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C’era l’accordo tra Napoli e Roma per Zuniga, De Laurentiis ci ripensa e fa saltare tutto

C’è un clamoroso retroscena su Camilo Zuniga. Come scrive il collega Raffaele Auriemma su Tuttosport, il colombiano sarà a disposizione di Donadoni già nella prossima gara. Il Napoli pagherà il 30% dell’ingaggio e la formula del trasferimento sarà quella del prestito secco. Il Bologna non dovrebbe riscattare il giocatore tra sei mesi. Ma c’è dell’altro. Su Zuniga, il Napoli aveva trovato l’accordo con la Roma, ma De Laurentiis ha fatto saltare tutto all’ultimo secondo perchè teme che il calciatore non sia infortunato e che quindi potesse dare vantaggio ad una diretta rivale.

De Guzman-Carpi, è solo questione di annunci

Come riporta su Tuttosport Raffaele Auriemma sembra che la cessione di De Guzman al Carpi si sia finalmente sbloccata e che si attende solo l’annuncio. Ci sono però dei paletti da chiarire. Il calciatore prima di andare in Emilia, dovrà sottoporsi all’intervento per eliminare del tutto i problemi di pubalgia. Gli emiliani pagheranno anche la metà dell’ingaggio dell’olandese e in più hanno chiesto un giovane inutilizzato da Sarri. Il nome è quello di Luperto.

Possibile pista turca per Rafael, al suo posto potrebbe tornare un azzurro

Si muoverà anche il mercato dei portieri del Napoli? Considerando che Pepe Reina è inamovibile dai pali del San Paolo, e che Gabriel è stato portato in prestito dal Milan dal direttore sportivo Cristiano Giuntoli, l’unico a potersi muovere potrebbe essere l’altro brasiliano Rafael: zero presenze finora, un contratto oneroso che il Napoli cederebbe volentieri: secondo quanto riportato dall’edizione odierna del Corriere dello Sport, l’ex Santos spera di trovare una nuova squadra ed una pista potrebbe portarlo in Turchia al Besiktas. Con l’eventuale cessione di Rafael, a quel punto potrebbero riaprirsi le porte del Napoli per Ferdinando Coppola, cresciuto nel Napoli (partì nel lontano 2000) ma attualmente al Verona.

Esplosione in un poligono a Portomaggiore: tre morti e tre ustionati

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Il capannone che ospitava il poligono di tiro a Portomaggiore

L’incidente è avvenuto attorno alle 9,30 in via Carlo Cattaneo nel comune in provincia di Ferrara. Feriti anche due vigili del fuoco a causa del crollo di un solaio.

 FERRARA – Un’esplosione si è verificata in un poligono di tiro privato a Portomaggiore, in provincia di Ferrara. Nell’esplosione, secondo le prime informazioni dei vigili del fuoco sono morte tre persone e altre tre sono rimaste ustionate. Feriti anche due vigili del fuoco a causa del crollo di un solaio durante le operazioni di spegnimento dell’incendio.

L’incidente è avvenuto attorno alle 9,30 in via Carlo Cattaneo che si trovava al secondo piano di un piccolo capannone di circa 400 metri quadri. Ancora da accertare le cause che hanno provocato l’incidente. L’esplosione ha provocato un violento incendio, ancora in corso. Sia i tre ustionati sia i due vigili del fuoco coinvolti nel crollo del solaio sono stati trasportati in ospedale.

Il comando provinciale carabinieri, che sta operando assieme ai vigili del fuoco, non ha confermato ancora un bilancio esatto dell’incidente. Sulle cause dello scoppio si fanno per ora ipotesi, da un problema all’impianto elettrico alla saturazione di gas nell’ambiente.

