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Cragno, l’agente: “Giuntoli lo stima ma andare subito a Napoli potrebbe essere un azzardo”

A Radio Crc, nel corso di ‘Si Gonfia la Rete’, è intervenuto Graziano Battistini, agente del portiere del Benevento Alessio Cragno. Ecco quanto evidenziato:

 

Ieri ho incontrato Giuntoli a Milano, così come altri dirigenti. Il fatto che ci siamo salutati  non è che abbia cambiato le cose per quanto riguarda Cragno. Cristiano lo stima come portiere e professionista. E’ una cosa risaputa, così come stima anche altri calciatori. Da qui a dire che ci sono trattative è un po’ prematuro. C’è da rispettare anche la priorità del portiere e del Benevento, sono tutti concentrati per raggiungere l’ obbiettivo play-off. Lui è di proprietà del Cagliari, una società che punta molto su di lui. Più avanti però farà le sue valutazioni. Non c’è solo il Napoli, il ragazzo ha tanti altri estimatori. E’ un discorso un po’ prematuro. Napoli è di sicuro una grande piazza ma Alessio deve seguire il suo percorso di crescita. Potrebbe essere un azzardo andare subito al Napoli, rischierebbe di restare a guardare”.

Kiss Kiss – Hysaj verso il completo recupero, ha preso parte regolarmente alla seduta di allenamento

A ‘Radio Gol‘, in onda su Radio Kiss Kiss Napoli, è intervenuto il direttore Valter De Maggio con importanti novità sulle condizioni di Hysaj:

 

“Ha preso parte alla prima seduta di allenamento dedicata ai difensori. L’ esterno va verso il completo recupero. Ha smaltito la botta alla caviglia rimediata con l’Albania. L’ attenzione è grande, oggi è una giornata determinante”.

UFFICIALE – Napoli-Juventus affidata a Orsato, Rocchi e Damato gli addizionali

Si rendono noti i nominativi degli Arbitri, degli Assistenti, dei IV Ufficiali e degli Arbitri Addizionali d’area che dirigeranno le gare valide per la undicesima giornata di ritorno del Campionato di Serie A 2016/17 in programma domenica 2 aprile alle ore 15.00.

NAPOLI – JUVENTUS h.20.45
ORSATO
DI FIORE – MANGANELLI
IV: CARIOLATO
ADD1: ROCCHI
ADD2: DAMATO

Da aia-figc.it

Zielinski: “Battere la Juve per avvicinarci alla vetta. A Napoli sto benissimo, non mi muovo”

Piotr Zielinski ha rilasciato alcune dichiarazioni ai microfoni di Radio Kiss Kiss Napoli, emittente ufficiale della società partenopea:

“Stiamo vivendo questa settimana con tranquillità, preparando bene questo doppio incontro di campionato e Coppa Italia. Sappiamo che per il nostro pubblico è molto importante vincere. Vogliamo regalare una gioia alla nostra gente”.

Sul secondo posto: “Vogliamo vincere contro la Juventus per avvicinarci alla vetta. Il campionato non è finito e si può sicuramente riaprire. Vogliamo arrivare il più alto possibile”.

Sulla Coppa Italia: “Crediamo alla finale, siamo una grande squadra e possiamo recuperare i due gol di svantaggio. Per il momento testa al match di campionato”.

Futuro? “Sto benissimo a Napoli, non ho nessuna voglia di muovermi. Siamo un grande gruppo e il pubblico è fantastico”.
Panchina d’Oro a Sarri? “Premio meritato, sono felice che abbia vinto lui. Speriamo possa vincerlo anche il prossimo anno. C’è il potenziale per diventare un centrocampista tra i più importanti in Europa, ma devo lavorare ancora tanto”.

Su Boniek: “Non abbiamo parlato tanto, ma mi ha detto che mi chiamerà dopo la partita contro la Juve”.

Un bilancio sulla stagione: “Mi sto trovando davvero bene, lavoriamo tanto e va bene così. Spero che da qui alla fine io possa ancora dare tanto al Napoli”.

Real Madrid? “Al San Paolo nella gara di ritorno non ha visto la palla. C’è rammarico perché potevamo evitare di subire quei gol”.

Come si batte la Juventus? “Se giochiamo il nostro calcio possiamo batterla. Con il supporto dei tifosi possiamo farcela”.

Su Milik: “Sono contento che stia tornando disponibile, è un grandissimo giocatore. In Nazionale l’ho visto bello carico, sarà utile per il finale di stagione”.

Totò, una comicità senza tempo (e due sue poesie)

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A 50 anni dalla morte Totò fa sempre ridere e rappresenta una salutare medicina per lo spirito. Sotto la superficie delle sue gag, che divertono immediatamente, c’è uno strato più sotterraneo che lascia tracce profonde e lavora nel tempo. Ad aprile per ricordare il grande comico ci saranno feste da Lecce a Napoli.

Totò genio dinamitardo

A 50 anni dalla morte, il grande comico continua a parlarci. Tra Leopardi, Bergson e Pirandello, il potere liberante del riso

Oggi l’Italia non è certamente più quella povera e per tanti versi ancora arcaica uscita dalla guerra, che Totò ha raccontato nel suo periodo migliore. È un Paese «diversamente povero», ma insomma non è più quella cosa lì. Eppure, a mezzo secolo dalla morte, perché il Genio Comico può continuare a parlarci, perché rappresenta ancora una salutare medicina per lo spirito, anche se i suoi film non passano più a tutte le ore su tutte le tv grandi e piccole, come accadeva fino a una decina di anni fa?

Una possibile risposta l’aveva data in anticipo Henri Bergson, come molti filosofi interessato al fenomeno del riso: «Il rigido, il bell’e fatto, il meccanismo in opposizione all’agile, a ciò che è perennemente mutevole, al vivente, l’automatismo in opposizione all’attività libera, ecco ciò che il riso vorrebbe correggere» (dal saggio Le rire, pubblicato nel 1900). Totò, il cui genio comico si può fruire a più livelli, faceva (fa) precisamente questo. Sotto la superficie dei calembour, delle gag che divertono immediatamente, c’è uno strato più sotterraneo che lascia le sue tracce profonde e lavora nel tempo.

