Horacio Nicolas Erpen, ex trequartista della Juve Stabia, è intervenuto nel corso del programma “Il Pungiglione Stabiese” che va in onda ogni lunedì sera alle 20:30 sui canali social di ViViCentro Network.
Queste sono state le sue parole che abbiamo raccolto e sintetizzato per voi lettori:
Quale è il tuo ricordo dell’esperienza al Sassuolo?
Sassuolo è stato un periodo fondamentale della mia carriera. Ho trascorso lì tre anni, a partire dai miei 23 anni, un’età molto importante per la crescita di un calciatore. Stavo a Trieste in serie B e quando mi hanno proposto di andare al Sassuolo, ho fatto delle ricerche perché era una realtà sconosciuta, non sapevo neanche dove fosse. Quando sono arrivato però ho scoperto una piccola realtà con una storia affascinante. Mi sono subito reso conto del potenziale di questa squadra e, in effetti, negli anni successivi ha raggiunto traguardi importanti come l’Europa League.
Sono stati tre anni intensi, durante i quali sono cresciuto non solo come calciatore, ma anche come persona. A Sassuolo sono nate le mie gemelline nel 2009, un evento che ha segnato profondamente la mia vita. Essendo uno dei pochi stranieri nella squadra, mi sono sentito accolto e parte integrante del gruppo. Ho giocato 99 partite, sfiorando il traguardo delle 100 presenze.
Ricordo con affetto quel periodo e sono grato al Sassuolo per tutto quello che mi ha dato.
Quale è secondo te la qualità tua affinché poi riesci a entrare nel cuore di tutti, anche a Castellammare hai giocato un anno e poco più e alla fine hai lasciato un ottimo ricordo.
Credo che la mia capacità di entrare nel cuore delle persone sia legata al fatto di essere italo-argentino. Come sapete, in Argentina la passione per il calcio è viscerale e noi argentini teniamo moltissimo alla maglia che indossiamo. Sentiamo un legame profondo con il calcio e condividiamo molti valori con voi italiani.
A Castellammare, nonostante abbia giocato solo un anno e poco più, ho cercato di dare sempre il massimo. Penso che questo sia il mio modo di essere: per ogni maglia che ho indossato, ho lasciato il cuore sul campo. Non mi sono mai tirato indietro e ho sempre cercato di divertirmi, perché credo che il divertimento sia un ingrediente fondamentale per trasmettere la passione.
Anche ora che sono fuori dal campo, cerco di trasmettere ai giovani calciatori l’importanza di giocare con passione e di dare sempre il massimo. Penso che sia questo, alla fine, ciò che lascia un segno indelebile nel cuore delle persone. Sia qui in Italia, sia in Argentina, Messico o Uruguay, ho sempre cercato di lasciare un buon ricordo.”
I tuoi gol erano seguiti da coreografie pazzesche da parte vostra in campo
Ricordo ancora le volte in cui, insieme a Marco Sau e Antonio Zito, creavamo coreografie indimenticabili, con tanto di balletti che ancora oggi ci fanno sorridere e dire non posso credere di aver fatto anche quello. Dopo la partita con il Pescara, non ci sembrava vero di aver avuto tutto quel coraggio. Fare bella figura era fondamentale.
Con quel cucchiaio contro il Pescara, hai superato te stesso
Come ti ho detto l’altra volta ho lavorato molto sulla sua psicologia, perché contro Anania aveva già fatto gol in quel modo e lui pensava che non li ripetessi. Invece, si è ritrovato a subire esattamente la stessa realizzazione da parte mia.
Quale è il calciatore più forte con cui hai giocato o che hai avuto contro
Ne ho avuti tanti forti perché ho avuto la fortuna di giocare gli anni belli di serie.be anche importanti di Lega Pro EC uno e perché ne ho avuti tanti io mi ricordo l’anno che sono arrivato in Italia nel 2004 quando ero a Venezia e sicuramente vi ricorderete brasiliano pinga dell’artista ex che da Torino e Torino poi quel periodo c’era l’empoli i servi mi ricordo di Francesco Lodi e che era impressionante c’era una qualità quell’anno lì l’empoli si vinse il campionato c’era lui Tavano e mi sa che c’era anche Totò di Natale siamo sbaglio e poi mi ricordo un’altro giocatore di gigante l’ascoli e fini che poi dopo centrocampista mezz’ala che ha giocato anche a Cagliari no ci stanno tanti sono stati tanti giocatori importanti e poi guardo la fortuna di giocare anche con giocatori importanti come Lulù Oliveira e Savoldi
Chi è stato il calciatore più forte che hai affrontato o con cui hai giocato?