Il Papa scrive: “Corruzione, peccato che diventa un modo di vivere”. FRANCESCO*

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La corruzione è il peccato che invece di essere riconosciuto come tale e di renderci umili, viene elevato a sistema, diventa un abito mentale, un modo di vivere. Non ci sentiamo più bisognosi di perdono e di misericordia, ma giustifichiamo noi stessi e i nostri comportamenti. Gesù dice ai suoi discepoli: se anche un tuo fratello ti offende sette volte al giorno e sette volte al giorno torna da te a chiederti perdono, tu perdonalo. Il peccatore pentito, che poi cade e ricade nel peccato a motivo della sua debolezza, trova nuovamente perdono, se si riconosce bisognoso di misericordia. Il corrotto, invece, è colui che pecca e non si pente, colui che pecca e finge di essere cristiano, e con la sua doppia vita dà scandalo. Il corrotto non conosce l’umiltà, non si ritiene bisognoso di aiuto, conduce una doppia vita. Nel 1991 avevo dedicato a questo tema un lungo articolo, pubblicato come piccolo libro Corrupción y pecado  [nella versione italiana Guarire dalla corruzione, N. d. R.]. Non bisogna accettare lo stato di corruzione come se fosse soltanto un peccato in più: anche se spesso si identifica la corruzione con il peccato, in realtà si tratta di due realtà distinte, seppure legate tra loro. Il peccato, soprattutto se reiterato, può portare alla corruzione, non però quantitativamente  –  nel senso che un certo numero di peccati fanno un corrotto  –  quanto piuttosto qualitativamente: si generano abitudini che limitano la capacità di amare e portano all’autosufficienza. Il corrotto si stanca di chiedere perdono e finisce per credere di non doverlo più chiedere. Non ci si trasforma di colpo in corrotti, c’è un declino lungo, nel quale si scivola e che non si identifica semplicemente con una serie di peccati. Uno può essere un grande peccatore e ciononostante può non essere caduto nella corruzione. Guardando al Vangelo penso ad esempio alle figure di Zaccheo, di Matteo, della samaritana, di Nicodemo, del buon ladrone: nel loro cuore peccatore tutti avevano qualcosa che li salvava dalla corruzione. Erano aperti al perdono, il loro cuore avvertiva la propria debolezza, e questo è stato lo spiraglio che ha fatto entrare la forza di Dio. Il peccatore, nel riconoscersi tale, in qualche modo ammette che ciò a cui ha aderito, o aderisce, è falso. Il corrotto, invece, nasconde ciò che considera il suo vero tesoro, ciò che lo rende schiavo, e maschera il suo vizio con la buona educazione, facendo sempre in modo di salvare le apparenze.

*larepubblica

Il primo libro di Francesco: “Nessun peccato è troppo grande per Dio”. PAOLO RODARI*

(TERZA PAGINA)
CITTÀ DEL VATICANO. Un affondo profondissimo nel cuore del cristianesimo e, dunque, nell’essenza del pontificato di Francesco: Dio è misericordia, nessun peccato è troppo grande ai …
CREATO IL 10 GENNAIO 2016

Il primo libro di Francesco: “Nessun peccato è troppo grande per Dio”. PAOLO RODARI*

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CITTÀ DEL VATICANO. Un affondo profondissimo nel cuore del cristianesimo e, dunque, nell’essenza del pontificato di Francesco: Dio è misericordia, nessun peccato è troppo grande ai suoi occhi. È il succo del primo libro del Papa, “Il nome di Dio è misericordia” (Piemme), scritto col vaticanista Andrea Tornielli e che sarà presentato a Roma il 12 gennaio (data di uscita in contemporanea in 86 Paesi) con la presenza di Roberto Benigni e diretta di Tv2000.

Il primo libro di Francesco: "Nessun peccato è troppo grande per Dio"

Francesco l’ha sentito nel proprio intimo fin dall’inizio del suo pontificato: è questo il tempo propizio, il “kairòs” della misericordia. Non c’è n’è mai troppa nella Chiesa. E ricorda, Francesco, il suo predecessore Albino Luciani che in un’omelia parlò di padre Lepoldo Mandic che veniva accusato di essere troppo largo in confessionale: “È stato il Signore a essere largo”, rispose. “Bisogna entrare nel buio, nella notte che attraversano tanti nostri fratelli”, dice oggi Francesco. Bergoglio fa esempi concreti. Tre più di altri sorprendono, perché testimoniano la larghezza d’animo di un pastore che ha fatto sua l’idea che la Chiesa o è “prossima” alla gente – “propter homines” – o non è. Il primo è il racconto di una sua nipote che si è sposata civilmente con un uomo prima che lui potesse avere il processo di nullità matrimoniale. “Quest’uomo era tanto religioso – spiega il Papa – che tutte le domeniche andando a messa andava al confessionale e diceva: “Io so che lei non mi può assolvere, ma ho peccato in questo e quest’altro, mi dia una benedizione”. Questo è un uomo religiosamente formato”. Il secondo esempio è un ritorno sulle parole che il Papa disse di ritorno dal viaggio in Brasile nel 2013 a proposito delle persone omosessuali: “Chi sono io per giudicare?”. Francesco rivela che gli piace il fatto che “si parli di “persone omosessuali”: prima c’è la persona, nella sua interezza e dignità. E la persona non è definita soltanto dalla sua tendenza sessuale: non dimentichiamoci che siamo tutti creature amate da Dio, destinatarie del suo infinito amore. Io preferisco che le persone omosessuali vengano a confessarsi, che restino vicine al Signore, che si possa pregare insieme. Puoi consigliare loro la preghiera, la buona volontà, indicare la strada, accompagnarle”. “La Chiesa non è al mondo per condannare ma per accogliere”, dice Francesco. E di ciò si accorse una prostituta di Buenos Aires (terzo esempio). Ricevette dalla Caritas un pacco per Natale. Ringraziò Bergoglio non per il regalo, ma perché, gli disse, “lei non ha mai smesso di chiamarmi “signora””. È la delicatezza di un Papa che vuole prossimità, insistendo su misericordia e tenerezza di Dio, tratti salienti di un magistero che già al Concilio portarono a un nuovo inizio.

