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Salento, sindaco e giunta a processo per 40 euro di contributo a un indigente: “L’iter è stato aggirato”

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La vicenda riguarda il Comune di Melissano. La spesa sarebbe stata giustificata da una falsa attestazione, a cui gli assessori avrebbero dato poi il placet con una delibera finita anch’essa sotto accusa

Un sussidio da 40 euro a una persona indigente assegnato senza rispettare le procedure: nel Salento finiscono sotto processo il sindaco di Melissano, Roberto Falconieri, e tre quarti della sua giunta. Rinviati a giudizio con l’accusa di abuso d’ufficio anche il vicesindaco Giovanni Caputo, Cosimo Marino (Lavori pubblici) e Giuseppe Macrì (Politiche sociali), accusati di avere adottato una delibera per concedere a titolo d’urgenza un contributo economico a una persona che lo aveva richiesto, ma senza seguire il complesso iter amministrativo. La notizia è stata riportata dal Nuovo quotidiano di Puglia.

Davanti al gup Giovanni Gallo sono comparsi anche due funzionari pubblici: il responsabile del servizio Economato, Daniele Scarlino, e quello del servizio Affari generali (oggi in pensione), Luigi Giorgio Caputo, ai quali vengono contestate ipotesi di falso. Assolto invece l’ex segretario generale Giancarlo Ria, che aveva chiesto di essere giudicato con il rito abbreviato. Ai due funzionari il pm Emilio Arnesano ha contestato il reato di falso per avere prelevato dalle casse comunali la somma di 40 euro per consegnarla a un cittadino che ne aveva fatto richiesta, ma aveva ottenuto un diniego all’esito della normale procedura di verifica.

L’uscita di quel denaro sarebbe stata giustificata da una falsa attestazione, a cui gli esponenti politici della giunta comunale avrebbero dato poi il placet con una delibera finita anch’essa sotto accusa. Al vaglio del giudice è finita anche un’altra delibera firmata dal vicesindaco dell’epoca, che attestava la sua partecipazione alla riunione dell’esecutivo in cui è stata esaminata la pratica relativa al cittadino favorito con il sussidio da 40 euro e che – secondo la Procura – riguardava invece la pratica di un’altra persona.

vivicentro.it-sud-cronaca / larepubblica / Salento, sindaco e giunta a processo per 40 euro di contributo a un indigente: “L’iter è stato aggirato” di CHIARA SPAGNOLO

SS Juve Stabia: le vespe costrette a cercare un altro alveare?

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Riceviamo e pubblichiamo il comunicato della SS Juve Stabia in merito alla vicenda dell'(in)utilizzo del campo sportivo Romeo Menti
La S.S. Juve Stabia, pur essendo una società ­privata, rappresenta nel panorama calci­stico nazionale la Città di Castellamma­re di Stabia ed in senso lato può esse­re intesa come un patrimonio cittadino c­he, a nostro avviso, andrebbe difeso e ­tutelato nell’interesse collettivo.
Mettendo da parte le problematiche di ca­rattere tecnico, tipiche dell’attività che viene esercitata, e tralasciando, sol­o per un attimo, gli sforzi economici ch­e la società è costretta a sopportare pe­r garantire la partecipazione ad un campionato professionistico, un aspetto che­ purtroppo non può essere ignorato e sottovalutato, è il non poter adeguatamen­te disporre di quella che è definita “la­ casa” per una società di calcio, ovvero ­lo Stadio cittadino.
E’ da qualche anno che la squadra è “costretta” a disputare gli allenamenti lontano da­l “Menti” e la società, per consentire l­o svolgimento delle gare interne allo St­adio “Menti” e dunque nella Città di Cas­tellammare di Stabia, si fa carico di t­utte le spese, a partire da quelle relat­ive al fitto della struttura.
Potrebbe sembrare normale e nella logica­ dei fatti farsi carico di tali spese, ma­ ciò che non è condivisibile ed accettab­ile è l’essere costretti, pur pagando, a­d utilizzare una struttura fatiscente ch­e necessita di interventi di ogni gener­e.
E’ notoria, ormai, la chiusura del Setto­re Ospiti in quanto non si riesce, per c­ause palesemente non ascrivibili alla so­cietà, ad ottenere la relativa agibilità­ da parte degli Organi preposti, così co­me non deve essere sottovalutata la nec­essità, ormai impellente, di sostituire ­il manto erboso del terreno di gioco nel­ rispetto dei Criteri Infrastrutturali d­el Sistema delle Licenze Nazionali FIGC.
Infatti, persistendo le attuali condizio­ni, lo Stadio “Menti” NON POTRA’ ESSERE come impianto per la disputa della gare casalinghe, per l’iscrizione, prevista per il mese di giugno p.v.,  della prossima stagione calcistica 2016/17 con conseguente ricerca di un­ altro Stadio, lontano dalla Città di Castellammare di Stabia.
Tanto si è ritenuto opportuno denunciare­ affinché gli Organi amministrativi citt­adini, nell’assumersi le proprie respons­abilità, possano valutare di porre in es­sere, tempestivamente, le attività di lo­ro competenza, finalizzate a far in mod­o che la Juve Stabia possa continuare ad­ essere un patrimonio cittadino.
S.S. Juve Stabi
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Arabia Saudita e Francia di Hollande – Gli alleati della vergogna

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Il presidente Al Sisi scagiona i servizi segreti da ogni responsabilità nel caso Regeni Forte, nella sua chiusura, di nuovi accordi economici, militari e strategici con l’Arabia Saudita e la Francia di Hollande. Adesso i rapporti di forza tra Italia ed Egitto sono mutati. E la partita rischia di umiliarci

DA OGGI, la strada che porta alla verità su Giulio Regeni, si fa ancora più stretta. E quel che è peggio, in undici settimane, tante ne sono trascorse dal 3 febbraio, il nostro governo sembra aver definitivamente perso la leva, gli argomenti e l’attimo utili a convincere il Cairo che l’occultamento della verità sarebbe costata al regime un prezzo infinitamente superiore al suo svelamento. Le acque, fino a ieri quantomeno agitate, si sono richiuse.

