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Castellammare di Stabia
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Capodaglio: L’alleanza con il mister porterà a risultati importanti (VIDEO)

Paolo Capodaglio, possiamo finalmente ascoltarvi, contro il Catanzaro non avete ottenuto il massimo risultato, anche se nel secondo tempo loro hanno giocato più a calci che a calcio, e voi siete caduti un po’ nella provocazione.

Si, dopo aver preso il gol del 2 a 1 al 42’ volevamo recuperare subito la partita, sapendo che da tanto non si riesce a fare risultato in casa e quindi metti un pò la motivazione un pò il nervosismo e soprattutto un arbitro troppo permissivo ha fatto si che si giocasse poco.

Adesso c’è il derby dell’amicizia un derby particolare che deve essere vinto per poter sfatare questo tabù, come affronterete la partita?

Il nostro obbiettivo è quello di affrontare la partita come l’inizio di domenica scorsa, sappiamo che loro fuori casa chiudono e ripartono bene tant’è che hanno fatto più punti in trasferta che in casa, ma la cosa principale e ricreare l’armonia tra noi e il pubblico.

La squadra come ha preso la notizia dell’esonero di mister Fontana?

Quando succedono queste cose è  un fallimento un po’ di tutti , noi adesso dobbiamo ripartire e guadagnare un piazzamento che ci permette di giocare in casa durante i play off , comunque c’è dispiacere.

Sei contento della tua carriera in generale? Perché sei arrivato secondo noi tardi in lega pro e questo è il secondo anno che ti stava andando bene fino a gennaio.

Io credo che nulla accade per caso e cercherò comunque di non farlo più accadere e prometto che farò il possibile per ottenere un miglior piazzamento e poi giocarmela a viso aperto nei playoff.

Adesso c’è Matute che ti dà una mano, meglio o peggio di prima?

Cambiamo spesso modulo e le mie caratteristiche mi permettono di giocare bene ovunque e con chiunque.

Cos’è cambiato con l’arrivo del nuovo allenatore?

Il mister è arrivato da noi chiedendoci di aiutarlo il più possibile e noi abbiamo lo stesso bisogno e credo che questa alleanza porterà ad un risultato sicuramenti positivo

Adesso c’è freddezza con il pubblico, speri che questa gara possa farvi riappacificare?

Lo spero tantissimo perché avere il sostegno del pubblico e come avere il dodicesimo uomo in campo.

 

Matute: Sto dando tutto me stesso per la Juve Stabia (VIDEO)

Kelvin Matute, stai trovando maggiore continuità con mister Carboni, finalmente possiamo dire che stai entrando nel vivo del gioco e che stai dando il tuo contributo, già a Cosenza hai fornito un’ottima prestazione e in casa con il Catanzaro hai messo i tuoi muscoli a disposizione della squadra?

Ho fatto semplicemente ciò che c’era da fare, non è stato facile dopo tanto tempo di stop rientrare nel ritmo partita, ma nonostante ciò  ho dato tutto me stesso, perché credo che in una squadra del genere dove si lavora tanto e bene non si possa fare diversamente.

Sei il primo arrivato nel mercato di riparazione , hai subito accettato l’offerta della Juve Stabia, adesso c’è la sfida contro il tuo recente passato, la Casertana, sei ponto a dimostrare che la Juve stabia ha fatto bene a credere in te ?

Io sono un professionista,  adesso gioco con la Juve stabia e il mio unico interesse è portare i 3 punti a casa con questa maglia, cercando di dare il massimo sempre e comunque.

Ti aspettavi un 2017 cosi diverso per la Juve Stabia rispetto al girone d’andata?

Sinceramente no, perché la Juve stabia ha sempre avuto una mentalità vincente, e sono convinto che è solo un periodo, vi assicuro che noi tutti ci stiamo impegnando per risorgere da questo brutto momento.

Dall’alto della tu esperienza, si può dire che la causa dei pessimi risultati sia la mancanza dell’aiuto di voi esperti?

Questo, secondo me, non è il vero motivo, io credo che la colpa sia di tutti, sia gli esperti sia i giovani , ma noi dobbiamo rimanere uniti e lottare fino alla fine perché il campionato non è ancora finito.

La prossima settimana ci saranno tre partite con squadre importanti, credi sia la settimana giusta per decidere il piazzamento play off?

Si, ma tralasciando stare le partite con squadre blasonate o meno , io sono fermamente convinto che tutto dipende solo ed esclusivamente da noi e dalla nostra voglia di vincere .

L’ultimo derby disputato a Castellammare non è stato dei migliori, il prossimo sarà l’occasione per far tornare a gioire i nostri tifosi?

Il gruppo sta lavorando al meglio per poter vincere questa partita, adesso purtroppo abbiamo perso il nostro pubblico ma stiamo facendo di tutto per riportarli dalla nostra parte.

Ti aspettavi una Casertana cosi avanti in classifica?

Si perché hanno davvero una buona squadra e nonostante qualche difficoltà ad inizio campionato sono riusciti a dimostrare il loro vero valore.

Koulibaly, l’agente: “A Napoli sta bene, resterà qui finché il club non deciderà di venderlo”

Bruno Satin, agente di Kalidou Koulibaly, è intervenuto ai microfoni di Radio Kiss Kiss Napoli. Ecco quanto evidenziato:

 

“Con il Senegal non sappiamo esattamente cosa è successo. Kalidou ha dato una mano anticipando il pagamento. Si è verificato qualche problema a livello organizzativo. Sarà lui a marcare Higuain, speriamo che il pipita sia un po’ stanco.
Futuro? A Napoli sta bene, resterà qui finché il club non vorrà venderlo”.

Sky – Problemi a una caviglia per Hysaj, previsto a breve un consulto medico

Massimo Ugolini, giornalista di Sky Sport, ha rilasciato alcune dichiarazioni ai microfoni di Radio Kiss Kiss Napoli. Ecco quanto evidenziato:

“Hysaj ha subito una distorsione alla caviglia con la sua nazionale. La caviglia non si è gonfiata ma c’è comunque un po’ di apprensione in vista delle prossime sfide contro la Juventus. A breve ci sarà un consulto medico, filtra un velato ottimismo”.

Auriemma: “Per il doppio match contro la Juve è previsto un altro fiume di soldi”

Auriemma: “Per il doppio match contro la Juve è previsto un altro fiume di soldi”

Raffaele Auriemma su Tuttosport: “E’ come se fossero già tutti al San Paolo, per quattro giorni di fila e nel numero record di 100mila presenze per vedere due volte la stessa partita. Che poi non è mai una partita qualunque, quando arriva la Juventus a Napoli. Dalla domenica al mercoledì, tra campionato e Coppa Italia, si completerà la stagione super del cassiere azzurro, ormai abituato a passare da un risultato storico all’altro. A cominciare da quello relativo all’incasso: mai in passato si era arrivati a Fuorigrotta alla cifra di 4.484.302 milioni di euro per una singola partita: è successo contro il Real Madrid nella gara di ritorno degli ottavi di finale di Champions League. E per il prossimo, doppio confronto con la Juventus, si prevede un altro fiume di danaro: la passione dei tifosi azzurri prenderà le sembianze di un altro assegno da tre milioni di euro”.