Papa Francesco battezza 26 bambini. Alle mamme: “Sentitevi libere di allattarli anche qui”

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Il pontefice ha celebrato la messa nella Cappella Sistina nel giorno della festa del Battesimo di Gesù.

CITTA’ DEL VATICANO – “Se i vostri figli piangono perché hanno fame, sentitevi libere di allattarli, anche qui”. Sono le parole che Papa Francesco ha detto alle mamme nel giorno della festa del Battesimo del Signore, durante la messa  nella Cappella Sistina, in cui il pontefice ha battezzato 26 bambini, 13 maschi e 13 femmine. Anche un anno fa Bergoglio aveva detto le stesse parole, elogiando l’allattamento.

“Oggi portate qui i figli per ricevere il battesimo, così la fede viene trasmessa da una generazione all’altra, come una catena. Questi bambini e queste bambine passati gli anni occuperanno il vostro posto con un altro figlio, il vostro nipotino. Non dimenticatevi che la più grande eredità che voi potete dare ai vostri bambini è la fede” ha detto il Papa durante l’omelia.

Saviano: quella sesta stella nera che rischia di diventare una macchia indelebile. ROBERTO SAVIANO*

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La vicenda di Quarto e i 5 Stelle. La delusione per l’incapacità di reggere una sfida come questa può condizionare il giudizio sul Movimento alle amministrative

Il Consiglio comunale di Quarto va sciolto per infiltrazione camorristica. Non importa quanti siano i voti portati dal consigliere espulso Giovanni De Robbio: quanto accaduto rischia di diventare un punto di non ritorno per il Movimento 5 Stelle. Il balletto sulle dimissioni del sindaco Rosa Capuozzo rischia di diventare una macchia indelebile, la sesta stella, la blackstar che offusca tutte le altre. Quarto è la storia di un cortocircuito. La prassi di raccogliere dossier per poter screditare l’avversario politico (che abbiamo chiamato macchina del fango), ha finito per trovare una sinistra corrispondenza, anche se sottile e camuffata, nei processi sui blog o in televisione.

Quello che pare essere accaduto a Quarto è un caso di scuola. Da una parte la conferma della terribile regola che vede la camorra schierarsi sempre al fianco di chi vince o quanto meno attiva nello strumentalizzare quelle vittorie; dall’altro un sindaco che ora dopo ora si è mostrato sempre più inadeguato al ruolo, soprattutto in quella realtà così complessa, dove niente è come sembra. Ma la storia di Rosa Capuozzo ha una ricaduta ancora più drammatica poiché conferma che la politica in Italia è solo arte del ricatto; non si esce da questa logica, chiunque sia al governo. Del resto la purezza è un concetto non applicabile alla vita reale: tutti gli esseri umani commettono errori e hanno contraddizioni, che stranamente non vengono valutati se non quando si ha un ruolo istituzionale. E come un serpente che si morde la coda, quanto più in alto abbiamo posto l’asticella della “purezza&onestà”, più grande sarà lo scandalo a prescindere dall’entità e dalla natura dell’errore, commesso o meno. Ma il nodo per comprendere questa situazione è la analisi della prassi delle espulsioni, che nei propri opachi contorni è sempre più vissuta dall’opinione pubblica come una pratica di epurazione. Del resto, cosa sono le espulsioni se non il mettere alla gogna chi non ha rispettato il programma, l’additare alla folla il reo? Rosa Capuozzo è colpevole, non eventualmente di abusivismo edilizio (di cui non conosciamo la portata e la natura), ma di essersi presentata come parte lesa invece che come amministratrice inadeguata; d’altro canto, lo scioglimento per infiltrazioni camorristiche del Consiglio comunale non farebbe giustizia alla storia di un Movimento, intrisa di ingenuità politica ma non di disonestà o peggio di connivenze con la camorra.

