In questi giorni, abbiamo assistito all’ approvazione del DDL Calderoli, che non è una riforma costituzionale, ma è una legge ordinaria che attua la riforma del Titolo V della costituzione, avente come obiettivo ultimo dare una maggiore autonomia alle regioni.Il DDL, prevede, che le Regioni possono acquisire, dopo una trattativa con il Governo Centrale, alcune competenze che sono prerogativa dello Stato.
Le materie che possono essere affidate alle Regioni in totale sono 23, di cui 14 quali: Ambiente;
Istruzione; Energia; Sicurezza sul lavoro; Ricerca scientifica e Tecnologica; Tutela della Salute; Alimentazione; Ordinamento sportivo; Governo del territorio; Porti ed Aeroporti; Grandi reti di trasporto e di navigazione; Ordinamento della comunicazione; Produzione; Beni Culturali.Mentre le altre 9 sono: Rapporti internazionali con l’UE; Commercio Estero; Professioni; Protezione civile; Previdenza integrativa; Coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario; Casse di risparmio, casse rurali, Aziende di Credito regionali; Enti di credito Fondiario e agrario; Giudici di Pace.
Per le prime 14 materie, l’elemento chiave è il LEP, tanto che nel DDL Calderoli si fa riferimento, che devono essere garantiti i diritti civili su tutto il territorio nazionale.I servizi che verranno erogati devono rispettare degli standard, sotto i quali, non bisogna scendere, al fine di non creare nessun divario tra Nord e Sud.
Quindi il Governo ha 24 mesi di tempo e non può trasferire queste 14 materie se non prima si determinano i LEP, che hanno il compito di garantire i diritti civili e prestazionali a tutti i cittadini italiani in egual modo.Mentre per le restanti 9 Materie, i Governatori possono fare subito richiesta al Governo centrale per il trasferimento delle competenze.
Naturalmente tale DDL ha determinato uno scontro politico di chi è a favore e di chi è contro.
I sostenitori affermano: che le Regioni saranno più efficienti nell’erogare servizi di qualità in quanto riuscirebbero a trattenere un maggior gettito fiscale, per finanziare le attività dei servizi regionali.
I non favorevoli, sostengono: che il DDL Calderoli, aumenta il divario tra Nord e Sud.Quindi le Regioni ricche, trattengono le proprie risorse e non trasferiscono una parte allo Stato Centrale, che in seguito dovrà poi ridistribuire tra le varie regioni.
Quindi le Regioni povere, si troverebbero con meno soldi da gestire per erogare i propri servizi, dando vita ad una equazione: Regioni più povere uguale a più disservizi.Tutto ciò ha portato ad una confusione ed uno stato d’ansia nei cittadini e mette in moto un ulteriore approfondimento.
Infatti ciò porta a pensare a degli intoppi e controsensi e vediamo il perché: “Se si legge l’art.9 e l’art.4 del DDL forse si arriva ad una visione più chiara”.L’art.9 fa riferimento che non devono derivare , nuovi o maggiori oneri a carico della Finanza
Pubblica, se poi analizziamo l’art.4 e cioè quello relativo alla funzione chiave dei LEP(Fondamentali per trasferire le Competenze delle 14 Materie), in questo articolo, paradossalmente sembra che si ammette, che nel determinare i LEP , possono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della Finanza Pubblica e che i LEP vanno delineati insieme ai relativi costi e fabbisogni, nei limiti delle risorse rese disponibili dalla legge di bilancio.
Anche se non è chiaro come effettivamente bisogna risolvere la questione delle risorse dei LEP. “sembra che l’art.9 e l’art4 facciano a cazzotti”.Un concetto simile ai LEP e l’esperienza dei LEA (Livelli Essenziali di Assistenza) già in vigore dal 2010 al 2017 e riguarda in particolare la Sanità delle Regioni.
Garantire un livello Sanitario uguale in tutta Italia.Analizzando dati e statistiche si evince che non è cosi e il Livello Essenziale Sanitario è ancora diverso tra regioni e regioni ed assistiamo sistematicamente ad un turismo sanitario tra Sud e Nord dell’Italia.
Da questo grafico (fonte Gimbe) si evince bene quale è la situazione nel 2019 dei LEA.
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