Rai – Per Mertens non è una questione economica. Due club seguono Koulibaly

Ciro Venerato, giornalista Rai esperto di calciomercato, è intervenuto ai microfoni di Radio Crc nel corso di ‘Si Gonfia la Rete’. Ecco quanto evidenziato:

“Rinnovo Mertens? Il problema non è di natura economica, il Napoli si è spinto ad offrire 3 milioni bonus compresi. Fino a quando non risolverà i problemi familiari è inutile parlare del suo rinnovo. Il Napoli nel frattempo si cautela monitorando il mercato degli esterni.
Chelsea su Koulibaly? Il calciatore piace molto a Conte, ma il club inglese potrebbe prendere Manolas. Occhio al Psg che potrebbe pensare a lui nel caso dovesse partire un centrale. Il Napoli non vuole cederlo ma potrebbe vacillare davanti ad un’ offerta importante”.

Carli: “Ho rischiato di fare a cazzotti con Sarri: è un testone”

Le sue parole

Marcello Carli, direttore sportivo dell’Empoli, ha parlato alla Gazzetta dello Sport: “Scelsi Sarri perché mi ricordavo di un pazzo furioso sulla panchina della Sangiovannese e del Sansovino. Un pazzo che mi aveva trasmesso emozioni. E pazienza se veniva da una serie di esoneri. E’ un fuoriclasse, un amico vero ma almeno 3-4 volte abbiamo rischiato di fare a cazzotti. Parlo di pugni veri. Lui è un testone intelligente”.

L’Empoli è stato il suo trampolino di lancio.

“Maurizio aveva bisogno di avere accanto persone serie. Lui si è fidato. Ha capito che non lo avremmo mai tradito. Lo abbiamo difeso a spada tratta nonostante avesse messo insieme appena tre punti nelle prime nove partite. E in Serie A gli allungammo di due anni il contratto dopo cinque k.o. di fila. Maurizio ha capito a Empoli che il calcio non è solo schemi o fare la guerra. E’ condivisione. C’è talmente tanta stima tra di noi che a volte mi sono permesso di dire a Sarri cose che a un altro tecnico non avrei mai detto”.

Maurizio è meticoloso.

“Meticoloso? Quasi ossessivo. Se non riusciva a preparare gli schemi su punizione, magari a causa del vento, se ne andava imbufalito convinto che la domenica avremmo preso gol su calcio piazzato. Io mi divertivo a entrare nella sua stanza e a spostargli un foglio o il pacchetto di sigarette. Che lui rimetteva a posto. Mi ha detto che ha imparato in banca a essere organizzato”.

Cosa l’ha colpito del Sarri di Napoli?

“Maurizio era preoccupato del rapporto con i campioni. Invece dopo un mese Hamsik e Higuain lo adoravano. Il campione ama chi ti fa giocare bene e vincere”.

Sarri resterà al Napoli?

“Lui non deve mai dimenticarsi che De Laurentiis ha avuto il coraggio di consegnargli una panchina prestigiosa. Coraggio che altri presidenti non hanno avuto. In più ricordo a Maurizio che lui ha bisogno dell’habitat giusto per rendere al meglio. Napoli è un mondo perfetto per lui”.

Higuain, tutto tace su eventuali iniziative al San Paolo

Higuain, tutto tace su eventuali iniziative al San Paolo

Al San Paolo lo aspettano in sessantamila, Gonzalo Higuain. Sentimenti contrastanti, Il Corriere dello Sport aggiunge: “La Napoli che attende El Pipita e non sa come comportarsi o forse sì, è consapevole, già orientata, però non lo lascia trasparire: sulle iniziative è inutile tentare di farsi un giro nelle curve, perché niente trapela e magari nulla è stato già programmato […] otto mesi per cicatrizzare quella “ferita” e per prepararsi ad un evento in cui si mescoleranno sentimenti contrastanti e posizioni”.

Buffon: “Affronteremo il Napoli con la giusta attenzione, ci hanno sempre messo in difficoltà”

Gianluigi Buffon, portiere della Juventus, ha rilasciato alcune dichiarazioni ai microfoni di Sky Sport in vista della sfida contro il Napoli. Ecco quanto evidenziato:

 

“Speriamo di arrivare bene a questa sfida, veniamo da un periodo ricco di successi. Il Napoli è una squadra e una rivale molto temibile e molto rispettata, lo affronteremo con la giusta attenzione. Giocano un bel calcio e ci hanno sempre messo in difficoltà. Grande merito va a Sarri, perché è innegabile che abbiano un’ impronta di gioco e un’identità ben riconoscibile. Tantissimi meriti vanno anche ai giocatori. Forse questo bel gioco andrebbe concretizzato maggiormente. Con Insigne abbiamo parlato della possibile accoglienza che ci aspetta, sempre molto calorosa”.

Italia, il CT Ventura vuole convocare Diawara

Italia, il CT Ventura vuole convocare Diawara

Come riporta La Gazzetta dello Sport il Ct Ventura starebbe pensando di aprire le porte della nazionale ai cosiddetti ‘oriundi’. Il primo che potrebbe essere convocato è Emerson Palmieri, terzino in forza alla Roma. Ma nella testa di Ventura c’è anche Amadou Diawara che già i mesi scorsi ha avviato le pratiche per ottenere la cittadinanza italiana. La nazionale adesso farà alcuni stage a Coverciano tra aprile e maggio mentre giocherà il 31 maggio un’amichevole sperimentale contro San Marino.

Napoli-Juve, attesi 100mila tifosi, ma non sarà record

Napoli-Juve, attesi 100mila tifosi, ma non sarà record

Come riporta La Gazzetta dello Sport per la doppia sfida contro la Juventus al San Paolo ci saranno 100mila persone sugli spalti. Non verrà stabilito il nuovo record d’incassi ma comunque De Laurentiis si garantirà una cifra importante nelle tasche: 3 milioni. Il pubblico sarà decisivo per Sarri e squadra che contro i bianconeri si giocano una fetta importante della stagione perchè un doppio successo contro i bianconeri garantirebbe il secondo posto e una finale di Coppa Italia.

FOTO ViViCentro – Attività di base, Comprensorio San Giuseppese-Juve Stabia 1-5: il tabellino

Attività di base, Comprensorio San Giuseppese-Juve Stabia 1-5: il tabellino

Vittoria per 5-1 dell’attività di abse della Juve Stabia, categoria 2005/06. Comprensorio San Giuseppese-Juve Stabia è stata gara a senso unico grazie ai gol di Minasi, Cioffi(2), Improta, Buzzo.