C’è una storia che riguarda Quarto che voglio raccontare. Come spesso accade, i clan investono in società di calcio per ottenere consenso sul territorio, ma anche per riciclare denaro e camuffare il racket con le sponsorizzazioni imposte ai commercianti e agli imprenditori locali. La “Quarto Calcio” apparteneva al clan Polverino – storica cosca attiva nell’area nord di Napoli e legata alla famiglia Nuvoletta, a sua volta in rapporto con la mafia di Corleone -, un clan potentissimo e particolarmente attivo nel traffico di stupefacenti, che ha da sempre avuto un ruolo di primo piano proprio per lo storico legame con Cosa Nostra. A febbraio 2011 la DDA di Napoli sequestra la squadra di calcio ai Polverino e la affida a “Sos Impresa”, un ente antiracket. Il sostituto procuratore Antonello Ardituro, oggi al Csm, diventa il presidente onorario della “Nuova Quarto Calcio”. Nel 2013 la squadra viene promossa in Eccellenza e sembra prendere corpo il mantra che a Quarto ci si ripeteva: “Con la legalità si vince sempre”.

Ma il territorio non fa cerchio, gli atti di sabotaggio sono sempre più frequenti e prendono di mira anche lo stadio Giarrusso, quello stesso stadio tornato in gestione al comune sotto il sindaco pentastellato. L’anno scorso l’avventura della squadra della legalità si è conclusa a dimostrazione che la legalità non vince sempre, non vince se la società civile è distratta e impaurita. Non vince se la politica non comprende come queste esperienze siano un collante vero. Che Quarto non fosse un comune come un altro era evidente sin dal principio ed è per questo che la vittoria alle amministrative del Movimento 5 Stelle ha costituito un fatto per certi versi epocale, ma purtroppo per la cittadinanza, dopo sei mesi sembra già venuto il momento del bilancio finale, per un’amministrazione che esce del tutto delegittimata. Il piano politico è quello dunque più significativo oggi ed è bene dire, senza esitazioni, che la delusione per l’incapacità di reggere il confronto con una sfida davvero probante, non può che condizionare il giudizio sulla capacità strutturale del Movimento di proporsi credibilmente alle amministrative che si terranno quest’anno nelle tre più grandi città italiane. Se alle criticità il Movimento è in grado di opporre la sola prassi dell’espulsione, allora il futuro è tutt’altro che roseo e la provocatoria invocazione “onestà, onestà”, risuonata nell’aula del consiglio comunale di Quarto, e proveniente dal pubblico di militanti del Partito Democratico, ha finito per essere un amaro contrappasso, una grottesca inversione di ruoli.

Ciò che è accaduto a Quarto, ma qualche giorno fa anche a Gela (mi si potrebbe obiettare che le giunte guidate dal Movimento sono 16 e che non è giusto citare solo i casi critici: rispondo che sono i casi critici a mostrare le potenzialità di un movimento politico), ci dice chiaramente che le espulsioni non servono a creare gli anticorpi necessari per amministrare realtà complesse. Mi domando, infatti, cosa accadrà se e quando il Movimento dovesse governare realtà metropolitane in cui politica è giocoforza compromissione, nel senso positivo del termine di dover condividere decisioni importanti anche con altre forze sociali e più in generale con il territorio. Di fronte alle accuse, che ci sono e che ci potrebbero essere, non si può rispondere: voi siete peggio di noi. Non funziona così, i conti non tornano: se il nuovo è solo sentirsi migliori di quello che c’era prima, non è detto che questo sentimento basti a creare le condizioni per essere in grado di amministrare. Io stesso, quando il Movimento 5 Stelle vinse a Quarto, pensai e parlai di un successo del voto di opinione, in un contesto storicamente condizionato dagli interessi della camorra. Invece oggi il caso Quarto rischia di confermare nel cittadino l’idea che la politica in Italia viva solo nelle possibilità di ricatto e che non si possa uscire da questa logica. Rischia di confermare l’idea che non esista davvero la possibilità di evitare di candidare soggetti che prima o poi potrebbero risultare impresentabili. Ma questo non è vero: la conoscenza del territorio, insieme a strutture interne democratiche di pesi e contrappesi, sono le uniche prassi sicure di selezione e metterebbero al riparo da procedimenti di espulsione tipici di una logica da imbonitore. Invece il caso Quarto, per mancanza di competenze e di conoscenza del territorio, finisce per confermare la convinzione distruttiva che viviamo in una democrazia strutturalmente corrotta e arretrata, dove nessuno può ergersi a moralizzatore, perché i giustizieri, prima o poi, finiscono giustiziati. Chi può escludere oggi che l’inconveniente verificatosi a Quarto non possa ripetersi a Roma, a Milano o a Napoli?

