Un dibattito a Francavilla di Sicilia con due deputati regionali

In un dibattito che si è svolto a Francavilla di Sicilia con due deputati regionali...

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In un dibattito che si è svolto a Francavilla di Sicilia con due deputati regionali abbiamo presentato sei argomenti che potrebbero valere per tutta Italia.

L’opportunità di essere invitati ad un incontro con due deputati regionali, Valentina Zafarana e Antonio De Luca, entrambi dei 5stelle, per discutere di problemi del territorio, era un’occasione che non ci si poteva fare sfuggire, analogamente come abbiamo fatto in altri casi.

Sicché di buon mattino siamo andati con la collega Sarta a Francavilla di Sicilia, bel paesino di circa 4 milia abitanti in provincia di Messina, ubicato al centro della Valle dell’Alcantara, a nord dell’Etna, sulla riva sinistra del fiume Alcantara.

In un bar del paese, il Quadrifoglio Blu, ci si è ritrovati con diverse persone provenienti da Moio Alcantara, Malvagna, Castiglione di Sicilia e Roccella Valdemone, ove ognuno, a giro, ha potuto esporre problemi e situazioni dei propri paesi e territori.

Noi ci eravamo preparati 6 punti su due pagine e mezzo. Si tratta di argomenti che abbiamo spesso affrontato pure nei nostri articoli. I primi quattro possono essere di interesse per qualsiasi territorio italiano, in quanto sono richieste per intervenire sulla modifica di alcune norme inerenti la gestione comunale, affinché il cittadino abbia più trasparenza da parte della pubblica amministrazione e allo stesso tempo, disponga di una maggiore forzosa compartecipare alle scelte della politica locale. Il penultimo e l’ultimo punto, seppure più specifici, sono personalizzabili per qualsiasi altro territorio della Penisola.

Qui di seguito gli argomenti che abbiamo sottoposto all’attenzione dei due deputati regionali:

  • Abbattere la corruzione nei Comuni sarebbe già metà della ripresa nazionale sociale ed economica. Per fare questo si dovrebbero ripristinare gli organi di controllo (come il Co.Re.Co, Comitato regionale di controllo e la Commissione Provinciale di controllo) ma con criteri inoppugnabili di rotazione e composti con anche nuove figure, quali Magistrati e Finanzieri, però quanto meno provenienti da regioni diverse e neppure limitrofe a quella in cui opererebbero. Sull’onda di fine anni ’90, con il mantra del federalismo e decentramento, fu varata la riforma del Titolo V della Costituzione che è entrata in vigore l’8 novembre 2001 dopo un lungo iter normativo. Il Senato, con deliberazione adottata l’8 Marzo 2001 (Governo Amato II) ha approvato la Legge Costituzionale n. 3/2001, cosiddetta riforma Titolo V della Costituzione, artt. 114–132, con cui si disciplinano le autonomie locali. All’epoca, si giunse all’approvazione con una maggioranza inferiore a quella richiesta (maggioranza qualificata dei due terzi dei membri delle Camere) e per questo tale legge è stata sottoposta a referendum confermativo il 7 ottobre 2001 (Governo Berlusconi 2), il quale si è concluso con esito favorevole all’approvazione della legge con il 64% dei votanti che si è espresso per il sì, così entrando in vigore il mese successivo. Nessuno da quel momento controllò più le delibere e gli atti dei Comuni. In una dichiarazione del 2016, il Procuratore Capo di Catanzaro dr. Gratteri, individuava uno dei motivi per cui i Comuni sono spesso in mano alla corruzione e alla criminalità <<La riforma Bassanini è stata un grande, anche se involontario, favore alle mafie, perché ha tolto il CORECO (Comitato Regionale di Controllo). Un sindaco solo davanti al mafioso che va lì e gli dice «No questa delibera deve passare.» il primo cittadino cosa risponde «Guarda che è inutile che la facciamo perché tanto il CORECO la boccia». Oggi non c’è nemmeno quello”. Ha dichiarato Gratteri in un’altra fase dell’incontro. “Quando il capomafia concorre a votare il sindaco, perché la cosa terribile per i politici solo le ultime 48 ore quando hanno paura di non essere eletti, fanno patti con il diavolo. Bisognerebbe incatenare i candidati gli ultimi tre giorni per non farli andare nelle case dei capimafia. – afferma il magistrato che prosegue – Oggi rispetto a venti anni fa sono loro che vanno a casa dei mafiosi a chiedere pacchetti di voti in cambio di appalti perché la mafia è più credibile di loro. Trenta quaranta anni fa era il contrario: era il boss che andava dal politico a chiedere il posto per la nuora, o di non far fare la leva al figlio>>. Occorre quindi urgente questo Organo amministrativo intermedio, tra la società e il Tar, che esamini le delibere, determine, ecc. degli Enti e al quale (assumendosene le responsabilità nel caso di dichiarazioni mendaci) il cittadino o il consigliere di minoranza possa segnalare in modo celere, non costoso e semplice, le note storture in tanti Enti. Questi sono suggerimenti da annose esperienze dirette e indirette da trincea.
  • La legge 97/2016 sulla trasparenza della Pubblica Amministrazione, che in buona parte è una discreta norma, ma di tutta evidenza deliberatamente inefficace, in quanto sostanzialmente solo propositiva e pertanto incompleta poiché non contempla pene e sanzioni. Mancano infatti le immediate conseguenze a carico dell’amministrazione inadempiente, opaca, se non anche omertosa e reticente. Il comune cittadino infatti, dopo che ha messo in luce le locali irregolarità, non può e non dovrebbe, in una Nazione civile, democratica e repubblicana, doversi esporre a costosi ricorsi e spese legali, oltre a diverse conseguenze a cui potrebbe andare incontro con anche ritorsioni trasversali verso la propria famiglia.
  • Va abolito il limite dei 15 mila abitanti previsto dall’art. 13 del d.lgs. 97/2016 per cui i rispettivi amministratori non devono rendere noti i loro redditi e quelli dei propri parenti diretti (una norma che favorisce anche la mafia). A seguito del decreto legislativo 25 maggio 2016, n. 97 «Revisione e semplificazione delle disposizioni in materia di prevenzione della corruzione, pubblicità e trasparenza, correttivo della legge 6 novembre 2012, n. 190 e del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33, ai sensi dell’articolo 7 della legge 7 agosto 2015, n. 124, in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche», l’ANAC (Autorità Nazionale Anticorruzione) nell’adunanza dell’8 marzo 2017 ha approvato in via definitiva la delibera n. 241 «Linee guida recanti indicazioni sull’attuazione dell’art. 14 del d.lgs. 33/2013 «Obblighi di pubblicazione concernenti i titolari di incarichi politici, di amministrazione, di direzione o di governo e i titolari di incarichi dirigenziali» come modificato dall’art. 13 del d.lgs. 97/2016» che ne dispone la pubblicazione sul sito istituzionale dell’ANAC e sulla Gazzetta Ufficiale e in cui si dice “Comuni con popolazione inferiore ai 15.000 abitanti … nei comuni con popolazione inferiore ai 15.000 abitanti, i titolari di incarichi politici, nonché i loro coniugi non separati e parenti entro il secondo grado non sono tenuti alla pubblicazione dei dati di cui all’art. 14, co. 1, lett. f), ovverosia dichiarazioni reddituali e patrimoniali.