A caratterizzarlo non è soltanto l’oscillare continuo tra i registri del comico e del tragico, tra l’incombere della morte e la sfrenatezza della vita. È la fluidificazione di tutte le rigidità (fattuali, mentali), lo scardinamento delle convenzioni, la messa in discussione di ogni aspetto della realtà che ci circonda, a partire dal linguaggio e dai suoi luoghi comuni, che nella ripetizione ossessiva e nella ricercata storpiatura perdono ogni potenzialità significante (se mai l’avessero) riducendosi a puri suoni: «Io sono un uomo di mondo!», «Parli come badi!», «Desto o son sogno?», «Abbundantis abbundandum», «Moët & Chandon? Mo’ esce Antonio», «Chicche e sia», «Una mano lava l’altra», «A prescindere», «Eziandio»…

Da questo punto di vista – con la sua comicità istintiva figlia dei vicoli napoletani e della scuola dell’avanspettacolo, ma con radici nella tradizione etrusco-latina dell’atellana e dei fliaci – Totò rivela una latente parentela con Pirandello, al di là della memorabile interpretazione dello iettatore Chiàrchiaro nell’episodio che Luigi Magni trasse dalla commedia La patente in un film a episodi del 1954, o di quella nell’Uomo, la bestia e la virtù diretto nel ’53 da Steno. Anche Pirandello, come Bergson, aveva orrore delle forme che irrigidiscono la vita, che vincolano per sempre a determinati ruoli, perlopiù dettati dalle convenzioni sociali. E che non corrispondono alla sostanza più vera (dove c’è) dei personaggi: «il comico è avvertimento del contrario», spiegava nel saggio L’umorismo (1904). Citando come grande umorista inconsapevole il Copernico di Leopardi, che capovolge la presunzione umana di stare al centro dell’universo.

E Totò, come Pirandello – restando uguale a sé stesso in tutte le sue storie, sempre uno pur facendosi centomila -, sapeva che dietro ogni apparenza c’è sempre qualcos’altro, quel che si mostra è sempre una maschera, e basta mettersi di sopra di sotto di lato per veder sgorgare aspetti inattesi, per denudare le persone e le situazioni nella loro assurdità (Maschere nude è il titolo che lo scrittore di Girgenti volle dare all’insieme della sua opera teatrale). «Perfido e insinuante come una mosca cavallina», si fustigò il comico ricordando le angherie inflitte al povero Mario Castellani, spalla nell’irresistibile sketch del vagone letto.

La scena (nata a teatro e via via dilatata, prima di essere infilata in un paio di film) è quella dove un sussiegoso onorevole Trombetta ha la sventura di imbattersi sul treno con l’implacabile Totò-Scannagatti, che subito ne aggredisce la ridicola supponenza, lo dissemina di piccole cariche esplosive che tosto fa brillare, una dopo l’altra, fino a dissolvere non solo la dignità politica e la rispettabilità sociale del malcapitato, ma (letteralmente) lo denuda fino privarlo della sua stessa identità («Onorevole? Ma mi faccia il piacere!») e farlo portare via dalla polizia ferroviaria. Geniale. La mosca cavallina (o tarlo rumoroso) individua il punto critico, scava dall’interno la sua vittima e quando ha finito di scavare non resta che un guscio vuoto, da schiacciare nel pugno e soffiare via.

È anche per questa carica eversiva dinamitarda che Totò e i suoi tormentoni vennero adottati negli Anni Settanta dagli intellettuali engagé e dai giovani contestatori dell’ala più creativa del Movimento, sull’onda della riscoperta critica (il grande pubblico in verità non lo aveva mai abbandonato) patrocinata da Goffredo Fofi e Franca Faldini nel fondamentale Totò: l’uomo e la maschera, pubblicato nel ’77. Erano gli anni del pensiero debole e di Nietzsche e Marx che si davano la mano (come cantava Venditti), della distruzione delle vecchie certezze, o anche di ogni certezza. E in tutto questo anche il Genio Comico aveva la sua parte. «Terribile è la potenza del riso», ha scritto Leopardi, «chi ha il coraggio di ridere è padrone degli altri, come chi ha il coraggio di morire».

Totò fu anche un grande poeta e a noi piace ricordarlo anche con alcune sue composizioni:

Totò
CULTURA

RICUNUSCENZA: poesia di TOTO’ tratta dal libro ‘A Livella (mp3)

RICUNUSCENZA / RICONOSCENZA: poesia dell’indimenticabile Totò, maestro di vita, conoscitore della stessa e degli uomini, inviata dal Dott. Giuseppe…

vivicentro.it/cultura
vivicentro/Totò, una comicità senza tempo
lastampa/Totò genio dinamitardo MAURIZIO ASSALTO

La Brexit è un minaccioso segnale di populismo

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Secondo Charles A. Kupchan «l’Occidente sembra giunto a un punto critico. Il populismo potrebbe continuare a guadagnare forza. E qualunque sia l’esito, la Brexit è un minaccioso segnale di avvertimento».
Il capo del Desk Esteri de La Stampa, Alberto Simoni, nel suo reportage racconta le reazioni degli inglesi al divorzioIl Regno Unito vuole mantenere con l’Unione europea «una partnership profonda». Theresa May lo ha scritto sette volte nella lettera che ha dato il via ufficiale alla Brexit. Ma la strada per i negoziati è in salita: non c’è intesa sui tempi, i commerci e la difesa comune.

L’Occidente nella trappola populista

Il governo britannico ieri ha formalmente notificato all’Ue la sua intenzione di uscire dall’Unione in seguito al mandato ricevuto dall’esito del referendum dello scorso giugno nel Regno Unito.

Inizia così la trattativa che porterà Londra fuori dal mercato unico dell’Ue, così come dalle sue istituzioni, leggi e regolamenti.

La notifica di Londra a Bruxelles è arrivata solo pochi giorni dopo l’incontro dei leader europei (mancava il primo ministro del Regno Unito Theresa May) che si sono riuniti lo scorso fine settimana in Italia per celebrare il 60° anniversario del Trattato di Roma, che nel 1957 fu l’atto fondativo del progetto di integrazione europea. Ed è significativo che a far da contorno a questo traguardo siano la prima uscita di uno Stato membro – e una crescente ondata di populismo che mette in discussione la sopravvivenza stessa del progetto europeo.

Ma la data più significativa per mettere la Brexit nella giusta prospettiva storica è il 1815, non il 1957. Il 1815 ha segnato la fine delle guerre napoleoniche e l’inizio del Concerto Europeo – un’iniziativa guidata dai britannici per espandere il governo liberale e preservare la pace in Europa attraverso un ordine basato su regole internazionali. Mentre aiutava a preservare la stabilità in Europa, Londra era impegnata nella costruzione di un vasto e redditizio impero d’oltremare, ponendo così le basi per la globalizzazione del commercio e degli investimenti.

Il sistema globale emerso come pax britannica sanciva pratiche liberali, inclusa la libertà di commercio, lo Stato di diritto con appositi controlli sul potere assoluto, e i diritti politici – ponendo così le basi per la pax americana. Dopo il passaggio della leadership dell’Occidente da Londra a Washington, con la Seconda guerra mondiale, gli Stati Uniti hanno eliminato l’impero precedente e modificato in altri modi i progetti britannici, ma in gran parte hanno costruito sull’edificio eretto da Londra. Infatti, durante la Prima e la Seconda guerra mondiale, e la Guerra fredda, la Gran Bretagna e gli Stati Uniti hanno fatto fronte comune contro i nemici Da questo punto di vista, il Regno Unito e gli Stati Uniti sono i principali artefici dell’odierno sistema internazionale.