Nel giorno in cui la Procura di Roma firma la richiesta di rogatoria (dovrebbe partire oggi) con cui si torna a chiedere all’Egitto ciò che l’Egitto ha annunciato di non voler consegnare (tabulati telefonici, prove forensi, accertamenti tecnici), Al Sisi scagiona pubblicamente gli apparati di sicurezza del Paese da ogni responsabilità, quale che sia, nell’omicidio, ricomponendo, ammesso vi sia stato, il conflitto interno al regime. Nel merito, riporta le lancette dell’affaire al suo giorno uno, riproponendo la screditata pista della “criminalità organizzata” (cara al potente ministro dell’Interno Magdi Abdel Ghaffar e al generale Khaled Shalaby), per giunta tornando provocatoriamente ad associare la morte di Giulio alla scomparsa a Roma di un cittadino egiziano in circostanze affatto misteriose. E la mossa non è casuale, perché figlia di una ritrovata forza data dalla chiusura negli ultimi giorni di nuovi accordi economici e strategici con l’alleato Saudita e dall’imminente firma di nuove commesse, militari e non solo, con la Francia di Hollande.

Il Presidente egiziano Abd al-Fattah al-Sisi è oggi libero dalla minaccia concreta e imminente di isolamento internazionale che, ancora una settimana fa, sembrava allungarsi sul regime. Il consueto balbettio dell’Europa, il silenzio di Palazzo Chigi, che dopo il richiamo dell’ambasciatore a Roma per consultazioni, non ha evidentemente ancora in testa come e fin dove spingere la sua annunciata «pressione proporzionata », hanno convinto Al Sisi ad andare a leggere le carte italiane prima che qualcuno andasse a leggere le sue. Gli accordi commerciali e finanziari per 16 miliardi di dollari stipulati nei suoi cinque giorni di visita al Cairo dal sovrano saudita Salman Ben Abdel Aziz, con la chiusura della decennale contesa sulle due isole nel Mar Rosso di Sanafir e Tiran (occupate in passato da Israele, quindi riconquistate dall’Egitto e ora riconosciute territorio Saudita), non solo danno ossigeno alle casse del regime, ma gli consentono di avere una solida linea di credito con cui chiudere affari e nuove commesse di armi con la Francia.

Il 18 aprile, Hollande sarà infatti al Cairo e, a dispetto della lingua della diplomazia e delle rassicurazioni che il “dossier Regeni” è nell’agenda degli incontri con Al Sisi, nonostante la mobilitazione delle Ong francesi, si prepara a chiudere nuove commesse per la fornitura di armamenti (oltre 1 miliardo di euro per la fornitura di 6 corvette, che si sommano agli 8,2 miliardi già incassati per la vendita di 24 caccia multiruolo Rafale e due portaelicotteri classe Mistral, originariamente destinate alla Russia di Putin e quindi dirottate sul Cairo dopo le sanzioni), nonché una trentina di accordi commerciali e almeno una decina di protocolli di intesa utili a far salire gli scambi commerciali tra i due Paesi (oggi fermi a 2,5 miliardi di euro) che inietteranno altro cemento nelle fondamenta del regime militare.

Nel rinsaldato triangolo Cairo- Riad-Parigi, il Presidente Abd al-Fattah al-Sisi, ha insomma ora buon gioco a degradare «l’irritazione italiana» e la «richiesta di verità» del nostro Presidente del Consiglio a una pistola scarica. E si prepara a incassare lo spettacolo di debolezza che di qui a prossimi giorni — Gentiloni è ancora in attesa di “lumi” da Renzi sul da farsi — produrrà la «proporzionalità» delle misure annunciate da Roma. Non fosse altro perché appariranno all’opinione pubblica egiziana, ma soprattutto italiana, non solo irrilevanti sotto il profilo del potenziale “danno” al Regime, ma persino “tardive”.

Fino a ieri sera, infatti, la linea immaginata da Palazzo Chigi era quella di continuare a tenere agganciate le nostre mosse diplomatiche al corso dell’inchiesta giudiziaria, e dunque di attendere un nuovo “no” egiziano alla rogatoria della Procura di Roma che oggi partirà per il Cairo, prima di far seguire al «richiamo dell’ambasciatore per consultazioni» un qualsiasi nuovo segnale. È ragionevole pensare che la rumorosa mossa di Al Sisi obblighi ora il Governo a un cambio di programma. Con una certezza, tuttavia. Da ieri, i rapporti di forza con il Cairo, sono mutati. E il generale Abd al-Fattah al-Sisi, da militare quale è, sa quanto contino. Palazzo Chigi gli ha offerto in queste undici settimane un vantaggio in cui probabilmente non sperava. Il tempo. Lo ha utilizzato per ridefinire i termini di una partita che poteva travolgerlo e, al contrario, rischia oggi di umiliarci.

vivicentro.it-cronaca / larepubblica / Arabia Saudita e Francia di Hollande – Gli alleati della vergogna di CARLO BONINI

Auriemma: “Anche domani Sarri diserterà la conferenza stampa”

Raffaele Auriemma scrive su Tuttosport in merito al momento attuale del Napoli

“La squadra da un lato, nel suo religioso silenzio (anche domani Sarri diserterà la conferenza prepartita, aspettando la sentenza della Corte d’Appello sul caso Higuain, attesa nel primo pomeriggio), dall’altro invece la società guarda già al futuro. Ieri il presidente De Laurentiis ha rotto momentaneamente il silenzio stampa per presentare il ritiro estivo del Napoli che si svolgerà per il sesto anno di fila a Dimaro-Folgarida (in Val di Sole) dove, su richiesta di Sarri, l’amministrazione sta allestendo anche un secondo campo in erba. Si lavorerà dal 9 al 30 luglio, se la squadra chiuderà il campionato al secondo posto, diversamente l’inizio del raduno sarà anticipato al 3 luglio. Domanda: ma a Dimaro ci saranno anche Sarri e Higuain? Con le risposte di ieri il presidente ha blindato il bomber argentino e ha virtualmente fatto valere l’opzione sul rinnovo dell’allenatore”

E’ Klaassen primo obiettivo per il centrocampo

I dettagli sulle trattative

Il nome di Davy Klaassen dell’Ajax è entrato nei radar della dirigenza del Napoli da tempo. Andrè Gomes rappresenta una bella suggestione, ma va coltivata e non sarà così facile. De Roon dell’Atalanta ha dimostrato carisma e geometria e Giuntoli lo segue, ma al Napoli manca un vice Callejon e Raschica del Vitesse rappresenterebbe una valida alternativa. In attacco piace Lapadula del Pescara. Questi i movimenti di Giuntoli secondo il Corriere dello Sport.

