Revocato dal Tribunale gran parte del sequestro patrimoniale

Il Tribunale di Palermo ha revocato buona parte del sequestro di circa 1 miliardo e 600 milioni agli imprenditori Virga

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La Sezione misure di prevenzione del Tribunale di Palermo ha respinto la proposta di applicazione della sorveglianza speciale per gli imprenditori Carmelo, Vincenzo, Anna, Francesco e Rosa Virga. I Giudici hanno restituito alla famiglia gran parte dell’immenso patrimonio sequestrato dalla Dia e stimato in un miliardo e 600 milioni: trust, beni immobili e mobili registrati, rapporti bancari e imprese. Confiscata solo una parte residuale del “tesoro”: alcuni immobili e terreni di Carmelo.

Il sequestro risale al luglio 2015. Fu disposto nel 2014 dall’allora presidente dell’Ufficio misure di prevenzione Silvana Saguto, condannata nel 2020 dal Tribunale di Caltanissetta 8 anni e 6 mesi di carcere per corruzione insieme all’avvocato Gaetano Cappellano Seminara, Sette anni e 6 mesi, il cosiddetto “re” degli amministratori giudiziari. Furono anche comminati sei anni e 10 mesi all’ex professore della Kore Carmelo Provenzano. Tre anni per l’ex prefetto di Palermo Francesca Cannizzo. Condanne pesanti per l’allora “cerchio magico” che ruotava attorno al giudice, ora ex, Silvana Saguto, ritenuta all’epoca la giudice più potente dell’antimafia.

Revocato dal Tribunale gran parte del sequestro patrimoniale

A fare agire gli Inquirenti contro gli imprenditori Virga, erano state in quegli anni decine di dichiarazioni di collaboratori di giustizia: da Giovanni Brusca a Nino Giuffrè, gli Inquirenti giunsero alla conclusione che i Virga avrebbero beneficiato del determinante appoggio di Cosa Nostra per l’aggiudicazione di lavori e appalti pubblici nel settore dell’edilizia e sarebbero organici alla famiglia mafiosa di Marineo (PA), nel mandamento mafioso di Corleone.

Secondo gli investigatori i Virga erano riusciti, nel tempo, a sviluppare e a imporre il loro gruppo di imprese anche attraverso il cosiddetto “metodo Siino” (Angelo Siino, detto il “ministro dei lavori pubblici” della mafia), consistente nell’organizzazione di “cartelli” tra imprenditori, per l’aggiudicazione pilotata degli appalti pubblici. La ricostruzione dell’accusa era stata sempre contestata dagli imprenditori che hanno negato qualunque rapporto con Cosa nostra.

Revocato dal Tribunale gran parte del sequestro patrimoniale

Le dichiarazioni dei cosiddetti pentiti erano state determinanti per la Procura “Ho sentito parlare degli imprenditori Virga di Marineo già nel 1986 quando ho cominciato ad affiancare il Provenzano e ad occuparmi del mandamento di Caccamo” aveva messo a verbale Giuffrè, per anni braccio destro di Bernardo Provenzano. “I più grossi appalti li gestiva cioè con il presidente Nicolosi (ex  governatore della Sicilia ndr) e Virga. Queste erano le persone più coinvolte nella spartizione dei lavori in Sicilia, sono a conoscenza che dopo la Litomix, il Barreso fece fare la fornitura del Calcestruzzo dal Virga Carmelo”. Il collaboratore di giustizia Salvatore Barbagallo spiegò anche di aver visto Carmelo Virga “presente ad una discussione” con lo stesso Siino. “Preciso che il Virga – aggiunse il pentito – ha potuto assistere alla discussione proprio perché uomo d’onore“.

Gli imprenditori Virga erano noti anche per essersi all’epoca avvicinati al mondo dell’antimafia. Gaetano Virga, figlio di Carmelo, nel 2015  raggiunto dal provvedimento di sequestro, era stato un simbolo dell’antiracket e aveva avuto anche avuto il sostegno delle associazioni Addiopizzo, Libero Futuro e Fai. A partire dal 2010 infatti aveva presentato numerose denunce contro il racket delle estorsioni. Le sue testimonianze avevano consentito di arrestare cinque persone tra cui Francesco Lo Gerfo, ritenuto il capomafia di Misilmeri, e Stefano Polizzi, presunto estorsore, sul quale si sono concentrate le testimonianze che portarono anche allo scioglimento del Comune di Misilmeri per infiltrazioni mafiose. Nel 2010 Polizzi avrebbe chiesto il pizzo proprio al cantiere edile di Virga minacciandolo con frasi come “Ricordati che hai dei figli”. “Quando Polizzi è venuto nei nostri uffici, aveva raccontato l’imprenditore agli investigatori, ha affrontato mio zio molto animatamente. Li ho visti discutere da una finestra all’interno della nostra azienda a Marineo. Nella zona tutti sapevano quello che faceva Polizzi. Mio zio l’ha mandato via dicendogli che non avrebbe avuto un centesimo, ma si è ripresentato successivamente”.

Adduso Sebastiano

(tutte le altre informazioni regionali le trovi anche su Vivicentro – Redazione Sicilia)

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