Reddito di cittadinanza per sopravvivere ai robot

Il dibattito sul reddito di cittadinanza è globale. In Italia politici ed economisti sono divisi...

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Il dibattito sul reddito di cittadinanza è globale. In Italia politici ed economisti sono divisi sull’entità dell’assegno minimo ai cittadini. C’è chi lo considera un aiuto per sopravvivere a Internet e robot, che potrebbero rottamare migliaia di posti di lavoro.

Il reddito di cittadinanza, un aiuto per sopravvivere a Internet e robot ANTONIO MARIA COSTA
La rivoluzione informatica potrebbe rottamare migliaia di posti di lavoro. Ecco come funziona l’assegno minimo nel mondo e quali sono i rischi
La Bibbia inizia con Dio indaffarato a creare il mondo. Il diritto/dovere al lavoro è sancito dall’Onu nella Dichiarazione universale dei Diritti. La Costituzione italiana fonda la Repubblica sul lavoro. Eppure, non tutti sono d’accordo che il lavoro nobilita. Da anni i dimostranti all’Euroday strillano: il lavoro è schiavitù. Da mesi gli scioperanti a Parigi sventolano striscioni: il lavoro è un crimine contro l’umanità.

IL DIBATTITO POLITICO

Conflitto generazionale, confronto tra conservatori e riformisti? O la fine dell’epoca che ha generalizzato l’opportunità di guadagnarsi la vita sudando, e l’inizio dell’età che generalizza il diritto a un reddito sfaticato? A parte millenari principi religiosi (carità) e umanitari (filantropia), il concetto del diritto al benessere senza controparte risale a qualche secolo addietro. Manifestato al tempo delle rivoluzioni francese (François Huet) e americana (Thomas Paine), è stato portato avanti da economisti (Stuart Mill, Maynard Keynes e Milton Friedman) e visionari (Martin Luther King). Tutti loro hanno auspicato misure per promuovere la giustizia sociale, ridurre il ruolo coercitivo dello Stato e restaurare la libertà individuale – finanche l’emancipazione dal lavoro.

Nasce così il concetto Rug, reddito universale garantito – l’auspicio che la società si organizzi in modo da permettere a ciascuno di re-orientare la vita a proprio piacimento. L’obbligo del lavoro per sostentarsi è sostituito dal diritto di soddisfare i bisogni personali, nulla escluso – neppure il dolce far niente, il divertimento fine a stesso. Una formulazione rivoluzionaria, per alcuni utopistica, che supera tanto il concetto marxista dell’economia redistributiva (tassare i ricchi per assistere i poveri) quanto il concetto capitalista dello Stato assistenziale (proteggere chi è in condizioni di indigenza).

IN EUROPA  

Nel mondo il concetto Rug esibisce connotati diversi. In Italia il proposto reddito di cittadinanza mira a garantire il raggiungimento della soglia Ue di rischio povertà: 780 euro/mese condizionati alla disponibilità al lavoro (il ministero delle Finanze evidenzia l’assente copertura di bilancio: 17 miliardi, pari 1% del Pil). La Gran Bretagna già offre un reddito di base: 500 euro/mese, in aggiunta a varie prestazioni gratuite (indennità-casa e sanità). In Olanda diverse municipalità, Utrecht tra esse, partecipano al programma pilota weten wat werkt (conoscere cosa funziona): assegni mensili fino a 1000 euro sono offerti, alcuni senza controparte, altri in sostituzione di tradizionali forme d’assistenza. In Finlandia l’esperimento di reddito universale inizierà alla fine dell’anno, per 24 mesi e un costo di 20 milioni di euro: l’obiettivo è riformare la politica sociale, creare un incentivo al lavoro e rafforzare i vincoli familiari. In Svizzera, la proposta di un vitalizio sociale (euro 26 mila/anno a ogni cittadino, a prescindere da età, lavoro e patrimonio) è stata rottamata in un recente referendum: prevedeva una spesa annua di 18 miliardi di euro.