1 Tempo – Sacco Marino Papa Provvisiero Miele Maffei Testa  Minasi Mottola

2 Tempo – Sacco Zaccariello Natale Miele Papa Granatello Cioffi Maffei Improta

3 Tempo – Galluccio Marino De Curtis Provvisiero Fabrizio Rinaldi Buzzo De Lucia M. Testa

a cura di Ciro Novellino, foto Minasi

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Populismo e globalizzazione, i paradossi del terzo millennio

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Questo è davvero un millennio caratterizzato da tendenze politiche e sociali contrapposte, che esprimono inquietudine e instabilità nel pianeta, alla luce dei nuovi assetti delineati proprio dal volere della gente, che li ha semplicemente espressi all’interno di un’urna, nel corso delle consultazioni elettorali degli ultimi anni. Populismo e globalizzazione convivono felicemente? Sembrerebbe piuttosto disorientamento, ora che le ideologie del passato sono state archiviate dalla storia, e non hanno più senso nella logica di nuovi equilibri geopolitici.
Sul piano economico saranno state le economie emergenti a entrare con irruenza nelle dinamiche del potere, con un’autorità che non è possibile mettere in discussione (dato il ruolo egemonico che svolgono sul piano internazionale), o sarà stata la scalata al potere di Donald Trump, o i fermenti populisti che premono sulle frontiere europee, oppure questo mix micidiale di elementi.
Difficile misurarne l’impatto in questa onda lunga di rivolgimenti, di sicuro sappiamo che nel volgere di un breve spazio di tempo, i ‘giochi’ si sono spostati in un’altra scacchiera. Certo è che stiamo facendo i conti con sordi conflitti che, a fatica, si riesce a contenere e a controllare. Basterebbe pensare all’impeto quasi travolgente del Front National di Marine Le Pen, per capire le ragioni di una paura che serpeggia e minaccia senza giri di parole un’istituzione come l’Unione europea. Istituzione che è stata pensata e organizzata quale deterrente contro i nazionalismi, che già hanno impartito una durissima lezione al mondo, lasciando sul campo quasi 70 milioni di vittime, in gran parte in Europa.
Il populismo è anche quello xenofobo, non sempre riconosciuto, perché mascherato di protezionismo, anche se in realtà cela rigetto verso la Cultura del ‘diverso’, a tutela degli egoismi del privilegio. Ma senza proposte reali di alternative nella soluzione dei problemi che riguardino i paesi in via di sviluppo, non di rado coinvolti in conflitti tremendi. I populisti, appunto, coloro che sfondano i muri della ragione e corrono imperterriti verso un ideale di chiusura affine ad un’autarchia di regime, che così tanti danni ha causato in un passato neppure tanto lontano.
Non è questione di sopravalutare le tendenze chiare espresse dalla società del nostro tempo, esiste una sorta d’intesa rovinosa, che sta edificando ponti ideologici oltre oceano: il populismo in Europa compie la sua inarrestabile marcia, anche perché ci sono establishment politici nel pianeta che ne supportano la sussistenza, e lo fanno apertamente.
Lo fa la Russia di Putin e il governo di Trump, la brexit ha sfondato la barricata di resistenze in Gran Bretagna, anche attraverso il benestare di queste potenze. Ma in definitiva, dove stanno le radici di queste ragioni? Non si tratta di dilemma, e non è del resto di difficile soluzione l’equazione dei nuovi equilibri del potere nel mondo. L’Unione europea non è certo la massima aspirazione delle grandi potenze, la Russia, di fatto, mira a disintegrarla. Che non vi sia un’armonica linea d’intesa è ben noto, e non solo per la ruggine causata dalle misure restrittive e le sanzioni economiche varate dal Consiglio dell’Unione europea negli anni scorsi.
Non solo di questo si tratta, vi sono contrapposizioni di base, di carattere politico, che prevalgono e tendono a frammentare un’unione strategica così importante, che ostacola il potere dei più forti, e all’occorrenza è anche in grado di mettere le pastoie ai piedi quando si ‘sconfina’ con interventi militari non giustificati (o si agisce in modo arbitrario e aggressivo in ambito internazionale, per esempio con l’annessione della penisola di Crimea e relativa destabilizzazione dell’Ucraina), mettendo in tal modo a repentaglio la sicurezza e la pace. Certamente ritenute ‘ingerenze indebite’ dall’establishment russo, ma atti dovuti per il Consiglio dell’Unione.
A questo riguardo vale la pena ricordare che, proprio il 13 marzo scorso, sono state prorogate le sanzioni dell’Ue (dirette alla Russia), per azioni contro l’integrità territoriale dell’Ucraina. Tanti i provvedimenti diplomatici adottati nei confronti dell’ex Unione Sovietica negli ultimi anni. Vertici Ue-Russia sospesi, esclusione dal G8, sospensione dei negoziati riguardanti l’adesione della Russia all’Ocse (sostenuta anche dall’Ue), e all’Agenzia internazionale per l’energia. Ma l’elenco è lungo. E’ evidente che l’Unione europea è diventata una sorta di spina sul fianco, un’istituzione in grado di marcare a vista operato e iniziative che mettono in gioco la sovranità sul territorio degli stati insidiati.
Se soltanto si considera il ruolo di ‘vigilanza’ e il potere in termini di legittime ritorsioni sul piano economico, diplomatico e politico, si comprende che un’organizzazione di stati così potente come l’Ue, non può essere ben vista da chi vorrebbe deliberatamente portare avanti le proprie manovre senza ritrovarsi il bastone sui piedi. Questione di egemonia e potere, dunque.
Non è il campo d’azione del governo Trump, che invece, sotto l’impulso di un singolare populismo, con lo slogan di ‘America, first’, mira ad un protezionismo esasperato, che fa scempio della politica di apertura portata avanti dai predecessori, punto di forza degli States. Solo una diagonale diversa rispetto alla Russia, ma non meno pericolosa.
E’ proprio con il fenomeno dei migranti che gli americani hanno costruito una federazione di ferro e uno status economico che ancora fa la differenza in termini di supremazia nel mondo. Quel muro davanti alla frontiera messicana, però, è il segno inequivocabile di un avvicendamento storico che ‘contrae’ il concetto di progresso, democrazia e sviluppo, intesi nell’accezione più pura di società umana tesa verso le innovazioni e i cambiamenti del futuro.
Protezione dell’America a tutti i costi, con misure d’intervento volte a condizionare il commercio internazionale, il libero transito delle persone..
Il modo più deleterio di tornare indietro nel tempo, di rifugiarsi dietro i propri confini, ignorando il fatto che il mondo gira al contrario, ossia che il fenomeno della globalizzazione non lo ha inventato nessuno in particolare, e nessuno in particolare è autorizzato a bloccarne le dinamiche. Remare contro, appunto.
E anche Trump vede l’Unione europea come un ostacolo, un macigno che potrebbe ostacolare le sue strategie di politica interna e soprattutto estera, sulla scia delle sanzioni comminate al governo di Mosca. E non stupisce di sicuro il suo sostegno aperto alla premier britannica Theresa May, e l’endorsement alla brexit. Egli è stato, non a caso insieme a Putin, un forte sostenitore dei ‘Leave’ durante la campagna referendaria. Insomma, questa Unione Europea è proprio il ‘terzo incomodo’ che ‘rompe le scatole’ a tutti, tiene gli occhi sempre aperti, e ha la presunzione di difendere il vecchio continente dalle pressioni che vengono da Est e da Ovest.
Inoltre ha mire ambiziose, promosse anche da Berlino: ossia intraprendere una strada di Unità, con una federazione politica di stati europei, in grado veramente di affrontare le insidie e le sfide che provengono da questo strano corso storico, nel nuovo millennio.
La globalizzazione, e l’autorità con cui si è imposta, non si può arrestare, così come arduo appare frenare la marcia dei populisti e la politica dei due blocchi: ora, per un bislacco disegno del destino, unito in un solo fronte politico (intesa-alleanza tra Putin e Trump, con quest’ultimo che mira a sganciarsi dalla Nato..).
Davanti agli scenari internazionali ai quali eravamo avvezzi, pur se insidiosi, e basti pensare alla nuova corsa agli armamenti alla quale si stava assistendo proprio in prossimità della frontiera europea con la Russia, ora tutto stride, esulta il disorientamento e l’instabilità. Nulla più negli accadimenti politici presenta certezze, ogni prospettiva è sospesa ad una nuova bussola, un nuovo ago della bilancia che sancisce lo spostamento dell’equilibrio del pianeta, secondo gli umori e gli esiti delle campagne elettorali. Sì, perché in fondo, a decidere il destino delle nazioni, e del mondo, sono stati sempre i popoli, e non si può prescindere dalla disciplina democratica che ne sancisce il potere.
E’ qui il vero contradditorio del nuovo millennio, e nessuno ha lo scettro per deviarne il corso.

