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Corbo: “Una vittoria carica di messaggi”

Antonio Corbo-La Repubblica

Vittoria carica di messaggi, ma facile da decifrare. Manda a Roma una squadra ottimista, rigenerata, felicemente aggressiva. Il Napoli non ha neanche il tempo né voglia di chiedersi che cosa sia successo a Milano. Stanco e monotono sabato, agile e ispirato ieri, gioca sottoritmo con l’Inter e palleggia veloce stavolta. Impossibile una simile metamorfosi in 72 ore, che è successo? Più di un test atletico, occorre che il Napoli si sdrai su un sofà per una profonda analisi, di quali complessi soffre in trasferta? A Udine si lascia stendere dall’arbitro più che dall’Udinese, subisce due rigori in un baleno e le scenate pacchiane dell’arbitro Irrati: espelle Sarri, poi si misura nel finale con l’ira di Higuain. A Milano ancora il Napoli bello e fragile si abbatte: non si rialza più dopo il gol in fuorigioco dell’Inter. In 4 partite due sconfitte raccontano un Napoli succube di arbitri, di avversari, una usura mentale e muscolare. Nello stesso arco di tempo, di nuovo in casa, due vittorie offrono perentorie smentite. Il Napoli ritrova la sua immagine di gioco, l’irresistibile allegria dei triangoli ritmati, la sbarazzina ansia di stupire. Donadoni intimorisce solo a parole il Napoli, «per un colpo il Bologna ha tutte le carte in regola ». Le avrà lasciate alla reception dell’albergo, se è stato solo un onesto spettatore: crolla là dove era temuto, Zuniga neanche prova a danzare calcio con il suo faccione giulivo, ma si piega a destra sul versante di Ghoulam, che con Hamsik e Mertens rimette in moto la catena di sinistra. Taider cade nel vortice di Allan, signore del centrocampo, sovraccaricando il senegalese Djawara e Brighi a sua volta travolto con il confuso Constant dall’asse di sinistra Hysay-Callejon. In tre giorni riscatta i suoi effettivi valori Gabbiadini, non è Higuain, non può esserlo, ma lo sostituisce con decoro, tre gol in tre gare. Il primo, ieri, è di assoluta qualità: si contorce e s’infila, in agilità sistema un diagonale corto che nuovo certifica la sua abilità di cinico bomber. Una vittoria che riscatta anche Sarri, apparso poco innovativo negli ultimi tempi. Dà spazio a Mertens, finora subalterno a Insigne. E Mertens si scatena. Ancora Sarri prova una variante tattica alla fine, inserisce Insigne a sinistra, ritira Callejon e prova Mertens punta centrale, che ricambia con una tripletta, i suoi gol rivelano tutta la rabbia accumulata tra le quinte. Avverte la Roma, che ha imposto la tregua dopo la lite tra Spalletti e Totti. Lunedì riceve un Napoli finalmente in pace con se stesso, ancora più forte: ha slegato dalla panchina tre che forse meritavano più attenzione. Occhio: i gol sono due di Gabbiadini, due di Mertens, ultimo di David, e sembra questo l’ultimo messaggio da decifrare.

Fidel Castro, discorso d’addio a Cuba: “Presto 90 anni, arriva il mio turno. Rimarranno le idee”

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                                               Fidel Castro
L’intervento al settimo congresso del Partito Comunista Cubano. “Il popolo cubano prova che su questo pianeta, se lavori molto e con dignità, puoi produrre i beni materiali e culturali di cui gli esseri umani hanno bisogno”. La vecchia guardia confermata al vertice per i prossimi cinque anni

L’AVANA – “Presto avrò 90 anni Presto sarò come tutti gli altri Arriva il turno di tutti” Fidel Castro non nomina mai la parola morte, ma il suo discorso parla di un congedo, inequivocabile ma sereno. Il leader cubano è intervenuto insieme al fratello, il presidente Raul Castro, alla chiusura del settimo Congresso del Partito comunista di Cuba, svoltosi all’Avana. E davanti a una platea di 1300 persone il Lìder Maximo ha parlato con chiarezza di una vicenda personale prossima alla fine, ma richiamando la sua Cuba alla storica responsabilità di far continuare a vivere i valori della rivoluzione prolungandoli oltre il tempo di un singolo uomo, per quanto questi quella storia abbia fatto.

“Forse – ha detto Fidel, interrotto dalla gente che gridava il suo nome – questa sarà l’ultima volta in cui parlo in questa stanza. Presto compirò 90 anni. Non mi aveva mia sfiorato una tale idea e non è stato il frutto di uno sforzo, è stato il caso. Presto sarò come tutti gli altri, il turno arriva per tutti”. Castro si è detto certo che “le idee dei comunisti cubani rimarranno  come prova che su questo pianeta, se lavori molto e con dignità, puoi produrre i beni materiali e culturali di cui gli esseri umani hanno bisogno”. Seduto, comodo nella casacca di una tuta e una camicia sportiva, espressione serafica, Fidel ha ricordato il ruolo rivestito da Cuba quale punto di riferimento e alternativa al modello nordamericano rispetto a quella parte del pianeta a lungo marginalizzato dall’Occidente, in particolare al Sudamerica: “Ai nostri fratelli dell’America Latina e del mondo dobbiamo trasmettere che il popolo cubano vincerà”.

Poi Fidel ha concluso con tono fermo rigraziando il fratello per il “magnifico” lavoro compiuto: “Forse questa sarà l’ultima volta che parlo in questa sala”. Nella sua precedente apparizione pubblica, lo scorso 7 aprile, Castro aveva parlato in una scuola, ricordando la cognata Vilma Espin, moglie di Raul, eroina della Rivoluzione morta nel 2007. Anche in quel caso aveva parlato sempre seduto.

