Il Comune di Troina si costituisce contro la mafia dei Nebrodi

Il Comune di Troina (EN) si è costituito parte civile nel processo conseguente agli arresti...

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Il Comune di Troina (EN) si è costituito parte civile nel processo conseguente agli arresti della Dda di Caltanissetta a carico della mafia dei pascoli.

Troina è un comune italiano di 9 018 abitanti del libero consorzio comunale di Enna in Sicilia. Situata in un’area montuosa nella parte centrorientale dell’isola, ricade nel Parco dei Nebrodi e dista 62 km da Enna capoluogo di provincia.

La Dda di Caltanissetta nel novembre 2018 con l’Operazione “Nebros II” ha portato alla luce una vasta rete di infiltrazioni della criminalità organizzata nell’aggiudicazione dei pascoli demaniali del Parco dei Nebrodi, per il conseguimento di contributi comunitari milionari. Sono state arrestati 14 persone accusati a vario titolo di presunti reati commessi con l’aggravante del metodo mafioso. Il Comune di Troina si è quindi costituito parte civile nel conseguenziale giudizio.

“Il Comune di Troina – ha dichiarato il sindaco Fabio Venezia – negli ultimi anni ha fatto una scelta di campo sul fronte della sicurezza e della legalità nel territorio. Abbiamo accompagnato commercianti e imprenditori a denunciare e li abbiamo sostenuti nei processi nelle aule dei tribunali. Tutto ciò, nella consapevolezza che le istituzioni non possono voltarsi dall’altra parte, ma devono essere in prima linea nelle attività di contrasto alla criminalità organizzata che opprime l’economia legale dei territori “.

Il sindaco Venezia, era stato anche uno dei pochi, insieme a Giuseppe Antoci, esponente del Pd e presidente del Parco dei Nebrodi dal 2013 al 13 febbraio 2018, a denunciare pubblicamente la mafia dei pascoli sui Nebrodi.

Giuseppe Antoci in particolare, nel 2014 aveva introdotto nel Parco un protocollo per l’assegnazione degli affitti dei terreni, che prevede la presentazione del certificato antimafia anche per quelli di valore inferiore a 150 000 euro. Questo “Protocollo di legalità” il c.d. “Protocollo Antoci” prima, nel settembre 2016, è stato esteso a tutta la Sicilia e sottoscritto da tutti i Prefetti dell’isola. In seguito il “Protocollo” è stato recepito dal nuovo codice antimafia il 27 settembre 2017, e adesso è applicato in tutta Italia. Nel frattempo, il 18 maggio 2016, Antoci fu oggetto di un attentato mafioso, dal quale uscii illeso grazie all’auto blindata e all’intervento della scorta. Erano stati posti dei massi piazzati in mezzo a una strada di montagna sicché l’auto con Antoci fu costretta a fermarsi e un commando di killer apparve dai boschi aprendo il fuoco con dei fucili i cui proiettili s’infransero contro la blindatura della vettura.

A febbraio 2018 il Governo Siciliano di centro destra di Nello Musumeci ha commissariato il parco dei Nebrodi così rimuovendo Giuseppe Antoci dalla presidenza. All’epoca 22 sindaci dei Comuni ricadenti nel Parco dei Nebrodi protestarono scrivendo al Presidente della Regione Siciliana Musumeci “Siamo preoccupati, perché dopo anni di commissariamenti abbiamo finalmente visto ripartire l’ente che è diventato volano di sviluppo e attrattiva turistica”.

A ottobre 2019, la Commissione regionale Antimafia, il cui presidente è Claudio Fava, giunse alla conclusione che la notte tra il 17 e il 18 maggio 2016, l’ex presidente del Parco regionale dei Nebrodi Giuseppe Antoci non fu bersaglio di mafia “Tracce della presenza della mafia non ce ne sono – dichiarò l’onorevole Claudio Fava, presidente della Commissione regionale antimafia nel corso di una conferenza stampa tenutasi a Palermo, per presentare i risultati della commissione d’inchiesta sulla vicenda – non c’è traccia negli accertamenti svolti nei confronti dei 14 indagati, nei rilievi del dna e nelle intercettazioni telefoniche. Non c’è traccia attorno a questa vicenda di persone che possano essere riferite alla mafia, tranne quelle individuate quella sera e che sono state tutte sottoposte a un vaglio severissimo. La ragione per cui si arriva a questo risultato è una conclusione di necessità sulla quale, forse, l’autorità giudiziaria si sarebbe dovuta esercitare di più dal punto di vista dell’esame investigativo”.