I nostri vestiti e il clima

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La frase “non ci sono più le mezze stagioni” trova senso compiuto osservando i nostri vestiti. Scrive Alberto Mattioli: “I giovani sembrano impermeabili al freddo e più in generale ai mutamenti climatici. Sono diventati atermici”. Le cause sarebbero tre: la moda, la globalizzazione, e l’effettivo superamento delle care vecchie stagioni.

Perché i ragazzi sono in maglietta anche con il freddo

È cambiata la percezione del tempo. Non il Tempo nel senso di fluire delle ore, ma come tempo meteorologico, temperatura, sole-pioggia, caldo-freddo e, in questo periodo, oddìo non si sa come vestirsi. I vestiti, appunto: sono loro a certificare che si è verificata una mutazione antropologica, o forse fisica, per cui oggi i «gggiovani» sembrano impermeabili al freddo e più in generale ai mutamenti climatici. Sono diventati atermici.

Fateci caso in questi giorni di termometro incerto, quando al sole non ci vuole il golfino, all’ombra sì, e di sera in ogni caso meglio mettere il soprabito. Macché: qualsiasi under 30, e magari anche qualche over (a questi però poi viene la febbre) va in giro dall’inizio di marzo in maniche corte, senza calze e, nei casi più estremi, in bermuda e infradito. Per lui, pare, fa sempre caldo. Sicché in questi giorni, per la strada, nella metro, sui tram, si vedono la madama con il cappottino e la ragazzotta in microgonna, il signore con ancora il cardigan sotto la giacca e il barbuto senza calze. Sotto il risvoltino, niente.

Le ragioni sono almeno tre. Intanto, quella modaiola e la moda, come insegnava Leopardi, è più forte anche della morte, quindi del Tempo con la maiuscola. L’hipsterismo è ormai un isterismo che si accanisce sulle calze, capo di vestiario contro il quale una parte sempre più consistente della popolazione sembra nutrire un’inspiegabile avversione. Qui c’è una curiosa contraddizione, almeno d’inverno quando, anche con dieci gradi sottozero, l’hipsterino de’ noantri sfoggerà in alto barbone e sciarpone egualmente lussureggianti e in basso pantaloni strappati e niente calze. Figuriamoci con venti gradi sopra. In questi giorni a spasso per Montenapo si aggirano giovin signori con completi impeccabili e scarpe griffatissime intervallati da quei raccapriccianti cinque centimetri di pelle nuda. I ragazzi a scuola, intanto, sono già in infradito. Ci vuole certamente un fisico bestiale. Ma, in effetti, le generazioni più giovani, che vivono in palestra trascurando colpevolmente il calcetto (ecco perché non trovano lavoro, direbbe il ministro Poletti), il fisico ce l’hanno e, giustamente, lo mettono in mostra nel più naturale dei modi: spogliandosi.

Poi, anche in questo caso il merito, o la colpa, di quel che succede è della globalizzazione. Se a Torino fa ancora effetto vedere qualcuno che vive in maniche corte da marzo a ottobre compresi, a New York è del tutto normale. Lì il nonno gira in cappotto, il figlio in giacca, il figlio del figlio in t-shirt. A Londra in dicembre nei locali si vedono fanciulle con i piedi nudi che poi, o per l’uso dei tacchi a spillo o per l’abuso di alcol, assumono quella colorazione rossastra che ricorda il roastbeef sul carrello degli arrosti del ristorante Simpson’s, sullo Strand. Insomma, se cambia lo stile di vita, è inevitabile che cambi anche lo stile dell’abbigliamento.

Infine, c’è una ragione climatica. Com’è noto, la madre di tutti i luoghi comuni, «non ci sono più le mezze stagioni», è stata confermata dalla scienza. Di conseguenza, sono spartiti anche i famigerati abiti, appunto, «da mezza stagione» dei diversamente giovani, quando si abbandonava lo spigato siberiano alla Fantozzi per qualcosa di meno pesante ma in ogni caso più del «fresco di lana» estivo (per i signori – intesi come categoria antropologica, non di genere – consisteva quasi sempre, chissà perché, in completi principe di Galles). Con la tropicalizzazione della Pianura padana, il passaggio dalle nebbie invernali (benché, com’è ri-noto, non ci siano più i nebbioni di una volta) a un’estate torrida con complicazioni monsoniche è diventato rapidissimo e repentino. Con grande gioia dei diversamente anziani, ancora capaci di illudersi che l’estate duri tutto l’anno.

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lastampa/Perché i ragazzi sono in maglietta anche con il freddo ALBERTO MATTIOLI

Juve Stabia vs Casertana, inizia la prevendita dei biglietti

Juve Stabia vs Casertana è il secondo match casalingo consecutivo per le vespe che devono tornare alla vittoria tra le mura amiche per competere con il Matera per la terza posizione e per mantenere a debita distanza le inseguitrici, con Virtus Francavilla e Siracusa a pochi punti di distanza. Sarà un’occasione da non fallire dopo il pareggio, di tre giorni fa al Menti, con il Catanzaro.