Congresso del partito comunista cubano si è concluso con la conferma al vertice della vecchia guardia per i prossimi cinque anni, malgrado l’annunciato ritiro del presidente Raul Castro nel 2018. Raul Castro è stato rieletto segretario generale, confermato anche il numero due, il vecchio compagno di lotta Jose Machado Ventura (85 anni), che pur era dato in d’uscita da molti osservatori. Tre ufficiali di alto grado, il ministro delle forze armate, generale Leopoldo Cintra Frias (72 anni), il comandante Ramiro Valdes (83 anni) e il generale Ramos Espinosa (77 anni) hanno mantenuto il seggio nell’ufficio politico composto ora da 17 membri, non più da 14. Complessivamente, l’esercito conta cinque rappresentanti nel supremo organo del partito, che allo stesso tempo vede allargato il contingente femminile, passato da uno a quattro presenze.

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Mertens, basterà la prestazione di ieri per rivederlo contro la Roma?

La Gazzetta dello Sport esalta Dries Mertens

“Tre gol tutti in una volta non li aveva mai segnati, Dries Mertens da quando è in Italia. C’è riuscito nella notte in cui Maurizio Sarri l’ha rispolverato tra i titolari, dopo partite e partite trascorse in panchina, ad aspettare il suo momento. Che è arrivato, ieri sera, contro il Bologna, dopo che l’allenatore ha deciso l’esclusione di Lorenzo Insigne, apparso affaticato contro l’Inter. Una risposta forte, dunque, che conferma l’importanza di questo giocatore, costretto al ruolo di comprimario nelle gerarchie del tecnico. Ma non per questo è considerato un giocatore di secondo piano. Sarri lo ritiene l’alternativa a Insigne e, considerato il rendimento dell’esterno napoletano, sarebbe stato azzardato tenerlo fuori. Bene, la tripletta e la prestazione di ieri sera, hanno cancellato le perplessità, generate dalle scelte dell’allenatore che non ha mai messo in discussione il ruolo di Insigne: d’altra parte sarebbe stato problematico discutere un giocatore del cui talento spesso s’è giovato pure Gonzalo Higuain. Il calendario, però, non concede pause. Resta un interrogativo: basterà a Mertens la tripletta per sperare in un posto nella super sfida contro la Roma?”

Euro 2016, Gabbiadini manda un messaggio a Conte

A San Siro non giocò la sua migliore partita,

anche se ebbe pochi palloni giocabili, mentre ieri con la doppietta al Bologna Manolo Gabbiadini si è preso la scena già nel primo tempo. Il Corriere della Sera scrive che Manolo “ha talento e il merito di non scoraggiarsi dopo Milano. Movimenti sincronizzati, tagli, sponde, affondi e gol: cinque in campionato, circa uno ogni cento minuti; nove in stagione considerando l’Europa League con tre assist. Conte prende nota e potrebbe convocarlo almeno allo stage di metà maggio a Coverciano”.

Critica costruttiva all’interno dello spogliatoio

La Repubblica scrive sul successo del Napoli contro il Bologna

“Ma alle forti tensioni della vigilia aveva contribuito pure il presidente De Laurentiis, a un passo dallo scontro frontale col Palazzo. Provvidenziale il silenzio stampa, che ha scongiurato il rischio di un ulteriore polverone. In soccorso degli azzurri, però, è arrivato questa volta proprio il contestato (da Sarri) calendario: con un anticipo di campionato che ha permesso al tecnico toscano e ai suoi giocatori di tornare quasi subito e campo e non rimuginare sugli errori commessi contro l’Inter. La scoppola è dunque stata assorbita senza altri danni, anche grazie alla costruttiva autocritica all’interno degli spogliatoi, durante il breve ritiro che ha preceduto la gara con il Bologna. A Sarri è bastato ritoccare solo un po’ la deludente formazione di San Siro, con i ritorni di Ghoulam e soprattutto di Mertens tra i titolari. Ma tutto il Napoli ha dato una prova di maturità e solidità, paradossalmente liberato dalla pressione che l’aveva attanagliato durante il braccio di ferro con la Juve. La squadra ha reagito meglio dei tifosi: archiviando la delusione per lo scudetto sfumato e resettandosi subito sul nuovo traguardo: la difesa del secondo posto e della qualificazione diretta per la Champions, rimesse in discussione dal ko contro l’Inter”

Ecco la reazione di Higuain dopo il 6-0 sul Bologna

Ieri sera, al San Paolo di Napoli, era presente anche  Gonzalo Higuain

Il Pipita è stato a Fuorigrotta per assistere alla strepitosa vittoria dei suoi compagni contro il Bologna per 6-0. Ne parla Il Corriere del Mezzogiorno: “Ha sorriso, Higuain. Il suo volto ha fatto capolino alle spalle del sindaco Luigi de Magistris in tribuna autorità. Si è ricaricato per la sfida dell’Olimpico di lunedì prossimo. Una vittoria così rotonda non l’aveva neanche mai vissuta a Napoli. Otto punti di vantaggio sulla Roma, e lui, il grande assente, potrà tornare protagonista per assicurarsi con il suo Napoli l’accesso diretto in Champions League”.

L’agenzia di Mertens scrive: “Ecco cosa succede se gioca una partita intera”

I dettagli

La SportHouse Group, agenzia che cura la comunicazione di Dries Mertens, ha postato su Instagram dopo la fantastica tripletta del folletto belga contro il Bologna: “Ecco cosa succede se gioca una partita intera…” Una frecciatina verso Sarri? Non ci sono al momento riscontri. Certo è che Mertens chiede più spazio e dopo la grande prestazione di ieri sera bisognerebbe lanciarlo anche con la Roma.

Teenage girl stabs paedophile on his doorstep after he avoids jail for abusing her

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The girl carried out the stabbing on her abuser’s doorstep – six years after he was spared jail for sexually assaulting her when she was eight

A judge has offered to pay a 15-year-old girl ‘s court fine after hearing how she stabbed a paedophile who abused her as a child in the chest.

