Il linguaggio omofobo di Sarri, una “normalità” da sradicare nel calcio. MAURIZIO CROSETTI* (VIDEO)

Il diverbio in campo tra Roberto Mancini (a sinistra) e Maurizio Sarri (ansa) L’aggressione verbale...

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Il diverbio in campo tra Roberto Mancini (a sinistra) e Maurizio Sarri (ansa)

L’aggressione verbale del tecnico del Napoli a quello dell’Inter rientra in una cultura diffusa e tollerata nell’ambiente, ma la reazione di Mancini è forse l’indice che qualcosa sta cambiando.

Sono cose da campo, cose che succedono, e dal campo non devono uscire. Si dice sempre così, infatti l’ha detto anche Maurizio Sarri dopo aver dato del finocchio e del frocio al suo collega Roberto Mancini. Poi Sarri ha chiesto scusa, e Mancini gli ha risposto: non devi chiedere scusa, hai sessant’anni, devi vergognarti. Difficile non dargli ragione.

Il calcio è quel luogo in cui il presidente federale Tavecchio ha parlato di Optì Pobà che mangia le banane, e un dirigente poi rimosso ha definitoquattro lesbiche le giocatrici di pallone. Non tutti, per fortuna, sono così, ma neanche pochi. Il calcio non è uno sport per signorine, di diceva una volta: neanche per omosessuali, se la loro stessa esistenza viene considerata una potenziale offesa. Accade nell’Italia in cui si litiga, anche e soprattutto a sinistra, purtroppo, sulle adozioni per le coppie gay.

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E’ un problema culturale, dunque si parte dal linguaggio. Maurizio Sarri, che qualche anno fa già disse “il calcio sta diventando uno sport da froci”, ha usato il suo come una clava, come un uomo delle caverne. Ed è ancora più grave che in sala stampa, dopo lo sfogo, abbia cercato di minimizzare dicendo“non mi ricordo quel che ho detto, ho usato le prime parole che mi sono venute in mente” e quasi tutti, in quella sala stampa, hanno riso. Questo rende l’idea di quanto Sarri, nella sua caverna, si trovi in ottima compagnia.

Mandiamo i nostri figli alle scuole calcio sperando, come minimo, che venga insegnato loro qualche comportamento degno, una sanità non solo del corpo. Non è moralismo chiamarli valori, perché se lo sport non è un luogo di educazione e crescita, allora a cosa serve? Solo a svagarci? Solo a dimenticare che esistono persone che dileggiano e insultano senza neppure rendersi conto di quello che dicono?

Al netto del dibattito che ne è seguito, assai sproporzionato e fuori sintonia come spesso succede in Italia, nel calcio e non solo (a Napoli c’è già chi sostiene che sia tutto un complotto contro la squadra di Sarri prima in classifica, la più forte finora e con pieno merito, la più divertente, molto più della Juve che la insegue), la tristissima scena di Sarri e Mancini (mai visto tanto sconvolto l’ex fuoriclasse, eppure ne avrà viste e sentite, nella sua vita) ci racconta a che punto siamo a livello di integrazione, percezione delle cose, modernità di pensiero, tolleranza, educazione e cultura.

Ora è inevitabile l’effetto ventilatore, ma la materia tra le pale l’ha messa Sarri. Un signore che vive di calcio da moltissimi anni, arrivato tardi sulla scena della serie A forse perché questa è una casta blindata, oppure perché questo signore ha limiti di linguaggio e di pensiero, come indicherebbe la sua dialettica che pure, a volte, è apparsa di rottura, originale e sincera in un ambiente plastificato, pieno di parole tutte uguali e banali. Ma se invece le parole “originali e diverse” sono ancora più uguali, e riflettono un pensiero non comune ma purtroppo diffuso, allora è meglio restare al “giocheremo la nostra partita, la palla è rotonda, ringrazio i tifosi e il mister”. Oppure, invece, sta proprio cambiando qualcosa: dopo i nomi e cognomi degli ultrà del Genoa, squadernati dal coraggioso Gasperini, ecco Mancini che apre il recinto e ci fa entrare lì dentro. Cose che succedono da sempre? E cosa vuol dire? Non devono succedere più, punto. E se in Italia nessun calciatore ha mai avuto il coraggio di dire sì, sono omosessuale, e allora?, forse dipende anche dall’ambiente che lo circonda, da quelli che gli risponderebbero: stai zitto, frocio.

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