Per questo derby dell’amicizia la società stabiese ha comunicato i prezzi e le modalità per l’acquisto del tagliando d’ingresso allo stadio Romeo Menti.

Di seguito pubblichiamo il comunicato ufficiale della Juve Stabia:

S.S. Juve Stabia rende noto che sono disponibili in prevendita, fino alle ore 14,30 del 2 aprile, i tagliandi di ingresso per assistere alla gara Juve Stabia-Casertana, che si disputerà domenica 2 aprile alle ore 14,30 presso lo Stadio “Romeo Menti” di Castellammare di Stabia, valevole per la 32a giornata del Girone C della Lega Pro Divisione Unica 2016/2017. In occasione di questa gara, resterà chiusa la Tribuna Varano (distinti).

Inoltre, S.S. Juve Stabia rende noto che per la gara Juve Stabia-Casertana NON saranno rilasciati accrediti.

Di seguito i prezzi dei tagliandi:

Curva San Marco € 14 compresi diritti di prevendita

Tribuna Quisisana (scoperta) € 20 compresi diritti di prevendita

Tribuna Monte Faito (coperta) € 25 compresi diritti di prevendita

Tribuna Panoramica VIP € 100 compresi diritti di prevendita

I tagliandi potranno essere acquistati esclusivamente presso i punti vendita abilitati  che qui di seguito riepiloghiamo:

Bar Dolci Momenti – Via Cosenza

Bar Gialloblù – Viale Europa

Light Break – Corso Vittorio Emanuele

Centro Ricreativo Juve Stabia – Via Bonito

Agenzia B2875 Via Tavernola 113

Asa Gaetano Musella Via G.Cosenza 293

Per la gara Juve Stabia-Casertana, saranno messi in vendita, in numero limitato, tagliandi RIDOTTI per bambini di età compresa da 0-12 anni al costo simbolico di 5€ comprensivi di diritti di prevendita.

Patrizia Esposito

Finita l’epoca d’oro delle tonnare: ora è in gioco la sopravvivenza

“È finita l’epoca d’oro delle tonnare – scrive Francesco La Licata – ora è uomo contro ‘fera’, uomo contro animale, e in gioco c’è la sopravvivenza”. Le barche dei pescatori a Lipari si fermano: i lavoratori sono in sciopero contro i delfini, accusati di provocare un calo del 70% del pescato.

Uomo contro “fera”, la guerra del cibo nel mare che diventa sempre più avaro

Finita l’epoca d’oro delle tonnare: ora è in gioco la sopravvivenza

I turisti che, nei pomeriggi caldi, girano in barca per le Eolie o tra Marettimo e Favignana, oppure al largo di Lampedusa, stanno con gli occhi fissi sulle onde di cobalto in attesa della visione che possa farli emozionare.

Quando arrivano le grida gioiose vuol dire che hanno visto i delfini. Ed è uno spostarsi continuo, da un lato all’altro dell’imbarcazione, per non perdere nessun movimento di quella danza aggraziata. Un po’ meno emozione provocano, i delfini, negli equipaggi dei pescatori di qualunque latitudine. Il mare non è mai stato generoso coi pescatori, almeno con quelli che si spaccano la schiena a calare e tirare le reti. Maggior fortuna è stata riservata ai grossisti, cioè a chi mette il capitale, compra a poco e batte l’asta a prezzi decuplicati. Il marinaio ha mani piagate dal sale e tasche vuote. Sulla povertà dei lavoratori del mare c’è vasta letteratura tramandata in prevalenza oralmente.

Tra gli Anni Ottanta e Novanta chi andava in vacanza nelle «isole piccole» della Sicilia (Eolie, Egadi, Lampedusa, Pantelleria e Linosa) per comprare a buon prezzo le aragoste andava incontro ai pescatori nella speranza di incrociarli al largo, prima che fossero costretti a depositare il pescato nelle mani del mediatore-ras. E in questo breve incontro clandestino era possibile ascoltare molti racconti di tribolazioni causate dal mare. Molto spesso dai delfini che, come oggi, rompono le reti e mangiano gran parte del loro contenuto.

È una strana guerra, quella dei pescatori contro i delfini. Non apertamente cruenta perché non si ricordano episodi di violenze su una specie molto amata, rispettata e – soprattutto – protetta. Anche se più d’una volta la sabbia mossa dalla burrasca ha restituito molte carcasse di cetacei, come nell’«Orcinus Orca» di Stefano D’Arrigo, dove i delfini, a dispregio della loro mite apparenza, vengono chiamati col nome di «fera». I pescatori hanno sempre subìto quasi rassegnati. Ma adesso dicono di non poter resistere oltre e chiedono non repressione sui delfini, ma almeno un qualche indennizzo. Come avviene quando entra in vigore il fermo biologico che tiene le barche a secco, in attesa della ripopolazione.

Non vive nel lusso chi vive di pesca. Ed è per questo che talvolta si scivola nell’illegalità: la ricerca dei frutti di mare «proibiti» ma desiderati e ben pagati o la «neonata», proibitissima perché la sua cattura allunga di molto i tempi della ripopolazione. Non è trascorso neppure mezzo secolo da quando il pescatore riusciva a malapena a barattare (accadeva a San Vito Lo Capo o a Scopello) sarde e sgombri con ortaggi e frutta. E i prodotti della terra valevano di più.

Più fortuna avevano quelli che riuscivano a lavorare nelle tonnare: si pescavano i tonni e si lavoravano negli stabilimenti fino all’inscatolamento. Ma il mare di quel tempo era davvero generoso. Negli uffici della tonnara Florio, a Favignana, una lapide certifica che in una sola stagione furono catturati 6828 tonni. Oggi è festa se nella «camera della morte», durante la mattanza, ne entrano duecento e non di grandi dimensioni. Il resto, il più appetibile, rimane molto più a Nord, ingabbiato coi sonar delle grandi navi che restituiscono il tonno direttamente nelle scatolette.

Fu quello (fine Ottocento metà Novecento) il periodo d’oro delle tonnare: Bonagia, San Vito, Marzamemi, Scopello, gli stabilimenti dei Bordonaro a Palermo, la bottarga di Siracusa. L’imperatore della mattanza era il «rais». I più bravi, come documenta Ninni Ravazza che sul tema ha portato avanti numerose ricerche, venivano addirittura assunti anche fuori, per esempio in Libia. Si racconta di mattanze di 8000 esemplari negli stabilimenti di Zanzur.

Oggi il mare sembra essersi asciugato, dà poco e non ci si può permettere il lusso di dividere il pescato con le «fere». E non è il caso di tentare sconfinamenti nelle acque dei cugini africani, come accadeva più spesso qualche tempo fa: ogni sequestro delle nostre imbarcazioni ha un costo che rende il rimedio molto peggiore del male.

