare ciò che la testa comandava. Il primo posto della classifica è perso, il gol è mancato. Tutto è distrutto. I bianconeri possono festeggiare. E invece no. Si parte da capo. Ma insieme. Si riparte. Per convincere, non inteso come acquisire certezze su qualcosa, ma nel senso più profondo del termine. Nel con-vincere, ossia nel vincere insieme. Perché, questa volta, Gonzalo non è di certo solo. Hanno pianto in tanti, ieri sera, con lui, per lui. Un San Valentino particolare per i tifosi azzurri, iniziato in un gelido aereoporto. 3 mila persone che si sono asciugate le lacrime e si sono stretta, per farsi calore, ad aspettare la squadra. Ad aspettare Higuain. E ricordagli che è “un giorno all’improvviso” vale sempre. Non solo quando tutto va bene. Non sappiamo se il sorriso è tornato o se piange, ancora. E Se fa male, ancora. Il tempo oggi non è stato dei migliori e non l’ha favorito. La pioggia ha infastidito ed ha nascosto la realtà. Avrà preferito rifugiarsi nei ricordi, ai tempi andati, nel pensiero di non riuscire mai a fare una cosa di grande e di fallirla sempre quella maledetta occasione della vita. La pioggia, però, passa. La realtà ritorna che nemmeno il diluvio universale può nasconderla. Higuain lo sa, è tempo di scacciar via ogni paranoia. Il domani ritorna sempre e la Juve è passata. La ferita rimane aperta, ma il tempo, almeno quello, c’è. 13 partite. 13 finali per convertire quelle lacrime di delusione in gioia. Il treno passa una volta sola, l’hanno perso, per andare a +5: 1170 minuti sono tanti, come i chilometri da percorrere. Quanto può dire un pianto, allora, quanto potrà significare. Quando a piangere è Higuain, poi, tutto si eleva alla ennesima potenza.
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Unioni civili, Alfano: “Spero cattodem e grillini facciano saltare adozioni”. PIERA MATTEUCCI*
Il ministro dell’Interno punta sul ‘no’ alla stepchild adoption. Sulle amministrative a Roma: “Ncd orientato a sostenere Marchini”. Poi ribadisce: “Nessun Paese al sicuro dal terrorismo. Anche l’Italia a rischio esattamente come i Paesi che hanno già subito attentati”
ROMA – La stepchild adoption, che spera salti grazie al parere contrario di cattodem e grillini; l’appoggio di Ncd alla candidatira di Alfio Marchini al Campidoglio e l’importanza di mantenere Schengen. Ma anche il rischio terrorismo, che in Italia è alto come in altri Paesi che già hanno subito attentati, anche se non c’è una minaccia precisa. Angelino Alfano, ospite a ‘in Mezz’ora’ suRaiTre, è tornato ad affrontare i temi che riscaldano il clima politico. E sulle unioni civili ha ribadito: “I diritti sì, l’adozione no”.
Unioni civili. Non tifa perché salti tutto, ma non intende cambiare idea in tema di adozioni: il ministro dell’Interno non fa passi indietro sulla legge sulle unioni civili. “Dipende da cosa faranno i grillini e dal coraggio dei cattodem: io sono a favore dei diritti patrimoniali, ma contrario alle adozioni. Mi auguro si riapra la partita”, ha detto, sperando “che i cattodem abbiamo il coraggio di votare no alla stepchild adoption” ha aggiunto Alfano. E ha detto ancora: ” Renzi ha su un piatto d’argento il ‘sì’ della maggioranza se stralcia la stepchild adoption”. Ma, se la norma dovesse passare nel pacchetto sulle unioni civili, Alfano è intenzionato a proporre il referendum, sottolineando che su questo piano, nel promuoverlo, “non c’è una lesione istituzionale” tra il ruolo come ministro e quello come leader dell’Ncd. Il nodo resta duro da sciogliere e crea tensioni sempre più aspre: se la legge dovesse passare, ci potrebbero essere ripercussioni nella maggioranza e nel governo? “Non sono sicuro, ma non faccio minacce”, ha detto il ministro.
IL DDL CIRINNA’ BIS
Nessuna lezione sulla famiglia. Nessuna replica a quanti hanno insinuato che Ncd avrebbe dato l’ok al disegno di legge Cirinnà in cambio di un pugno di poltrone: “Quando si mescolano malafede e imbecilità difficile replicare”, ha detto il ministro che ha spiegato che avrebbe preferito il rimpiazzo del ministro Maurizio Lupi al ministero per gli Affari regionali mesi fa. Su una cosa, però, non intende accettare lezioni: ricordando le sue posizioni in passato contro la trascrizione delle nozze gay e la teoria gender nelle scuole, “sulla famiglia non accetto lezioni da nessuno”, ha proseguito. “Ci sono divorziati che vogliono spiegarmi come funziona ed atei che vogliono spiegarmi il rapporto con Dio”.