La Brexit, insieme alla crescente ondata di populismo da questa parte dell’Atlantico, solleva quindi interrogativi profondamente preoccupanti sul fatto che l’epoca aperta circa 200 anni fa potrebbe essere al tramonto. A dire il vero, i fondatori anglosassoni di un mondo globalizzato basato su regole ora condividono la leadership internazionale con molti altri Paesi. La Gran Bretagna per ora si sta separando solo dall’Ue, non dall’Occidente nel suo complesso. E l’amministrazione Trump, la cui politica estera è ancora in divenire, potrebbe virare verso una posizione centrista e riscoprire i meriti delle norme internazionali, del libero scambio, e gli alleati democratici.

Ciò nonostante, la Brexit e la più ampia onda populista che sta spazzando tutto l’Occidente rivelano disfunzioni preoccupanti nelle nostre società democratiche. La Gran Bretagna è pronta a infliggersi una grave ferita; la sua influenza internazionale subirà un contraccolpo significativo dall’uscita dalle istituzioni europee e la sua economia ne soffrirà in quanto lascia il più grande mercato del mondo. Di certo le preoccupazioni economiche derivanti dalla de-industrializzazione stanno alimentando un giustificato malcontento sociale nel Regno Unito come negli Stati Uniti. Ma dato che quasi il 50 per cento delle esportazioni di beni e servizi del Regno Unito è diretto agli altri membri dell’Unione Europea, il distacco dall’Unione servirà solo a peggiorare le cose.

Il Regno Unito si sta preparando ad andarsene nonostante questi costi. Gli attivisti per la Brexit hanno vinto facendo appello alle emozioni e all’identità, non ai manuali; il nazionalismo duro e puro e il disagio per l’immigrazione stanno vincendo sopra ogni altra preoccupazione. Ed è in gioco anche l’unità della Gran Bretagna, non solo la sua salute economica. Gli elettori in Irlanda del Nord e la Scozia si sono espressi con margini decisivi per rimanere nell’Ue. Il Regno Unito lascia l’Unione europea, ma non è affatto chiaro se Irlanda del Nord e Scozia vorranno restare nel Regno Unito.

A breve, i sostenitori della Brexit potrebbero presto trovarsi di fronte un minor numero di immigrati e godersi la soddisfazione emotiva della «piena» sovranità. Ma molti di loro farebbero meglio a prepararsi a vedere il declino dell’influenza del loro Paese, a essere più poveri, e a vedere messa a dura prova l’unità del Paese. L’emozione e l’identità sono costantemente parte della vita politica – ma non capita spesso di vederle affermarsi in così evidente contrasto con l’interesse nazionale. La Brexit è il risultato di una scelta democratica, eppure rivela le attuali tribolazioni della democrazia, non i suoi punti di forza.

La globalizzazione ha certo bisogno di una migliore gestione e di una più ampia condivisione dei suoi benefici. Le democrazie occidentali hanno necessità di capire come potranno guadagnarsi il salario le classi lavoratrici a fronte della crescente automazione e del commercio internazionale. E dobbiamo anche migliorare gli approcci nazionali ed internazionali alla gestione delle migrazioni.

Ma smantellare o rifiutare un ordine globalizzato, basato su regole, non è la risposta. La storia indica chiaramente le conseguenze cui va incontro un mondo frammentato dove ognuno pensa per sé.

L’Occidente sembra giunto a un punto critico. Il populismo potrebbe continuare a guadagnare forza, fino a minare il sistema internazionale che ha preso forma sotto la pax britannica e la pax americana. O il centro politico potrebbe recuperare e rivalutare le istituzioni create sotto la guida dell’Occidente. Avremo un senso più chiaro di quello che ci aspetta dopo le prossime elezioni in Francia e Germania.

Qualunque sia l’esito, la Brexit è un minaccioso segnale di avvertimento.

Traduzione di Carla Reschia

vivicentro.it/opinioni
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lastampa/L’Occidente nella trappola populista CHARLES A. KUPCHAN

Juve Stabia vs Casertana decretata la fine di un’amicizia

Domenica allo stadio Menti di Castellamare di Stabia ci sarà il derby Juve Stabia vs Casertana. Da tanti anni questo è stato il derby dell’amicizia e tutti si auguravano che questo rapporto continuasse a lungo anche perché di distensione e amicizia nel mondo del calcio ce ne sarebbe davvero bisogno. Oggi leggiamo con rammarico il comunicato ufficiale degli ultras della Casertana che mettono fine a questo rapporto amichevole a seguito di episodi non piacevoli da parte di entrambe le fazioni, alcuni accaduti anche durante la gara di andata. Oggi con la fine di questa amicizia, durata tantissimi anni e che si era rafforzata anche nel momento della morte di Catello Mari stabiese doc che ha indossato la maglia della Casertana, si chiude un altro capitolo bello del calcio della nostra regione.

Pubblichiamo il comunicato dei Fedayn Bronx: 

Ci ritroviamo a discutere di un rapporto ormai incrinato e non più ricucibile. Dopo svariati episodi e non per un piccolo screzio giungiamo a conclusione che tra Caserta e Castellammare di Stabia non c è più nessun tipo di rapporto di amicizia in quanto tanti sono gli episodi in cui è venuta a mancare quella forma di rispetto che è alla base dell essere ultras. Non andiamo nello specifico perché chi ha vissuto questo rapporto sa bene dove ha sbagliato. Con questo non intendiamo dichiarare guerra agli stabiesi perché se avessimo voluto non ci sarebbe stato bisogno di un comunicato ma questo serve a chiarire definitivamente le nostre posizioni. Logicamente ognuno è libero di tenersi le proprie amicizie personali ma la curva casertana ha preso la propria decisione. RISPETTO SOLO PER CHI CI RISPETTA. FEDAYN BRONX 1981

M5S stabiese: mozione per impedire l’ accesso libero all’ arenile

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Riceviamo e pubblichiamo

” Facendo seguito alla denuncia presentata alla Procura di Torre Annunziata in data 24/07/2015, e protocollata il 25/08/2015 n° 34307 al Comune di Castellammare di Stabia, abbiamo presentato una mozione in cui chiediamo di impedire l’accesso libero all’arenile del lungomare.

La nostra considerazione è scaturita dal fatto che uno studio dell’università Federico II di Napoli, e i dati ARPAC hanno evidenziato inquinamento chimico, fisico e batteriologico anche e soprattutto nel tratto in questione.

Ci appare completamente sconsiderato il fatto che questa amministrazione abbia lasciato libero accesso all’ arenile senza prima procedere ad una opportuna bonifica, mettendo così a rischio la salute di cittadini stabiesi e turisti”.