The teenager , who was just eight years old when she was sexually assaulted by the man, turned up at his home in Bradford, West Yorkshire, last year.

She told him, “I’m going to kill you,” before knifing him through his chest wall, cutting through an artery supplying blood away from his heart.

She carried out the attack on her abuser’s doorstep – six years after he was allowed to walk free from court for assaulting her as a young child.

Now, the girl has been spared jail herself after being sentenced to a two-year youth rehabilitation order for wounding with intent to cause GBH.

Jonathan Durham Sala QCJudge Jonathan Durham Hall QC refused to impose a mandatory victim surcharge, telling the teenager: “If anyone tries to force you, I will pay it myself.”

He added: “It would be a disgrace to send a survivor like you to prison.”

Bradford Crown Court heard how the girl was 14 years old when she armed herself with a large kitchen knife and stabbed her tormentor.

The man, who was aged 56 at the time of the attack, had been found guilty by jurors in 2009 of sexually abusing the girl when she was a child.

But despite his conviction, he was handed a community order with a supervision requirement instead of a prison sentence.

The court heard how the girl felt let down by the legal system when the man harassed and bullied her after walking free from court.

During last year’s stabbing, she went round to her abuser’s home and plunged the knife into his chest in front of members of his family.

Heather Gilmore, prosecuting, said the weapon entered his chest wall and cut through the artery supplying blood from the right ventricle of his heart.

The man was saved by the swift intervention of paramedics and surgeons. He was in intensive care and needed a blood transfusion.

After stabbing her abuser, the girl hugged her aunt, said: “Tell my mum I love her,” and
handed herself into a police station in Bradford city centre.

She said: “I’ve killed someone,” and immediately confessed to what she had done, describing the man as a ‘paedophile’.

The teenager was originally charged with attempted murder but the Crown accepted her plea of guilty to causing grievous bodily harm with intent.

Miss Gilmore said the girl had been ‘entirely destroyed’ when her abuser was not jailed for sexually assaulting her and inciting her to engage in sexual activity.

He was given a community order after she had to give evidence at his trial because he denied the offences.

Afterwards, she was paranoid he was ‘going to get her’, the court heard.

The girl was later excluded from school for poor behaviour. She feared she would never get a husband and she lived her life in a bad dream, the court was told.

Her victim had been left in constant pain from the stab wound. He was permanently scarred and his children had been affected.

Elyas Patel, defending, said: “Rightly or wrongly, this 15-year-old felt that the justice system had let her down.

“With Your Honour at the wheel, the justice system will not fail her today.”

Mr Patel went on: “She was left deeply troubled and scarred. She acted in a few moments of despair and desperation.

“This is an exceptional case which requires an exceptional course.

“This deeply troubled and damaged child, bedevilled by low self esteem, is crying out for help.”

She had the unwavering support of her mother who knew her daughter needed ongoing support.

Judge Durham Hall sentenced the girl to a two year Youth Rehabilitation Order with supervision.

Refusing to impose the mandatory victim surcharge, he told her he would pay it himself if anyone tried to force her to.

Describing the doorstep attack, he told the teenager: “You stabbed him in the region of his heart. Mercifully, you did not kill him.

“He was saved by excellent medical intervention and has made a pretty full recovery.”

The judge continued: “Why did you stab this man? Because when you were eight in 2009 he committed serious sexual offences against you.

“He was treated by the courts, with hindsight, somewhat leniently but things have changed.

“Now there is condign punishment in cases of this nature, in accordance with the guidelines.”

He also wished the teenager good luck and assured her: “Things have changed.”

The court had earlier heard how the girl was left in a ‘fragile’ and ‘damaged’ state after the sex attack. Details of the assault remain unclear.

The teenager was also handed a supervision requirement.

vivicentro.it-cronaca / mirror.co.uk / Teenage girl stabs paedophile on his doorstep after he avoids jail for abusing her. SOPHIE EVANS

COLLEGATE:

  • I giorni dell’ innocenza MASSIMO GRAMELLINI
  • E’ giustizia ? Se quella “legale” è vergognosa, come talvolta è, allora SI’! (STANISLAO BARRETTA)

Vincenzo De Liguori (ex Juve Stabia): Fiore è stato un grande presidente. E sui tifosi..

Vincenzo De Liguori è intervenuto al Pungiglione Stabiese

Nel corso della trasmissione di ViViRadioWeb, Il Pungiglione Stabiese, abbiamo ascoltato in collegamento telefonico l’ex centrocampista della Juve Stabia, Vincenzo De Liguori.

Di seguito le sue dichiarazioni.

Hai vestito la maglia della Juve Stabia del 1996 al 2000, gli anni migliori di Fiore: Sono stati anni indimenticabili, il presidente Fiore spese tantissimo per cercare di portare la Juve Stabia in serie B. Fu amaro purtroppo l’epilogo della finale play-off persa contro il Savoia. Una macchia nera, peccato perché ci qualificammo al secondo posto, e di certo si poteva aspirare alla vittoria finale, anche in virtù del doppio vantaggio in caso di parità al novantesimo. Disfatta che segnò la mia carriera. Se solo avessi vinto da giovane, magari proprio con la Juve Stabia, di sicuro avrei giocato in serie A. Ho raggiunto il traguardo serie B con la Nocerina, solo dopo aver varcato la soglia dei 30 anni.

In Campania, hai indossato le maglie di svariati club. Ci sono momenti che ricordi con più piacere: Ho sempre giocato in club ambiziosi, e credo di aver dato sempre il massimo in qualsiasi squadra. In fondo ogni club mi ha segnato dal punto di vista professionale. Ricordo su tutte l’annata a Benevento, fu una breve parentesi e al termine di quel campionato perdemmo la finale play-off in casa contro il Crotone. La tifoseria più calda che ricordi con affetto? Tutte, ad essere sincero, dico Taranto in particolare, ebbi modo di giocare allo stadio Jacovone in un match dove ci furono 33.000 spettatori, e soprattutto per importanza di bacino d’utenza rispetto alle altre piazze.

