Nuove metriche e cause profonde – Negli ultimi anni, l’Italia ha assistito a una notevole diminuzione del numero di lavoratori poveri.
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egli ultimi anni, c’è stata una significativa riduzione del numero di lavoratori poveri in Italia, come riportato nell’ultimo rapporto annuale dell’Inps.
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# Una Nuova Definizione di Lavoratori Poveri
La chiave per comprendere questa discrepanza risiede nella definizione di “lavoratori poveri” utilizzata dall’Inps. Nel rapporto di quest’anno, vengono considerati solo coloro che lavorano a tempo pieno per tutto l’anno e guadagnano al di sotto delle soglie di retribuzione giornaliera lorda stabilite dall’Inps. Questo cambiamento metodologico ha escluso molti lavoratori part-time, stagionali, agricoli e domestici che erano inclusi nelle statistiche precedenti.
# Il Vero Problema: Qualità dei Contratti e Lavoro Precario
Inoltre, l’Inps utilizza uno standard europeo del 60% della retribuzione mediana, equivalente a circa 7,5 euro l’ora, anziché la soglia nazionale di 9 euro l’ora per il salario minimo. Questo ha ulteriormente limitato il numero di individui considerati “lavoratori poveri” secondo i nuovi criteri.
L’analisi dell’Inps indica che il problema principale non è necessariamente il livello dei salari orari, ma piuttosto la qualità dei contratti di lavoro. La presenza di contratti part-time, contratti atipici e il diffuso lavoro nero sono identificati come principali fattori che contribuiscono alla condizione di lavoro povero in Italia.
Inoltre, i settori più a rischio includono l’edilizia, i servizi alle imprese, l’alloggio e la ristorazione, con apprendisti, intermittenti e somministrati come le categorie più vulnerabili.
In conclusione, sebbene il numero di lavoratori poveri a tempo pieno sia diminuito notevolmente secondo il nuovo criterio dell’Inps, il lavoro povero in Italia resta un problema complesso, legato non solo ai bassi salari ma anche alla precarietà contrattuale. La proposta di un salario minimo a 9 euro l’ora continua a essere oggetto di dibattito, mentre si cerca di affrontare in modo più ampio la questione dei contratti di lavoro precari e delle “aree borderline” nell’ambito dell’occupazione.