È difficile scegliere un solo nome, dato che ho avuto la fortuna di incrociare tanti campioni durante i miei anni in Serie B e Lega Pro. Ricordo con grande piacere il mio arrivo in Italia nel 2004 a Venezia. In quel periodo, ho avuto modo di affrontare giocatori straordinari come il brasiliano Pinga, un vero artista che aveva già vestito le maglie di Torino ed Empoli.
Proprio parlando di Empoli, non posso dimenticare quell’anno in cui vinsero il campionato. Avevano una squadra fortissima, con giocatori del calibro di Francesco Lodi, un centrocampista di qualità impressionante, Tavano e, se non ricordo male, anche Totò Di Natale.
Un altro avversario che mi ha colpito molto era un centrocampista dell’Ascoli, un vero gigante in mezzo al campo. Purtroppo non ricordo il suo nome, ma so che in seguito ha giocato anche nel Cagliari.
E poi, ho avuto la fortuna di condividere lo spogliatoio con campioni come Lulù Oliveira e Gianluca Savoldi. Insomma, sono stati tanti i calciatori importanti che ho incontrato nella mia carriera.”
Quando hai scelto la Juve Stabia, non hai dovuto cercare su Wikipedia dove si trovasse. Perché?
Semplice: giocavo precedentemente nel Sorrento, quindi conoscevo bene la zona. Inoltre, avevo degli ex compagni di squadra che giocavano a Castellammare e li seguivo già da un po’.
Sono sempre stato un appassionato di calcio, quindi non mi limitavo alla Serie A e B. Seguivo anche le serie inferiori, i campionati stranieri… insomma, ero sempre aggiornato. Ma con la Juve Stabia c’era qualcosa di diverso. In quel periodo, il mio procuratore mi propose diverse squadre di Serie B, ma la Juve Stabia mi colpì in modo particolare. Non so bene spiegare perché, ma sentivo che era la scelta giusta.
E poi c’era la passione dei tifosi. Quando entravo in campo, sentivo la loro carica e mi dava una spinta incredibile. Non c’era squadra che mi facesse provare le stesse emozioni.”
Trovi delle similitudini tra la Juve Stabia in cui giocavi e quella di quest’anno? E’ cambiato qualcosa nella serie B?
“L’anno scorso, con il raggiungimento dell’obiettivo, ho sottolineato l’importanza del legame tra società, staff tecnico e calciatori. Un nuovo allenatore e una squadra affiatata hanno creato un ambiente positivo, dove la qualità umana ha fatto la differenza.
Raggiungere gli obiettivi non dipende solo dalle abilità tecniche dei giocatori, ma anche dalla loro capacità di lavorare insieme e di creare un gruppo coeso. Questo è stato il segreto del nostro successo.
Quest’anno il campionato è più difficile, ma la nostra storia ci insegna che non bisogna sottovalutare nessuno. Ricordo quando, 59 anni fa, la Juve Stabia non giocava in Serie B da decenni. È stata una grande emozione per tutti i tifosi.
Oggi, questo legame tra società, tifosi e squadra è più forte che mai. È questo che le permette di raggiungere obiettivi importanti e di essere un punto di riferimento per la città.
È fondamentale continuare a lavorare con unità di intenti e scegliere con cura i calciatori, sia per le loro qualità tecniche che per il loro carattere. La Juve Stabia è un esempio di come una società possa diventare un punto di riferimento per i giovani, trasmettendo loro valori importanti come il rispetto e la disciplina.”
Abiti da tanto tempo a Marina di Massa, conosci Pagliuca? Cosa ne pensi?
Eh, guarda, anche qui se ne parla molto. Non ti nascondo che la Juve Stabia è seguita tantissimo anche in Versilia. È un punto di riferimento, Pagliuca. Ha fatto tanta gavetta e merita di coronare la sua carriera con dei successi.
Ha un modo di fare davvero importante, è un ottimo comunicatore. Penso che sia fondamentale per un allenatore. E poi, non sto a dirti io cosa ha fatto qui: è amato da tutti! Dà continuità a quello che è il suo modo di essere ed è piacevole vederlo in campo. Come motiva la squadra, come parla con i calciatori… È un esempio, soprattutto perché è un allenatore giovane e ha già un grande percorso alle spalle.”
C’è qualcosa che non rifaresti nel tuo percorso di calciatore?
Le scelte che ho fatto sono state sempre dettate dal cuore. Come tutti i calciatori, ho preso delle decisioni importanti, consultandomi con le figure di riferimento più vicine: la famiglia, e in particolare i genitori, ma anche il procuratore. È fondamentale avere un punto di riferimento che ti guidi e ti consigli verso le soluzioni migliori.
Ho avuto la fortuna di vivere esperienze importanti, ma devo ammettere che dopo l’esperienza al Venezia ho avuto l’opportunità di trasferirmi in una società importante come il Palermo. Non ho seguito il consiglio del mio procuratore in quell’occasione, ma non me ne pento. Mi sono divertito molto e ho lasciato un segno ovunque ho giocato.
