I nuovi poveri e gli artefici della predatoria finanza globalista!

Riceviamo e Pubblichiamo: I NUOVI POVERI – Ettore Petrolini “Bisogna prendere il denaro dove si...

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Riceviamo e Pubblichiamo: I NUOVI POVERI – Ettore Petrolini “Bisogna prendere il denaro dove si trova: presso i poveri. Hanno poco ma sono in tanti” di Giuseppe Arnò *

I nuovi poveri e gli artefici della predatoria finanza globalista!

Beffardo e fine fu Ettore Petrolini, insuperabile compositore e interprete della sferzante anima romanesca, allorché coniò questo adagio in una delle sue entusiasmanti comiche. E “Poveri tutti” (fuori loro ndr), guarda caso, è proprio il motto degli artefici della truce e predatoria finanza globalista!
È sui poveri, infatti, che traggono i loro profitti i banchieri di Wall Street e i capi dei maggiori conglomerati multinazionali e delle altre organizzazioni “pseudo-segrete”, che costituiscono la piramide economica mondiale, al cui vertice si trova la possente Triade (la Commissione Trilaterale, il Gruppo Bilderberg e il Consiglio per le Relazioni Internazionali), che brandeggia imperiosa le regole del gioco del Nuovo Ordine Mondiale.
E che il Covid si stia rivelando, di conseguenza, come il cacio sui maccheroni nel turbinare la realizzazione dei progetti globalistici e totalitari, non è poi così difficile da percepire. Ciò stante, è proprio della povertà in generale e di quella causata dall’attuale epidemia, sia essa naturale o manipolata (e qui ci sarebbe molto da discutere), che ci occuperemo in questa nostra breve disamina.
La povertà è uno dei più seri problemi del mondo. Anzi, sotto certi aspetti, potrebbe essere vista come la causa principale degli altri problemi. E per di più è poliedrica. In altre parole, essa assume aspetti varî e molteplici, talvolta anche in contrasto fra loro e si articola in diverse tipologie a seconda dell’ambiente e delle circostanze in cui si radica. Secondo l’ISTAT, c’è poco da stare allegri! In Italia ci sono 9 milioni di individui in povertà relativa (cioè che guadagnano meno di una soglia stabilita sulla base della media dei guadagni degli italiani) e 5 milioni in povertà assoluta (persone che non possono permettersi i beni indispensabili alla mera sussistenza).
La propagazione della povertà assoluta è considerata una delle principali fragilità sociali ed essa si è maggiormente accentuata dopo la grande crisi del 2008. Da allora i nostri connazionali in condizione di povertà assoluta sono via via sempre più aumentati fino ad arrivare ai dati di cui sopra. Dati sicuramente impressionanti per un Paese, che – secondo una valenza economica – è nel novero di quelli fanno parte del “primo mondo”.
Col M5S al governo è stato varato un provvedimento tampone inteso a frenare almeno in parte la crisi occupazionale e conseguentemente l’avanzamento dello stato d’indigenza: il reddito di cittadinanza, in virtù del quale, secondo le dichiarazioni governative e dell’INPS, la povertà assoluta si sarebbe ridotta del 60 per cento.
Sogno ingannatore! Le cose, infatti, non sono andate proprio così, tutt’altro. Tant’è che lo stesso Pasquale Tridico, presidente dell’INPS, ammetteva in un’intervista di aver interpretato i dati in maniera un po’ forzata. Ciò avveniva dopo che il Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, aveva già comunicato i numeri farlocchi agli italiani: la frittata era fatta e le polemiche non sono di certo mancate! Ma a parte ciò, la povertà in Italia, anche secondo il Flash Report 2019 della Caritas Italiana, aumenta purtroppo progressivamente già da 12 anni e, come se ciò non bastasse, a dare il colpo di grazia alle famiglie meno abbienti e non solo, ecco che arriva tra capo e collo l’ennesima batosta: la pandemia da Covid.
