Il 25 aprile è divisivo: che dispiacere

A 77 anni dal 25 aprile del 1945 siamo costretti a subire, ancora, da sedicenti intellettuali e politici la distruzione della lotta partigiana.

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A 77 anni dal 25 aprile del 1945 siamo costretti a subire, ancora, da sedicenti intellettuali e politici, la distruzione della lotta partigiana.

Una delle prime differenze che si apprende da qualsiasi testo di storia è la differenza tra memoria e storia: la prima è soggettiva e individuale mentre la seconda è oggettiva e prende in considerazione la correlazione tra un episodio e il suo contesto politico, economico e sociale.

È vero, a volte combaciano, ma solamente quando per conoscere ciò che è accaduto realmente in un momento storico ci si può basare esclusivamente sul racconto o su ciò che ha scritto una persona che è stata testimone di quell’avvenimento.

Il creare una memoria condivisa è sempre stato uno degli obiettivi della politica.

Il suo processo di formazione è possibile solamente quando da tutte le parti coinvolte si sviluppa una presa di coscienza collettiva e solidale ed una percezione identica del fenomeno.

Lo si è riusciti a fare sulla “Grande Guerra” o sulla Shoah: argomenti sul quale tutti ritengono che siano stati degli orrori.

Sulla Resistenza partigiana invece ci si è sempre spaccati: la percezione che un individuo ha di quell’avvenimento cambia a seconda della sua memoria.

Basta fare un semplice esempio: la figlia di un fascista ucciso dai partigiani difficilmente e in rarissimi casi ammetterà che questi erano dalla parte giusta, mentre è completamente opposta la percezione del fenomeno e la presa di coscienza che ha la madre di un partigiano trucidato dai tedeschi.

La memoria per la sua limitatezza e la sua soggettività è una trappola continua, questa annebbia la realtà rischiando di annientare e distruggere un contesto storico.

Non può un delitto, uno stupro o un altro crimine commesso da un partigiano, estrapolato da un clima di eventi, denigrare un intero movimento.

Non può, quindi, un episodio che concerne la memoria di una famiglia diventare il protagonista della storia.

Per analizzare un momento storico come quello della resistenza al fascismo e comprenderne appieno la sua logica bisogna servirsi della storia, intesa come il tentativo di ricostruire i fatti dentro il loro contesto, cioè tenendo conto dei collegamenti fra di loro e con il clima in cui sono comparsi.

Non siamo qui a discutere del contesto socio-economico e politico dell’Italia fascista, sulle privazioni delle libertà individuali e collettive e sugli orrori che il popolo italiano ha vissuto in quegli anni, su quello, per fortuna, ci sono libri di storia molto documentati e accreditati, ma sul come alcuni sedicenti intellettuali e politici, estrapolando alcuni episodi da un intero contesto, abbiano provato ad azionare una macchina del fango su un movimento che legittimamente si è ribellato ad un regime che ha violentato la propria nazione.

Se volessimo scrivere un resoconto sulla Resistenza non possiamo non tener conto che tra i partigiani ci sarebbero potuti essere dei criminali, che potrebbero essere stati commessi dei crimini e che tra i fascisti ci sarebbero state anche brave persone.

Questi sono tutti fatti che devono concorrere all’idea che uno studioso o un semplice cittadino si fa, ma questi non vanno mai sconnessi dal contesto storico in cui si sono verificati.

Quindi scrivere un libro, come ha fatto per esempio Pansa, dove si denuncia uno stupro e nel quale si omologano milioni di partigiani come stupratori ed assassini, è uno sputo all’analisi storica di ciò che è stata realmente la Resistenza.

Guarda caso è la stessa strategia mediatica che una certa politica usa ancora per etichettare e denigrare le minoranze e le etnie vittime del razzismo: se un immigrato ruba, stupra o uccide allora tutti sono ladri, stupratori o assassini, siccome in Campania abbiamo la Camorra allora tutti i napoletani sono camorristi, se un prete è accusato o condannato per pedofilia allora tutta la Chiesa Cattolica è uno scempio, se un politico intasca una tangente allora sono tutti corrotti.

Etichettare e denigrare porta alla ghettizzazione e il fascismo è stato proprio questo: ha ghettizzato le minoranze, escludendole dalla vita sociale, e la politica distruggendola e isolandola.

Non si può non tener conto che in un certo momento il movimento fascista abbia coinvolto una parte consistente del paese parlando alla sua pancia e organizzando il suo dissenso contro una politica che non faceva il suo interesse.

Se vogliamo fare un collegamento con il presente, è la stessa strategia che i partiti populisti, LEGA e MOVIMENTO 5 STELLE e FRATELLI D’ITALIA, hanno utilizzato per costruire i propri successi elettorali: l’organizzazione e la canalizzazione del dissenso per creare il consenso attraverso l’uso di luoghi comuni.

