Aversa, operazione Guardia di Finanza “Muro di carta”: i dettagli

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La Guardia di Finanza di Aversa scopre una maxi truffa ai danni degli Enti Previdenziali ed Assistenziali

I Finanzieri del Gruppo della Guardia di Finanza di Aversa, questa mattina, hanno dato esecuzione a sette ordinanze applicative di misure cautelari, di cui cinque della custodia in carcere e due degli arresti domiciliari, nonché di decreti di sequestro preventivo di beni immobili, rapporti finanziari e partecipazioni societarie per circa 13 milioni di euro.

I soggetti destinatari delle ordinanze sono gravemente indiziati dell’appartenenza ad una associazione per delinquere, con base operativa nell’agro aversano, attiva nell’emissione e nell’utilizzazione di fatture per operazioni inesistenti nel settore edile, finalizzate, oltre ad ottenere i conseguenti sgravi tributari, anche e soprattutto a conseguire la percezione di indebite contribuzioni da parte degli Enti Previdenziali ed Assistenziali.

L’emissione delle citate misure cautelari giunge al termine di una complessa attività investigativa coordinata dalla Procura della Repubblica di Napoli Nord, originata dagli accertamenti ispettivi dell’Inps in relazione al corretto adempimento degli obblighi previdenziali ed assistenziali. L’ente aveva scoperto la fittizia instaurazione di rapporti di lavoro ad opera di 3 società al solo fine di ottenere fraudolentemente le indennità di disoccupazione, di maternità, di cassa integrazione e gli assegni famigliari. Le successive indagini affidate al Gruppo della Guardia di Finanza di Aversa hanno accertato come le condotte illecite si inserivano in un ben più ampio contesto criminoso. La contabilità delle tre società, riconducibili a due imprenditori, era seguita dallo stesso studio associato di consulenza del lavoro. I professionisti, padre e figlio, fungevano da vera e propria cabina di regia, prestando stabilmente la propria consulenza specialistica ed assicurando i rapporti con altre società operanti nel medesimo settore edile. Le società, pur non avendo una struttura aziendale e in assenza di acquisti che potessero giustificare le prestazioni rese, secondo quanto scoperto dalle indagini condotte, emettevano fatture false nei confronti di altri soggetti economici (anch’essi, spesso, gestiti dallo studio associato) ottenendo un duplice vantaggio. Il primo, di favorire in capo agli utilizzatori un indebito risparmio di imposta attraverso la contabilizzazione di costi mai sostenuti. Mentre il secondo serviva a dare prova di operatività alle società e quindi un volume d’affari che potesse consentire la fittizia instaurazione di centinaia di rapporti di lavoro subordinato.

Gli illeciti tributari contestati si sono quindi rivelati strumentali alle successive truffe perpetrate ai danni dell’Inps poiché in seguito alle false assunzioni avvenute negli anni dal 2011 al 2014, venivano richieste prestazioni previdenziali per 4.200.000 euro circa in relazione ad oltre 600 posizioni lavorative, i cui relativi compensi erogati venivano poi trattenuti, in larga parte, dagli stessi consulenti. Le indagini hanno consentito di ottenere ulteriori elementi, sintomatici di una più che disinvolta gestione dei rapporti con la manodopera; in particolare, è emerso che il legale rappresentante di una società si rivolgeva ai citati consulenti per regolarizzare un rapporto di lavoro a seguito di un grave incidente nel quale restava vittima un carpentiere assunto in nero. Il consulente, poi, si adoperava per far in modo che, nelle banche dati dell’INAIL, potesse risultare, a seguito di una sua comunicazione online, una retrodatazione dell’instaurazione del rapporto di lavoro al giorno precedente a quello dell’incidente. Le misure in esame hanno riguardato anche i rappresentanti legali di un’altra società le cui condotte, emerse dalle indagini dei finanzieri a seguito di un’attività ispettiva dell’Agenzia delle Entrate, consistevano nel generare un volume d’affari, ritenuto inesitente, finalizzato al perseguimento dei medesimi scopi già citati, con la costituzione di ulteriori 108 rapporti di lavoro ritenuti fittizi, in conseguenza dei quali venivano indebitamente percepite indennità assistenziali di disoccupazione per oltre 800.000 euro.

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