  • Associazionismo preda del clientelismo. Una recente norma obbliga tutte le forme associative che ricevono contributi pubblici di divulgare su un sito aperto, pertanto non chiuso ai soli iscritti, tutte le rispettive informazioni sui fondi ricevuti. La legge n.124 del 4 agosto 2017, ai commi 125 e 129, fa infatti obbligo di trasparenza sui contributi percepiti. Ed entro il 28 febbraio del 2018 e successivamente ogni anno, tutte le associazioni, onlus e fondazioni destinatarie nell’anno precedente di contributi superiori a 10mila euro erogati da Amministrazioni pubbliche e da società partecipate, hanno l’obbligo di pubblicare sui siti web le informazioni relative a sovvenzioni, contributi, incarichi retribuiti e a vantaggi economici di qualunque genere ricevuti l’anno precedente. L’inosservanza dell’obbligo comporta la restituzione delle somme ai soggetti eroganti. Sono conseguentemente esonerati da tale obbligo le Associazioni che ricevono – sovvenzioni, contributi, incarichi retribuiti e vantaggi economici – inferiori a 10mila euro. Si deve, invece e sollecitamente in tutta Italia, ridurre dai dieci mila ad almeno 1000 euro, l’obbligo, per qualsiasi associazione che riceve fondi pubblici, di rendicontare pubblicamente su un proprio sito o pagina Facebook. E nel caso di inadempienza, non solo comminare la restituzione delle somme, ma anche escludere l’associazione e similare, da ogni futuro rapporto con il sistema pubblico. Così certa trasversale clientelare politica perderebbe di certo parte del consenso di tutta evidenza comprato con i soldi dei contribuenti stante che notoriamente molto associazionismo sono forme implicite di distribuzione di soldi pubblici per finanziare politici, liste elettorali, partiti e rispettivi seguiti. Si distingue in Italia per trasparenza nell’associazionismo solo il Veneto, nella cui Regione le Organizzazioni di Volontariato (L. 266/91) e le Associazioni di Promozione Sociale (L. 383/00) ed iscritte al Registro Regionale sono sempre tenute, sulla base della L.R. n. 30 del 30 dicembre 2016, a pubblicizzare i contributi ricevuti da Enti pubblici, indipendentemente dal loro importo. All’obbligo si assolve nel Veneto, compilando un apposito schema e attraverso la sua pubblicazione sul rispettivo sito internet dell’associazione, onlus, ecc.
  • Il mare Jonio della provincia di Messina inquinato da presumibili sversamenti. Quest’estate, come anche quella scorsa, sono stati molti i residenti e i villeggianti che hanno lamentato sui social e presso gli Enti locali, anche con documenti fotografici a seguito, la presenza nella costa jonica messinese, da Taormina a Messina, di chiazze di inquinamento colore scuro o oleoso e alcune di presumibile origine fecale, nonché spazzatura trasportata dalla corrente. Con delle immagini satellitari trasmesse dal Copernicus, il programma europeo per l’osservazione satellitare della Terra, è stato possibile osservare la formazione di “macchie oleose”, anche di una certa estensione, che con una certa frequenza, nel periodo estivo, si formano lungo la riviera ionica messinese. Sembra che queste “macchie oleose” si creino in determinati punti della riviera ionica, specialmente a ridosso dei centri abitati più popolosi, e in base alle correnti di mare (all’alternanza fra “scendente” e “montante”, in media ogni sei ore), si spostano lungo l’intero litorale della costa ionica, espandendosi per diversi chilometri, davanti la linea di costa, fino a raggiungere l’abitato di Sant’Alessio Siculo e l’omonimo Capo (dove la corrente spinge le masse d’acqua in fuori per l’azione “schermante” del promontorio). Si potrebbe pertanto monitorare l’intera Riviera per un certo periodo, in particolare durante l’estate per risalire agli sversamenti abusivi oppure depuratori inefficienti o con bypass illegali. Inoltre per togliere ogni tipo di dubbi e dare delle risposte “chiare” ai cittadini sarebbe opportuno avviare una campagna di monitoraggio sulla qualità del mare lungo l’intera costa ionica messinese, da Capo Alì fino a Capo Taormina, per capire da dove provengono questi sversamenti, in base alla corrente dominante in quel determinato.
  • Lo svincolo A/18-Santa Teresa (ME). Un annoso trasversale teatrino elettorale, europeo, nazionale e regionale. Lo svincolo autostradale sulla A18 (Messina-Catania), cosiddetto di Santa Teresa di Riva (ME) è un’opera necessaria e urgente per l’intera Vallata dell’Agrò (che conta ben 8 Comuni e circa 20 mila persone che d’estate si triplicano tanto che le vecchie strade letteralmente s’intasano. È necessario e utile non solo sotto il profilo della viabilità e scorrevolezza viaria, ma anche per lo sviluppo economico, turistico, commerciale e quindi occupazionale, come anche per quello della sicurezza e prevenzione generale di eventuali e già verificatisi, interruzioni, frane, alluvioni e altro sulla Strada Statale 114, ormai oltremodo insufficiente per la locale circolazione di mezzi e persone. Dopo un anno e mezzo di incertezze su chi dovesse progettare il nuovo svincolo S. Teresa-Val d’Agrò dell’A18 Messina-Catania, l’Ente santateresino ha ripreso in mano la situazione facendo ripartire l’iter per la realizzazione dell’opera, inserita nel Masteplan della Città metropolitana di Messina con uno studio di fattibilità da 12 milioni di euro, redatto dagli ingegneri Carmelo Trimarchi e Antonio Ferraro e dall’architetto Massimo Stracuzzi, con la consulenza geotecnica dell’ingegnere Michele Maugeri e geologica ed ambientale del geologo Salvo Puccio. L’intervento dovrebbe essere finanziato per intero con i fondi governativi, a meno di rimodulazioni e spostamenti di risorse che fanno rimanere il Masterplan ancora un’incognita qualora da Roma non dovesse arrivare conferma sugli stanziamenti. il termine per la presentazione dei progetti definitivi da parte dei Comuni inseriti nel Masterplan è fissato al 31 dicembre prossimo, per poi procedere alle conferenze di servizi per l’ottenimento dei pareri e la redazione dell’esecutivo. Le opere vanno invece appaltate entro il 31 dicembre 2021, pena la perdita del finanziamento.

Nella foto di copertina, la Chiesa dell’Annunziata di Francavilla di Sicilia risalente al 1550.

Adduso Sebastiano

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