Da lì a qualche mese le conclusioni della Commissione Regionale Antimafia sono state confutate con l’Operazione “Nebrodi” che su ordinanza di custodia cautelare richiesta dalla locale Procura della Repubblica-Didia guidata dal Piemme Maurizio De Lucia, ed emessa dal Giudice delle Indagini Preliminari Salvatore Mastroeni del Tribunale di Messina, i Carabinieri del Ros, del Comando Provinciale di Messina e del Comando Tutela Agroalimentare, ed i Finanzieri del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Messina, coadiuvati dai militari dei Comandi Provinciali di Palermo, Catania, Enna e Caltanissetta, ha portato all’arresto di 94 persone che ha azzerato i clan mafiosi dei Batanesi e dei Bontempo Scavo operanti sui Nebrodi. Gli indagati sono in tutto 194. Gli arrestati sono ritenuti responsabili, a vario titolo, di associazione mafiosa, concorso esterno in associazione mafiosa, associazione finalizzata al traffico di stupefacenti, estorsione, trasferimento fraudolento di valori, falso ideologico commesso da pubblico ufficiale e truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche.

Ce ne siamo occupati nell’articolo “15 Gennaio 2020 Arrestati mafiosi, funzionari regionali, sindaco e notaio. Percepivano illecitamente contributi europei (video)”.

In tale Operazione, da un’annotazione dei Ros sarebbero emerse anche le parole pronunciate all’indirizzo di Giuseppe Antoci da noti pluripregiudicati, già coinvolti in più’ operazioni di Polizia per associazione a delinquere di stampo mafioso “Ci vorrebbero cinque colpi per farla finita definitivamente”.

Per i Magistrati “emerge un contesto di significazione probatoria e chiavi di lettura dell’attentato Antoci che si è posto in contrasto con gli interessi della mafia”.

E mentre prima di questa Operazione “Nebrodi” le altre forze politiche di Messina, Sicilia orientale e rispettiva fascia tirrenica fino a Palermo compresi i pentastellati erano stranamente come miopi, sordi e muti, il giovane sindaco di Troina al suo secondo mandato, Fabio Venezia, il 10 gennaio 2020 aveva dichiarato in merito alla mafia dei pascoli, quasi in modo sconfortato e peraltro pressocché in solitudine che “Sui Nebrodi non c’è posto per le vacche sacre. Se lo Stato non interverrà, sono pronto a consegnare la fascia di primo cittadino al prefetto e dimettermi”.

Dopo la predetta Operazione “Nebrodi”, il 15 gennaio in molti si sono affrettati a diffondere plausi alle Forze dell’Ordine e alla Magistratura. Da queste pagine tuttavia, visto che chi scrive e siciliano e con annosa esperienza in trincea, si stenta un po’ a credere ai comunicati di coloro che si sono accorti di questa mafia sui Nebrodi dopo gli arresti.

L’unico partito che raccolse le denunce del sindaco di Troina è stato il Partito Democratico, tanto che il 13 gennaio 2020 organizzo una manifestazione di solidarietà a Troina.

E mentre buona parte della Sicilia sostanzialmente taceva, come quasi sempre, per opportunismo, bisogno e timore della politica regionale e locale, ma come pure delle istituzioni e criminalità, o più spesso facendo ormai finta di non capire, sentire, vedere e girandosi dall’altra parte, un sindaco vicino a FdI, Filippo Errante, di un paese del milanese, Corsico, intanto nel 2019 scriveva al primo cittadino di Troina “Fabio non sei solo! Intendo esprimere pubblicamente il mio sostengo all’amico sindaco di Troina, Fabio inaccettabile lo schiaffo che le istituzioni stanno subendo, dal momento in cui non riescono a impedire che la criminalità organizzata continui a minacciar e occupar e i terreni del parco dei Nebrodi. Mi unisco all’appello del primo cittadino di Troina che intendo anch’io rivolgere al Presidente della Repubblica e al Ministro dell’Interno. Sarebbe una sconfitta inaccettabile, anche per noi sindaci e per le nostre comunità in ogni parte d’Italia, se Fabio Vene zia fosse costretto a r assegnare le dimissioni restituendo al Prefetto. Corsico è al tuo fianco e di tutti i tuoi cittadini onesti!”.

Adduso Sebastiano

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