E se dovesse capitare di nuovo? Se altre criticità dovessero riguardare la figura del sindaco eletto o di un importante assessore – a oggi nulla sappiamo sulla identità dei potenziali candidati e anche questa è vecchia, cattiva politica – cosa ha da proporre come rimedio politico il Movimento, oltre all’espulsione? Che sarà anche catartica, ma che non risolve i problemi enormi di realtà complesse.

La fedina penale immacolata non è sufficiente a evitare futuri imbarazzi: il boss Zagaria ha utilizzato come suoi referenti persone che lo avevano denunciato per racket e che quindi indossavano abusivamente la maglia dei “giusti”. Le mafie da anni cercano di utilizzare persone senza precedenti, cercano tra i parenti di vittime delle mafie, cercano insospettabili. Quindi come avere soltanto la garanzia della fedina penale? Bisogna munirsi di altri meccanismi di valutazione che non siano inquisitoriali ma semplicemente presenza sul territorio e approfondimento. Sono anni che diciamo quanto le mafie non siano più riconducibili allo stereotipo di coppola e lupara, e abbiano come elementi interni faccendieri dai curricula immacolati, il cui ruolo è proprio fare da collegamento tra l’imprenditoria legata ai clan e la politica. E allora è lecito chiedersi: se le mafie avvicinano il Movimento lo fanno perché è mafioso? Assolutamente no. Lo fanno perché con le sue logiche di reclutamento è facile infiltrarlo, perché sospettano che l’inesperienza di governo possa lasciare spiragli (come sarebbe accaduto a Quarto) per ottenere appalti, ricattare assessori, consiglieri comunali e sindaci. Le mafie stanno provando a infiltrare M5S perché dove la parola d’ordine è purezza e onestà, sanno benissimo come gettare ombre, come far cadere una persona, come bloccare un percorso politico. Se predichi onestà qualsiasi graffio ti farà cadere, mentre dall’altra parte resterà in sella chi il problema dell’onestà non se l’è mai nemmeno posto.

E se il Movimento non sarà in grado di imparare e trarre profitto dallo sbandamento di queste ore, il caso Quarto potrebbe pesare come un macigno sulle possibilità di offrire una credibile ed efficiente alternativa ai partiti tradizionali, nonostante i venti di tempesta giudiziaria che oramai soffiano sempre più impetuosi dalle parti di Palazzo Chigi. Eppure il meccanismo inquisitoriale che sottende la logica delle epurazioni, in continuità con la matrice puritana propria della tradizione comunista, è in contrasto con l’ammirazione che il Movimento 5 Stelle prova verso Sandro Pertini, riformista socialista che sull’esempio di Filippo Turati e Anna Kuliscioff, contrastò l’intransigenza bolscevica “o tutto si cambia o nulla serve”, spingendo al contrario verso trasformazioni graduali per rafforzare i meccanismi di legalità e giustizia. Negli anni più bui furono loro che salvarono il sentire democratico e socialista dalle derive totalitarie.

Quando è il momento di governare e di assumersi responsabilità, il cortocircuito innescato dai processi sommari a mezzo blog a soggetti infedeli ti presenta il conto: oggi è fin troppo chiaro che non basta candidare incensurati per avere la certezza che non commettano reati nel corso del loro mandato. Ed è altrettanto chiaro che non basta espellere chi non rispetta le “regole” per preservare un percorso politico. Il rischio – non faccio ironia – è che ne resti uno solo, il più puro, che finirà per espellere tutti gli altri.

*larepubblica

L’Europa è a pezzi e l’Italia è tagliata a fettuccine. EUGENIO SCALFARI *

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Cominciamo dall’Europa: è completamente a pezzi.

In Germania la Cancelliera Angela Merkel ha compiuto un errore dietro l’altro. Il primo sembrò – e probabilmente lo era – un atto che restituiva all’Europa la sua dignità di presidio della civiltà occidentale: aprì la porta ai rifugiati che fuggivano dalla guerra in Siria, dalla morte, dalla fame, dalla schiavitù. Un milione di immigrati arrivò in terra tedesca trovandovi sostegno e – almeno in parte – anche lavoro. Ma quella pacifica invasione non piacque affatto agli alleati bavaresi della Cdu, il partito della Cancelliera. La destra tedesca si manifestò contro la Merkel anche in Parlamento. Gran parte del ceto medio si schierò contro di lei ad un anno e mezzo dalle prossime elezioni politiche.