Sanremo e i nastrini. Ha guardato il Festival di Sanremo fino a tarda notte e ha apprezzato i vincitori, ma i nastrini arcobaleno non lo interessano: “La canzone degli Stadio è spettacolare, mi è piaciuta un sacco – ha detto il ministro -. Al festival ci sono state canzoni bellissime come quella di Curreri. Io sono stato sveglio fino alle 2 di notte a seguire Sanremo, ma che vuole che mi interessi dei nastrini, servono solo a fare audience”.
Amministrative. In vista delle prossime elezioni comunali, il leader di Ncd ha affermato di aver “sempre visto con favore la candidatura di Alfio Marchini. Ci riuniremo nei prossimi giorni, ma siamo assolutamente orientati a sostenere Marchini, e non lo facciamo in una logica di partito ma in una logica civica”. Per come è stata amministrata Roma in questi anni, ha aggiunto, “è meglio andare su un civico che con il blocco dei partiti”. Se a Roma il Nuovo centro-destra è orientato a sostenere Marchini, e non il candidato di Berlusconi Guido Bertolaso, a Milano Ncd e Forza Italia sosterranno insieme Stefano Parisi: “Una bravissima personalità che conosco da tempo”, ha detto Alfano, che ha sottolineato. Dunque un riavvicinamento a Fi? “Sulle alleanze per le amministrative decidono i territori”.
Terrorismo. “Abbiamo delle analisi che non lasciano prevedere un clima sereno per gli anni a venire” sul fronte terrorismo. “Abbiamo informazioni che ci spiegano che il rischio è altissimo”, ma non “c’è un allarme concreto e specifico”. Così il ministro degli Interni, Angelino Alfano, è tornato a parlare dell’allerta terrorismo. “Nessun paese è a rischio zero. Ho sempre detto che occorre dire la verità”, ha ripetuto ancora una volta, commentando le parole del premier francese Manuel Valls che aveva parlato del pericolo di grandi attacchi terroristici in Europa. “Negli ultimi 15 anni non è stato risparmiato nessun continente. Non c’è un obiettivo fisso da controllare siamo chiamati a un controllo enorme -ha aggiunto -: nel 2015 abbiamo controllato 86mila persone. Le analisi non lasciano prevedere un clima tranquillo per gli anni a venire. La forza dell’Italia è il lavoro di prevenzione che fin qui ci ha fatto essere Paese sicuro”.
Schengen. Non poche preoccupazioni riguardano il futuro dell’Europa, anche se, secondo Alfano, l’Italia non rischia di essere esclusa da Schengen: “Abbiamo fondata preoccupazione che Schengen salti”, ma “noi non abbiamo il problema di rimanere fuori da Schengen, perché l’Europa senza l’Italia non esiste, non sarebbe neanche un’entità geografica. Siamo un Paese fondatore”. Chiudere le frontiere non può essere la soluzione all’emergenza migranti: “Chiudere Schengen non risolve il problema in Italia e complica l’Europa, noi abbiamo la frontiera marina come la chiudiamo? Noi sconsigliamo la chiusura di Schengen, è più un problema per l’Italia, anche perché chi arriva tende a lasciare il nostro Paese”. Le ultime tensioni con la Ue, poi, non fanno bene al nostro Paese: con Matteo Renzi “non condivido pienamente alcune cose”, ha detto il leader del Nuovo centro-destra. “Penso che in Europa ci sia un grande tavolo dove si negozia ciascuno con il suo interesse nazionale, ma dobbiamo evitrare che salti: non ci guadagniamo granché”.
Renzi e le polemiche. Alfano trova assolutamente ingiustificate le polemiche che riguardano il premier Matteo Renzi sulle banche toscane, ma anche quelle sul nuovo aereo. “Si fa danno non al presidente del Consiglio, ma al Paese”. In merito alla riforma degli istituti di credito, “la mia decisione è favorevole al provvedimento”, ma sulla specifica norma controversa “sentiremo le associazioni del credito cooperativo”. Pretestuoso ogni dibattitosul nuovo aereo: “È un discorso specioso perché se siamo un grande Paese un grande Paese deve avere un aereo per arrivare in Argentina”. E ha concluso: “Sull’aereo di Obama o Hollande non fanno nessuna polemica, ci si appunta su un dettaglio. Questo è un Paese che si è messo a fare le riforme e il presidente del Consiglio ha un aereo più grande, ma che ce frega…”.