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vivicentro/Finita l’epoca d’oro delle tonnare: ora è in gioco la sopravvivenza
lastampa/Uomo contro “fera”, la guerra del cibo nel mare che diventa sempre più avaro FRANCESCO LA LICATA

Lo sciopero contro i delfini dei pescatori siciliani

Le barche dei pescatori a Lipari si fermano: i lavoratori sono in sciopero contro i delfini, accusati di provocare un calo del 70% del pescato. “È finita l’epoca d’oro delle tonnare – scrive Francesco La Licata – ora è uomo contro ‘fera, uomo contro animale, e in gioco c’è la sopravvivenza”.

“I delfini ci mangiano il lavoro”. I pescatori siciliani in sciopero

A Lipari barche ferme a oltranza: così non riusciamo più a lavorare

LIPARI (ISOLE EOLIE) – Da domani i pescatori delle isole Eolie sono in sciopero. Barche ferme nei porti, a tempo indeterminato, contro la voracità dei delfini che mangiano il pescato: la fame degli uomini contro la fame degli animali. «Ma non dite che gli eoliani sono contro i delfini, perchè per noi sono una risorsa al pari della pesca», avverte Marco Giorgianni, il sindaco di Lipari che è come dire il sindaco di sei delle sette isole dell’arcipelago. «Non ce l’abbiamo con i delfini – puntualizza Salvatore Rijtano, presidente del Co.ge.pa., il consorzio che riunisce buona parte dei pescatori delle Eolie – ma così non si può andare avanti e occorrono soluzioni definitive».

Accade che da un paio di mesi a questa parte, i pescatori eoliani rientrino in porto con le reti vuote o quasi. I delfini, che dell’arcipelago fanno parte da sempre come lo scoglio di Strombolicchio e la spiaggia nera di Vulcano, si avvicinano alle reti e, prima ancora che possano essere tirate su, le strappano e mangiano pesci e molluschi: «Abbiamo un calo di pescato che oscilla tra il 60 e il 70 per cento – spiega Rijtano – invece di tornare a casa con 10-15 chili di pesce, ormai i pescatori rientrano con 2-3 chili e non c’è modo di difendere pescato e nemmeno le reti, che vengono distrutte in maniera irreparabile». Alle Eolie ci sono due tipi di pesca, entrambe insidiate dai delfini. La più caratteristica è quella al totano che si fa in due fasi, con le «totanare» che richiamano i molluschi dalle profondità del mare, e quindi con l’«ontrato», una specie di gancio che a una cinquantina di metri di profondità recupera i totani e li porta in superficie: «I delfini attaccano l’ontrato – spiega Rijtano – e mangiano i totani prima ancora che vengano portati su».

L’altra pesca è quella tradizionale con le reti a tramaglio: «Appena si riempiono, i delfini le rompono e mangiano i pesci, facendo pure selezione e lasciando quelli meno pregiati come murene e scorfani», spiega il rappresentante del consorzio. I pescatori sono convinti che negli ultimi tempi le popolazioni delle due specie di delfini presenti nel mare dell’arcipelago siano aumentate. «In realtà – spiega la biologa Monica Blasi, a capo del Filicudi Wildlife Conservation che da 13 anni segue delfini e tartarughe delle Eolie – sono sempre gli stessi e anzi la specie Tursiope è in via di estinzione». Si tratterebbe di non più di un centinaio di esemplari, che però riuscirebbero ugualmente a mettere in difficoltà le 119 barche di pescatori delle Eolie: «Il problema è che i delfini hanno fame e siccome il mare delle Eolie è molto sfruttato – dice Blasi – prendono il pesce dove lo trovano. Alle Eolie non esiste un’area marina protetta e manca un piano di gestione della pesca. Questo ha un peso». «Occorre trovare un modo per rendere compatibile la presenza dei delfini – dice il sindaco Giorgianni – con le attività di pesca che qui coinvolgono duecento operatori su una popolazione di diecimila abitanti». «La soluzione – dice la biologa Blasi – sarebbe la riconversione dell’economia locale, più turismo sostenibile e più agricoltura, meno pesca».

Da maggio a luglio, lo stesso Filicudi Wildlife installerà su alcune barche di pescatori dei «Pingers», dispositivi che dovrebbero tenere i delfini lontani dalle reti. Ma è solo un esperimento, non è detto che sia davvero efficace. Per ora, dunque, i pescatori scioperano; sperando che ministero e assessorato regionale si accorgano di loro ed intervengano.

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lastampa/“I delfini ci mangiano il lavoro”. I pescatori siciliani in sciopero FABIO ALBANESE – LIPARI (ISOLE EOLIE)

La protesta degli ulivi e del TAP: scontri e feriti tra gli ulivi

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Il giorno dopo la decisione che autorizza la costruzione del gasdotto Tap (ndr: Gasdotto Trans-Adriatico) tra Italia, Grecia e Turchia, la protesta prende di mira le opere di espianto degli ulivi. La polizia carica i manifestanti, e l’opera andrà avanti.

Scontri e feriti tra gli ulivi: “Non vogliamo il gasdotto”

Rivolta nelle campagne leccesi dopo il via libera al cantiere del Tap. Il sindaco di Melendugno in testa al sit-in: «Anziani e bambini respinti dalle forze dell’ordine»

MELENDUGNO (LECCE) – Con il calare della sera gli ulivi della discordia incappucciati per il trasloco sembrano vivi come in un quadro di Van Gogh. Si è combattuto a più riprese in questo lembo di Salento tra San Foca e Torre Specchia Ruggeri.

Da una parte trecento cittadini decisi a difendere il territorio, dall’altra, oltre la polizia e le transenne del cantiere San Basilio, le ruspe della Trans Adriatic Pipeline in arte Tap autorizzate dal Consiglio di Stato a riprendere i lavori per la parte finale del corridoio europeo meridionale del gas, 3500 km in totale che dall’Azerbajan arrivano in Puglia.

«È una giornata nera per noi, gli agenti hanno caricato sindaci, donne, perfino un non vedente, questo gasdotto qui non lo vuole nessuno», spiega Tobia Lamare, 41 anni, «cittadino». Alle sue spalle c’è il presidio degli attivisti che dal 20 marzo scorso, data dell’espianto dei primi 33 ulivi, hanno piazzato una decina di tende sul terreno messo a disposizione della causa dalla «mamma di Sabina». Ieri, dopo due tornate di scontri terminate con otto feriti in maniera lieve da ambo le parti, gli operai hanno espiantato altri 28 ulivi ma i “no Tap” giurano che non permettaranno loro di arrivare a quota 211, il totale degli alberi da rimuovere con tanto di radici e zolla per essere poi ripiantati nello stesso posto a scavi per il microtunnel ultimati. Un lenzuolo appeso ai rami di una pianta a metà strada tra i due fronti traccia la linea del centrocampo, «L’Europa e il governo non dettano legge in Salento».