Vincenzo Amato Capogruppo Movimento 5 Stelle al Consiglio Comunale di Castellammare di Stabia

Nostro ARCHIVIO VIDEO STABIESE

ESCLUSIVA – Andrea Raimondi: Alla Juve Stabia anni indimenticabili. Futuro musicale? Chissà..

Pubblichiamo l’intervista esclusiva realizzata alla vigilia della gara con il Catanzaro all’ex attaccante della Juve Stabia, Andrea Raimondi. Con noi la punta ha ripercorso i suoi anni alle Vespe

Ciao Andrea, innanzitutto come stai? Ciao! Sto finalmente bene e sto recuperando dopo i tanti problemi fisici. Anche se su molti siti viene riportato che sono alla Vigontina, in realtà non ho più firmato. Mi sto allenando da solo cercando di recuperare la forma migliore; subentrare a stagione in corso non è mai facile quindi punto a presentarmi fisicamente bene a luglio così da trovare una squadra.

Dopo gli anni alle Vespe sei stato vittima appunto di tanta sfortuna e problemi fisici. C’è un po’ di rammarico visto che avevi ed hai qualità che ti avrebbero potuto far fare una carriera ancor più importante? Sicuramente un po’ di rammarico c’è. Il calcio è una professione bellissima ma spesso ti mette di fronte ad infortuni e problemi come in effetti è capitato a me. Avrei potuto avere meno sfortuna ma probabilmente anche io in alcune circostanze avrei potuto fare di più. Spero comunque di rimettermi in carreggiata quanto prima, fortunatamente ho ancora l’età per poterlo fare.

Tu hai vissuto probabilmente le due stagioni più esaltanti dell’era Braglia. Vista la tua passione per la musica, che colonna sonora assegneresti a quegli anni? Quelli che ho vissuto alla Juve Stabia sono stati anni talmente belli ed emozionanti che è difficile abbinarci una sola canzone. Probabilmente la canzone che più mi torna nella mente è il remix che partiva allo stadio quando facevamo gol, arricchito dalla parola “Juve Stabia”. (n.d.r. Duck Sauce – Barbra Streisand).

A Castellammare hai fatto vedere giocate, assist e gol davvero spettacolari. C’è un gol al quale sei più affezionato? Sì, fortunatamente alla Juve Stabia ho sempre fatto bene. Inevitabilmente ricordo soprattutto i gol. Quello che più mi porto dentro è il gol a Reggio Calabria nella prima stagione di Serie B; venivamo dalla vittoria con il Pescara al Menti e la mia rete, quasi allo scadere, ci regalò la prima vittoria in trasferta. Fu il mio primo gol in Serie B, oltre a essere importante per la squadra, quindi lo ricordo con emozione.

In quell’ormai leggendario 19 giugno 2011 ti scatenasti sia in campo al Faminio che nei festeggiamenti al Menti. Hai una istantanea particolare di quella giornata? Di quella partita ricordo l’attesa e la nostra convinzione. Già il giorno precedente alla partita eravamo convinti di vincere, non per presunzione, ma per la sicurezza nei nostri mezzi. La mia immagine della partita è il gol nel finale di Corona; in quel momento capii che avevamo vinto. Tra l’altro io vidi il gol dalla panchina e poco dopo fui espulso: un “tifoso” dell’Atletico Roma aveva lanciato una bottiglietta nell’occhio di Fabbro e io gliela rilanciai contro, colpendolo anche! L’arbitro mi vide e mi espulse, ma questo non rovinò la festa.

Alla Juve Stabia hai avuto modo di conoscere Simone Zaza, con cui se non erro nacque una forte amicizia. Ti aspettavi potesse arrivare così in alto? Sì, con Simone ho vissuto sei mesi proprio in centro a Castellammare. Che fosse fortissimo, ai miei occhi, era evidente infatti non capivo perché non giocasse. Conosciamo Mister Braglia, sappiamo che guarda anche piccoli dettagli cui magari, un calciatore, soprattutto se giovane, non dà importanza: la corsa in più non fatta in allenamento, il sacrificio anche in difesa ecc. Probabilmente questi aspetti hanno un po’ condizionato l’immagine che il Mister aveva di Simone; del resto anche io non sempre sono andato d’amore e d’accordo con Braglia. Ad ogni modo i traguardi di Zaza non possono che farmi piacere.

Dopo l’esperienza alla Juve Stabia hai giocato a Padova, Trapani, Venezia, Benevento, Cosenza..insomma da nord a sud. Che differenze ci sono in termini di tifo tra una piazza del nord ed una del sud? Differenze ci sono, ma come in ogni cosa, ci sono pro e contro. Al nord, a meno che tu non sia in una squadra di Serie B importante, è raro trovare nelle serie minori un tifo caldo come quello che invece c’è al sud. L’aspetto positivo è che al sud, quando le cose vanno bene, davvero i tifosi hanno il potere di farti sentire un calciatore di Serie A, come in effetti avvenuto a Castellammare. Allo stesso modo i tifosi si fanno sentire anche quando le cose vanno male; a Cosenza ad esempio, un po’ per sfortuna ed un po’ perché avevo solo compiti difensivi, segnavo poco ed i tifosi mi hanno martellato davvero tanto, piovevano critiche da ogni dove. Questa è forse la differenza principale tra nord e sud: la pressione, positiva e negativa, che le tifoserie meridionali sanno darti.

Tornando alla tua passione per la musica, ti vedi al termine della carriera seguire le orme di Daniel Osvaldo, attaccante ex Roma, che ha appeso le scarpette al chiodo per inseguire il suo sogno musicale? Questa è una bella domanda! In questi mesi in cui sono stato fermo ho avuto modo di notare come nel mondo del calcio non ci sia riconoscenza e di come tutti si dimentichino facilmente di te; ho approfittato di questo periodo proprio per dedicarmi alla musica. Ho iniziato a collaborare con un produttore musicale veneto che mi sta aiutando a chiudere dei brani musicali esclusivamente miei; ho messo su anche una studio di registrazione così da migliorarmi e proseguire in questo percorso. Non so se resterà un hobby o diventerà qualcosa di più..magari se non dovessi tornare a Castellammare da calciatore, lo farò da cantante! (ride n.d.r.)

Un tuo saluto ai tifosi della Juve Stabia: Saluto tutti i tifosi con affetto; a Castellammare ho vissuto anni indimenticabili che porterò sempre con me. A presto!

Raffaele Izzo

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Le reazioni degli inglesi al divorzio con la UE

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 Il capo del Desk Esteri de La Stampa, Alberto Simoni, nel suo reportage racconta le reazioni degli inglesi al divorzio. Il Regno Unito vuole mantenere con l’Unione europea «una partnership profonda». Theresa May lo ha scritto sette volte nella lettera che ha dato il via ufficiale alla Brexit. Ma la strada per i negoziati è in salita: non c’è intesa sui tempi, i commerci e la difesa comune.
Secondo Charles A. Kupchan «l’Occidente sembra giunto a un punto critico. Il populismo potrebbe continuare a guadagnare forza. E qualunque sia l’esito, la Brexit è un minaccioso segnale di avvertimento».