Napoli-Bologna, la prevendita va a gonfie vele

I dettagli

Altri tremila biglietti venduti e in vista della partita di martedì con il Bologna è già stato sfondato il muro dei diecimila spettatori. Martedì il dato parlava di novemila spettatori, abbonati compresi, mentre ieri è stata toccata quota dodicimila. Questi i prezzi dei biglietti: Tribuna Posillipo 60 euro; Tribuna Nisida 45 euro; Distinti 35 euro; Tribuna Family 10 euro (ridotto 5 euro); Curve A e B 20 euro. Per i possessori di Tessera del tifoso, Club Azzurro Card, e Fidelity Card è possibile acquistare i tagliandi anche online (info su sscnapoli.it). Per quel che riguarda la trasferta di sabato a Milano, invece, sono duemila i biglietti del settore di San Siro riservato agli ospiti già taccati (Terzo Anello Blu, al costo di 30 euro). Allo stadio, però, sono attesi più o meno cinquemila sostenitori azzurri.

Part-time agevolato, le simulazioni: come cambia la busta paga

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Un lavoratore da circa 19mila euro netti all’anno, che si trasformasse in part-time al 60%, vedrebbe ridursi lo stipendio a 15.200 euro grazie al contributo di oltre 2.300 euro versato dall’azienda. Lo Stato, invece, verserebbe per lui 3.300 euro di contributi figurativi

MILANO – Come cambierebbe la busta paga dei lavoratori dipendenti del settore privato che decidessero – d’accordo con la propria azienda – di stipulare il “contratto a tempo parziale agevolato” e ridurre l’orario negli ultimi anni prima della pensione? Una simulazione realizzata dalla Fondazione Studi Consulenti del Lavoro delinea l’impatto del decreto firmato ieri dal ministro del Lavoro, Giuliano Poletti. Secondo le prime stime, la platea potenziale è di quasi 400 mila lavoratori, ma per i sindacati lo strumento rappresenta il classico “pannicello caldo” e non risolve il problema della flessibilità (oltre a escludere di fatto, come mette in evidenza la Uil, le donne). Per alcuni addetti ai lavori rischia in effetti di essere una soluzione troppo onerosa per i lavoratori e poco conveniente per le aziende, piuttosto interessate a procedere con piani di pre-pensionamento per alleggerirsi del personale vicino all’uscita. Ecco, allora, alcuni casi concreti.

Se un lavoratore con uno stipendio annuo lordo di 25mila euro (18.936 euro netti, 1.456 per tredici mensilità) si trasformasse in un part-time al 60%, vedrebbe comparire all’ultima riga della sua busta paga la cifra di 15.208 euro (1.169 euro al mese). Gli sarebbero cioè riconosciuti 12.827 euro come quota della retribuzione “tagliata” in base al nuovo orario, ai quali vanno sommati 2.381 euro di contributo del datore di lavoro. Quest’ultimo, infatti, riverserebbe in busta paga esentasse i contributi previdenziali dovuti per la porzione di orario non lavorato. Per la società, il costo di questo lavoratore sarebbe di 22.839 euro (dagli oltre 34mila di costo full-time), mentre lo Stato si sobbarcherebbe un impegno di 3.300 euro di contributi figurativi. Una voce che assicura al dipendente di non limare la sua futura pensione, che sarà la stessa che avrebbe percepito continuando a lavorare a tempo pieno. Se si considera che la legge di Stabilità finanzia l’agevolazione con 120 milioni per il 2017, in questo caso lo Stato potrebbe farsi carico di circa 36mila richieste (una stima al ribasso, perché nel mentre le uscite per pensionamenti potrebbero ridurre gli esborsi complessivi).

Se lo stesso reddito lordo (25mila euro) accedesse a un part-time al 50%, il quadro si modificherebbe: il suo stipendio netto annuo scenderebbe poco sotto 14.200 euro, mentre il contributo a carico dell’azienda salirebbe a circa 3mila euro. Per l’azienda il taglio della remunerazione sarebbe comunque predominante e abbasserebbe il costo del lavoratore a circa 20mila euro, mentre lo Stato dovrebbe far fronte a 4.125 euro di contributi figurativi.

Infine, tenendo ferma la percentuale di orario al 50% e modificando il parametro dello stipendio, si possono fornire altri esempi: uno stipendio lordo di 35mila euro diventerebbe un netto di 18.562 euro (1.427 euro per tredici mesi), salendo a 45mila euro annui il dimezzamento dell’orario porterebbe a un reddito netto di 22.780 euro.

In tabella, il reddito annuo lordo di partenza e le ipotesi di modifica della busta paga in base alla % di part-time,
con l’indicazione della quota di contributo a carico dell’azienda e del costo per lo Stato legato al versamento dei contributi figurativi:

REDDITO ANNUO LORDO % PART-TIME REDDITO ANNUO NETTO (MENSILITÀ PER 13) CONTRIBUTO AZIENDA COSTO PER LO STATO
25000 60 15.208,11 1.169,9 2.381 3.300
50 14.198,98 1.092,2 2.976,25 4.125
45000 60 24.184,24 1.860,3 4.285,8 5.940
50 22.780,23 1.752,3 5.357,25 74.250
80000 60 37.933,66 2.918,0 7.619,2 10.560
50 35.740,27 2.749,3 9.524 13.200
100000 60 45.933,81 3.533,4 9.524 13.200
50 43.235,35 3.325,8 11.905 16.500

Fonte: Fondazione Studi Consulenti del Lavoro

vivicentro.it-economia / larepubblica / Part-time agevolato, le simulazioni: come cambia la busta paga di RAFFAELE RICCIARDI

 

Il sogno scudetto resta tale, ma c’è un doppio traguardo da raggiungere

I dettagli

Raffaele Auriemma scrive su Tuttosport“Facciamo finta che davvero sia possibile. Lo scudetto, certo, quel triangolo tricolore che da 4 anni di fila resta cucito a doppio filo sulle maglie della Juventus, è ancora una sensazione aperta al Napoli. Una sensazione, non di certo un’ipotesi concreta, anche se l’aritmetica non condanna gli azzurri ad un finale di campionato sprovvisto di adrenalina. Di più non si può, se davanti (e con 6 punti di vantaggio) ti ritrovi da ormai 8 giornate una squadra che ha vinto 21 delle ultime 22 partite: chiunque altro, qualche gara in più l’avrebbe pareggiata, pure se le avesse giocate tutte con formazioni di categoria inferiore. Allora, come fare per tenere stimolata l’endorfina azzurra? La molecola della felicità oggi viene trascinata nell’organismo del Napoli da un doppio traguardo: raggiungere quanto prima la certezza di partecipare alla prossima Champions League e la possibilità di centrare una serie di record storici”.