Il tuo ricordo di Roberto Fiore: Sicuramente tanti. All’epoca ero il più privilegiato rispetto al resto dei compagni, mi sosteneva e mi aiutava anche economicamente. Mi amava come un padre, e in segno di gratitudine non mancai alla sua festa dei novanta anni. Si pochi gol con la maglia della Juve Stabia, ricordo in particolare, la rete contro il Casarano, laddove vincemmo per 2-0.

Quest’anno con la maglia della Nocerina, hai contribuito alla vittoria del campionato di Eccellenza: La risalita è appena iniziata, i miei complimenti alla società, e vi posso assicurare che non è facile vincere con pochi mezzi. Non so i risvolti futuri, visto che è una società nata appena un anno fa e che ha sicuramente bisogno di organizzarsi a livello societario per disputare un buon campionato anche in serie D.

Hai avuto modo di seguire il campionato della Juve Stabia: No, quest’anno non ho seguito la squadra. Spero di esserci a partire dalla prossima in casa adesso che ho terminato i miei impegni con la Nocerina. Ritornare al Menti è sempre un piacere visto che ho trascorso annate importanti. Nel calcio contano soprattutto i valori, ancora oggi mi sento telefonicamente con diversi calciatori, su tutti Roberto Amodio e Francesco Ripa.

Legittima difesa, alla Camera è scontro sulla legge

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La proposta di Costa sulla legittima difesa: se ci sono bambini, la reazione è giustificata. No di Ncd al pdl del Pd. Al via la discussione. Lega sulle barricate.

ROMA – Legittima difesa,  giornata di duro scontro. In Parlamento, nella maggioranza, e pure in piazza. Alla Camera torna in discussione la legge. Il governo si divide. E davanti a Montecitorio, dalle 10 e 30, gli esponenti dell’Idv, che con i suoi tre parlamentari appoggia il governo Renzi, faranno propaganda alla loro legge di iniziativa popolare sulla legittima difesa che finora ha raccolto oltre 200mila firme. Un segnale di quanto il problema sia avvertito nel Paese. Una manifestazione cui però prenderà parte anche il ministro della Famiglia Enrico Costa, già vice della Giustizia, il cui partito, il Nuovo centrodestra, è intenzionato a chiedere al Pd che ci si fermi sulla riforma perché il testo non li convince. Lo stesso Costa ha chiesto, dopo l’ennesimo caso di cronaca sulla legittima difesa, che la presenza di bambini sul luogo di una rapina, e quindi la necessità di difenderli, sia di per sé considerata una ragione sufficiente per giustificare la legittima difesa stessa.

LA PROPOSTA DELLA LEGA

Finisce così ai ferri corti tra i partiti del governo la querelle sulla norma – l’articolo 52 del codice penale – che dovrebbe consentire alla vittima di una rapina nella propria casa o nel proprio negozio di difendersi dall’aggressione o dalla concreta minaccia di morte senza temere poi di finire a sua volta indagata e imputata. Dall’opposizione la Lega, autrice della prima proposta di riforma con il capogruppo in commissione Giustizia Nicola Molteni, si batte per una norma più permissiva ed effettivamente difensiva nei confronti di chi spara per difendere se stesso e la sua famiglia. Si badi, non la sua proprietà. Deve esistere, secondo la Lega, “una presunzione assoluta di legittima difesa”, per cui non esiste né aggressione né reato se la vittima difende la sua incolumità e il bene della vita. Solo in questo modo, per il partito di Salvini, si supera l’eccesso colposo di legittima difesa, oggi causa di molte polemiche e di processi.

LO SCONTRO NELLA MAGGIORANZA

Ma il Pd ha già superato l’ipotesi Lega, con un testo proposto da Ermini e approvato in commissione Giustizia, quello che oggi dovrebbe andare al voto dell’aula. Un testo che non modifica l’articolo 52 del codice penale, ma il 59. E proprio qui sta lo scontro tra i partiti di governo, il Nuovo centrodestra del ministro dell’Interno Angelino Alfano e il Pd. Quella dei Dem, dice Ncd, sarebbe una soluzione “blanda, inadatta, che non risolve affatto il problema della legittima difesa”. Tant’è che proprio oggi i centristi chiederanno a Montecitorio di non portare il testo in aula, ma di tornare in commissione Giustizia per un nuovo esame e modifiche sostanziali.

DOVE STA IL CONFINE DELLA DIFESA

Basta leggere e incrociare il testo attuale dell’articolo 52, la proposta della Lega, e quella di David Ermini, di professione avvocato, per capire il centro della querelle. Dice l’attuale articolo 52: “Non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di difendere un diritto proprio o altrui contro il pericolo attuale di un’offesa ingiusta, sempre che la difesa sia proporzionata all’offesa”. Un testo del genere, ovviamente, mette nelle mani del giudice la valutazione della difesa compiuta, sarà lui a stabilire se quella difesa era commisurata al pericolo, oppure se chi si è difeso ha esagerato, oppure addirittura ha aggredito l’aggressore quando costui aveva già regredito dall’azione criminale. Il tipico gesto della vittima che spara al ladro quando già sta scappando e lo colpisce alle spalle.

LA PROPOSTA DEL PD

Questa valutazione, secondo la Lega, non deve più essere affidata al giudice, ma la legge deve già contenere delle indicazioni molto precise. Anche Ncd chiede garanzie simili, compresa quella sui minori presenti, che ovviamente fanno aumentare la necessità di una legittima difesa. Ma il Pd con Ermini è attestato su una frontiera differente, tant’è che la sua modifica non riguarda l’articolo 52, ma il 59 del codice penale che riguarda le “circostanze non conosciute o erroneamente supposte”. Ermini scrive che, quando di mezzo c’è un caso di legittima difesa, “la colpa dell’agente è sempre esclusa se l’errore riferito alla situazione di pericolo e ai limiti imposti è conseguenza di un grave turbamento psichico ed è causato, volontariamente o colposamente, dalla persona contro cui è diretto il fatto”.