Nei pub tra fischi e applausi: “Italiani, seguite il nostro esempio”

La premier britannica in diretta da Westminster: “Non torneremo indietro”. Non tutti però sono convinti: “Un disastro, dividersi è una cosa inutile”

LONDRA – Quando il premier Theresa May inizia a parlare alla Camera dei Comuni, nei pub lungo Whitehall scende un insolito silenzio.

I turisti affollano le strade, il naso all’insù in cerca del Big Ben, forse ignari che in quel momento, le 12,35 sul meridiano di Greenwich, la Storia si è messa in moto.

Nessuno sa dove andrà a parare. La premier britannica ha le idee chiare e vuole spiegarle ai sudditi di Sua Maestà dopo averle messe nero su bianco nella lettera inviata al «caro Donald Tusk». Ma anche a Bruxelles hanno le idee altrettanto chiare. E le due narrazioni, quella dei fuggitivi dalla Ue e quella dei custodi delle regole comunitarie, divergono. «Oggi è un giorno storico, indietro non si torna», esordisce May.

Al Red Lion fra hamburger, patatine e birre, gli occhi sono puntati sul televisore, c’è la diretta da Westminster. Dopo qualche minuto in cui scorrono i sottotitoli sullo schermo, la cameriera afferra il telecomando, toglie il «mute», e la voce ferma ma tutt’altro che calda della premier, irrompe. John, 68 anni, sta al bancone con una mezza pinta di birra. May ha appena detto che «Londra riprenderà il controllo dell’immigrazione», lui annuisce. È il motivo per cui ha votato Leave. Troppi stranieri, «soprattutto dall’Est Europa». Ripete gli slogan della campagna culminata 280 giorni fa nella clamorosa vittoria degli anti-Ue. È convinto che l’Europa avrà problemi nell’esportare prodotti nel Regno Unito. Si scorda che anche la rotta inversa non sarà agevole, basta chiedere ad agricoltori e pescatori. Nessuno gli farà mai cambiare idea, nemmeno l’apertura di Theresa May che batte il tasto del «trade» (ripete la parola 6 volte) e a ripetere che «vuole una profonda e speciale partnership» con gli europei.

 

La premier è arrivata alle 11 a Westminster dopo aver riunito alle 8 il governo. Camicia bianca e giacca blu, subisce qualche «buuu» dal banco dell’opposizione quando accenna ai valori «liberali e democratici» da condividere con la Ue. Il pub osserva, muto. Ma nessuno si aspetta lo scontro, il referendum è il passato, meglio guardare avanti. May ricorda che «il Regno Unito esce dalla Ue non dall’Europa». Al Red Lion gli occhi sono tutti per lei. Non che qualcuno aspetti chissà quale annuncio, in fondo il suo speech è una riedizione aggiornata di ciò che disse il 17 gennaio alla Lancaster House. Oggi è «solo» il Triggering Day, il giorno dell’Articolo 50. La premier smussa qualche spigolo, ammette che Londra deve uscire dal mercato unico perché non può fare cherry picking, scegliere quel che conviene e scartare i frutti aspri. Steve scuote la testa, ha una quarantina di anni, fa il funzionario in una società di consulenza e per lui quel che sta succedendo è semplicemente un «disastro». Per l’economia in primis ma anche perché «dividersi è semplicemente una cosa inutile». Ascolta e commenta, è un fiume in piena. Si sfoga con un vicino: «It’s a disaster», ripete ossessivamente. Keith, manager in pensione, 70 anni, almeno è ottimista. «Abbiamo bisogno noi della Ue e loro di noi, un accordo lo troveremo anche se sarà difficile, mica possono farci regali», esplode in una fragorosa risata.

A Parliament Squadre, fuori Westminster, c’è qualche nostalgico della protesta, due ragazzi con le bandiere europee e una piccola orchestrina che intona il leit motive che accompagnò oltre 100 anni fa l’ingloriosa attraversata del Titanic. Questa è la Brexit per loro, suonano il requiem della Nazione, altro che la «Global Britain» di Theresa May. Che spiega urbi et orbi che non chiuderà agli stranieri e che lavorerà per un buon accordo con la Ue anche per chi ha messo, da migrante, negli ultimi anni radici a Londra. Boris Johnson annuisce, due ore più tardi darà garanzie al nostro ministro Alfano sullo status degli italiani.

Un attivista dello Ukip, spilla ben in vista sul bavero, brinda felice. «Siamo liberi, indipendenti, perché anche voi italiani non ci seguite?», scherza ma non troppo. La May prova a tenere insieme il Regno Unito promettendo ai recalcitranti scozzesi e a gallesi e nordirlandesi che quando i poteri da Bruxelles torneranno a Westminster, «discuteremo quali cedere alle nazioni che compongono la Gran Bretagna». Il finale è un inno allo «stay together», all’unirsi nel periglioso e incerto cammino che però darà, promessa del premier, frutti e risultati ottimi. È il culmine, la telecamera stacca. C’è la replica di Jeremy Corbyn, il leader laburista. Ma cala il sipario anche al Red Lion, la Storia ha imboccato la sua strada. «Due birre», ordina John. In nome della Brexit.

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lastampa/Nei pub tra fischi e applausi: “Italiani, seguite il nostro esempio” ALBERTO SIMONI – INVIATO A LONDRA

Allarme Hysaj per la Juve, nuovi accertamenti nei prossimi giorni

Allarme Hysaj per la Juve, nuovi accertamenti nei prossimi giorni

Occhi puntati alla doppia sfida tra Napoli e Juventus al San Paolo. La prima in campionato e la seconda in coppa Italia. Maurizio Sarri fa la conta degli uomini a disposizione. Il terzino albanese, Elseid Hysaj ha rimediato una botta con la sua Nazionale e ieri ha ricevuto solo dei massaggi alla caviglia malconcia. La Repubblica parla di allarme, il giocatore vuole farcela ovviamente ma c’è solo un cauto ottimismo. La prognosi è al momento da definire, verrà sciolta sono nei prossimi giorni. Ma nel frattempo c’è Maggio in pre allarme.