Questo tragico evento ha messo in risalto un nuovo aspetto della povertà, ovvero il carattere mutevole della stessa e la necessità di combatterla con nuovi strumenti e politiche all’uopo destinati. Infatti essa non dipende soltanto dall’assenza di reddito, ma anche dall’impossibilità di far parte della struttura produttiva del Paese e dalle diverse circostanze temporali, sociali e ambientali. Altri aspetti messi a nudo dalla pandemia sono gli errori, la totale impreparazione e l’incapacità dei vari governi di gestire l’emergenza. Tutte queste manchevolezze hanno concausato nel mondo inediti effetti devastanti: ben oltre un milione e trecento mila morti e quasi 25 milioni di posti di lavoro andati in fumo.
E in questo miserando contesto non tralasciamo di dare uno sguardo anche alle conseguenze future: se e quando ci libereremo definitivamente dagli effetti del virus con un’economia distrutta e da riattivare, particolarmente in Italia, ci ritroveremo, ahinoi, in braghe di tela e con una montagna di debito pubblico da sanare. Ma soffermiamoci un tantino in più sull’Italia, anche se, per i malefici effetti della globalizzazione, siamo oramai legati a doppio filo sia alle grazie che alle disgrazie altrui.
Charles De Gaulle diceva: “L’Italia non è un paese povero, ma un povero paese”. Oggi il generale buonanima avrebbe semplicemente detto che l’Italia è un paese povero.
Allo stato, infatti, non v’è chi non veda che col passare degli anni invece di progredire ci stiamo impoverendo sempre di più. Tutto ciò, di sicuro, è la conseguenza di una politica sconsiderata da parte dei vari governi e dei centri di potere che si sono succeduti dal 2000 ad oggi, anche se la maggiore e imperdonabile colpa è di tutti noi che abbiamo permesso che i malgoverni non solo non migliorassero, ma danneggiassero le strutture sociali, il popolo e l’industria, lasciando senza servizi, lavoro e reddito, milioni di persone. Il virus ha solo scoperchiato la pentola dei guai, da tempo in ebollizione, anche se oggi fa comodo addebitare all’epidemia la causa di tutte le nostre disgrazie!
Ecco infatti che secondo Paolo Gentiloni, commissario all’Economia per l’UE, la pandemia di coronavirus provocherà una gravissima recessione per l’Europa, «la più grande della sua storia».
L’Italia, ben che vada, subirà (dalle stime autunnali della Commissione europea sull’economia) una riduzione del Pil del 9,5%, secondo peggior calo dopo quello della Grecia (-9,7%) ed essa
“ripartirà più lentamente riguardo agli altri Paesi”, per come riferisce lo stesso Gentiloni, anche se non si esclude che con l’arrivo del vaccino anti-Covid (stranamente e tutto d´un colpo, ne sono apparsi tanti di vaccini e pronti all´uso; circa 20 e con carrettate di miliardi in ballo… ) le cose potrebbero non essere così catastrofiche.
Ancora, d’accordo con un’analisi della Coldiretti, dopo l’entrata in vigore del nuovo Dpcm, con base nell’andamento delle richieste degli Enti impegnati nel volontariato si registra un aumento persino del 40% delle domande di aiuto. Per la maggior parte si tratta di donne e famiglie italiane con figli minori a carico. Allarme, infine, anche da parte della fondazione Banco Alimentare: “10 milioni di italiani saranno poveri” e secondo Giovanni Bruno, presidente dell’istituzione, la situazione rischia di peggiorare ancor di più: “Dal 2008 al 2016 il numero dei poveri è raddoppiato per poi assestarsi intorno ai cinque milioni adesso con la pandemia potrebbero raddoppiare nel giro di sette mesi”.
Pandemia e isolamento (detestiamo gli anglicismi… lockdown e simili) pertanto daranno la spinta finale all’economia italiana (già da tempo agonizzante) verso una “profonda recessione”
accompagnata da impensabili cambiamenti sociali. Che tipo di cambiamenti?
È presto detto. Se vogliamo sposare la teoria di Tyler Cowen, secondo l’Economist uno dei più influenti economisti dell’ultimo decennio, la classe media scomparirà. “Nel nostro futuro ci saranno più ricchi di quanti ce ne siano mai stati” scrive Cowen, “e più poveri e non sapremo come a tutto questo si possa porre fine”.