*larepubblica
Roma, evasione da Rebibbia: due uomini in fuga
Hanno tagliato le sbarre del magazzino e poi hanno scavalcato il muro di cita. Erano stati condannati per diversi omicidi. La notizia diffusa dalla Cisl Fns.
Evasione dal carcere romano di Rebibbia. Due uomini sono scappati segando le sbarre di un magazzino e fuggendo via poi a piedi. A diffondere la notizia è stato il segretario generale aggiunto della Cisl Fns, Massimo Costantino, che in un comunicato scrive: “Apprendiamo di una evasione avvenuta poco fa presso l’istituto romano di Rebibbia. Al momento non è stato possibile sapere di più. Due detenuti romeni. Aperte le ricerche con varie unità della polizia penitenziaria e altre forze di polizia”.
I due criminali – che sarebbero stati condannati per diversi omicidi – sono ricercati da agenti e carabinieri. Secondo le prime informazioni i due, intorno alle 19, avrebbero tagliato le sbarre del magazzino e poi sarebbero scappati scavalcando la rete e il muro di cinta del penitenziario per poi darsi alla fuga a piedi lungo via Tiburtina.
L’ultimo precedente risale al Ferragosto scorso quando un giovane scappò dal carcere. Una fuga durata due giorni e finita con l’arresto nella stazione di Milano.
Il 12 febbraio del 2014 invece, quasi due anni esatti fa, furono in due a calarsi con le lenzuola dalle loro celle e a scappare dalla cosiddetta “terza casa” di Rebibbia, l’area in cui sono reclusi i tossicodipendenti. Un caso su cui la procura di Roma aveva aperto un’inchiesta oltre all’indagine interna avviata dal penitenziario per le modalità beffa della fuga.
E ancora: al 14 aprile del 2010 risale la fuga di altri due ergastolani, condannati per omicidio, mai rientrati dal permesso premio di dieci giorni concesso loro per Pasqua dal Tribunale di sorveglianza di Roma.
Nel novembre del 1986 nel carcere romano di Rebibbia fu organizzata la clamorosa evasione in elicottero. Il franco-tunisino André Bellaiche e l’estremista nero Gianluigi Esposito, appesi ai pattini di un elicottero della Croce rossa aiutati dai complici appartenenti a una delle organizzazioni più spietate della mala francese, fuggivano senza lasciare tracce.
Il Podio Gialloblù di Casertana – Juve Stabia 1 – 1
Una Juve Stabia coraggiosa riesce a strappare un punto alla Casertana, la quale si fa rimontare da Diop dopo essere passata in vantaggio con Bonifazi.
Campionato Lega Pro, girone C, 14/02/16, Casertana . Juve Stabia 1 – 1
PODIO
Medaglia d’oro: a Stefano Russo, stilisticamente non perfetto ma estremamente efficace. L’estremo difensore che aveva dovuto abbandonare il posto da titolare per molti mesi a causa di un infortunio alla spalla, torna finalmente a vestire la maglia da numero 1 e ripaga la fiducia concessagli dai Zavettieri con un’ottima prestazione. Russo risponde sempre presente a tutte le chiamate degli attaccanti della Casertana, che in più occasioni vanno vicini al gol, ma gli interventi dell’estremo difensore stabiese sono sempre puntuali e precisi. Solo la rete acrobatica di Bonifazi sugli sviluppi di un calcio d’angolo sfugge ai guantoni del portiere ex Salernitana che, però, ha il grande merito di tenere in partita le Vespe durante il forcing con cui la Casertana cerca di raddoppiare e chiudere i conti. Sono almeno 6 gli interventi decisivi di Russo, di cui quello di piede su De Angelis lanciato a rete e la respinta sul colpo di testa, sempre dell’ex attaccante gialloblù, da applausi. Unica nota stonata della prestazione di Russo è forse la ruggine dovuta ai tanti mesi trascorsi fuori dal campo, che non consente all’estremo difensore di intervenire in modo del tutto sicuro, facendogli preferire in più occasioni la respinta anziché la parata vera e propria. Piccoli difetti che, siamo sicuri, verranno limati di partita in partita.
