“Aldo Moro e l’intelligence” (Di Riccardo Micheletti)

Accostare il nome di Aldo Moro al mondo dell’intelligence può apparire inconsueto. Nell’immaginario collettivo del...

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Accostare il nome di Aldo Moro al mondo dell’intelligence può apparire inconsueto.

Nell’immaginario collettivo del popolo italiano il segretario politico e presidente del consiglio nazionale della Democrazia Cristiana, tragicamente ucciso dalle Brigate Rosse il 9 maggio del 1978, non appare di certo un uomo che sapeva utilizzare abilmente gli strumenti dei servizi segreti.
Eppure questa è proprio l’ipotese che avanza Mario Caligiuri nel recente libro che ha curato per i tipi della Rubettino : Aldo Moro e l’Intelligence. Il senso dello Stato e le responsabilità del potere, Rubettino Editore, 2018.
Professore ordinario all’Università della Calabria, dove dirige il Master in Intelligence, promosso nel 2007 con Francesco Cossiga, Mario Caligiuri è stato tra i primi ad introdurre lo studio scientifico dell’intelligence per farla riconoscere come materia di studio negli atenei italiani.
Numerose sono le pubblicazioni che Caligiuri ha curato su questo delicato argomento: Intelligence e ’Ndrangheta (2009); Intelligence e Magistratura (2017); Cossiga e l’intelligence (2011).
Proprio muovendo da alcuni passi riportati in un libro-intervista pubblicato da Cossiga nel 2000, Caligiuri ricostruisce il rapporto di Aldo Moro col mondo dell’intelligence. Ne La passione e la politica, Francesco Cossiga afferma che Moro era “un uomo politico pragmatico, dotato di grande senso del potere”, la cui intelligenza era “in assoluto” la più raffinata nell’agone politico del tempo e che doveva a lui la salita ai vertici della politica nazionale. Relativamente al tema dell’intelligence Cossiga ricorda che Moro, tra tutti gli uomini politici che aveva conosciuto, era “l’unico che avesse una cultura dell’Intelligence. Era profondamente interessato ai servizi segreti, alle attività occulte utili per assicurare al Paese un periodo di tranquillità, tenendolo al riparo dall’attacco dei comunisti”.
L’intelligence rappresenta la sorgente nascosta della sicurezza dello Stato, lo strumento fondamentale per perseguire il bene della Repubblica, e Moro, in un clima politico condizionato dalla Guerra Fredda, ne comprendeva l’importanza strategica. Quando, nel marzo del 1960, il Parlamento approvò il governo guidato dal democristiano Fernando Tambroni con l’appoggio esterno determinante dell’MSI (Movimento Sociale Italiano, gruppo politico di destra, guidato da Arturo Michelini) e dei monarchici, seguirono numerose manifestazioni popolari di protesta, ed a  Genova il 30 giugno la polizia reagì molto duramente nei confronti dei dimostranti. Come si evince dal Memoriale scritto da Moro nel carcere delle Brigate Rosse, il generale dell’Arma dei Carabinieri Giovanni De Lorenzo, allora capo del SIFAR (Servizio di Informazioni delle Forze Armate, il servizio segreto dell’esercito, attivo dal 1949), consegnò a Moro delle intercettazioni ed altro materiale informativo, dai quali emergeva che dietro alla durezza della polizia v’era l’istigazione diretta di Tambroni. A far dimettere il capo del quindicesimo governo della Repubblica sarà Moro, allora segretario della Democrazia Cristiana, il quale gli comunicò che la DC non lo avrebbe proposto come capolista nelle elezioni del 1963 nel collegio delle Marche. Pochi giorni dopo Tambroni morirà d’infarto.
La segreteria di Moro e il caso Tambroni è solo uno degli episodi descritti nel libro curato da Caligiuri. Nel volume vengono presi in considerazione aspetti del Memoriale relativi all’intelligence; il rapporto dello statista pugliese con il mondo delle operazioni di spionaggio; la questione del Lodo Moro (l’accordo politico non scritto, fatto dal ministro degli Esteri Aldo Moro con Yasser Arafat per il sostegno politico all’Organizzazione per la Liberazione della Palestina) e la ricostruzione del difficile periodo storico degli anni Settanta, in cui lo statista italiano dovrà gestire il delicato rapporto con gli Stati Uniti d’America e, allo stesso tempo, sovraintendere al riassetto dei vertici politici e militari del Paese. Sarà proprio questo contesto ostile che emergerà la decisa volontà avanzata da Moro di inaugurare, nel 1977, la prima legge sui servizi di intelligence in Italia.

Chiudono il volume le testimonianze di Ciriaco de Mita, segretario nazionale della DC dal 1982 al 1989, e di Luigi Zanda, stretto collaboratore di Cossiga durante gli anni di piombo.

Martedì 22 gennaio, alle 20.30, Mario Caligiuri presenterà il volume “Aldo Moro e l’intelligence” presso l’Hotel Touring di Coccaglio (Bs). Sarà un occasione per riflettere onestamente sull’ evoluzione intelligence nel nostro Paese ed arginare così il pericolo dell’uso politico della storia.

Riccardo Micheletti

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