Per evitare il peggio la Merkel bloccò – temporaneamente – ogni ulteriore ingresso di immigrati e proclamò che avrebbe espulso tutti quelli che non avessero rispettato le leggi vigenti. Ma, come se tutto ciò non bastasse, ci furono le turpi notti di Colonia e di Amburgo, l’assalto di centinaia di facinorosi alle donne che passeggiavano nel pieno centro della città, a Colonia specialmente tra il duomo e la stazione ferroviaria centrale. Palpeggiamenti lubrichi, borseggio, stupri, con la polizia incapace di fronteggiare un episodio che dir turpe è dir poco. La Merkel in questo momento si trova nel punto più basso della sua popolarità, con ripercussioni inevitabili nei confronti delle Autorità di Bruxelles. Tutto ciò non fa che stimolare l’autonomia dei singoli Paesi membri dell’Ue con le conseguenze che questa situazione comporta.

Nel frattempo altri Paesi, per bilanciare il flusso inevitabile di immigranti, hanno eretto muraglie di cemento e di filo spinato nonché le polizie di frontiera e addirittura l’esercito: la Polonia, l’Ungheria, la Repubblica Ceca, la Slovacchia, la Romania, la Slovenia, la Danimarca, la Svezia e perfino la Francia. Il trattato di Schengen che aveva abolito i confini interni tra le Nazioni europee, di fatto non esiste più anche se Bruxelles proclama che è tuttora pienamente valido ma soltanto temporaneamente sospeso. Parole. Allo stato dei fatti non lo è, ma se l’ipotesi della sua piena ripresa non avrà luogo entro i prossimi tre o quattro mesi, l’Europa come Unione non esisterà più proprio nel momento in cui la buona stagione farà riprendere massicciamente i viaggi per mare. L’emigrazione, come più volte ha detto papa Francesco, non si fermerà, perché nella società globale tutto si muove a cominciare da interi popoli. Dalla fame e dalla schiavitù, gli individui, le famiglie e popoli interi vanno verso il benessere. Durerà almeno cinquant’anni questo fenomeno e nessuno potrà fermarlo. Ma il primo effetto non è quello dell’accoglienza, ma del respingimento, sicché la politica si sta spostando: emerge l’indifferenza e nel contempo reggono partiti e movimenti di destra con tutto quel che ne segue.

Immigrazione a parte, la Spagna non è riuscita a formare un governo dopo le elezioni e voterà di nuovo nei prossimi mesi. Portogallo e Irlanda si trovano in pessime acque. La Grecia è in grave difficoltà.

Questo è il panorama. Dire che è pessimo è ancora dir poco. E l’Italia?

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Di fronte al peggio degli altri Paesi sembra a molti che l’Italia sia il meglio. Per certi aspetti è vero, per altri no.

È certamente meglio per quanto riguarda la flessibilità economica perché con un’Europa che è ormai incapace di esistere politicamente e soltanto con una burocrazia abbandonata da ogni lato a se stessa, l’Italia da sola decide ciò che le sembra più opportuno: politica economica keynesiana, mance e mancette a fini elettorali, aumento di potere del premier che marcia ormai con passo veloce e sicuro verso l’istituzione costituzionale di una premiership che è da sempre il suo obiettivo.

L’Italia è uscita da tempo dalla recessione, ma negli ultimi mesi sembra aver imboccato la crescita economica, sia pure a lenti passi e ancora con grande fragilità. Questa crescita tuttavia è in parte figurativa. La diminuzione della disoccupazione e l’aumento dell’occupazione riguardano la prima lavoro precario, la seconda lavoro a tempo indeterminato con un costo di decontribuzione notevole e comunque determinata dall’aumento di consumi e degli investimenti. I consumi qualche ampliamento l’hanno avuto, gli investimenti ancora no.

Tutto ciò avviene comunque in presenza di un debito pubblico che è tra i più alti del mondo e non accenna a diminuire se non nelle previsioni che da due anni ci assicurano del loro avverarsi entro tre mesi. Prevedere è facile ma due anni sono comunque passati e quei tre mesi non li abbiamo visti. I guai per l’Italia non sono solo questi; ci sono le banche, c’è una premiership faccendiera, c’è un Parlamento svuotato d’ogni potere, c’è alle viste un referendum costituzionale che quanto di peggio si possa concepire, c’è l’evasione e la corruzione che il presidente Mattarella ha stigmatizzato nel messaggio di fine anno come un elemento peggiore e largamente diffuso. E poi c’è la Libia, dove abbiamo rivendicato il nostro ruolo di protagonista che ci è stato riconosciuto dall’Europa e dalle Nazioni Unite, ma che almeno finora non siamo stati assolutamente in grado di attuare mentre il Califfato e i suoi uomini, valutati in circa diecimila, assaltano particolarmente la Tunisia, il governo di Tobruk, quello di Tripoli, l’oleodotto di petrolio e di gas e alimentano il traffico degli scafisti. Insomma, si sono ormai militarmente insediati di fronte all’Italia mentre noi continuiamo ad offrire alla diplomazia il nostro ormai risibile protagonismo in politica estera.