“Andiamocela a riprendere”, Chiavelli e Giuntoli a rapporto da De Laurentiis

La Repubblica scrive su De Laurentiis che ieri ha presentato il ritiro estivo di Dimaro a Castel Volturno

“Tutti a rapporto (excursus cinematografico) dal “boss”. Aurelio De Laurentiis ha trascorso la giornata di ieri nella sede di Castel Volturno, approfittando della presentazione ufficiale del ritiro estivo per fare il punto della situazione con i suoi collaboratori. Il briefing presidenziale ha coinvolto l’ad Chiavelli, il responsabile “sales e marketing” Formisano, il ds Giuntoli e il direttore amministrativo Saracino: mobilitati a 360’ gradi per le grandi manovre che attendono il club, nella gradevole ottica del sempre più imminente ritorno in Champions. «È una manifestazione obsoleta: in cui arrivano in fondo sempre le stesse squadre e non c’è mai un ricambio di protagonisti. Ma nelle ultime due stagioni c’è mancata molto e adesso è arrivato il momento di riprendercela ». Parola di numero uno (azzurro), deciso a scendere in campo pure di persona per blindare il secondo posto in classifica. La disponibilità economica c’era, insomma. E con la Champions in tasca sarà ancora maggiore. Motivo in più per blindare in fretta l’happy end. E vivere tutti felici e contenti”

Da Caceres a Conti, Giuntoli pronto a puntellare la difesa

I dettagli

Cristiano Giuntoli è già al lavoro per la prossima stagione. Martin Caceres è un nome che piace, il suo contratto è in scadenza, ma dipenderà molto dalle condizioni fisiche. Si è parlato con l’Atalanta di Marco Sportiello, ma occhio anche a Gollini. Il Napoli vanta un’opzione morale per Andrea Conti, esterno destro dell’Atalanata, mentre al centro rimane aperta la pista Mammana, senza escludere un ritorno di fiamma per Maksimovic del Toro. Lo riferisce il Corriere dello Sport.

50ma VINITALY, VINTA LA SFIDA DELLA QUALITÀ

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50ma VINITALY. Chiude oggi a Verona, dopo quattro giorni, la 50ª edizione del Salone dedicato a vini e distillati

PIANO INCOMING E SUCCESSO DEL PADIGLIONE DEL VINO A 50ma VINITALY EXPO TRAINANO GLI ESTERI  130MILA OPERATORI, DEI QUALI 50MILA DA 140 PAESI CON 28MILA TOP BUYER ACCREDITATI BENE ANCHE IL ‘FUORI SALONE’ VINITALY AND THE CITY CON 29MILA PRESENZE

Nella top ten dei buyer esteri in crescita Stati Uniti (+25%), Germania (+11%), Regno Unito (+18%), Francia (+29%), Canada (+30%), Cina (+130%), Giappone (+ 21%), Paesi del Nord Europa (+8%), Paesi Bassi (+24%) e Russia (+18 per cento).

Verona, 13 aprile 2016 – In crescita buyer e affari, con visitatori sempre più qualificati. È la cifra di Vinitaly 2016 che chiude oggi con130mila operatori da 140 nazioni e ha visto superare lo storico record di 100mila metri quadrati netti espositivi, prima rassegna al mondo per superficie con più 4.100 espositori da più di 30 Paesi. Quasi 50mila le presenze straniere, con 28mila buyer accreditati dai mercati internazionali in aumento del 23% rispetto al 2015, grazie al potenziamento delle attività di incoming di Vinitaly e del Piano di promozione straordinaria del Made in Italy (www.vinitaly.it).

Il fuori salone Vinitaly and the City ha registrato 29mila presenze, interpretando la strategia di diversificazione dell’offerta per gli operatori professionali a Vinitaly, da quella rivolta ai wine lover, appassionati e giovani con degustazioni, spettacoli ed eventi culturali nelle piazze del centro storico di Verona.

«L’obiettivo era quello di dare un segnale chiaro alle aziende espositrici e ai visitatori, per fare in modo che la 50ª edizione di Vinitaly fosse quella che proiettava la rassegna nei prossimi cinquant’anni – commenta il presidente di Veronafiere, Maurizio Danese –. L’aver saputo mantenere la parola data e creare un format che ha soddisfatto in pieno le attese, sia per il wine business in fiera sia per il wine festival in città, con una edizione di Vinitaly and the City dai grandi numeri, è motivo di orgoglio e di impegno per migliorare ulteriormente il prossimo anno».

«Questa edizione è stata l’occasione, inoltre, per celebrare la storia di una manifestazione che da 50 anni promuove nel mondo il vino italiano e la sua cultura – continua Danese –. Per la prima volta, infatti, un Capo dello Stato ha inaugurato ufficialmente Vinitaly. Il Presidente Mattarella ha ricordato la funzione del Vinitaly quale “vettore e simbolo della qualità vitivinicola italiana, apprezzata nel mondo”, nell’ambito di un progetto di “internalizzazione e sostegno dell’export verso nuove aree di consumo”».

Vinitaly 2016 ha ricevuto lunedì la visita anche del presidente del Consiglio, Matteo Renzi, che ha discusso degli sviluppi delle vendite digitali del vino, insieme a Jack Ma, fondatore di Alibaba, il colosso dell’e-commerce cinese che proprio da Verona ha lanciato il 9 settembre la Giornata del vino in Cina. Con loro anche il ministro alle Politiche agricole Maurizio Martina, che nella giornata conclusiva ha organizzato in fiera il Forum dei ministeri europei dei principali paesi a vocazione vinicola.

