25 Aprile immancabilmente divisivo: inveterata tradizione nostrana

Il 25 Aprile, coma da inveterata tradizione nostrana, è sempre stato immancabilmente divisivo ed avvelenato da polemiche storiche e politiche

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Il 25 Aprile, coma da inveterata tradizione nostrana, è sempre stato immancabilmente divisivo ed avvelenato da polemiche storiche e politiche

La ricorrenza del 25 Aprile ogni anno è immancabilmente foriera di polemiche che vedono contrapposti diversi schieramenti, ora politici ora di opinione.

Nei decenni passati erano i progressisti che inneggiavano, giustamente, ai valori della Resistenza da cui nacque la nostra Carta costituzionale. Puntualmente contestati dai nostalgici del passato regime, che si ostinavano a non riconoscere l’alto valore etico di quanti si offrirono generosamente ad impugnare le armi contro l’invasore nazista. Arrivando ad immolare anche la loro vita.

Spesso la lotta partigiana veniva liquidata sbrigativamente come una occasione in cui fu consumata quasi una sorta di resa dei conti tra fascisti autori di violenza ed antifascisti assetati di vendetta personale.

Se qualche fatto personale si è verificato, la liberazione dai nazisti di Napoli del ’43 – prima dell’arrivo degli anglo-americani – o la lotta nelle valli del Nord stanno a dimostrare – invece! – che la lotta armata partigiana non fu un mero fatto privato ma la tenace volontà di un popolo che insorse contro l’invasore straniero.

E bene ha fatto il Presidente Mattarella a sottolinearlo in questi giorni, quando ha detto che la mattina del 24 febbraio, alla notizia dell’invasione russa dell’Ucraina, ha pensato “agli ucraini svegliati dalle bombe e dal rumore dei carri armati”. Ed inevitabilmente la mente vola ai versi della celebre e struggente canzone partigiana che recita: “una mattina mi son svegliato ed ho trovato l’invasor…”. Tutti abbiamo cantato “Bella ciao”, con questa immagine drammatica davanti al cuore. Ma tanti nostri connazionali hanno sempre contestato questa canzone patriottica perché “di sinistra”. Come se un invasore di un paese libero, potesse essere considerato un benefattore!

Quest’anno la polemica, sopita sulla nostra trita e ritrita diatriba nazionale, inevitabilmente si è spostata sulla scena internazionale, dominata dalla brutale aggressione dell’Ucraina da parte della Russia. Tante anime belle si scandalizzano perché l’Occidente fornisce aiuti al paese aggredito. Ma se non li aiutiamo noi, che crediamo nella democrazia e nella autodeterminazione dei popoli, chi dovrebbe aiutare questi sventurati ucraini?

La senatrice Liliana Segre, ha giustamente affermato che “la nostra Liberazione non è stata conquistata con le parole e la Resistenza non è stata fatta senza sofferenza”. Che, tradotto, significa che un popolo ha il pieno diritto di difendersi dalle aggressioni straniere e chi crede nella democrazia ha il dovere di aiutare chi lotta per mantenere la propria libertà.

Ma nei cortei di ieri c’era chi contestava gli USA e la Nato, perché considerati, more solito, come guerrafondai. Quasi che a cominciare le ostilità contro un libero Stato fossero stati loro.

Giustamente qualcuno ha fatto notare che “non si capisce cosa c’entri la guerra in Ucraina col nostro 25 Aprile, che è la festa della liberazione dell’Italia dall’invasore tedesco e dai fascisti”. Quello che si cerca di mettere insieme è semplicemente una delle solite forzature della politicizzazione esasperata della quale è ammalata la società italiana.

Dovremmo tutti riflettere sul valore della democrazia e della libertà. E vigilare gelosamente sulla loro limpida applicazione. Non dimenticando che ci può essere sempre qualcuno in agguato, pronto a calpestarle. Ucraina dolorosamente docet.

25 Aprile immancabilmente divisivo: inveterata tradizione nostrana // Carmelo TOSCANO/ Redazione Lombardia

 

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