NEL RESTO DEL MONDO

Anche fuori dell’Europa l’idea prende piede. In Canada, l’esperimento degli Anni 90 nello Stato del Manitoba porta a risultati ambigui: i genitori passano più tempo con i figli (buon auspicio), ma aumentano anche il consumo di cannabis, l’ozio e la disoccupazione. Dopo un quarto di secolo, il Canada intenderebbe riprovarci con un progetto di 15 mila dollari/anno per ogni adulto. I fondi non esistono ma i sostenitori affermano che 2/3 di essi potrebbero essere generati ristrutturando e riducendo le altre spese federali. Negli Usa, dove metà della vita è passata lavorando (con il 50% di questa metà assorbito dal fisco), l’Alaska da tempo distribuisce annualmente 2000 petrodollari a ogni cittadino. La proposta del candidato democratico Sanders di estendere il progetto a tutto il paese è irrealistica: secondo il Center for Policy Priorities (d’ispirazione riformista) costerebbe 3 mila miliardi di dollari – pari al totale delle entrate federali. Brasile e India manifestano il desiderio di lanciare simili esperimenti per rimediare all’inefficienza dello stato sociale e gestire evidenti lacerazioni sociali: per ora nulla di concreto. Il reddito universale garantito è più che la risposta ai dimostranti di Parigi. Neppure si basa solo su una ragione morale: «La giustizia verso la folla di poveri che ci circonda» (parole di Francesco).

LA RIVOLUZIONE INFORMATICA  

A porlo sul tavolo c’è una circostanza sistemica e improrogabile: la rivoluzione informatica in corso rischia di vanificare ogni sforzo di guadagnarsi il pane. Dispositivi elettronici che vincono a scacchi, guidano l’automobile e stampano lamiere possono ugualmente controllare il traffico, coltivare la terra, assistere in banca, consegnare la posta, insegnare a scuola e servire al ristorante. Gli scienziati del Mit stimano che, in una generazione, metà dell’umanità potrebbe non trovare più lavoro; secondo i futurologi di Oxford, metà dell’occupazione odierna sarà distrutta nel prossimo quarto di secolo. C’è effettivamente da temere che la demolizione di posti lavoro, in corso da un decennio, continui inesorabilmente. Non tutti concordano. Si osserva che negli ultimi due secoli, molteplici rivoluzioni industriali hanno distrutto occupazione e reddito in vecchie attività, creandone volumi maggiori in nuovi settori: nel tempo la proporzione di gente attiva sul mercato del lavoro è cresciuta e con essa il tenore di vita. Personalmente, dubito usufruiremo di un risultato analogamente positivo in futuro.

I ROBOT  

L’attuale progresso verso la robotizzazione è una nuova forma di globalizzazione. Ieri, a seguito della globalizzazione della produzione, la nostra industria è stata distrutta: Europa e America hanno perso le manifatture, delocalizzate in Oriente. Oggi, la globalizzazione dell’automazione in ufficio e in azienda distrugge i servizi (2/3 dell’occupazione): l’intelligenza artificiale sostituisce il ragionamento umano, circuiti e sensori sostituiscono nervi e braccia, voci sintetiche assistono gli utenti. L’interazione tra la globalizzazione geografica (ieri, a favore della Cina) e la globalizzazione strumentale (oggi, a favore dei robot) può solo risultare in ulteriore disoccupazione e abbassamento dei salari reali. Il recente dibattito tra Obama e gli imprenditori di Silicon Valley rende evidente la contiguità tra le due globalizzazioni. Al Presidente che chiede il rimpatrio delle aziende trasferite in Cina, la risposta è tutta un programma: «La relocalizzazione verso gli Usa è iniziata. Sostituiamo operai in Cina con robot in America». In altre parole, i proprietari delle nuove tecnologie sono patriottici: accumulano reddito, senza preoccuparsi se il lavoro è un’eccellenza o un crimine.

CONTRO LE DISEGUAGLIANZE  

Per colmare la crescente disuguaglianza sociale prima che l’antitesi diventa irreversibile, magari violenta, il reddito universale garantito è interessante – se riusciamo a superare le differenti valutazioni tra pubblico, imprenditori e governi. Nell’Unione Europea 2/3 dell’opinione pubblica è a favore, secondo il sondaggio telematico della Delia Research. Nel mondo degli affari prevale l’opinione negativa, espressa dall’amministratore del colosso svizzero-svedese Abb, Ulrich Spiesshofer: «Un aiuto che garantisce il tenore di vita minimo è auspicabile; un reddito che spezza il legame tra sforzo e beneficio è impensabile». Ai politici tocca mediare. A livello concettuale l’assegno universale, garantito e incondizionato potrebbe essere finanziato eliminando gli inefficienti meccanismi d’assistenza attuali (indennità di disoccupazione, buoni alimentari, contributo affitto, etc) e soprattutto riducendo burocrazia, sprechi, privilegi, costi della politica, prezzi manipolati e usura. È improbabile che questi eccellenti programmi di riforma siano messi in pratica. Un pessimo Rug è invece probabile: un altro assegno da 80 euro, magari moltiplicato per dieci, garantito per vincere le elezioni.

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