IL NO DI NCD

Ma è proprio sul presunto “errore” che il partito di Alfano oggi punta i piedi e chiede di mandare all’aria il testo Ermini. Il ragionamento centrista è questo: “Non possiamo limitarci, su una questione particolarmente sentita da tante vittime, a fare una legge solo sui casi di errore. Noi dobbiamo disciplinare nella sua pienezza la legittima difesa e mettere al sicuro le vittime dicendo fin dove possono difendersi. Altrimenti avremo lavorato inutilmente”

vivicentro.it-politica / larepubblica / Legittima difesa, alla Camera è scontro sulla legge LIANA MILELLA

MAHACHAI. Gli schiavi liberati dalla prigionia del mare diventati eroi da Pulitzer

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MAHACHAI (Sud Thailandia). Zaw Phan Naing è uno di quelli che ce l’hanno fatta a sfuggire alle prigioni galleggianti dove non c’è notte e non c’è giorno per chi pesca gamberetti, tonni e specie marine destinate ai mercati del mondo. Oggi aspetta il rimpatrio in Birmania recluso in una struttura di “controllo e detenzione” del governo thailandese che chiamano Chatra, a nord di Bangkok. Non ha fatto niente di male, ma chi lo ha reso schiavo ne ha fatto anche un “clandestino”, costretto come tutti gli immigrati illegali a subire ogni forma di abuso.

“In mare siamo solo braccia e gambe – racconta cercando di non farsi sentire dai guardiani del centro – se qualcosa non funziona ti gettano fuori bordo in pasto ai pesci. Ho visto con i miei occhi morire così un ragazzo che protestava perché era malato e lo costringevano a issare le reti, il più faticoso dei lavori”.

Altri ragazzi birmani ospiti dello stesso centro spiegano che gli schiavi delle barche sono ovunque, ma invisibili nel vasto Oceano tra il Golfo della Thailandia, l’arcipelago indonesiano e giù verso le coste australi di Papua Nuova Guinea. Provengono da ogni stato dell’Unione del Myanmar, ma ci sono cambogiani, laotiani e qualche thailandese che in genere comanda la ciurma.

Nella città portuale di Mahachai non li vedi passeggiare sul molo a chiacchierare o fumarsi una sigaretta, come fanno quelli che lavorano con tanto di tesserino e permesso di soggiorno in una delle numerose fabbriche di trasformazione del pesce. I pescatori clandestini non possono mettere piede a terra nemmeno dopo lunghe navigazioni perché non hanno documenti o gli sono stati sequestrati. Solo gli operai regolari, che pure vengono dalla stessa miseria, girano con un grembiule e una cuffietta di cotone con sù scritto il nome della ditta, quasi sempre la Thai Union, la più grande manifattura di scatole di tonno e crostacei del pianeta. Ma non sfugge il fatto che a Mahachai siano tutti – compresi i pescatori clandestini – dipendenti dalle stesse quattro, cinque famiglie thailandesi proprietarie di barche e industrie.

Anche i turni alle macchine di preparazione del prodotto in scatola sono lunghi e defatiganti, e una parola di lamentela potrebbe costare le punizioni corporali dei capireparto o un taglio sulla paga. Eppure nessun operaio scambierebbe il suo lavoro con quello dei pescatori. Secondo un rapporto della Fondazione EJF, il 59 per cento delle vittime dei traffici ha assistito all’omicidio di un compagno (nel 2015 ai confini con la Malesia vennero trovate fosse comuni con le vittime del traffico di esseri umani), e nonostante i tentativi dei generali thai di ribaltare l’immagine del Paese che permette tali crudeltà, il commissario europeo per l’ambiente e la pesca, Karmenu Vella, ha detto in una conferenza stampa a Bruxelles che “non ci sono controlli di sorta e nessuno sforzo viene fatto, così che la pesca illegale è quasi totalmente permessa”.

Il caso degli schiavi del mare è esploso lo scorso anno sui media mondiali quando testimonianze analoghe a quella di Zaw Phan sono state raccolte tra i profughi arrestati per pesca illegale in Indonesia e lasciati all’addiaccio sotto una blanda sorveglianza (non saprebbero dove andare) su atolli come Benjina, o lungo le coste di Ambon. L’inchiesta della Associated press premiata con il Premio Pulitzer parlò di migliaia di persone rimaste per anni “prigioniere” degli schiavisti che procurano pesce alle grandi compagnie multinazionali, parte delle quali sono ancora in attesa di tornare dalle loro famiglie.

Da allora sono stati circa duemila gli schiavi rimpatriati, ma si tratta di una minima parte di quei centomila dati per dispersi negli ultimi anni a bordo dei 57mila natanti che salpano ogni anno dal Golfo di Thailandia per cercare acque più pescose e distanti. Qui il patrimonio ittico si è infatti ridotto dell’80 per cento in mezzo secolo di pesca selvaggia, ma l’industria nazionale richiede gli stessi milioni di tonnellate di prodotto per mantenere il terzo posto conquistato tra i più grandi esportatori del mondo.

L’attivista birmano Kyaw Thaung, direttore della Myanmar association in Thailand, spiega che il 98 per cento della flotta da pesca thai è composto di barche e navi fantasma senza alcuna registrazione, luoghi senza legge dove si cambia bandiera secondo la convenienza, anche se la ciurma di 30-50 uomini è sempre la stessa per anni e anni, arruolata fin dall’inizio a condizioni capestro dai mediatori thai e birmani che prendono un anticipo per la loro “compravendita” prima di affidare l’equipaggio al capitano di una nave e ai suoi uomini armati. A questo punto è troppo tardi per fuggire. “In mare passa un tempo che sembra eterno – ricorda Zaw Phan – con l’incubo della morte e il pensiero che non rivedrai più il villaggio della tua famiglia. Ogni giorno vorresti farla finita…”.