«Da questa edizione emergono segnali interessanti sia dall’estero che dal mercato interno – spiega il direttore generale di Veronafiere, Giovanni Mantovani – confermando la capacità del Salone di interpretare le tendenze, mettere a frutto il lavoro di internazionalizzazione e capitalizzare esperienze importanti, come la realizzazione del Padiglione del Vino ad Expo 2015. In particolare, a questo Vinitaly, aumentano in modo significativo, ed in ordine di rilevanza quantitativa delle presenze, i buyer da Stati Uniti (+25%), Germania (+11%), Regno Unito (+18%), Francia (+29%), Canada (+30%), Cina (+130%), Giappone (+ 21%), Paesi del Nord Europa (+8%), Paesi Bassi (+24%) e Russia (+18 per cento). Dati positivi anche dal fronte interno, con gli operatori dal Centro e Sud Italia cresciuti mediamente del 15 per cento».

Nei quattro giorni, oltre agli incontri b2b, si sono tenuti più di 300 appuntamenti tra convegni, seminari, incontri di formazione sul mondo del vino. In primo piano, come ogni anno, le esclusive degustazioni, tra cui quella della Vinitaly International Academy che ha ricordato la figura di Giacomo Tachis, uno dei più grandi enologi italiani recentemente scomparso

In contemporanea a Vinitaly, si sono svolte come ogni anno, Sol&Agrifood, la manifestazione di Veronafiere sull’agroalimentare di qualità (www.solagrifood.com), ed Enolitech, rassegna su accessori e tecnologie per la filiera oleicola e vitivinicola (www.enolitech.it).

Sono stati 2.357 i giornalisti accrediti da 47 nazioni che hanno seguito la manifestazione.

La 51ª edizione di Vinitaly è in programma dal 9 al 12 aprile 2017.

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Il grosso dubbio Grassi, perché Sarri non lo ritiene pronto?

Il Corriere del Mezzogiorno si sofferma su Alberto Grassi

“Alberto Grassi, classe ’95, centrocampista e nazionale Under 21. E’ arrivato a Napoli a gennaio, minuti giocati: zero. Costo del cartellino: 9 milioni. L’infortunio nel primo allenamento lo aveva tenuto fermo per tre settimane, poi però sono passati due mesi e Grassi resta il talento della panchina se non addirittura della tribuna. Il dubbio Grassi diventa grosso se in campo di tanto in tanto gli viene preferito Chalobah, centrocampista inglese in prestito dal Chelsea. Sarri non lo ritiene pronto? De Laurentiis non sa ma insiste: «Se compro i giovani poi deve arrivare il loro turno». Chiaro”

Ingaggio più alto e niente clausole: sarà il nuovo contratto di Sarri

Secondo quanto riferito dall’edizione odierna de Il Mattino

A fine campionato s’incontreranno De Laurentiis e Sarri per discutere di programmazione, dopo aver tracciato il bilancio di quello che è stato fatto in questa stagione. E si parlerà anche del contratto. Tutto già stabilito, dall’ingaggio base ai premi: per il primo anno la parte fissa è 700mila euro, il bonus Champions prevede il raddoppio dell’ingaggio, la vittoria dello scudetto un milione in più. Alla luce dell’ottima sua prima stagione sulla panchina azzurra l’accordo stesso potrebbe essere in parte modificato, sia per quanto riguarda la parte economica che quella strutturale, nel senso che potrebbe sparire l’opzione annuale per un’intesa più lunga.

De Laurentiis lega Sarri e accarezza Higuain: serve il 2°!

La Gazzetta dello Sport scrive su Aurelio De Laurentiis

“«Ma perché avevate dubbi? Avete fatto un cazzeggio infinito». Così Aurelio De Laurentiis ha risposto ieri alla domanda in merito alla presenza di Maurizio Sarri in ritiro a luglio. Di conseguenza, sarà ancora il tecnico toscano a guidare il Napoli nella prossima stagione. Del resto, il presidente non ha mai pensato di non far valere la clausola di rinnovo unilaterale che può esercitare fino a fine maggio. Sarri è stato l’artefice di questo Napoli che è saldo al secondo posto, un piazzamento strategico per la programmazione futura. Per De Laurentiis la presentazione del ritiro estivo, che per il sesto anno di fila si svolgerà a Dimaro-Folgarida in Val di Sole , è stata l’occasione per sbirciare da vicino un po’ di allenamento nella settimana di Inter-Napoli. Era di buon umore il numero uno del Napoli e neppure le domande su Higuain lo hanno infastidito. Non ha voluto parlare del ricorso alla Corte Sportiva d’Appello finalizzato a ridurre le giornate di squalifica inflitte all’argentino (la discussione è in programma domani alle 13, annunciata la presenza del calciatore e dello stesso presidente (scelta saggia quella del patron, difenderà il club come successe nel caso Calcioscommesse. In quel caso fu decisiva anche la sua arringa. Il Napoli vinse il ricorso, ndr), ma per il resto è stato prodigo di risposte. «Non ho ricevuto nessuna offerta per Higuain, se arriveranno le valuteremo ma comunque c’è una clausola rescissoria e poi ovviamente disputare la Champions è molto importante per campioni del calibro di Higuain»”

Un gol di Jankulovski decise Bari-Napoli 0-1 del 2001

I dettagli

Il giorno 14 aprile il Napoli ha giocato sedici partite, tredici in serie A, due in serie B ed una in Mitropa Cup, ottenendo nove vittorie e tre pareggi, con quattro sconfitte.

Ricordiamo l’1-0 a Bari nella nona di ritorno della serie A-2000/01

Questa è la formazione schierata da Emiliano Mondonico:

Fontana (45′ Mancini), Baldini, Quiroga, Bocchetti, Baccin, Pecchia, Matuzalem, Magoni (83′ Jankulovski), Pineda, Amauri (69′ Moriero), Amoruso

I gol: 88′ Jankulovski

Dopo venticinque giornate il Napoli era terzultimo in classifica alla pari del Verona e davanti a Reggina e Bari. A fine torneo arrivò la retrocessione in serie B. Il gol che decise in extremis il successo sul Bari porta la firma di Marek Jankulovski che segnò pochi minuti dopo essere subentrato. Il ceco vanta 9 gol nelle sue 53 presenze in maglia azzurra: 8 in 51 partite di campionato ed uno nelle due di coppa Italia.