 

Gazzetta contro Taglialatela: “Scempiaggini che neppure nei peggiori bar di Forcella…”

Gazzetta contro Taglialatela: “Scempiaggini che neppure nei peggiori bar di Forcella…”

La Gazzetta dello Sport, in un lungo editoriale firmato dal direttore Andrea Monti, attacca duramente il membro della Commissione Parlamentare anti-mafia Marcello Taglialatela, che ha rilasciato alcune dichiarazioni a La Zanzara attaccando pesantemente la Juventus: “Ha pensato bene di esibirsi ai microfoni della «Zanzara» di Cruciani in un repertorio di scempiaggini che neppure nei peggiori bar di Forcella… La Juve come male assoluto, la Fiat che compra gli arbitri, rigori regalati, campionati falsati ieri oggi e domani. E al proposito aggiunge minaccioso: «Verificheremo!». Che cosa, di grazia, e con quale autorità? Insomma spezzeremo le reni alla Signora. Rigurgiti che qualsiasi tifoso esacerbato è libero di espettorare, ma che un deputato non deve neppure ospitare nel retrobottega del cervello. Va detto che l’Antimafia non è l’Isola dei famosi. Né può trasformarsi, grazie alla formidabile popolarità del calcio e alla tempesta di passioni suscitata dalla Juve, in un palcoscenico che regala a politici mediocri o fuori corso l’agognato attimo di celebrità. Chi siede in Parlamento rappresenta i valori della nazione. Se non lo capisce si accomodi in curva”.

Ferrara: “Higuain sarà fischiatissimo, ma non si lascerà intimidire”

Le sue parole

Ciro Ferrara, ex difensore di Napoli e Juventus, ha rilasciato una lunga intervista al Corriere dello Sport:

Che cosa aspetta Higuain?  

“Presumo un’accoglienza variegata: lo fischieranno in molti e l’argentino è il primo a saperlo, avendolo messo in conto sin da quando ha deciso di passare alla Juve. Ma, in molti, ostenteranno indifferenza. I napoletani sono un popolo dotato di ironia, sempre un sintomo d’intelligenza. Ecco, io spero proprio che, al di là dei prevedibili fischi, trovi spazio anche lo sfottò arguto, sottile, corrosivo. E, soprattutto, mi auguro prevalgano il rispetto e l’educazione. La doppia sfida con il Real Madrid, i diecimila napoletani al Bernabeu e il San Paolo ricolmo di passione ed entusiasmo al ritorno, hanno nobilitato l’immagine della città, della squadra, della città. La doppia sfida con la Juve nell’arco di 72 ore rappresenta una doppia occasione per rafforzare quell’immagine. E poi, non sottovaluterei un altro aspetto…”

Quale?

“Non conosco personalmente Higuain, ma so per certo che un fuoriclasse del suo calibro non si lasci né spaventare né intimidire da un ambiente ostile. Anzi. In fondo, al Napoli ha già segnato con la maglia della Juve. E’ vero, si giocava allo Stadium e non al San Paolo, ma l’esperienza mi dice che partite così importanti e così delicate come le due in arrivo esaltino i campioni autentici. E Higuain lo è. I fischi potrebbero essere un propellente formidabile”.  

Giuntoli si muove per il dopo-Ghoulam: occhi su Willems del PSV

Giuntoli si muove per il dopo-Ghoulam: occhi su Willems del PSV

È sempre calciomercato, soprattutto per il Napoli che nei giorni scorsi, con il suo direttore sportivo Cristiano Giuntoli, ha iniziato a fare le prime mosse. Come riportato Il Mattino, il Napoli sta seguendo con una certa insistenza l’olandese Jetro Willems, classe ’94, terzino sinistro potente e veloce, dalla buona tecnica e nel giro della Nazionale orange. Il Napoli fiuta l’affare, visto che Willems ha il contratto in scadenza con il PSV Eindhoven nel 2018 e quindi la sua valutazione non può essere troppo alta, proprio perchè nel giugno dell’anno prossimo il calciatore avrebbe la possibilità di liberarsi a zero.

Il Napoli può aprire il settore ospiti ai suoi tifosi contro la Juve

Il Napoli può aprire il settore ospiti ai suoi tifosi contro la Juve

Nella giornata di ieri il Viminale ha ufficializzato la decisione del divieto di trasferta per i tifosi della Juventus e la chiusura del settore Ospiti dello stadio San Paolo sia per la partita del campionato contro il Napoli, sia per quella di Coppa Italia.

Come riporta il Corriere dello Sport il Napoli potrebbe chiedere la destinazione ai propri tifosi dei quattromila posti dello spicchio riservato ai sostenitori avversari “ma difficilmente l’ipotesi si concretizzerà considerando che in vendita c’è ancora una discreta scorta di curve inferiori per il campionato, nonché diversi biglietti di Tribune e Distinti per la Coppa“.

Allarme Mertens, Mourinho lo vuole allo United

Allarme Mertens, Mourinho lo vuole allo United

Scatta il mercato che entra nel vivo. Altro che doppio Napoli-Juve, la sessione estiva sembra già alle porte. Il rinnovo di Dries Mertens è l’argomento che tiene banco in casa Napoli. E se da un lato Giuntoli prova a trattenere il belga, dall’altro la situazione si fa dura per il pressing del Manchester United. La Repubblica scrive: Allarme rosso in Serie A, Mourinho ha deciso di fare shopping nel nostro campionato. E sta cercando di convincere Dries Mertens a lasciare Napoli per Manchester. Con solidi argomenti, viste le risorse illimitate dello United e il momento cruciale per la carriera del belga, 30 anni a maggio e contratto in scadenza nel 2018: all’attaccante, che ora guadagna 1,5 milioni, proposto un ingaggio da 4,7 milioni all’anno, bonus compresi, mentre l’offerta di rinnovo del Napoli è decisamente inferiore, almeno per ora, intorno ai 3.

Trattandosi dell’ultimo contratto importante della sua carriera, Cina permettendo, normale che il “falso nueve” di Sarri ci stia pensando, senza trascurare la possibilità di restare a Napoli. Ovviamente con Mourinho tornerebbe a giocare nel suo ruolo naturale di esterno sinistro nel 4-2-3-1.

Su Mertens c’è anche l’Inter, invece lo United si sente vicino al traguardo. Il Napoli pensa al rilancio e intanto studia l’alternativa al belga: il candidato principale è Keita, il monello senegalese che a fine stagione lascerà la Lazio.

Occhio al resto: monete thailandesi al posto dei due euro. L’allarme a Roma

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Aguzzate la vista, come in quel gioco della Settimana enigmistica. Negli ultimi giorni a Roma circolano delle monete quasi uguali ai due euro. Ma che non sono (e soprattutto non valgono) due euro. I falsari non c’entrano. Si tratta dei 10 centesimi di Bath, moneta thailandese che si riesce a distinguere dalla nostra solo facendo molta attenzione. Per il momento siamo al passaparola tra i commercianti. I baristi, in particolare, chiedono a tutti i colleghi di controllare sempre gli spiccioli che incassano o che danno come resto.

Il confronto tra le due moneteLa moneta thailandese ha la stessa forma di quella europea, con il cerchio dorato al centro e l’anello argentato intorno. Uguali anche le dimensioni e persino il peso, 8 grammi e mezzo. Al punto che riesce a ingannare persino i distributori automatici, come le macchinette per il caffè negli uffici. L’unica differenza è il valore: la moneta thailandese vale circa 25 centesimi di euro. Spacciarla per due euro (al bar come nelle macchinette) per incassare il resto in euro può diventare un affare interessante in caso di applicazione seriale. Ed è proprio questo il timore che allarma i commercianti della Capitale.