Per me è sempre stata fondamentale la chiarezza e la sincerità. Fin dall’inizio della mia carriera, ho cercato di trasmettere questi valori.
Con chi ti senti ancora degli ex calciatori alla Juve Stabia?
Mi sento con tanti di loro, in particolare con Danilevicius. Si mise a disposizione della squadra nonostante non fosse al top della forma, dimostrando un attaccamento alla maglia che pochi hanno. È stato un grande professionista, e la sua carriera lo dimostra ampiamente. Ancora oggi ci sentiamo spesso e rievochiamo i bei momenti passati insieme. Ricordiamo bene quel periodo in cui andammo via dalla squadra e come, a gennaio, il mercato ci penalizzò pesantemente. Fortunatamente, i punti conquistati nel girone d’andata ci salvarono. A volte sottovalutiamo l’importanza di un gruppo unito e di figure di riferimento nello spogliatoio, come Danilevicius e Mauri Donovan. Lo spogliatoio è fondamentale per raggiungere gli obiettivi.
Hai un aneddoto divertente da raccontarci di quando eri alla Juve Stabia?
Ricordo quando arrivavamo da Sorrento che usavamo i monopattini. Scendevamo tutti insieme, io, Sau Danilevicius e gli altri, e facevamo delle vere e proprie gare nei corridoi! Era un periodo molto spensierato, per cui i professori non ci rimproveravano molto.
A proposito di gare, c’era Marco che aveva modificato il suo monopattino per farlo andare molto più veloce. Aveva messo un motore più potente, arrivando a raggiungere i 5-6 km/h! Per non rimanere indietro, anche gli altri hanno iniziato a modificare i loro monopattini. Era tutto molto divertente e un po’ pazzo!”
Chi è la delusione del campionato?
La Serie B è un campionato molto equilibrato, dove ogni partita è una battaglia. Basta un attimo di distrazione e puoi incappare in una serie negativa, così come puoi inanellare una serie di vittorie. È un campionato dove le squadre meno quotate spesso sorprendono, tirando fuori il massimo da ogni partita.
La Juve Stabia, ad esempio, è una squadra che potrebbe ambire a grandi traguardi. Ricordo quando eravamo neopromossi: c’era grande entusiasmo e una grande voglia di fare bene. Anche se molti giocatori non avevano esperienza in Serie B, giocavamo con leggerezza e sicurezza. Siamo riusciti a ottenere risultati importanti, anche in partite difficili come il derby con la Nocerina.
Credo che sia fondamentale avere continuità di rendimento. Un calciatore deve dimostrare di saper affrontare qualsiasi situazione, che sia uno stadio vuoto o uno pieno. La personalità e l’approccio alla partita fanno la differenza. Mi auguro che tutti i giocatori della Juve Stabia possano dare il massimo e che la squadra possa raggiungere obiettivi importanti.”
Sassuolo e Carrarese sono delle tue ex squadre ma sono due realtà differenti, Sassuolo ovviamente non ha nulla a che vedere con questo campionato. Che tipo di approccio deve avere la Juve Stabia contro i nero verdi? E quale contro i toscani?
La Juve Stabia deve giocare con la sua solita spensieratezza, concentrandosi solo sull’essenziale: credere in sé stessa e mantenere sempre alta l’attenzione. È fondamentale che prenda l’iniziativa in campo e faccia la differenza. Dopodiché, sarà importante curare i dettagli e cercare di limitare gli errori.
La Juve Stabia ha un approccio molto propositivo e non aspetta l’avversario. Sarà una partita difficile, ma i nostri ragazzi hanno le carte giuste per potercela fare. Come spesso accade nel calcio, la differenza la faranno i dettagli e la capacità dei calciatori di dare quel qualcosa in più nei momenti chiave. L’estro individuale e la capacità di risolvere le situazioni difficili saranno fondamentali. Saranno fondamentali i duelli individuali.
La partita di sabato contro la Carrarese sarà una sfida interessante. Entrambe le squadre sono neopromosse in Serie B e ambiscono alla salvezza.
La Carrarese ha un campo sintetico particolare, più pesante rispetto a quello di Castellammare. Questo potrebbe influenzare lo sviluppo della partita. Inoltre, avendo giocato tre partite in poco tempo, la gestione delle energie sarà fondamentale per entrambe le squadre.
La Carrarese ha una squadra giovane e dinamica, con un allenatore che ha saputo imprimere un’identità ben precisa. Anche se i risultati sono stati altalenanti, hanno dimostrato di poter competere a questi livelli.
In partite come queste, dove qualsiasi squadra può vincere, è fondamentale essere sempre concentrati e pronti a dare il massimo. La vittoria della Carrarese contro il Cittadella ci dimostra che non bisogna sottovalutare nessuno.”