La Commissione Giustizia del Senato conferma l’ergastolo ostativo

Su proposta del Senatore Gianrusso è stato bocciato dalla Commissione Giustizia un provvedimento del precedente...

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Su proposta del Senatore Gianrusso è stato bocciato dalla Commissione Giustizia un provvedimento del precedente Governo di modifica dell’ergastolo che consentiva ai mafiosi di essere liberati.

Innanzitutto cos’è l’ergastolo ostativo ?

La pena dell’ergastolo, in Italia, è prevista e disciplinata dal Codice Penale, agli articoli 17 e 22. Chi vi è condannato può, nelle modalità previste, avere accesso a una serie di benefici, come il regime di semilibertà e la libertà condizionale, e godere di determinati tipi di permessi.23 lug 2014.

Per l’omicidio volontario, aggravato con l’associazione mafiosa, in assenza di collaborazione con la giustizia (spesso in regime previsto dall’articolo 41 bis) è previsto il cosiddetto ergastolo ostativo, sulla base della legge n. 356/1992, norma di tipo “eccezionale”. Questa pena è applicata solo per i delitti di associazione di tipo mafioso (art. 416 bis c.p.), sequestro di persona a scopo di estorsione (art. 630 c. p.) e associazione finalizzata al traffico di droga (art. 74 D.P.R. n. 309/1990), sempreché non siano stati acquisiti elementi tali da escludere l’attualità di collegamenti con la criminalità organizzata o eversiva.

In sostanza con la condanna all’ergastolo ostativo il mafioso muore in carcere.

Ora come scrive il Senatore Gianrusso sulla sua pagine Fb, egli è “stato il relatore/estensore, in Commissione Giustizia del Senato, del parere dell’Atto di Governo n.17 “RIFORMA DELL’ORDINAMENTO PENITENZIARIO”, atto connotato da un iter estremamente tormentato, che risaliva alla precedente legislatura. Il Governo Gentiloni, il 15 marzo del 2018 (e cioè dopo essere stato sonoramente bocciato dagli elettori e senza più alcuna maggioranza), aveva approvato un provvedimento, con cui si stravolgeva l’ordinamento penitenziario attualmente vigente, cancellando definitivamente quel poco che ancora rimaneva della certezza della pena. Con questo atto infatti, il governo del PD, attraverso l’introduzione di svariate e subdole modifiche e per mezzo di un pericolosissimo effetto domino, aveva cercato prima di trasformare la pena dell’ergastolo ostativo inflitto agli appartenenti alla mafia, in una pena detentiva ordinaria di non più di 20 anni (creando i presupposti per la liberazione di pericolossissimi mafiosi stragisti) e poi aveva gravemente compromesso l’effettività del regime di detenzione a vigilanza aggravata (art.41bis), che avrebbe quasi del tutto perso la sua efficacia. Addirittura, secondo questo scellerato provvedimento, i condannati all’ergastolo per reati non di mafia, avrebbero potuto riacquistare la libertà dopo solo 15 anni di detenzione. Nel mio parere quindi, dopo aver evidenziato tutte le criticità che l’approvazione di tale provvedimento avrebbe comportato e i pericoli per la democrazia che da esso sarebbero scaturiti, ho rappresentato che la battaglia per la legalità e contro la mafia non può non passare per la intangibilità di alcune norme quali l’ergastolo ostativo e il 41-bis, che provengono direttamente dai padri della lotta alla mafia tra cui Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. In qualità di Relatore del provvedimento, ho quindi proposto alla Commissione Giustizia del Senato, un parere contrario al suddetto provvedimento, che la commissione ha approvato a larghissima maggioranza. In questo modo, abbiamo impedito la possibilità che pericolosissimi mafiosi, condannati all’ergastolo, potessero riacquistare la libertà, ovvero riprendere a governare le loro cosche collegandosi con facilità con l’esterno delle carceri”.

Devono emigrare i mafiosi dall’Italia non i disoccupati e specialmente tanti nostri ragazzi che hanno solo il legittimo desiderio di lavorare per rendersi indipendenti e senza dovere accodarsi, se non anche assoggettarsi, a papponi, squilli e mercenari della politica e della pubblica amministrazione.

Una precisazione.

Chi scrive: non distingue il colore della pelle; non capisce l’omofobia; la misoginia; la discriminazione; chiede da anni la legalizzazione della prostituzione; un lavoro continuato e fondamentale di prevenzione e informazione sociale, scolastica e mediatica; ecc. Ma essendo di mentalità indipendente, ci si occupa pure di inspiegabili, incomplete e sconcertanti norme che incidono sulla nostra vita quotidiana, come ad esempio quelle partorite dal precedente Governo di centrosinistra con cui di fatto si è favorita: l’opacità politico-amministrativa quindi la celata corruzione; gli (ex) reati ora depenalizzati fino a cinque anni di reclusione; ecc.; addirittura, come nella fattispecie, il provvedimento per l’abolizione dell’ergastolo a vita per i mafiosi.