Un cuscinetto turco per Berlino

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Cuscinetto turco – Sembra strano che a Torino, al dialogo di alto livello fra Germania e Italia, si sia discusso molto di Turchia. Ma strano non è. L’accordo con Ankara, gestito in prima persona da Angela Merkel, è il modo in cui la Germania ha cercato di moderare l’impatto della crisi dei rifugiati, la crisi più grave dal 1945 in poi.

Per tutta una fase iniziale, Berlino ha tentato di costruire una risposta «interna» all’Europa, appoggiando prima il sistema delle quote (con una revisione di fatto della Convenzione di Dublino, cui Germania e Italia restano favorevoli). E poi dichiarando – con una scelta unilaterale duramente contestata da Paesi come l’Ungheria e la Polonia – di volere aprire comunque le porte tedesche ai rifugiati siriani. Quando ha constatato il parziale fallimento di entrambe queste scelte politiche e quando ne ha visti i costi domestici, la Cancelliera tedesca ha cambiato strategia.

Ha puntato a «esternalizzare» il problema, individuando nella Turchia una sorta di «buffer State», uno Stato cuscinetto, che può assorbire e filtrare l’impatto dei rifugiati siriani. È una politica costosa (i famosi 6 miliardi di euro) ma che, secondo Berlino, sta in qualche modo funzionando. La soluzione Turchia ha evidentemente un prezzo, economico e politico; ma appare, alla prova dei (primi) fatti, come il male minore.

Questo è vero anche dal punto di vista dell’Italia: sui problemi dell’emigrazione, la vicinanza di posizioni, fra Berlino e Roma, è rilevante. Per l’Italia, tuttavia, l’accordo con Ankara – di cui si vedranno nel tempo tenuta e risultati – non è di per sé sufficiente. Combinandosi alla chiusura della rotta balcanica, lascia infatti esposto il nostro Paese all’afflusso di rifugiati e migranti economici (per lo più non siriani) sulla rotta mediterranea. Rispetto al 2015, i primi mesi del 2016 vedono già un aumento assai consistente dei flussi verso le coste italiane. In altri termini: la politica migratoria tedesca, almeno in questa fase, è essenzialmente «Syria-first», fino a sembrare «Syria only». L’Italia ha bisogno di aggiungere altri pezzi. Fra cui, probabilmente, la costruzione di un secondo «buffer State» sulle coste mediterranee: vedremo presto se funzionerà la stabilizzazione della Libia e se funzionerà anche a questo fine.

L’Europa è di fronte a crisi multiple e simultanee, analizzate per una volta senza tanti veli retorici nel dialogo italo-tedesco di Torino, concluso dai Presidenti Mattarella e Gauck. Il problema, io credo, è che le ricette per affrontarle non sono coerenti fra loro.

Dal punto di vista della Germania, una politica espansiva nella zona euro continua ad essere parte del problema, non della soluzione. Ma se si aggiunge una sfida esistenziale come quella migratoria – con il suo carattere strutturale, viste le tendenze demografiche – l’esigenza di flessibilità finanziaria aumenta. Così come aumenta quando la parte tedesca parla giustamente di un Piano economico europeo (una specie di Piano Marshall, ha detto Wolfgang Schäuble mesi fa a Davos) per il Mediterraneo e per l’Africa. La sensazione, in effetti, è che solo considerando l’insieme delle crisi che la interessano – con il loro impatto senza precedenti sulle politiche domestiche – l’Europa riuscirà forse a superare anche la contrapposizione ormai sterile sulla gestione dell’euro. È uno scenario quanto mai ottimistico, nelle condizioni europee di oggi; ma a Torino – e questo mi pare il risultato più importante – questo approccio complessivo ha fatto le sue prime prove.

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vivicentro.it-editoriale / lastampa / Un cuscinetto turco per Berlino MARTA DASSÙ

Referendum abrogativo – In televisione non si parla di trivelle

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Domenica prossima, 17 aprile dalle 9 alle 23, si voterà il Referendum abrogativo sulle trivellazioni in mare. Un tema che da mesi oppone e divide governo e alcuni presidenti di regione che hanno promosso il quesito, e che da settimane lamentano la carenza di informazione sui canali televisivi. A partire dalla Rai, non foss’altro per il ruolo di servizio pubblico che lo Stato gli riconosce. Certo, la polemica sugli spazi di approfondimento per le campagne referendarie non è nuova, e già nell’ultima consultazione del 2011 l’Agcom richiamò i vertici di viale Mazzini proprio perché inserissero, all’interno del palinsesto apposite fasce orarie dedicate all’approfondimento, ma stavolta i numeri – a sentire gli addetti – ma anche i volumi e i contenitori informativi si sono ancora più assottigliati rispetto al passato. Meno informazione e soprattutto meno spazi nelle fasce di punta della programmazione: sia nelle reti che nei tg del servizio pubblico, ma anche nei palinsesti dei grandi network privati.

Sino allo scorso 10 aprile, infatti, secondo i dati elaborati da Geca Italia proprio per Agcom (Autorità per le garanzie nelle comunicazioni) la rete televisiva che più di tutti ha dato risalto al tema delle trivellazioni è stata La7 con 11 ore, 34 minuti e 45 secondi. Oltre due ore in più rispetto alla Rai (8ore e 59minuti) e addirittura 5 volte nel confronto con le reti Mediaset (che ha proposto servizi sul Referendum per appena 2 ore, 5 minuti e 10 secondi). Ma a leggere bene nelle pieghe dei dati disaggregati redatti dall’istituto di indagine ciò che colpisce maggiormente non è tanto lo spazio delle reti (generaliste e non) per il voto di domenica prossima quanto quello concesso dai Tg nelle fasce di maggior ascolto e di attenzione. Tutte le edizioni del Tg1, ad esempio, hanno riservato al tema del quesito referendario nella settimana che precede il voto, ovvero dal 4 al 10 di aprile scorso, solo 13 minuti e 28 secondi, sei minuti in meno rispetto al Tg2 e al Tg3 (che hanno parlato di referendum rispettivamente per 19 minuti e 8 secondi e per 19 minuti e 22 secondi). Meno, nella sostanza, di quanto avvenuto nelle settimane del mese scorso. Ed, infatti, contrariamente alle aspettative, più ci si è avvicinati all’imminenza del voto più gli spazi si sono ristretti. Tant’è che i Tg del servizio pubblico hanno parlato del tema del voto del 17 aprile per 3 ore e 41 minuti nel periodo compreso dal 21 marzo al 3 aprile e solo per 2 ore e 25 minuti nella settimana che si è appena conclusa. Risultato: tra i Tg Rai, Tg2 e Tg3 nonostante il minor numero di edizioni informano molto di più rispetto al telegiornale guidato da Mario Orfeo.