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Le banche, specialmente quelle popolari e locali, non sono certo una cosetta da poco. I crediti in sofferenza hanno ormai toccato per l’intero sistema italiano oltre i 300 miliardi e poiché una cifra simile assai difficilmente può essere ceduta ad un’impresa di recuperi, deve essere ripianata con aumenti di capitali, diminuzione di personale, concentrazioni di agenzie e soprattutto acquisto di titoli pubblici. Con quale danaro? Con il Qe della Banca centrale, restringendo l’erogazione di crediti alla clientela. È vero che Draghi vincola almeno una parte della liquidità che fornisce alle banche a prestiti alla clientela, ma quest’ultima è ancora intorpidita e quando non lo è le banche violano l’impegno assunto con la Bce, specie quelle locali e popolari di piccole dimensioni.

Le quattro banche popolari in stato di completo dissesto sono state ispezionate dalla Banca d’Italia, con speciale attenzione alla Banca Etruria che è la principale tra loro. Le ispezioni sono iniziate nel 2013 e sono continuate fino alla fine del 2014. A quel punto la Banca d’Italia ha formulato vere e proprie “incolpazioni” ai dirigenti, la Procura di Arezzo ha aperto un’inchiesta ed ha mobilitato la Guardia di Finanza. L’insieme di questi documenti è stato reso pubblico. Il governo dal canto suo, col provvedimento sulla “Buona Banca”, ha costituito quattro nuove banche riunendo il dissesto in una “bad bank” o banca cattiva che dir si voglia, addossandone il peso a coloro che sono incappati in obbligazioni e investimenti quanto mai insicuri.

Dai documenti resi pubblici dalla Banca d’Italia e dalla Guardia di Finanza per quanto riguarda Banca Etruria, le incolpazioni riguardano l’ex presidente Lorenzo Rosi, i due vicepresidenti Alfredo Berni e Pierluigi Boschi, più molti componenti del consiglio d’amministrazione tra i quali il più incolpato dalla Procura è Luciano Nataloni. Tra le società citate in affari scorretti o addirittura colpevoli c’è soprattutto la Castelnuovese guidata da Rosi e altre con intrecci e partecipazioni variamente incrociati tra le quali la Nikita Invest che pare detenga il 41 per cento della Party srl, la cui maggioranza appartiene a Tiziano Renzi, padre del nostro presidente del Consiglio.

Questo è il panorama, in attesa del giudizio della Procura aretina. Speriamo sulla Buona Banca e negli arbitrati di necessario approfondimento affidati a Raffaele Cantone. Per noi, testimoni di quanto accade, non c’è che turarsi il naso.

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Debbo ora parlare di nuovo, come già feci domenica scorsa, del referendum costituzionale, detto correntemente confermativo, che Renzi ha deciso si svolga nel prossimo autunno. L’intera materia è disegnata dalla Costituzione negli articoli 75 e 138. Poiché su questo argomento si sono aperte vivaci polemiche, approfondiamo il tema che sembra a me di massima importanza.

L’articolo 75 dice: “È indetto referendum popolare per decidere l’abrogazione totale o parziale d’una legge, quando lo richiedano cinquecentomila elettori o cinque Consigli regionali. Hanno diritto di partecipare al referendum tutti i cittadini chiamati ad eleggere la Camera dei deputati. La proposta di referendum è approvata se ha partecipato alla sua votazione la maggioranza degli aventi diritto e se è raggiunta la maggioranza dei voti validamente espressi” dunque per il referendum abrogativo ci vuole il quorum del 50,1 per cento degli aventi diritto.

I passi essenziali dell’articolo 138 sono i seguenti: “Le leggi sulla revisione della Costituzione sono adottate da ciascuna Camera con due successive deliberazioni a intervallo non minore di tre mesi e sono approvati a maggioranza assoluta di ciascuna Camera nella seconda votazione. Le leggi stesse sono sottoposte a referendum popolare quando, entro tre mesi dalla loro pubblicazione, ne faranno domanda un quinto dei membri d’una Camera o cinquecentomila elettori o cinque Consigli regionali. La legge sottoposta a referendum non è promulgata se non è approvata dalla maggioranza dei voti validi. Non si fa luogo a referendum se la legge stessa è stata approvata da ciascuna delle Camere a maggioranza di due terzi dei suoi componenti”. Quest’ultima parte del 138 spiega chiaramente il motivo per il quale Renzi ha chiesto il referendum: non avrebbe mai raggiunto al Senato e forse neppure alla Camera la maggioranza dei due terzi, e quindi non c’era che fare ricorso ad un referendum confermativo che a differenza dell’abrogativo non ha alcun quorum da rispettare. Basta che partecipino qualche centinaia di migliaia su un elettorato di circa 40 milioni di cittadini, affinché sia valido. La mia ipotesi di solo tre persone votanti, da me formulata domenica scorsa, è ovviamente un’iperbole, ma se si verificasse, il referendum confermativo avrebbe il suo effetto.

