Mattarella vince, l’Italia vince, ma la politica perde

Nella laboriosa partita per il Quirinale Mattarella vince, l’Italia vince, ma la politica dei partiti perde credibilità in malo modo

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Nella laboriosa partita per il Quirinale Mattarella vince, l’Italia vince, ma la politica dei partiti perde credibilità in malo modo. E lascia lacerazioni che sarà arduo ricomporre.

Dopo una settimana di tattiche e schermaglie, dopo sette fumate nere, finalmente all’ottava votazione l’Italia ha un Presidente della Repubblica che si chiama Sergio Mattarella.

Un gentiluomo di 80 anni suonati che da tempo andava dichiarando di volersi finalmente riposare e dedicarsi alla sua vita ed alla sua famiglia. Alla sua età se ne avrebbe diritto. Soprattutto dopo un settennato che lo ha visto protagonista discreto, ma sempre presente ed attivo a svolgere il suo ruolo di arbitro della vita politica e di volto empatico delle Istituzioni. Che ha incarnato con sobrietà ed indiscussa umanità.

Ebbene la politica partitica, sebbene sapesse da mesi che bisognava eleggere il successore, ha continuato nel suo negligente trantran. Tranne, nell’ultimo mese, il reclamare tracotante della destra di una supposta legittimità ad indicare ed eleggere una personalità proveniente dalla sua area culturale. E per tale alto incarico si ostinava ad indicare la figura divisiva di Silvio Berlusconi, che non è stato proprio un esempio da imitare, almeno per una metà dell’elettorato italiano. La nostra Costituzione, art. 87, recita che il Presidente “rappresenta l’unità nazionale”. Non ci sembra che il satrapo di Arcore potesse incarnare questa alta rappresentanza. Tutto aveva solo il sapore di una rivincita sull’area della sinistra.

Ma intanto su queste schermaglie trascorre un mese. Senza che un vero dibattito tra le forze politiche venga avviato, ed un serrato confronto intavolato. Un fine costituzionalista come Sabino Cassese in questi giorni ha dichiarato che un incarico pubblico “non si cerca e non si rifiuta”. Ma Berlusconi ha ben altra sensibilità istituzionale ed ha cominciato una ambiziosa campagna acquisti tra i grandi elettori, in cerca dei fatidici 505 voti necessari. Aiutato in questa erculea opera dal solerte telefonista Vittorio Sgarbi. Anche lui esempio di sobrietà e discrezione.

Quando il pallottoliere ha decretato che la conta non arrivava alla fatidica cifra dei 505, il Cavaliere si è ritirato, lasciando finalmente  sgombro il campo del centro destra. Ma ormai la situazione aveva preso la piega della prova di forza muscolare. Con l’argomentazione che la destra ha i numeri in Parlamento e che, stando ai sondaggi, sarebbe maggioranza anche nel Paese.

Però il Presidente si elegge con i numeri che si hanno in Parlamento. Ed in Parlamento ci sono tre raggruppamenti eterogenei che non riescono ad esprimere maggioranze omogenee. Prova ne sono i tentativi di governo che abbiamo visto avvicendarsi nel corso di questa travagliata legislatura, con svarioni verso destra prima e viraggio a sinistra poi. Con i 5 stelle che hanno adottato la “politica dei due forni”, di andreottiana memoria. E con la conseguenza che il Presidente Mattarella ha dovuto imporre un governo di unità nazionale capeggiato dall’ottimo Mario Draghi, visto il fallimento dei partiti nel saper trovare un accordo equilibrato tra loro.

Stesso spettacolo è andato in scena in questa settimana elettorale quirinalizia. A sinistra si preconizzava una soluzione concordata tra tutti i partiti, visto che nessuno possiede una maggioranza numerica capace di dare autonomia nelle scelte. La destra, invece, si era lanciata nel reclamare il diritto dovere di proporre i candidati di area. Il capitano Salvini, si è autonominato kingmaker, con la prerogativa di dare le carte.  Ed i risultati si sono visti:  si è andati a sbattere. E si è dovuti andare a ricorrere ancora alla saggezza ed alla pazienza del solito arbitro Mattarella, che sperava di godersi il meritato riposo. A lui formuliamo il nostro grazie per lo spirito di servizio dimostrato e gli auguriamo buon lavoro per il prossimo settennato. Che speriamo sia sereno e proficuo.

Tutto bene quindi? Niente affatto. L’Italia ha un presidente di prestigio e di valore. Ma la politica non è stata capace di operare il ricambio. Perché significa rinnovamento, che è il sale della democrazia. Invece nell’ultimo anno non si è stati capaci né di formare un Governo né di eleggere un nuovo Presidente. La politica si è incartata e le Istituzioni risultano inceppate.

Quando i partiti si decideranno a proporre e concordare una riforma istituzionale che consenta alle Istituzioni di funzionare ed alla democrazia di essere esercitata efficacemente?

Dopo una simile figuraccia, non è ancora giunto il momento? Se non ora, quando?

 

Mattarella vince, l’Italia vince, ma la politica perde // Carmelo TOSCANO/ Redazione Lombardia

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