La sorte di migliaia di queste vittime della tratta di braccia che coinvolge autorità di frontiera, capitanerie di porto, politici e governi locali corrotti, è nota da molti anni alle autorità internazionali delegate a vigilare sull’applicazione delle norme del lavoro. Ma dalla Thailandia continuano a partire milioni di tonnellate di merce verso gli Stati Uniti che pure avrebbero dovuto imporre l’embargo dopo aver declassato nel 2015 il Regno al livello 3, il più basso dei parametri di rispetto dei diritti umani. A ruota la stessa Unione europea – acquirente nel 2013 di 145.907 tonnellate di pesce d’incerta origine per un valore di 700 milioni – aveva intimato al governo di Bangkok di mettersi in regola se voleva continuare a vendere nel Vecchio Continente, un mercato florido che vede in testa tra gli acquirenti il Regno Unito, seguito nell’ordine da Italia, Germania, Francia e Olanda.

Non è facile risalire alle marche che offrono il prodotto frutto del racket confezionato nelle scatolette del tonno e delle sardine, dei calamari, del pesce azzurro e dei gamberi prive del luogo di provenienza. Ma in un dettagliato rapporto, Greenpeace fa il nome di tre grandi aziende mondiali del tonno con l’80 per cento del mercato Usa – Chicken of the Sea, Bumble Bee e Starkist – che hanno “tratto direttamente – scrive – profitto dalla violazione di entrambi i principi etici del commercio sostenibile e dei diritti umani”. Il loro scatolame è sugli scaffali di giganti della distribuzione come Kroger, Walmart, Carrefour, Costco, Tesco, e tra le marche figurano Fancy Feast, Meow Mix e Iams.

La Thai Union ha annunciato la fine dei rapporti con uno dei grandi fornitori denunciati dal dossier dell’AP, ammettendo di fatto che i racconti di numerose vittime come Phan non erano inventati. Lo stesso ha fatto la multinazionale Nestlè citando a sua volta i risultati delle inchieste giornalistiche.

Ma il pescatore birmano, partito tre anni fa da un villaggio della regione di Pago, è ancora detenuto innocente nel centro di Nonthaburi. A casa lo aspetta un figlio nato dopo la sua partenza. “Per lui sono diventato schiavo – ci dice – e non so nemmeno com’è fatto”.

vivicentro.it-cronaca / larepubblica / AHACHAI. Gli schiavi liberati dalla prigionia del mare diventati eroi da Pulitzer di RAIMONDO BULTRINI

PENSIONI. Ma ai giovani serve il lavoro più di ogni cosa

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Delle pensioni discuteremo nella seconda metà dell’anno, annuncia il ministro dell’Economia Padoan. Si tratta di un problema obiettivamente spinoso.

Di fronte al quale il governo cerca di guadagnare tempo sapendo che un compromesso non sarà facile raggiungerlo. Si ha qui un esempio importante delle difficoltà che presenta la decisione politica oggi in Italia.

All’apparenza, lasciando andare in pensione prima gli anziani si può sperare in maggiori opportunità di impiego per i giovani. Certo è così dal punto di vista della singola azienda: va via uno, ho i soldi per assumere un altro. Ma chi paga, poi, quella pensione in più? Noi tutti, con maggiori tasse o maggiori contributi previdenziali.

Nell’insieme del Paese, dunque, il pensionamento anticipato di un elevato numero di persone si tradurrebbe in maggiori oneri sulle aziende e sulle famiglie. Cosicché le prospettive di lavoro per i giovani ne sarebbero, al contrario, danneggiate. Il governo lo sa, però si trova di fronte a una pressione concentrata da parte dei sindacati, delle opposizioni politiche, della sinistra Pd.

Nel nostro assetto politico-sociale (come pure avviene in parecchi altri Paesi avanzati) gli anziani dispongono di canali di rappresentanza consolidati per far valere i propri interessi; i giovani no. Si aggiunge qui l’errore di visuale delle singole aziende, che vedono il proprio vantaggio nei pensionamenti, ma non il danno all’intero sistema produttivo.

La riforma Fornero ha lasciato numerosi problemi irrisolti. Ha dovuto essere molto brusca a causa delle condizioni drammatiche in cui l’Italia si trovava in quella fine del 2011. In ogni caso è arduo governare con regole omogenee la varietà delle persone, da chi non vede l’ora di lasciare dopo decenni di fatica a chi vorrebbe restare attaccato alla scrivania oltre i 70.

In teoria l’uscita flessibile proposta dal presidente dell’Inps Tito Boeri funziona. La stessa Elsa Fornero ne era una sostenitrice prima e lo resta. Si potrebbe lasciare il lavoro prima con una penalizzazione adeguata, tale da tener conto che si sono versati da uno a tre anni di contributi in meno e si percepirà la pensione per 1-3 anni più a lungo.

Si avrebbe così equità tra chi lascia l’impiego e chi decide di restare. L’ostacolo è nelle regole di bilancio europee, che occorrerebbe aggirare con qualche marchingegno contabile o finanziario come quelli a cui ha accennato ieri il sottosegretario Tommaso Nannicini.

Il guaio è che la proposta Boeri pare, nei suoi numeri esatti da economista, «punitiva» a tutte le forze che premono per le uscite anticipate. Aprire nell’attuale Parlamento un percorso di modifica della riforma del 2011 – quella che appunto il ministro Padoan definisce «pilastro della sostenibilità» dei conti pubblici dell’Italia – comporta rischi seri.