Allo stesso tempo chi scrive continua pure ad insistere che basterebbero poche forzose regole per ritrovare la Nazione che ci raccontiamo, quali: la lotta alla quasi totale assenza di trasparenza nella politica e pubblica amministrazione (persino normativa nei Comuni al di sotto dei 15 mila abitanti); la lotta alla dilagante corruzione principalmente legalizzata mediante artifici di norme criminali per delinquenti fatte da trasversali Governi e Parlamentari ipocriti e interiormente corrotti (anche regionali); separazione di Magistrati e Forze dell’Ordine dalla politica; allontanamento di legali da corridoi di Tribunale; nessuna pietà per la devianza nel sistema pubblico-politico e per la criminalità, dagli scranni più alti all’ultimo sgabello della società, quindi anche per caste e corporazioni e senza distinzioni se nativi o esterni. Insomma legalità per tutti, nessuno esente.

Si rimane infatti ancora della convinzione, maturata in anni di varia trincea, che le coercitive poche regole di massima appena sopra indicate, per tutti nessuno indenne, ma chiaramente quando certe, applicabili, leggibili, comprensibili, divulgate specialmente nella scuola dell’obbligo e non troppo interpretabili, renderebbero di certo e in breve tempo molto più civile e vivibile il nostro Bel Paese.

L’immagine è tratta da Ansa.it e personalizzata al presente articolo. Essa raffigura:

la strage di Capaci che fu un attentato esplosivo compiuto da Cosa Nostra del 23 maggio 1992 nei pressi di Capaci (PA), per uccidere il magistrato antimafia Giovanni Falcone. Gli attentatori fecero esplodere un tratto dell’autostrada A29, alle ore 17:56, mentre vi transitava sopra il corteo della scorta con a bordo il giudice, la moglie e gli agenti di Polizia, sistemati in tre Fiat Croma blindate. Oltre al giudice, morirono altre quattro persone: la moglie Francesca Morvillo e gli agenti della scorta Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro. Vi furono 23 feriti, fra i quali gli agenti Paolo Capuzza, Angelo Corbo, Gaspare Cervello e l’autista giudiziario Giuseppe Costanza;

la strage di via D’Amelio fu un attentato di stampo terroristico-mafioso avvenuto in Italia il 19 luglio 1992, una domenica, in via Mariano D’Amelio a Palermo, nel quale persero la vita il magistrato italiano Paolo Borsellino e i cinque agenti di scorta Agostino Catalano, Emanuela Loi (prima donna a far parte di una scorta e anche prima donna della Polizia di Stato a cadere in servizio), Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina. L’unico sopravvissuto fu l’agente Antonino Vullo, risvegliatosi in ospedale dopo l’esplosione, in gravi condizioni;

la strage di via Palestro, un attentato mafio-terroristico compiuto da Cosa nostra a Milano la sera del 27 luglio 1993. L’esplosione di una autobomba in via Palestro, presso la Galleria d’arte moderna e il Padiglione di arte contemporanea provocò l’uccisione di cinque persone: i Vigili del Fuoco Carlo La Catena, Sergio Pasotto e Stefano Picerno, l’Agente di Polizia Municipale Alessandro Ferrari e Moussafir Driss, immigrato marocchino che dormiva su una panchina. Tale attentato viene inquadrato nella scia degli altri attentati del ’92-’93 che provocarono la morte di 21 persone (tra cui i giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino) e gravi danni al patrimonio artistico;

la strage di via dei Georgofili (FI) è stato un attentato mafio-terroristico compiuto da Cosa nostra nella notte fra il 26 e il 27 maggio 1993 tramite l’esplosione di un’autobomba in via dei Georgofili a Firenze, nei pressi della storica Galleria degli Uffizi. L’esplosione dell’autobomba imbottita con circa 277 chilogrammi di esplosivo provocò l’uccisione di cinque persone: i coniugi Fabrizio Nencioni (39 anni) e Angela Fiume (36 anni) con le loro figlie Nadia Nencioni (9 anni), Caterina Nencioni (50 giorni di vita) e lo studente Dario Capolicchio (22 anni), nonché il ferimento di una quarantina di persone. Tale attentato viene inquadrato nella scia degli altri attentati del ’92-’93 che provocarono la morte di 21 persone (tra cui i giudici Falcone e Borsellino) e gravi danni al patrimonio artistico.

Adduso Sebastiano.

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