Medaglia d’argento: ad Abou Diop, croce e delizia dell’attacco stabiese. La pantera nera con il suo ingresso in campo, subito dopo il vantaggio casertano, mette in pratica il piano di Zavettieri, che lo aveva tenuto fuori dall’inizio proprio per sfruttarne la freschezza e la cattiveria con il calare fisico degli avversari. L’attaccante senegalese è bravissimo a crearsi praticamente da solo la rete del pareggio: Diop si avventa sul pregevole lancio di Maiorano prima che la palla sia preda dei centrali della Casertana, e dopo averli sovrastati fisicamente, beffa Gragnaniello in uscita con uno scavetto di destro. Poco dopo, però, Diop si divora un gol di una facilità e banalità clamorosa, sparacchiando alto a pochi metri dalla porta un pallone lavorato egregiamente da Del Sante. L’attaccante ex Lecce, sembra ancora una volta, come nei classici cartoni animati, avere sulle sue spalle da una parte un diavoletto e dall’altra un angioletto: quando a prevalere è l’angioletto nascono gol incredibili, quando invece ha la meglio il diavoletto, Diop dimentica come fare gol. Oggi ci sembra di poter dire che è finita in pari anche tra le due “anime” di Diop.
Medaglia di bronzo: a Stefano Maiorano, che si riprende le redini del centrocampo gialloblù. Il centrocampista di Battipaglia, invocato da settimane per la sua importanza tattica, ritrova finalmente il posto da titolare e, pur non essendo al top della forma, cambia subito il volto del mediana stabiese. Insieme ad Obodo, Maiorano forma una diga difficile da superare per gli avversari e mette la sua intelligenza tattica al servizio della squadra. Maiorano si assume anche la responsabilità di impostare il gioco, nonostante la costruzione non sia una delle sue principali peculiarità, tanto da firmare con un lancio millimetrico l’assist per il pareggio di Diop, scattato sul filo del fuorigioco e premiato dal centrocampista ex Catanzaro. Ora che il recupero di Maiorano sembra definitivamente completato, la Juve Stabia ha finalmente un centrocampista di qualità e quantità da affiancare all’instancabile Obodo.
CONTROPODIO
Medaglia d’oro: a Francesco Lisi, ancora deludente e per nulla propositivo. L’esterno arrivato dal Rimini ha la colpa di lasciare costantemente in inferiorità numerica Contessa, spesso preso in messo dalle ripartenze sull’out mancino della Casertana. La scarsa vena in fase di copertura di Lisi non è compensata, però, da vivacità o intraprendenza offensiva, tanto che l’esterno è sempre facilmente stoppato dai difensori rossoblù. Da censurare, inoltre, è un folle colpo di tacco con cui Lisi, una delle rare volte in cui si disimpegna in fase di copertura, restituisce palla agli attaccanti della Casertana, permettendo loro di ritentare l’assalto alla porta di Russo.
Medaglia d’argento: a Sergio Contessa, in affanno per buona parte del match. Se la catena di sinistra funziona poco la colpa non è soltanto di Lisi ma anche di Contessa, probabilmente non ancora ripresosi bene dai fastidi fisici accusati da qualche settimana. Il terzino non riesce quasi mai nelle sue sgroppate che tante volte creano scompiglio agli avversari, rimanendo quasi sempre bloccato e lasciando gli attaccanti privi di rifornimenti dalla fascia sinistra. Il numero 3 si rende poi protagonista di un errore non da lui, sbagliando un controllo, proprio col sinistro, all’altezza del dischetto, dopo essere stato pescato da Cancellotti, bravo a vedere il taglio del compagno in area di rigore. Contessa pecca anche di lucidità quando stende con una trattenuta vistosissima Giannone in area di rigore, costringendo l’arbitro a decretare il penalty per la Casertana; fortunatamente il guardalinee annulla la decisione del direttore di gara segnalando il fuorigioco dell’attaccante casertano. Una disattenzione, quella di Contessa, che poteva costare carissimo alle Vespe.
Medaglia di bronzo: all’ansia da prestazione che assale gli uomini di Zavettieri sotto porta. E’ incredibile come le Vespe sentano la pressione proprio quando il gol è ormai a pochi passi, se non addirittura centimetri, tanto da sbagliare le più facili delle palle gol. Oggi i due centravanti della Juve Stabia, Del Sante e Diop, hanno fatto a gara nel fallire la palla gol più clamorosa tanto che anche a mente fredda risulta difficile dire quale de due attaccanti abbia commesso l’errore più grossolano. A questi vanno aggiunti gli errori di Contessa, le due zuccate di Romeo messe fuori da ottima posizione ed altre palle gol sprecate. Serve più serenità in zona gol per poter portare a casa vittorie e punti pesanti.
Raffaele Izzo



