L’insofferenza verso chi protesta contro coloro che si divorano tutto

Una insofferenza divenuta ormai quasi un conclamato sintomo imperioso della decennale politica italiana, istituzioni, burocrazia...

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Una insofferenza divenuta ormai quasi un conclamato sintomo imperioso della decennale politica italiana, istituzioni, burocrazia ….

L’insofferenza verso chi civilmente protesta contro coloro che di tutta notorietà, da anni, si divorano tutto, è quasi un generale imperioso sintomo culturale della decennale politica, dagli scranni più alti dello Stato all’ultimo addetto del sistema pubblico-politico. Un concetto ormai come incarnato, per cui i cittadini-contribuenti dovrebbero solo, per leggi, sentenze e regolamentazioni, obbedire e pagare, al massimo muggire.

Questa infatti è la chiara e trasversale percezione, ogni qualvolta (seppure con argomenti da semplici cittadini ma reali e non propagandistici) si evidenzia la sistematica e nota mangiatoria legalizzata della politica italiana insieme ad istituzioni e burocrazia. Eloquente è d’altronde il decennale persistere nella P.A. di superremunerazioni, superpensioni, vitalizi, doppie, pluri e baby pensioni, ecc.

Significativo d’altra parte, che prima di queste elezioni nazionali di marzo 2018 (così come di quelle regionali di novembre 2017 in Sicilia) non è stato riproposto il «tetto» di 240 mila euro lordi per gli stipendi dei consiglieri parlamentarideliberato nel 2014 e che avrebbe dovuto stabilizzarsi a regime proprio il 1° gennaio 2018. All’epoca, una valanga di ricorsi (1.012 solo alla Camera) accolti parzialmente dalle Commissioni giurisdizionali per il personale (che agiscono in regime di autodichia, cioè la particolare prerogativa dei due rami del Parlamento di risolvere, attraverso un organismo giurisdizionale interno, le controversie insorte con i propri dipendenti nei due rami del Parlamento) hanno sancito, con tre sentenze, l’assoluta temporaneità dei tagli alla parte fissa dello stipendio. E la prima sentenza, la numero 7 del 2015, porta la firma del presidente del collegio, relatore ed estensore, che poi era il tesoriere renziano (?).

Insieme al «tetto» permanente, per gli stipendi più alti, erano previsti una serie di «sottotetti»: 240 mila euro per i consiglieri (segretario generale e per i suoi vice, capo servizio, capo ufficio, consigliere); 166 mila per i documentaristi e i ragionieri; 115 mila per i segretari parlamentari; 99 mila per assistenti parlamentari (commessi), tecnici, ex addetti alla buvette e al ristorante, barbieri (solo alla Camera). Dal 2014 al 2107, grazie ai tagli sono tornati nelle casse dello Stato, almeno per quel che riguarda la Camera, 24 milioni di euro.

In Sicilia, oltre a fissare il tetto dei 240 mila euro lordi per i vertici apicali della burocrazia di Palazzo dei Normanni, l’accordo, che scadeva il 31 dicembre, prevedeva che “a decorrere dal primo gennaio o alla fine della legislatura” potevano “essere adottati i limiti stipendiali previsti presso il Senato della Repubblica”stabilendo allora le sotto soglie per le altre carriere: 204 mila euro per gli stenografi, 193 mila euro per i segretari, 148 mila euro per i coadiutori, 133.200 euro per i tecnici e 122.500 euro per gli assistenti parlamentari.

Eppure, anche la Consulta aveva promosso il “tetto” di 240mila euro lordi annui per gli stipendi dei dirigenti pubblici, oggetto negli ultimi anni di molte polemiche e, in casa Rai, di una controversa delibera del Cda sull’applicazione del limite di legge ai compensi artistici. Con la sentenza 124/2017, la Corte costituzionale ha infatti respinto al mittente, dichiarandole infondate, una serie di questioni di legittimità costituzionale sul limite retributivo e sul divieto di cumulo retribuzione-pensione presentati dal Tar Lazio a partire dal 2015 sulla base dei ricorsi di 11 magistrati contabili e 9 giudici del Consiglio di Stato. Il limite massimo ai compensi dei dipendenti pubblici, introdotto nel nostro ordinamento dalla manovra Monti del 2011 e dalla legge di Stabilità 2014 – si legge nella pronuncia «persegue finalità di contenimento e complessiva razionalizzazione della spesa, in una prospettiva di garanzia degli altri interessi generali coinvolti, in presenza di risorse limitate» e al tempo stesso «trascende la finalità di conseguire risparmi immediati e si inquadra in una prospettiva di lungo periodo». Non solo. Il limite contestato non si applica alla sola magistratura (le toghe ricorrenti chiedevano al Tar di dichiarare illegittimo il vincolo che impedisce di cumulare pensioni e retribuzioni a carico dell’erario oltre il “tetto”) ma ha via via esteso il suo campo d’azione all’intera amministrazione pubblica. Quindi amministrazioni statali, autorità indipendenti, società partecipate e da ultimo anche «agli amministratori, al personale dipendente, ai collaboratori e ai consulenti» della Rai.

Un limite, quello dei 240 mila euro, che era per tutte le categorie di dipendenti delle pubbliche amministrazioni, enti pubblici economici, autorità indipendenti, cassazione, ecc. Sicché conseguentemente alla mancata riproposizione della norma, diversi stipendi dal 1° gennaio 2018 sono automaticamente balzati fino a 340 mila euro l’anno e più. Dicono i malpensanti, così assicurandosi la rafferma nomenclatura il compiacimento elettorale di potenti corporazioni e sindacati.

Di contro, certi nobili media e quotidiani, risaputamente allineati al centrodestra e centrosinistra, privati e pubblici, biasimano per adesso solo i parlamentari del “movimento” (nonostante si sono questi ultimi decurtati la propria remunerazione donandola alle imprese) poiché alcuni di loro non hanno ancora devoluto qualche migliaio di euro (o hanno mistificato di farlo tanto che per tale motivo pare se ne assumeranno le conseguenze interne) su un totale complessivo fino adesso raccolto di due decine di milioni di euro.

Poi però, questi stessi blasonati mezzi d’Informazione, guarda caso, durante questa campagna elettorale quasi non citano più gli innumerevoli milioni di euro pubblici che i trasversali politici di sempre (come anche istituzionali, burocrati, ecc.) si sono nel tempo “legalmente” incassati, estorcendoli fiscalmente in modo forzoso ai concittadini e alle imprese e allargando pure la voragine del debito pubblico, nazionale e regionali.

Per carità, si fa bene a guardare a “caval donato in bocca” se possa avere la candida (che è pure contagiosa e si può diffondere in altre parti del corpo), tanto più se poi questo “movimento” dovesse, per ipotesi, governare.

Ma è inquietante e significativo che parallelamente non si scrutano e criticano, eticamente, doverosamente e pure aspramente (sempre in modo civile) anche le pletore di decennali “carnivori, vampiri e parassiti” del sistema pubblico-politico che da tempo immemore ci succhiano e divorano, ai cittadini produttivi, lavoratori, privati e operosi, i sacrifici, l’esistenza e pure l’unica vita.

Adduso Sebastiano

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