È chiaro che con questi numeri alla mano i promotori del Referendum hanno gioco facile a gridare al bavaglio informativo, né si può circoscrivere la polemica con il fatto che La7, e le reti all news (la stessa Rainews) ma soprattutto SkyTg24 colmino il «vuoto» lasciato dai Tg delle reti generaliste. Se così fosse, infatti, la Rai certamente lascerebbe campo libero a quanti da mesi, proprio mentre si discute del rinnovo della concessione di servizio pubblico, chiedono quali siano le differenze tra i prodotti della Rai e quelli di La7 o di SkyTg24 o altre emittenti. Insomma, l’informazione del Tg di Enrico Mentana (ha dedicato 44 minuti e 44 secondi al referendum, 3 minuti in più del Tg1) è servizio pubblico o meno? E che differenza c’è, a questo punto, con l’informazione targata?

vivicentro.it-opinione / lastampa / Referendum abrogativo – In televisione non si parla di trivelle PAOLO FESTUCCIA

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Stiamo affreschi

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Nel suo romanzo di fantapolitica «Colosseo vendesi» il nostro imprevedibile Marcello Sorgi immagina che il governo ceda a uno sceicco arabo il monumento più famoso del mondo per ripianare il debito pubblico. La storia è ambientata nel 2017 e la clamorosa scelta del premier, che non è più Renzi, ma un fantomatico Successore ritagliato su Matteo Salvini, viene accolta con soddisfazione da tutti gli italiani, romani compresi. Ma questo solo perché siamo in una fiction. Nella realtà gli abitanti dell’Urbe rivendicherebbero una sorta di esclusiva sul Colosseo, pretendendo che il ricavato della vendita venisse riconvertito in abbonamenti Sky alle partite di Roma e Lazio per l’intera popolazione.

Il libro di Sorgi minaccia di aprire un filone. Il Colosseo sì e la Torre di Pisa no? Aggiungiamo l’Ultima Cena e la Fontana di Trevi, già ceduta peraltro da Totò, e ne avremo abbastanza per sederci finalmente davanti alla Merkel mettendo i piedi sul tavolo, sempre che nel frattempo non ci abbiano comprato anche quello. Si tratta con ogni evidenza di una corsa contro il tempo. Ieri a Napoli, durante i lavori di ristrutturazione di un immobile, il trapano dei muratori ha perforato un muro e dall’altra parte c’era un preziosissimo affresco del Cinquecento che è franato addosso ai partecipanti a una seduta di laurea. Non so se un Paese dove un proprietario di casa ignora di avere una parete in comune con un affresco rinascimentale abbia il diritto di vendere il proprio patrimonio artistico. Di sicuro ha il dovere di farlo in fretta. Prima di averlo distrutto del tutto.

vivicentro.it-opinioni / lastampa / Stiamo affreschi MASSIMO GRAMELLINI

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LETTERE Rimettete a noi i vostri debiti

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LETTERE: riceviamo e pubblichiamo

Da vari anni, ormai, gli Stati nazionali sono costretti a svolgere l’ingrato compito di esattori per conto del capitalismo finanziario internazionale. In questo “ingrato compito”, Equitalia costituisce uno strumento di estorsione legalizzata, che opera una violenza amministrativa organizzata, con interventi di ricatto e terrorismo esattoriale. È la mano armata dell’esattore statale che agisce per conto del capitale finanziario internazionale, strutturata come un vero e proprio cappio da “cravattari” (in romanesco, strozzini).

Presso il popolo ebraico esisteva un istituto, il Giubileo (o “anno giubilare”), il quale ogni quarantanove anni rimetteva e cancellava i debiti, liberava coloro che si erano dati schiavi per debiti o erano incarcerati per debiti. Il Corano proibisce di prestare danaro ad interesse, perciò in Pakistan esiste soltanto la Banca di Stato per l’emissione di moneta. Qualche sedicente “liberal”, in passato, sosteneva che le tasse erano una forma di giustizia  sociale e Padoa Schioppa affermava che le tasse sono addirittura belle.

La verità è che il meccanismo di esazione delle tasse e dei debiti è oggi il vero atto d’imperio dello Stato moderno sulle persone. Oltre simili metodi c’è solo il saccheggio selvaggio e devastante tipo Lanzichenecchi. Nel dramma “Cesare e Cleopatra”, George Bernard Shaw fa dire a Giulio Cesare che la vera occupazione dei conquistatori è la riscossione delle tasse e si sa come i Romani le riscuotessero manu militari, ovvero tramite la forza delle armi.

Ma Equitalia ha altresì la funzione di occultare il vero beneficiario delle sue malvagie procedure, come lo è il compito della politica.

Tuttavia, esiste un’arma della quale i popoli possono disporre, un’arma assai più potente delle armi stesse, un’arma mediante la quale, ad esempio, il Mahatma Gandhi cacciò l’esercito britannico dall’India, vale a dire lo sciopero fiscale. È pur vero che oggi le ritenute alla fonte rendono estremamente complicato lo sciopero fiscale ed è altrettanto vero che esso ha possibilità di successo solo se coinvolge masse enormi di persone, ma bisogna tener conto della velocità di espansione di una simile protesta nelle condizioni di stress finanziario prodotto dalla crisi che si combina con lo sdegno per le ingiustizie patite e le minacce dell’esattore.

Per la serie: io pago, come diceva Antonio De Curtis, in arte Totò.

Dopo Marx e Lenin, oggi servirebbe un’analisi seria ed aggiornata sull’origine imperialista del debito pubblico negli Stati capitalistici moderni. Non è un caso che il debito pubblico degli USA sia il più elevato del pianeta, anzitutto per finanziare le numerose guerre “preventive” sparse in giro in tutto il mondo dalle truppe yankee.