Prima del governo Monti, sempre gli interessi dei più anziani avevano prevalso su quelli dei più giovani. Gli esclusi dalla riforma Dini (occupati da più di 18 anni nel 1995) sono oggi a riposo con trattamenti spesso più alti dei contributi versati.

Può accadere di nuovo. Concedere un ventaglio di opzioni è opportuno e sensato; purché non sottragga risorse meglio impiegate altrove. Non aver trovato ancora un impiego fisso a trent’anni è un dramma assai più serio, e inquietante per il futuro di noi tutti, che dover lavorare ancora per qualche tempo a sessanta.

I dati di ieri sulle assunzioni confermano che l’aumento di impieghi stabili registrato nel 2015 si doveva in gran parte alla riduzione dei contributi a carico delle imprese; occorre insistere su quello strumento. I giovani si aiutano aiutando chi davvero li fa lavorare, non illudendoli sui posti che gli anziani lascerebbero liberi.

vivicentro.it-editoriale / Pensioni. Ma ai giovani serve il lavoro più di ogni cosa STEFANO LEPRI

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Troppe anime per un solo continente

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Anime Anziché sentirsi traditi, gli europeisti dovrebbero ringraziare Helmut Kohl. L’incontro di ieri con Viktor Orban costringe a guardare in faccia la realtà delle molte Europe che coesistono faticosamente nell’Unione. Se vogliamo salvare l’Europa, non possiamo cullarci nell’illusione di un’unità di visione che non esiste. La lungimiranza di pochi padri fondatori è stata una meteora trascinante ma la polvere di stelle non germoglia. Adesso occorrono volontà e realismo, non fede.

Il rigetto populista dell’Europa è una reazione trasversale in tutto il continente, da Ukip a Alternativa per la Germania, cui fanno eco oltre oceano i voti per Donald Trump e Bernie Sanders. Mal comune, mezzo gaudio; la loro sfida ci unisce. In parallelo, un’Europa centrorientale diversa difende strenuamente un’uniformità culturale, religiosa e razziale che a Ovest era venuta meno già prima della caduta del muro di Berlino.

Lo spartiacque è profondo. La resistenza di Orban, Fico, Szydlo a qualsiasi proposta che comporti una ripartizione di rifugiati siriani urta contro qualsiasi principio di solidarietà europea.

Sispiega però benissimo con una passeggiata per le vie di Bratislava o di Budapest, dove è raro vedere un volto velato, comune sui tram di Bruxelles o di Madrid, e sono sconosciuti i provvidenziali venditori di ombrelli nordafricani, onnipresenti in ogni cittadina italiana. L’isolamento dietro cortina è lungo da smaltire. In Europa orientale, «etnico» è l’incrocio di popolazioni di lingua e cultura diverse all’interno dei vecchi imperi austro-ungarico e ottomano, non l’insediarsi di comunità africane e asiatiche nelle vecchie madrepatrie coloniali.

I paesi dell’Europa orientale, in perfetta buona fede, hanno sottoscritto la lettera dei valori comuni europei. Adesso ne scoprono risvolti scomodi e alieni. La Nato era una polizza d’assicurazione contro la Russia. Condividerla con terrorismo e califfato li lascia scettici. Al Forum sulla sicurezza di Bratislava (Globsec), il ministro Witold Waszczykowski (polacco) non ha avuto esitazioni nell’indicare nella Russia, e non in Isis, la minaccia «esistenziale» alla «civiltà» occidentale, a differenza di americani e maggioranza degli europei (con lamentevole assenza politica italiana).

Questo nell’Est dell’Ue. Ma in Germania? Kohl, lo statista che voleva la Germania europea, ha convinzioni contrarie all’immigrazione in massa in Europa. Giuste o sbagliate sono condivise da molti nella Cdu, e nella Csu bavarese. Lo stesso presidente Joachim Gauck, a Torino, ha evitato di prendere posizione contro la decisione austriaca di ripristinare controlli al Brennero, se necessario (cioè quasi sicuramente con l’andamento degli sbarchi in Italia). Per tedeschi e austriaci (e francesi) Schengen è per la libera circolazione degli europei e di visitatori con passaporto e visto, non d’immigranti e rifugiati.

Nell’Ue convivono molte Europe. Senza troppe difficoltà nei tempi felici, emergono e stridono nella tempesta perfetta d’immigrazione, terrorismo, tensioni con la Russia, ribollire mediterraneo, stagnazione e saga del debito, greco e altrui. C’è l’Europa di chi prospera contenendo il deficit, e di chi vorrebbe spendere per riprendere a crescere. Quella che ha il terrorismo in casa, e quella che non se ne sente minacciata. Quella degli sbarchi e quella dei muri. Quella storicamente anti-russa e quella filo-russa. Quella della «grandeur» nazionale francese e quella della potenza economica tedesca. Quella opportunista di un primo ministro olandese che spiega l’europeismo olandese in funzione (e con i limiti) dell’interesse nazionale. Quella amletica del dentro o fuori britannico. Quella riottosa dei referendum irlandesi.

Helmut Kohl è l’ultima persona al mondo a volere il sopravvento delle spinte centrifughe. Non sappiamo cosa lui e Orban si siano detti; certo l’uomo dell’unità tedesca non ha incoraggiato il primo ministro ungherese a rompere con Bruxelles. Mostrare comprensione per visioni storiche, politiche e culturali diverse è la chiave per tenere insieme l’Europa. Che è la vera sfida.