La storia del gasdotto inizia intorno al 2007 e, a detta degli insider, viene ignorata a lungo. È solo quando un paio di anni fa gli abitanti si accorgono del movimento dei camion che, complice la distanza ormai abissale tra territorio e istituzioni, inizia il braccio di ferro. Come nel caso della Tav buona parte dei sindaci della zona è contraria e contrari sono non solo i duri e puri dei centri sociali ma anche le madri e i padri di famiglia, i salentini semplici che, come dice il ristoratore Fabio, «non hanno magari la laurea ma distinguono il bene dal male». Ma mentre sul versante gasdotto si marcia compatti e forti del parere finora sempre positivo dei giudici interpellati, i no Tap sono tanti ed eterogenei, c’e l’anarchico Adriano irriducibile a prescindere, l’ambientalista Marianna che capisce «le ragioni geopolitiche» e si accontenterebbe di uno spostamento dell’opera in una zona già industrializzata come Brindisi, c’è il veemente governatore Emiliano che pur attaccando Palazzo Chigi si prende le strigliate dei 5Stelle locali prima e poi di Beppe Grillo per essersi svegliato tardi.

«Si tratta di un gasdotto non necessario perché secondo uno studio dell’Associazione Italiana degli Economisti i consumi di gas caleranno entro il 2030 a fronte di un incremento delle energie rinnovabili», dice il sindaco di Melendugno Marco Potì, ancora accaldato per aver guidato il sit-in di ieri composto «anche da anziani e contadini» ma respinto da «uno spiegamento delle forze dell’ordine senza precedenti». I giudici amministrativi hanno bocciato la valutazione ambientale fatta dai suoi e dai colleghi di almeno altri 11 Comuni ma la questione va ben oltre i cavilli giuridici e s’inserisce in un quadro più ampio in cui, sebbene per un tempo limitato, avremo ancora bisogno a lungo del gas che oggi prendiamo dalla Russia, dalla Libia, dall’Algeria e domani, in attesa di averne dal Kazakistan da Cipro e da Israele, prenderemo dall’Egitto di al Sisi.

Siamo contrari comunque «a un progetto dal grave impianto ambientale e culturale sul Salento», insiste Sonia Pellizzari di Sinistra Italiana. E poco conta che gli ulivi saranno rimessi al loro posto, che il micro-tunnel passerà a una quindicina di metri sotto la spiaggia, che per quanto strano sembri Brindisi è ancora meno adatta dal punto di vista ecologico perchè ha un fondale marino intoccabile. La paura mangia l’anima e quella dei salentini galoppa con le statistiche che li dicono a rischio crescente di tumori per cause ambientali.

«Abbiamo cercato il dialogo con la Regione che non ha neppure preso in considerazione il nostro piano alternativo a San Foca», nota il portavoce della Tap Luigi Quaranta. La più importante delle obiezioni dei cittadini riguarda quel gas che, dicono, non rifornirà l’Italia ma il centro Europa. Risponde, giura, per la centesima volta: «Il consorzio fornitore, quello che sfrutta il giacimento di Baku, ha già venduto 10 miliardi di gas per 25 anni a 9 aziende europee di cui due italiane, tra cui l’Enel». Gli scavi in Grecia e in Albania sono già iniziati da mesi.

Che piaccia o meno del gas oggi non si può fare a meno, conferma Gianfranco Viesti, esperto di industrializzazione dell’università di Bari: «Col gas si riduce la componente di petrolio. Farne a meno non mi sembra possibile dal momento che le energie alternative sono in grado di soddisfare soltanto una parte del nostro fabbisogno». Poi certo, ammette, la Tap non ha agito cercando il consenso, «le grandi opere servono ma vanno realizzate consultando la popolazione locale».

Mentre col buio la popolazione locale ferita ma non doma torna a casa, la difesa degli ulivi del Salento, già martoriati dalla xylella, sembra oggi l’estrema roccaforte della generazione G8, gli idealisti abbeveratisi anche all’ambientalista Julia Butterfly Hill che quasi sedici anni fa a Genova videro le proprie argomentazioni imporsi al tavolo dei potenti (la povertà entrò allora nell’agenda della Banca Mondiale e del Fondo Monetario Internazionale) ma perse l’anima nel sangue. È passata una vita, il sogno di un mondo migliore possibile è diventato sfida al sistema. La battaglia si annuncia lunga ma il tempo stringe, gli ulivi possono essere espiantati fino a fine aprile, da maggio a ottobre sono in stato vegetativo e spostarli ne comprometterebbe la sopravvivenza.

(Ha collaborato Fabio Di Todaro)

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lastampa/Scontri e feriti tra gli ulivi: “Non vogliamo il gasdotto” FRANCESCA PACI – INVIATA A MELENDUGNO (LECCE)

La linea dura della Commissione europea sulla manovra

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La Commissione europea non è intenzionata a cambiare le richieste nei confronti dell’Italia: pretende la correzione della manovra pari allo 0,2% del Pil. Le istanze italiane frutto delle fibrillazioni tra Matteo Renzi e il premier Paolo Gentiloni vengono considerate “premature, ipotetiche e speculative” secondo una fonte della Commissione sentita da Marco Bresolin.

Nessuno sconto dall’Europa: “La correzione resta dello 0,2%”

Bruxelles a Roma: “Pensate alla fiducia, i problemi sono debito e banche. È ancora prematuro parlare di una flessibilità sulla Finanziaria del 2018”

BRUXELLES – «Prematuro, ipotetico e speculativo». Per una fonte della Commissione europea sono questi i tre aggettivi che meglio rispondono al progetto del governo italiano di puntare a nuovi margini di flessibilità anche per il 2018. L’esecutivo spera di portare a casa uno sconto fino a circa dieci miliardi di euro, ma da questo orecchio – per ora – a Bruxelles non ci sentono. «Non c’è alcuna discussione in corso sui conti del prossimo anno – assicura un funzionario -. Né a livello tecnico, né a livello politico».

Prematuro  

Parlare della manovra autunnale ora, dice, è «prematuro» perché la Commissione europea è ancora in attesa di una risposta sui conti del 2017. «Facciamo un passo alla volta» ripetono tre diverse fonti, una delle quali ha segnato sulla sua agendina nera due date. La prima è quella del 30 aprile: entro la fine del prossimo mese, l’Italia dovrà consegnare nero su bianco le misure utili a ridurre dello 0,2% del Pil il deficit strutturale. Uno sforzo che tutti a Bruxelles ricordano essere «il minimo indispensabile» per rientrare nei parametri, dal quale sono già stati scontati i costi per il terrorismo e per la gestione dei migranti. Per questo l’entità dell’aggiustamento «non cambia di una virgola».