In altre parole, la classe media si riverserebbe, interpretando il pensiero ipermeritocratico di Cowen, in parte (la minore e più virtuosa) nella classe ricca e nella classe povera l’altra parte (la maggiore e meno virtuosa). Quest’ultima formerà la sottocategoria de “I nuovi poveri”; un atteso “invito a nozze” per i potenti della casta neoliberista.
Fantaeconomia? No davvero, piuttosto previsione probabilistica! Che fare, dunque, per neutralizzare l’impatto di dover fermare tutte le attività produttive, virus perdurando, e per non arrivare alle sconvolgenti e possibili conseguenze suaccennate?
Non esiste un toccasana, logico, ma sensati provvedimenti di politica economico-sociale. Uno di essi potrebbe essere l’effettiva messa a disposizione da parte del governo, con denaro ottenuto attraverso l’emissione di nuovi titoli (con conseguente, ma inevitabile crescita del debito pubblico), di ingenti somme destinande alla concreta copertura delle esigenze di tutti: lavoratori dipendenti, autonomi, imprenditori e disoccupati, offrendo così a costoro la possibilità di sopravvivere fino alla ripresa. È chiaro che per sanare i danni economici pregressi e quelli provocati dal Covid-19, ciascuno di noi, oltre alla menzionata azione di governo, debba essere disposto a fare dei grossi sacrifici sia oggi che domani: oggi, cambiando stile di vita, adottando comportamenti pro-sociale, rigettando le ideologie distorcenti e l´acredine partitica, riconquistando i valori perduti, i principi e la franchezza verso il bene comune; domani, sopportando coscienziosamente – assieme alle future generazioni – il fardello dell’aumentato debito pubblico.
Tutto ciò, in sostanza, abbisogna di un grande lavoro di consapevolezza e solidarietà da parte di un governo capace e credibile e, ripetiamolo, di noi tutti, anche se, vogliate credere, non sarà facile che ciò avvenga in questo mondo globalizzato e da “Quinta Bolgia”, in quest’Europa – definita dal Papa – “piccola ed egoista” e, oramai, entrata in modalità, ci sia permessa l’espressione, “fotticompagno”
e, infine, in quest´Italia nel bagnomaria delle “decretali”, nonché terrorizzata, umiliata e spersa.
Certo che, non si sa mai, se più per sorte che per virtù riuscissimo tutti assieme a superare la crisi, adottando le raccomandazioni di cui sopra, sarebbe un duro colpo per i nuovi padroni del mondo, per il pensiero unico che ci ha spersonalizzati e appiattiti, per l’industria globale che ci ha indotti a creare le nostre esigenze ad uso e consumo della stessa e, infine, per i poteri pseudo-occulti, ovvero per quei poteri esecrabili che, dopo aver aizzato i cittadini l’uno contro l’altro – attraverso gli odii partitici, razziali e religiosi – li disorientano e li sospingono come pecore smarrite verso un sistema politico preventivamente asservito.
E chissà che non possa essere la volta buona e che l’emergenza sanitaria non ci faccia ridestare dal sopore?
Potrebbe sorgere dalla globalizzazione forzata una nuova società, una nuova democrazia apartitica, liquida, ovverosia una tipologia di democrazia che concepisca l’asimmetrico rapporto Stato-cittadino non come conflittuale e antinomico, ma come puro strumento di esercizio diretto della sovranità popolare, attraverso l’Autorità dello Stato.
Non disperiamo! Eraclito affermava: Senza la speranza è impossibile trovare l’insperato. E se ciò si avverasse, resterebbe chiaramente l’amarezza ossimorica di dover dire grazie alla disgrazia anziché all’azione risolutiva di una politica capace e intellettualmente onesta. Pazienza, questo sarebbe il minore dei mali e potremmo avere, con certezza, motivo per festeggiare riconoscendo che, alla fine, non tutti i mali vengono per nuocere!

* Direttore – La Gazzetta italo-brasiliana

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