Dissenso nato dalla incapacità della politica di creare proposte lungimiranti e concrete per risolvere i problemi del paese e dagli scandali che hanno coinvolto personaggi illustri che hanno ricoperto cariche pubbliche di rilievo nazionale ed internazionale.

Oggi la politica è come un cantiere vuoto, privo di operai e di attrezzature per costruire il futuro.

Il vuoto politico crea i mostri politici che creano i disastri storici come il fascismo.

 

Una piazza per Pertini

Sono lontani i tempi in cui nel parlamento italiano sedevano personaggi illustri come Sandro Pertini, eroe della Resistenza ed ex Presidente della Repubblica. La settimana scorsa è stata lanciata una petizione per intitolare una piazza stabiese in suo nome (clicca qui per saperne di più). Da un comunicato stampa il comitato promotore “una piazza per Pertini” ha fatto sapere che il 1 maggio inizierà anche una raccolta firme cartacea in villa comunale.

Il comunicato:

“25 APRILE. Petizione per intitolare una piazza di Castellammare di Stabia a Sandro Pertini.

Sandro Pertini fu il presidente della Repubblica più votato dal parlamento. L’uomo politico più apprezzato dalle cittadine e cittadini italiani. Il presidente partigiano che non piegò la testa di fronte al fascismo pagando in prima persona con il carcere e il confino. Colui che risollevò le sorti del partito Socialista Italiano nel 1943 già durante la resistenza contro i nazifascisti della repubblica di Salò.

Anche quest’anno a Castellammare sarà celebrato il giorno della Liberazione con iniziative congiunte tra ANPI stabiese e amministrazione rappresentata dal commissario prefettizio Raffaele Cannizzaro.

Nell’anno del centotrentesimo anniversario della fondazione del PSI, il prossimo 14 agosto, il comitato promotore composto dall’ANPI sezione Castellammare, PSI sezione stabiese e dai Progressisti – quello che ci unisce, propone una petizione per intitolare una strada o una piazza a Sandro Pertini.

Alla sottoscrizione online fino ad ora hanno aderito 400 cittadini e cittadine. Tra le firme note troviamo il giornalista già direttore de l’Espresso Gigi Vicinanza che ha anche rilanciato la petizione sul suo profilo tweetter. Lo storico Davide Rossi, presidente dell’istituto Anna Seghers di Milano, nonché segretario generale del sindacato SISA ha invitato a sottoscrivere la petizione dalla sua pagina fb.

Il responsabile campano di Socialismo XXI° secolo Alessandro Zampella. Il giornalista del Fatto quotidiano Vincenzo Iurillo, il giornalista Carmine Cascone, la giornalista Angela Longobardi. Gli ex sindaci Catello Polito e Salvatore Vozza. L’ex vicesindaco Antonio Giaquinto, l’ex Assessora Fabiola Toricco. Gli ex consiglieri comunali Antonio Sanges, Anna Sergio, Gianfranco Piccirillo, Tonino Esposito, Tonino Scala. Il sindacalista della CGIL Gianluca Torelli, il segretario dello SPI CGIL stabiese Antonio De Luca, il responsabile dell’Auser Giuseppe Acanfora.

Tra i partiti cittadini il PD si è detto d’accordo con l’iniziativa.

Dal comitato promotore fanno sapere che la raccolta firme proseguirà per tutto il mese di aprile, ci sarà anche un’iniziativa pubblica il 1° maggio con la raccolta firme cartacea in villa comunale presso la lapide del partigiano adiacente la fontana dei Tritoni. Inoltre Per i cittadini interessati a sottoscrivere la petizione in forma cartacea è possibile farlo presso le sedi CGIL in viale Europa n. 160, SPI CGIL via Plinio il vecchio n.3.

Questa iniziativa della sinistra stabiese di intitolare una strada all’indimenticato Sandro Pertini a centotrent’anni dalla fondazione del PSI. Ricorda la proposta fatta lo scorso anno in occasione del centenario del PC d’Italia di intitolare una piazza ad Antonio Gramsci.

Gramsci e Pertini molto legati durante la prigionia fascista, due grandi riferimenti per la politica e la Repubblica italiana nata dalla resistenza antifascista che assume un valore importante a Castellammare di Stabia città medaglia d’oro alla resistenza.

Appuntamento lunedì 25 Aprile ore 10,30 presso la lapide alla resistenza ingresso Fincantieri per l’inizio delle celebrazioni previste dall’amministrazione e dall’ANPI.”

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a cura di De Feo Michele / Redazione Campania

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