Ipotetico  

L’altra data segnata sull’agendina nera è quella dell’11 maggio. Non è stato ancora deciso ufficialmente, ma al momento è quello il giorno in cui è previsto che Bruxelles pubblichi le previsioni economiche primaverili. Si tratta di un momento decisivo per l’Italia per due motivi: dalle cifre inserite nella tabella si capirà se le misure proposte nella manovra correttiva saranno ritenute «credibili» e dunque in grado di portare all’aggiustamento richiesto (in caso contrario l’Italia rischierebbe una procedura per la violazione della regola del debito, più eventualmente un’altra legata alla flessibilità ottenuta lo scorso anno). Dunque fare calcoli ora sulle cifre del 2018 è un esercizio «assolutamente ipotetico» spiegano dal Palazzo Berlaymont. «Ci sono molti fattori che potrebbero intervenire» si fa notare: fattori economici a cui si aggiungeranno poi quelli politici. L’11 maggio cadrà quattro giorni dopo le elezioni francesi: un atteggiamento di maggiore o minore disponibilità da parte di Bruxelles nei mesi successivi dipenderà anche dall’esito delle urne.

Da un punto di vista meramente contabile, lo sforzo strutturale che potrebbe essere richiesto all’Italia in autunno per non uscire dalla traiettoria è dello 0,6% del Pil (poco più di 10 miliardi). A questo, però, andrà aggiunto il valore del «deterioramento strutturale» che emergerà dalle previsioni di primavera. In base ai dati attualmente a disposizione dei tecnici, il deficit strutturale italiano dovrebbe salire dello 0,4% del Pil. La manovra correttiva, però, servirebbe a ridurre l’incremento dello 0,2%. Dunque, potenzialmente, in autunno i conti italiani sforerebbero dello 0,8% (0,6%+0,2%), circa 13,5 miliardi di euro.

Speculativo  

Al di là dei calcoli prematuri e ipotetici, in questa fase Bruxelles vuole evitare di farsi «trascinata nella campagna elettorale» italiana. Per questo gli annunci delle ultime ore sono considerati «speculativi». Con Pier Carlo Padoan, si sottolinea, c’è un ottimo rapporto. Il feeling con Paolo Gentiloni è «molto buono». Ma c’è il timore che si facciano «spingere nella direzione sbagliata». Anche perché – si fa notare – prima ancora che alla Commissione, l’Italia deve mandare un segnale ai mercati. «I vostri problemi sono le banche e il debito – dice una fonte -, dovete recuperare la fiducia degli investitori per tenere a bada i tassi di interesse ed evitare la fuga degli investimenti». Altrimenti altro che «zerovirgoladue».

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lastampa/Nessuno sconto dall’Europa: “La correzione resta dello 0,2%” MARCO BRESOLIN – INVIATO A BRUXELLES

È il giorno del B-Day, un salto nel buio pesto senza rete

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Il Big Bang di Brexit sarà un divorzio, “un salto nel buio pesto senza rete”, scrive Francesco Guerrera, ma è ancora tutto da inventare.

Un viaggio ancora senza mappe

Oggi, verso mezzogiorno, fermatevi un istante e «appizzate» le orecchie: dovreste sentire un boato che partirà da Londra, passerà per Bruxelles e riecheggerà rapidamente in tutta Europa.

Quando sir Tim Barrow, il barbuto rappresentante del Regno Unito all’Unione Europea consegnerà una piccola lettera a Donald Tusk, il capo del Consiglio europeo, il Vecchio Continente entrerà ufficialmente nella più grave crisi del dopoguerra.

La dichiarazione di divorzio del Regno Unito è un evento storico. Nei prossimi due anni di negoziati scopriremo i dettagli di una relazione tutta da inventare tra un Paese che è stato parte integrante dell’Ue suo malgrado e 27 nazioni che della Gran Bretagna hanno bisogno ma non lo vogliono ammettere.

Una realtà è già chiara. Da oggi, in Europa cambia tutto: geopolitica, economia, e società non saranno mai più le stesse sui due lati della Manica.

Incominciamo dalla Gran Bretagna, visto che il suo elettorato è l’«autore» di questo nuovo capitolo della storia europea.

Per il Regno Unito, lasciare l’Europa è un salto nel buio pesto senza rete.

L’Ue è partner commerciale di primissimo piano della Gran Bretagna, fonte pressoché infinita di lavoratori e cervelli, e sponda fondamentale nel gioco di fumo e specchi della politica estera internazionale.

Senza l’Europa, Theresa May e i suoi possono o sperare nell’appoggio degli Stati Uniti di Donald Trump, che però odia la Nato e non ama offrire aiuti gratuiti. O pregare che i molti nemici dell’Occidente – dai terroristi medio-orientali a Putin alla Corea del Nord – non pensino che una Gran Bretagna isolata non sia più tanto Grande e possa essere vulnerabile ad attacchi, pressioni ed intimidazioni.

La percezione internazionale del Regno Unito – e il potere di May nei negoziati-Ue – dipenderanno dalla salute dell’economia nei prossimi anni. Anche qui le domande sono molte. Finora sta andando tutto bene, con crescita positiva, consumatori in grande spolvero e mercati abbastanza tranquilli.

Ma finora non è successo quasi nulla di concreto sul fronte-Brexit. Una volta fuori dall’Ue, la Gran Bretagna perderà un’enorme vantaggio: la capacità di esportare beni e servizi senza tariffe ad un mercato «interno» di 743 milioni di persone.

La May ha promesso una politica industriale che ovvierà alla mancanza del mercato unico, ma non ha spiegato come replicarne i vantaggi, soprattutto perché ci vorranno anni per concludere nuovi trattati commerciali con l’Ue e altri grandi economie.

Dal punto di vista sociale, che succede alla Gran Bretagna se noi ce ne andiamo? «Noi», in questo caso, siamo i circa tre milioni di idraulici, baristi, banchieri e giornalisti nati in Europa ma trapiantati nel Regno Unito.

Il buon senso detta che la «nostra» situazione (e quella del milione e mezzo di britannici che vivono nell’Ue) si risolva presto. Ma ogni giorno che passa erode la nostra voglia di rimanere, il senso di essere i benvenuti in terra straniera. Non è un caso che il numero di crimini razziali e religiosi sia aumentato del 40 per cento dopo il referendum su Brexit.

L’Ue non esce certo vincitrice da questa saga. Il fallimento delle riforme politiche, lo spettacolo d’indecenza economica di Paesi come la Grecia, e lo spettro agghiacciante dell’immigrazione sono stati cruciali nello spingere i britannici a dire «No» all’Europa.

Senza il Regno Unito, sarà ancora più difficile creare un blocco politico-economico capace di tenere testa agli Usa e alla Cina. E la stanca risposta provenuta dal summit di Roma questo weekend – un’Europa «a più velocità» – è demoralizzante, deprimente e disfattista.

Il Big Bang di Brexit è l’inizio di una nuova era. Speriamo che il tuono di oggi non sia presagio di tempesta futura.

Francesco Guerrera è condirettore e caporedattore finanziario di Politico Europe a Londra. fguerrera@politico.eu e su Twitter: @guerreraf72  

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