Il sospetto di un’operazione organizzataQualche anno fa, alcuni casi vennero segnalati in Campania e in Sardegna. Poi i «due euro thailandesi» spuntarono in Spagna. Adesso sembrano essere tornati in Italia. Nelle ultime settimane le segnalazioni si sono moltiplicate a Roma, al punto da fare pensare a una vera e propria partita messa in circolo da un gruppo organizzato.Il modello delle vecchie 500 lire

La moneta thailandese non è un’imitazione di quella europea. C’era già prima. Semmai è ispirata alle nostre vecchie 500 lire, sempre con il cerchio al centro dorato e l’anello argentato intorno. Ma allora la truffa non era possibile. Non solo perché le dimensioni tra lira e bath erano leggermente diverse. Ma soprattutto perché il valore era lo stesso e non c’erano nessuna differenza su cui guadagnare. Forse il dato è interessante per i sostenitori dell’uscita dall’euro. Nel frattempo non resta che aguzzare la vista.

/corrieredellasera

Brexit, i paletti dell’Europa per gli inglesi

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Brexit: l’ambasciatore britannico presso l’Ue, Tim Barrow, consegna la lettera di Theresa May al presidente del Consiglio europeo, Donald Tusk

Il Regno Unito vuole mantenere con l’Unione europea «una partnership profonda». Theresa May lo ha scritto sette volte nella lettera che ha dato il via ufficiale alla Brexit. Ma la strada per i negoziati è in salita: non c’è intesa sui tempi, i commerci e la difesa comune. Il capo del Desk Esteri de La Stampa, Alberto Simoni, nel suo reportage racconta le reazioni degli inglesi al divorzio.
Secondo Charles A. Kupchan «l’Occidente sembra giunto a un punto critico. Il populismo potrebbe continuare a guadagnare forza. E qualunque sia l’esito, la Brexit è un minaccioso segnale di avvertimento».

Accordi con l’Ue e sicurezza. La Brexit parte già in salita

Consegnata a Bruxelles la lettera che dà il via ufficiale al divorzio di Londra. Ma non c’è intesa sui tempi dei negoziati, i commerci e la difesa comune

BRUXELLES – Il Regno Unito vuole mantenere con l’Unione europea «una partnership profonda e speciale». Theresa May lo ha scritto ben sette volte nella lettera che ha dato il via ufficiale alla Brexit. Non sarà facile, visto che la strada per i negoziati si preannuncia in salita. Sia sulla forma (Londra vuole affrontare parallelamente il divorzio e gli accordi futuri, mentre Bruxelles vuole prima definire tutti i dettagli dell’uscita), sia sui contenuti (il conto da pagare e i legami da conservare, soprattutto su commercio e sicurezza).

La lettera è stata consegnata a mano, nella sua versione originale, alle 13,20 di ieri dall’ambasciatore britannico Tim Barrow, che l’ha recapitata al presidente del Consiglio europeo Donald Tusk. Sei pagine, che si aprono con un «Dear President Tusk» e si concludono con un «Yours Sincerely, Theresa May», scritti a mano. La premier britannica ha messo la sua firma sulla comunicazione che attiva l’articolo 50 del Trattato di Lisbona alle 16,26 di martedì, ma l’annuncio è stato dato solo dopo mezzanotte. A quell’ora la lettera era già a Bruxelles, custodita in una valigetta nera. Il documento è stato infatti portato nella capitale belga da un funzionario britannico, scortato dagli uomini della sicurezza, a bordo di un Eurostar partito nel tardo pomeriggio da Londra. Ha attraversato la Manica, ha passato la notte nella residenza di Barrow e ieri mattina verso le 9,40 ha fatto il suo ingresso all’Europa Building, il nuovo edificio del Consiglio.

L’ambasciatore ha partecipato a una riunione con i 27 colleghi, ma la lettera è rimasta nascosta nella valigetta. Nessun «leak», nessuna fuga di notizie sul contenuto. Tutto questo fino alle 13,20, quando Barrow è salito negli uffici di Donald Tusk. Il presidente del Consiglio europeo ha dato la notizia su Twitter alle 13,28. Una ventina di minuti dopo, in sala stampa, si è lasciato andare un commosso «ci mancate già». Più freddo il comunicato dei 27: «Ci dispiace, ma noi siamo pronti».

«Equa e ordinata», questa è l’uscita che auspica May nella lettera. Ma già nella seconda pagina spunta il primo grande scoglio che i negoziatori dovranno superare: «Crediamo sia necessario concordare i termini della nostra partnership futura accanto a quelli della nostra uscita dall’Ue». La risposta dei Ventisette dice esattamente l’opposto: prima «le disposizioni fondamentali per un ritiro ordinato». I dettagli della futura partnership saranno affrontati «in futuro» e solo dopo «un accordo» sulla prima parte. Impossibile trovare una sintesi: una delle due parti dovrà cedere qualcosa già in partenza. May comunque assicura che in questi due anni «continueremo ad adempiere alle nostre responsabilità come Stato membro», un passaggio che serve a rassicurare i cittadini Ue che vivono nel Regno Unito: non ci sarà alcuna discriminazione.

Sui contenuti della «deep and special partnership», il governo di Londra cita esplicitamente due pilastri: economia e sicurezza. E mette in guardia dai rischi legati alla mancanza di un accordo. In campo commerciale «dovremmo relazionarci secondo le regole della Wto». Il che potrebbe avere pesanti ripercussioni sulle imprese di import-export. Senza un’intesa nell’ambito della sicurezza, invece, «la nostra cooperazione contro il crimine e il terrorismo sarebbe indebolita». Qui Theresa May sembra fare un passo in più e alcuni analisti hanno letto un legame tra le due cose, una sorta di minaccia in questi termini: «Se non ci date un buon accordo commerciale, non avrete più il nostro supporto sulla sicurezza». Downing Street ha ovviamente smentito questa lettura, ma c’è un passaggio in cui si ricorda che «la sicurezza dell’Europa è più fragile che mai dalla fine della Guerra Fredda. Indebolire la nostra collaborazione (…) sarebbe un errore che pagheremmo a caro prezzo». May lo ha ribadito anche martedì sera durante una telefonata con Angela Merkel, unica collega tra gli altri leader Ue con cui c’è stato un contatto diretto. Perché come sempre, è Berlino che dà le carte.