Anche il debito pubblico italiano è sempre stato assai elevato, con la differenza che in passato era detenuto quasi del tutto dai risparmiatori ed investitori italiani, mentre oggi è in mano soprattutto ai creditori e speculatori stranieri, cioè banche d’affari estere e capitale finanziario internazionale. Da qui deriva il rischio, sempre incombente, degli assalti speculativi in borsa.

La schizofrenia dei mercati azionari è un motivo di apparente e costante instabilità ed oscillazione, per cui proprio nulla è meno monolitico delle borse, che sono schizofreniche ed instabili per antonomasia. In questo apparente guazzabuglio chi detta legge è il più forte, vale a dire il capitale dell’alta finanza internazionale.

I circoli dell’alta finanza capitalistica, che finora hanno speculato e spremuto i Paesi “debitori”, sono consapevoli che l’unica via per continuare ad estrarre plusvalore è dilazionare il pagamento del debito. Insomma, allentare il cappio al collo delle vittime per un determinato periodo, per poi stringerlo ancora più forte di prima.

vivicentro.it-opinioni / Rimettete a noi i vostri debiti (Lucio Garofalo)

Da Panama Papers a Potenza: Alfio Fazio, l’uomo che voleva rottamare Costa Concordia

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L’imprenditore siciliano Alfio Fazio compare nell’elenco rivelato da l’Espresso ma nell’inchiesta petrolio è anche protagonista di lunghe intercettazioni con il ‘quartierino’ di Gemelli che sta mettendo in imbarazzo il governo

DA Siracusa al Centroamerica, passando per Potenza. E concludere il periplo segnando un primato assoluto: essere citato in entrambi gli scandali del momento. Il record spetta all’imprenditore siciliano Alfio Fazio. Compare nei ‘Panama Papers’ rivelati da ‘l’Espresso’ ma è anche il protagonista di lunghe intercettazioni con il ‘quartierino’ di Gianluca Gemelli che sta mettendo in imbarazzo il governo Renzi. E proprio da queste registrazioni si scopre quale fosse il sogno di Mister Fazio: partecipare alla rottamazione del Costa Concordia, il simbolo dell’Italia che affonda.

Nelle carte panamensi il nome di Fazio è legato alla Mediterranean Charter Limited delle Isole Vergini Britanniche, una società che evidentemente si appoggiava sullo studio Mossack Fonseca. Al sito Meridionews ha dichiarato: “C’era una situazione risalente a dieci anni fa, ma abbiamo pagato tutte le tasse”. In realtà, Alfio e il fratello Carlo hanno fiutato da tempo il business dell’offshore, inteso come piattaforme petrolifere. La loro azienda Comap si occupa di costruire o riparare trivelle, rimuovere relitti, mettere a posto pontili. Un’impresa che da Augusta ottiene spesso appalti sull’altra sponda del Mediterraneo, lavorando per conto di tutti i big petroliferi e anche per enti pubblici siciliani. Ma i fratelli Fazio guardano lontano e nel 2012 hanno lanciato il progetto per costruire un grande porto turistico nella baia con 291 ormeggi per yacht, operazione benedetta dall’allora governatore siciliano Raffaele Lombardo che prevede un investimento da venti milioni: i lavori sono cominciati nella scorsa estate.

Alfio siede nel comitato portuale di Augusta, come rappresentante degli armatori. E partecipa all’operazione, descritta dai pm di Potenza, per mantenere al vertice del porto Alberto Cozzo, così intimo da condividere cene “di ricci e rutto libero”. Cibo e intrallazzi sono un classico delle inchieste italiane. Ad esempio, l’imprenditore chiede all’ammiraglio Roberto Camerini se sono “sono arrivati tutti i vini e i formaggi, insomma tutto a posto…”. E dopo questo preambolo tanto ghiotto quanto insolito si mette a discutere di affari con l’ufficiale della Marina Militare, passato poi dal comando marittimo della Sicilia a quello dell’intero Nord Italia, incluso l’arsenale di La Spezia, grazie anche – stando ai magistrati – all’intervento del ‘quartierino’ di Gianluca Gemelli e amici. A preoccupare Fazio è l’autorizzazione all’uso di un pontile da parte della sua società, permesso revocato per le esigenze della flotta, che proprio da Augustaconduce i pattugliamenti nel Canale di Sicilia. Su questo fronte, l’industriale chiede aiuto pure al compagno della Guidi, perché la questione pare essere sulla scrivania di Giuseppe De Giorgi, il comandante in capo della Marina, ora indagato.

Nel colloquio con l’ammiraglio Camerini si affacciano altri affari d’alto bordo. Domanda Fazio: “Ti puoi informare su quale iter stanno facendo per la vendita delle o la demolizione di quelle corvette, perché potremmo essere interessati… sì fregate”. L’ammiraglio replica: “Allo stato attuale ancora non c’è… cioè lo stanno producendo ma glielo faccio… te lo faccio saper…appena c’è qualcosa ti faccio sapere, va bene”. Probabilmente stanno parlando delle fregate classe Maestrale, navi da guerra che la Marina sta dismettendo dopo trenta anni di servizio ma che – una volta rimesse a nuovo – riscuotono ancora interesse sul mercato bellico internazionale.

Dalle intercettazioni emerge anche l’interesse di entrare nel più grosso affare di smantellamento mai svolto nel nostro paese: la demolizione della Costa Concordia. Non l’intera nave, ma i colossali cassoni usati per riportarla a galla e trasferirla a Genova. Per ogni evenienza, però, a Fazio viene fatto incontrare anche De Giorgi, il numero uno. Alfio ironizza sul corteo di “una quindicina di auto blu” che accompagna l’ufficiale. E poi si concentra sui nuovi business all’orizzonte: “Sì, i nuovi arrivi di navi sono particolari, modulari il quaranta per cento di quelle che avete al momento, insomma… c’è una fase di dismissione importante…”. E il solito ammiraglio Camerini conferma: “Assolutamente,… è così”.

Da Panama Papers a Potenza: Fazio, l’uomo che voleva rottamare Costa Concordia di GIANLUCA DI FEO