Recentemente ho chiesto a un generale europeo che è stato ai più alti livelli atlantici quale sia oggi la maggior minaccia alla pace e sicurezza internazionale. Mi aspettavo scegliesse fra i soliti Isis o Russia. Mi ha risposto senza esitazioni «la disgregazione dell’unità europea». Se ne rendono conto gli americani, almeno quelli che pensano al resto del mondo (che non comprendono la maggioranza dei candidati rimasti in corsa per la Casa Bianca); Obama lo dirà a Londra e a Berlino. Lo sanno i cinesi che guardano lontano. Sarebbe bene ci riflettesse il Cremlino. Ma tocca agli europei rimboccarsi le maniche.

vivicentro.it-opinione / Troppe anime per un solo continente STEFANO STEFANINI

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Mauro: “Gabbiadini? Spero per lui che lasci il Napoli per mostrare il suo valore”

L’ ex calciatore ed attuale opinionista di Sky Massimo Mauro, al termine della partita tra Napoli e Bologna negli studi di Sky Calcio live ha avuto modo di fare  il punto sulla situazione dell’ attaccante azzurro Manolo Gabbiadini. Queste le sue parole al riguardo:
“Spero che Gabbiadini alla fine scelga di lasciare Napoli per essere titolare in un’ altra squadra mostrando così tutto il suo valore. E’ vero che il Napoli è una grande squadra ma non ha senso che un talento come lui resti solo per fare la panchina”.

Di Marzio: “E pensare che Gabbiadini era molto vicino all’ addio a gennaio”

Manolo Gabbiadini è stato grande protagonista della vittoria del Napoli sul Bologna siglando una doppietta. L’ ex attaccante della Sampdoria, però, nella sessione di mercato invernale è stato ad un passo dall’ abbandonare il Napoli; a svelare il retroscena, negli studi di Sky Calcio live, è Gianluca Di Marzio:
“ A gennaio De Laurentiis ha rifiutato 25 milioni più 3 di bonus per Manolo Gabbiadini, il giocatore cercava una nuova sistemazione per trovare maggiore spazio e secondo me avrebbe gradito il trasferimento ai tedeschi del Wolfsburg”.

I NUMERI- Sarri eguaglia Mazzarri: il motivo

Con questo trionfo, il Napoli eguaglia il record di Walter Mazzarri relative alle vittorie in casa. Gli azzurri, infatti, centrano la 14esima vittoria di fila tra le mura amiche, così come fece il toscano, nella stagione 2012-2013.

Mauro: “Il Napoli fa bene a concentrarsi sul secondo posto”

Massimo Mauro, ex centrocampista di Napoli e Juventus, ha commentato così negli studi di Sky Calcio live la bella vittoria del Napoli sul Bologna:
“Gli azzurri sono tornati a riproporre il loro gioco spavaldo meritando i tre punti , ma oggi è stato davvero troppo facile contro questo Bologna. La matematica non taglia fuori definitivamente il Napoli dallo scudetto ma è da folli pensare che la Juventus possa perdere il vantaggio di 9 punti in 5 partite. Gli azzurri fanno bene a rimanere concentrati sul secondo posto perché il campionato lo ha vinto la Juve”.

SSC Napoli: “Gabbia bum-bum, tris Mertens e Lopez, l’emozione continua”

6 Bellissimo. La potenza e la freddezza di Manolo, la danza e la grazia di Dries, la prima volta di David. Spettacolo al San Paolo. Gabbia bum-bum, “Tris” Mertens, il battesimo di Lopez. Il Napoli ne segna 6 al Bologna e balla sotto le stelle di Fuorigrotta. Gabbiadini supera la prova del 9 segnando la sua nona rete in stagione. Mertens sale in doppia cifra e conta 11 gol tra coppe e campionato. E dulcis in fondo c’è la gioia di David Lopez che segna il suo terzo gol in assoluto con la maglia azzurra. In poco più di mezzora Manolo accende e cristallizza la partita: diagonale di sinistro e rigore glaciale. Poi nel secondo tempo sale sulla scena l’artista fiammingo: sinistro, destro e arcobaleno sotto la traversa. Olio azzurro su tela per la Galleria d’arte del San Paolo. David Lopez ha il tempo di entrare e allargare la manita a sei dita. Tre, due, uno: spettacolo al San Paolo. E adesso si va all’Olimpico, per il monday night contro la Roma. L’emozione continua…

FONTE: SSC NAPOLI.

Napoli-Bologna, Donadoni: “Mi assumo le mie responsabilità, non abbiamo giocato”

Roberto Donadoni, tecnico del Bologna, è intervenuto ai microfoni di Mediaset Premium: “Abbiamo fatto una brutta figura, siamo tutti responsabili, io in primis. Bisogna ripartire come si deve. Anche se avessimo vinto 1-0, non sarebbe cambiato nulla, siamo stati eclissati da loro. Abbiamo giocato con paura, prima o poi, paghi dazio. Bisogna giocare da uomini: sguardo alto, senza vergognarsi. Bisogna far vedere ciò che sappiamo fare. Ci dispiace essere venuti e non essere stati in grado di giocare. Mi assumo le mie responsabilità. Prepariamoci per la prossima, che sarà determinate. Bisognare reagire. Questa partita è stata un cazzotto. Ritiro? Non so, bisogna valutare. Ho fatto vedere la partita degli azzurri, ai miei ragazzi, anche la partita dell’andata. Volevamo mettere tensione a questa squadra, di questo valore, ma ci ha condizionato la paura. Abbiamo giocato all’indietro. Le partite si possono perdere, ma si devono giocare. Non lo accetto, dal punto di vista personale. Mi piace vedere uno che sbaglia, che ha dei limiti, ma che combatte. Abbiamo quattro partite, dodici punti in palio: c’è tutto da conquistare. Senza paura, bisogna reagire. Siamo una squadra che corre, nelle gambe i ragazzi hanno ancora benzina. Manca la testa.”

I NUMERI- Napoli, sei nella storia! Ennesimo record abbattuto

Un altro record è stato abbattuto: la stagione ancora non è finita e Sarri può ancora togliersi qualche soddisfazione. Era dal 1987 che gli azzurri non siglavano sei reti. Uno score pesante, ma che fa tanto bene, in vista del match contro la Roma, decisivo per gli azzurri, che devono necessariamente conservare il secondo posto, che vale la qualificazione diretta in Champions.