Crisi Di Maio-Salvini ovvero: “A funnicella è corta e ‘o strummolo è a tiritéppola”

Non per merito nostro ma per demerito altrui, anche ieri abbiamo avuto “gioco facile” nel...

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Non per merito nostro ma per demerito altrui, anche ieri abbiamo avuto “gioco facile” nel prevedere la solita giornata del NI debitamente corredata di “fumata grigia” e, di fatto, la giornata si è chiusa con Lega e M5S chiaramente in crisi di nervi su tante cose, oltre che sul premier, e la tensione è stata evidente anche nelle due ben distinte e diverse dichiarazioni fatte da Di Maio e da Salvini al termine dell’ennesimo incontro al Quirinale al quale, contrariamente a quanto strombettato (e come da noi previsto) si sono presentati al Quirinale senza accordo completo e definitivo, e questo nonostante che, dagli ultimi incontri avuti a destra e a manca, sia trascorsa ancora circa una settimana durante la quale, per far credere di essere attivi ed operosi, si è visto unicamente l’esecuzione dell’ordine: “Facite ammuina” ( facciamo chiasso). Ordine storicamente falso, nel senso che il facite ammuina non è mai esistito come disposizione dell’Armata di Mare (il vero nome della Marina Militare, quello errato è Real Marina) del Regno delle due Sicilie, ma che oggi sembra essere realmente in voga. Un omaggio che il Duo tanto in voga oggi fa al “Franceschiello” che è nel loro Dna? Forse! Fatto sta che tutta la situazione continua a richiamare in noi tanti aneddoti e detti del passato, tutti perfettamente calzanti ed utili a ben descrivere e far comprendere il “casino” nel quale ci siamo messi con le nostre stesse mani.

Fra i tanti ci sovviene, al momento: ‘A funnicella è corta e ‘o strummolo è a tiritéppola (la cordicella corta e la trottolina scentrata e ballonzolante). Un detto Napoletano che ben raffigura la situazione in cui ci ritroviamo dal 4 Marzo e che risulta ancor più realistico se ci riportiamo allo stesso nella sua versione ancor più incisiva che recita: s’è aunita ‘a funicella corta e ‘o strummolo tiriteppeto, ovvero: si sono uniti, in un fallimentare connubio, una cordicella troppo corta per poter imprimere con forza la necessaria spinta al movimento rotatorio dello strummolo. “Strummolo” (trottola) a sua volta scentrato o con la punta malamente inclinata per cui gli conferisce un movimento non corretto al seguito del quale la trottolina s’inclina e si muove ballonzolando producendo un suono del tipo tirití-tirité. Da questo, per onomatopea, il napoletano tiriteppeto.

Ecco, come meglio descrivere il Duo e cos’altro sono se non degl “strummoli” (anche nel senso lato del termine in uso nel napoletano) con corda corta e punta storta?

Corda corta (“A funnicella è corta”) che ben si identifica in idee che sono solo slogan senza base concreta di realizzabilità e, finanche, di reale e concreta utilità per far ben partire e roteare lo “strummolo”, alias, la nazione?

Punta storta (“ ‘o strummolo è a tiritéppola”) che non può consentire di realmente e correttamente roteare il che, traslato, ben si adatta al loro non essere. Non essere politici veri, men che meno statisti; non essere concreti con idee, programmi e concetti che vadano ben oltre dei meri slogan da arruffapopolo; non essere, insomma: diritti ma ballonzolanti da tutte le parti.

E così continua il “facite ammuina” che ha continuato ad imperare nelle ultime 96 ore nelle quali si è rimasti al nulla di fatto, anche se il Quirinale sembra voler dar loro ancora corda (nella speranza di allungare “A funnicella corta”?) mostrando, o sperando, così, di ritenere  che, nonostante le evidenti e non sottacibili visioni distanti che permangono tra i due sul programma di governo, sia poco probabile una rottura della trattativa. Ma la strada è ancora buia e molto, molto, stretta e tortuosa se si considera che il presunto Programma è, e resta, fortemente condizionato dai forti interessi di parte che sono in gioco, soprattutto nel cosiddetto centrodestra, “sponsor” di Salvini. E sono questi che fanno sì che i due partiti appaiono essere immersi nel mai morto “do ut des” sul programma, ed ancor più sulle posizioni che contano: dal Ministero del Lavoro (per Di Maio, sembra) al Viminale (per Salvini, sembra, e questo secondo i desiderata di Berlusconi che pretenderà poi anche Giustizia, Economia e Comunicazioni: poltrone che gli sono indispensabili per i suoi interessi), dalla Rai alla Cassa Depositi e Prestiti, tante per porre memoria e nota sui più determinanti.

Il Presidente Mattarella quindi, come su accennato, ha concesso ancora tempo (corda) ai due “strummoli” in campo ma ora i partiti dovranno realmente trovare, e in tempi rapidi, un paio di giorni, un’intesa in primis sul premier carica per la quale, essendosi (sembra) accordati sul loro reciproco farsi indietro, si dovrebbe trovare un terzo che si presterà ad essere il “pupo” del duo Di Maio-Salvini (a sua volta pupo di Berlusconi) ed andare in scena a recitare il copione del duo (trio contando il ghost writer Berlusconi) visto che, alla fin fine, se tutto arrivasse in porto, si tratterebbe di dover recitare (sotto stretta sorveglianza e regia del Duo Di Maio- Salvini o, ancor peggio e più realistico Trio con Di Maio-Salvini/Berlusconi).

Lo troveranno? Lo hanno già trovato? Al momento non è dato ancora sapere: non faranno nomi in pubblico prima che tutto sia definito. Dicono! In realtà noi riteniamo che non abbiano ancora trovato il pupo adatto alla parte, e che ad essa si adegui, anche se hanno fatto trapelare nomi ad arte quali il docente universitario Giuseppe Conte sul quale, almeno in pubblico ma ancora con il retropensiero su se stesso, mostra di puntare Di Maio, e la new entry del Rettore dell’Università degli Studi di Milano, Gianluca Vago.

Che dire a questo punto se non: “sarà ma non ci credo” per rimarcare, con questo intercalare di Vianello-Mondaini memoria, il nostro immutato non credere che trova ulteriore rafforzamento nell’aver notato che Lega e M5S hanno già posto in campo ed avviata quella che per loro costituirebbe l’arma finale: il voto della base sul contratto di legislatura.

Questa, infatti, sembra ormai essere l’exit strategy che dovrebbe togliere, per loro, le castagne dal fuoco e così, se l’accordo non ci fosse, si andrà a elezioni anticipate in autunno. Elezioni alle quali, così, loro potranno presentarsi come “uomini e non caporali” pur avendo mostrato, nei fatti, di essere semplici “burbe” della politica.

Ed intanto e nell’attesa? Beh, c’è sempre il nostro: io speriamo che me la cavo! No?

Stanislao Barretta

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