Napoli – Editoriale: la vittoria al “Grande Torino” blinda il terzo posto. Ma quanti rimpianti…

Napoli, la vittoria allo stadio "Grande Torino" significa terzo posto per gli azzurri: basteranno infatti due punti in due gare per la certezza matematica del podio. Ma quanti rimpianti per ciò che poteva essere e non è stato

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Napoli, la vittoria allo stadio “Grande Torino” significa terzo posto per gli azzurri: basteranno infatti due punti in due gare per la certezza matematica del podio. Ma quanti rimpianti per ciò che poteva essere e non è stato.

Il terzo posto rispetto al quarto posto significa per il Napoli un introito superiore di 5 milioni e centomila euro tra diritti tv relativi al campionato e quelli relativi alla Champions e si sa che di questi tempi non sono dettagli trascurabili.

Ma prevalgono i rimpianti per ciò che poteva rappresentare questa stagione per il Napoli e che purtroppo non ha rappresentato. 40 punti per gli azzurri ottenuti fuori casa significano quasi sempre scudetto a fine stagione ma il Napoli ha dilapidato questo tesoretto molto importante nelle partite giocate tra le mura amiche al “Maradona” con sconfitte assolutamente evitabili come quelle contro Empoli e Spezia ma anche contro la Fiorentina, avversario sopravvalutato che dopo l’impresa al “Maradona” sta terminando nettamente in calando la sua stagione.

LA VITTORIA DEL NAPOLI AL “GRANDE TORINO”: LE SCELTE DI SPALLETTI.

Spalletti e il Napoli (ancora 4-2-3-1 con Mertens dietro Osimhen) si rendono conto subito nella sfida del “Grande Torino” di avere di fronte un avversario arcigno come il Torino di Juric che gioca come al solito uomo su uomo in ogni zona del campo con un grande pressing e decidono di cancellare subito quella costruzione dal basso.

Dopo averla scampata bella dopo dieci minuti sul colpo di testa ravvicinato di Belotti su cui si supera Ospina (quando ci si deciderà di allungare il contratto al colombiano e di puntare decisamente su di lui non sarà mai troppo tardi), Spalletti delega subito ad Ospina il compito di fungere da vero e proprio regista e di lanciare palla lunga ad Osimhen nella speranza che si crei qualcosa in avanti.

Niente costruzione dal basso per larghi tratti della gara (perchè non pensarci anche ad Empoli qualche settimana prima evitando il gravissimo errore di Meret?) ma il Napoli del primo tempo fa una gran fatica a costruire qualcosa di decente in attacco. Si segnala solo un tiro dal limite di esterno destro di Anguissa che sfiora il palo e una punizione di Mertens che va vicino al gol.

Nel secondo tempo la musica non cambia di molto ma almeno in campo c’è un Napoli più corto e che cerca di affondare di più a destra dove Singo inizia a barcollare. La gara inizia a svoltare sull’episodio del rigore fallito da Insigne e procurato da Mertens atterrato da Izzo dopo un sontuoso tacco di Osimehn. Ma Insigne da il peggio di sé qualche minuto dopo su un contropiede innescato da Mertens che mette in porta il capitano del Napoli che però invece di servire Lozano tutto solo a porta vuota sulla destra si intestardisce in un tiro che non poteva avere pretese.

Al resto pensa Fabian Ruiz che risulterà il migliore in campo per gli azzurri insieme ad Ospina, Koulibaly, Anguissa e Mertens. Un’azione da manuale che inizia rubando palla ad un ingenuo Pobega a centrocampo e termina da par suo con un sinistro che da dentro l’area di rigore non lascia scampo a Berisha.

E Spalletti? Oltre alla rinuncia alla costruzione dal basso di cui abbiamo già parlato in precedenza e che forse, davanti ad avversari che pressano tanto poteva essere fatta anche con qualche giornata di anticipo (vedi Empoli quando i buoi non erano ancora scappati…), nel finale ancora una volta toglie in pratica tutti gli attaccanti titolari tranne Osimhen (Mertens addirittura sostituito a 23 minuti dalla fine e non la prende benissimo) ma stavolta gli va bene contro il Torino e il terzo posto è praticamente blindato.

Ma la vittoria di Torino non fa dimenticare i rimpianti per una stagione che poteva essere storica per il Napoli e che alla fine non lo sarà. E Spalletti di sicuro sarà ricordato non per aver conquistato la qualificazione Champions ma per l’allenatore che ha perso uno scudetto gettando alle ortiche un titolo che poteva essere vinto (con tutti i limiti che ha il Napoli in rosa) contro avversari come Inter e Milan che assolutamente non erano superiori tecnicamente al Napoli.

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