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lastampa/Accordi con l’Ue e sicurezza. La Brexit parte già in salita MARCO BRESOLIN – INVIATO A BRUXELLES

L’allarme Usa sui rapporti Russia-M5S-Lega

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Gli Stati Uniti avvertono l’Italia: «Fate attenzione ai rapporti tra Russia e Movimento Cinque Stelle». Fonti governative americane esprimo timore per l’influenza che Mosca sta cercando di avere sulle prossime elezioni italiane, nell’ambito di una strategia di interferenza che investe tutta l’Europa. Il governo Usa guarda anche ai legami fra la Lega e il Cremlino.

Il governo Usa avverte l’Italia: “Fate attenzione. Ci sono legami Russia-M5S”

L’allarme dell’amministrazione all’Italia: strategia di destabilizzazione

WASHINGTON – «Fate attenzione ai legami fra governo russo e M5S». È il messaggio circolato nei mesi scorsi nell’amministrazione Usa, con lo scopo di mettere poi Roma al corrente di un fenomeno più vasto: l’esteso impegno di Mosca a sostenere forze politiche intenzionate a sfidare gli establishment nazionali.

Con lo scopo di indebolire nel lungo periodo tanto l’Unione Europea, quanto la Nato. Sono fonti governative americane a ricostruire per «La Stampa» quanto sta avvenendo, spiegando in particolare che sono preoccupate per l’influenza che la Russia sta cercando di avere sulle prossime elezioni italiane, nell’ambito di una strategia di interferenza che tocca tutta l’Europa, dopo quella adottata durante le presidenziali degli Stati Uniti. Finora il potenziale punto di contatto è stato individuato da Washington soprattutto nei rapporti che Mosca sta costruendo con il Movimento 5 Stelle, e con la Lega, che però ha prospettive elettorali inferiori.

All’origine di tali sviluppi ci sono le conseguenze dell’Election Day. Quando l’intelligence americana è arrivata alla conclusione che il Cremlino aveva gestito le incursioni degli hacker nell’archivio digitale del Partito democratico, per rubare documenti con cui deragliare la candidatura presidenziale di Hillary Clinton, l’apparato governativo degli Usa si è attivato per comprendere meglio le dimensioni e lo scopo di questa strategia. Quindi si è convinto che la Russia sta cercando di dividere e indebolire l’intero Occidente, favorendo le formazioni politiche che mettono in discussione le alleanze storiche e più recenti tra le due sponde dell’Atlantico. Questa offensiva era già presente negli Stati baltici, che avendo fatto parte dell’Unione Sovietica sono abituati a simili tattiche di propaganda e manipolazione, e le riconoscono in fretta. Discorso analogo per la Serbia e l’intera area della ex Jugoslavia. L’operazione però si è allargata anche al resto dell’Europa occidentale, che secondo gli analisti di Washington è meno pronta a capirla e difendersi. Perciò il governo Usa si è attivato, con missioni discrete che hanno riguardato anche l’Italia.

Gli obiettivi di Mosca sono tutti i Paesi dove nei prossimi mesi sono in programma le elezioni, che per la loro natura democratica consentono di infiltrare i sistemi politici e cercare di condizionarli. Al primo posto ci sono le presidenziali francesi, dove gli effetti dell’offensiva russa sono già stati pubblicamente notati, con la visita di Marine Le Pen al Cremlino e le informazioni uscite per attaccare l’indipendente Macron. Nel radar degli americani però ci sono anche le presidenziali del 2 aprile in Serbia, il voto di settembre in Germania, e quello che comunque dovrà avvenire in Italia entro la primavera del 2018.

Secondo quanto appurato da Washington, i metodi usati sono diversi. Negli Stati Uniti gli attacchi sono avvenuti nel campo digitale, perché è molto sviluppato e offriva grandi opportunità. Lo stesso sta avvenendo già in Europa, come hanno dimostrato le denunce fatte da Macron. Più difficile è provare eventuali finanziamenti o aiuti diretti per le campagne elettorali e i partiti. In Italia il sistema digitale è meno sviluppato di quello americano, e i nostri apparati contano anche sul naturale scetticismo degli elettori per depotenziare eventuali offensive. Nel mondo di oggi, però, non serve molto: basta intercettare una mail o una lettera, per demolire un candidato o un partito.

Poi ci sono i rapporti personali diretti. Ha sorpreso, ad esempio, la visita di una delegazione italiana che qualche tempo fa è andata in Lituania, dialogando con la comunità di origine russa nel Paese. Rilevanti sono anche gli incontri con le ambasciate, che sono leciti, ma possono andare oltre la cortesia diplomatica. M5S e Lega non hanno fatto mistero dei contatti avuti con Mosca, e ciò ha suscitato preoccupazione, anche se in scala diversa.

L’attenzione riservata dal governo americano a questi fenomeni è maturata prima dell’entrata in carica della nuova amministrazione Trump, e delle stesse presidenziali dell’8 novembre. Finora se ne sono occupati funzionari di carriera non partisan, e la loro attività è completamente slegata dalle inchieste in corso all’Fbi e al Congresso sulle eventuali complicità tra gli hacker russi e la campagna del candidato repubblicano. Si tratta in sostanza di valutazioni professionali, indipendenti dalle vicende politiche interne. La transizione naturalmente complica le cose, perché il governo deve affrontare altre priorità, e nei Paesi che sono potenziali obiettivi non sono ancora stati nominati i nuovi ambasciatori. Le elezioni italiane però sono quelle più lontane nel calendario, a fine aprile il premier Gentiloni verrà alla Casa Bianca e a maggio ospiterà Trump al G7, e quindi ci sarà il tempo per discutere e chiarire queste preoccupazioni. Da qui lo scenario di una consultazione in crescendo fra Washington e Roma sul ruolo dei grillini come emissari del Cremlino nel Bel Paese.

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lastampa/Il governo Usa avverte l’Italia: “Fate attenzione. Ci sono legami Russia-M5S” PAOLO MASTROLILLI – INVIATO A WASHINGTON

Vinovo- Allegri aspetta il ritorno dei nazionali, domani seduta pomeridiana

Vinovo- Allegri aspetta il ritorno dei nazionali, domani seduta pomeridiana

È stata una splendida giornata di sole dal clima primaverile, quella che ha visto oggi il gruppo allenarsi al Training Center di Vinovo agli ordini di mister Allegri.

I Bianconeri, arricchiti dal rientro dagli impegni con le proprie Nazionali di Emil Audero, Rolando Mandragora e Sami Khedira, sono scesi in campo per una sessione pomeridiana incentrata sul lavoro col pallone e sulla tattica. Domani sono attesi a Vinovo Gigi Buffon, Leonardo Bonucci Daniele Rugani. Marko Pjaca rientrerà nei prossimi giorni e sarà sottoposto ad ulteriori accertamenti e alle cure del caso, dopo l’infortunio patito con la propria Nazionale.

La Juventus tornerà al lavoro domani, ancora alle prese con una sessione pomeridiana, per preparare la sfida di campionato che la vedrà impegnata domenica 2 aprile alle 20.45 allo Stadio “San Paolo” contro il Napoli.

Fonte: Juventus.com