La domanda sulla quale fervono le polemiche è dunque questa: perché la Costituzione non ha previsto un quorum? Per l’abrogazione sì, l’ha previsto, ma per una legge costituzionale che non abbia ottenuto i due terzi da entrambe le Camere no, non c’è quorum.

Dicono i sostenitori di questa procedura costituzionale che, non prevedendo alcun quorum, si dà voce e potere ad una minoranza e questo è un bene per la democrazia.

Detto così il concetto è giusto: si dà un potere ad una minoranza, quindi la democrazia è tutelata. Ma non è affatto così. Senza il quorum il potere si dà, in assenza d’una maggioranza assoluta, ad una maggioranza relativa. Cioè si dà un premio alla maggioranza delle minoranze così come avviene nella legge elettorale con il premio non a chi ha il 50 più 1 dei voti ma a chi ha il 40. Si premia una minoranza? No, si premia la maggioranza relativa e la si rende schiacciante visto che non poteva avere i due terzi del Parlamento.

Quindi il referendum confermativo dev’essere osteggiato da un contro referendum propositivo che chieda un quorum. Oppure la maggioranza senza quorum può dire no bocciando il confermativo.

Personalmente non credo che avverrà. Crescerà l’astensione, questo è probabile, ed avremo un Paese guidato da una premiership di minoranza. Coi tempi bui nei quali viviamo può essere una soluzione, ma non certo democratica e tanto meno di sinistra. Andranno a votare gli elettori abbienti e le clientele dei vari emirati. Anche su questi ci vorrebbe una vigilanza. Se vorrà assumerla la spettanza è di Sergio Mattarella che dovrà fischiare un fallo quando lo vede. Forse sarebbe bene che usasse una moviola, cioè la libera stampa quando documenta un qualcosa che metta in gioco i principi della Costituzione democratica e repubblicana.

*larepubblica

ROMA 1 MILAN 1: La sfida delle panchine finisce in X. La Roma non guarisce dalla pareggite. Garçia in bilico? (VIDEO)

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Roma- La Roma all’Olimpico, in versione serale, affronta il Milan di Mihailovic per la 19esima gara di campionato.

Due allenatori che lottano per la propria panchina, l’obiettivo per entrambi era vincere.

L’attesissimo match si chiude invece con l’ennesima pareggite all’Olimpico, tra i fischi di un pubblico stanco e disilluso. Il tecnico giallorosso si gioca anche la “carta Totti”, ma non va oltre l’1-1. Il destino del francese rimane in bilico.

Primo tempo

Inizio aggressivo della Roma che costringe i rossoneri nella propria metà campo. La zampata vincente arriva al 5’ su punizione di Pjanic che mette in area, Rudiger non perdona e batte in rete la palla del vantaggio romanista.

Roma 1 Milan 0

Un minuto dopo, occasione di raddoppio per la Roma: Pjanic al limite dell’area ci prova calciando di prima intenzione, palla di poco fuori a lato.

Il rossoneri non appaiono al top della forma. Al quarto d’ora di gioco, i ritmi sono piuttosto blandi.

Al 20’ occasione per la Roma: Rudiger di testa sfiora il secondo gol, la traversa si oppone al raddoppio!

Il Milan risponde al 26’ con un tiro piccante di Bacca che anticipa Sczsney, ma l’intervento provvidenziale di Manolas allontana il pericolo.

Al 27’ ammonito Kucka per aver fermato Gervinho irregolarmente.

Poco dopo Manolas pareggia i conti atterrando Luiz Adriano, giallo anche per lui.

Al 34’ brutta entrata di Pjanic su Bonaventura, il difensore si guadagna l’ammonizione.

Ultima occasione per la Roma prima del fischio dell’half time, Iago Falque in area, servito da Gervinho, spreca tirando tra le braccia del portiere. Non c’è tempo per il recupero, l’arbitro manda tutti negli spogliatoi.

Secondo tempo.

Nella ripresa entra Castan al posto di Manolas.

Al 51’ pareggio del Milan: lancio lungo di Honda in area, Kucka stacca più in alto di Florenzi e, di testa, piazza in rete la palla del prezioso 1-1

Roma 1-Milan 1

La Roma fatica a crescere in questa fase, il Milan è ora più aggressivo. Garçia manda in campo Salah, l’attaccante sostituisce un deludente Iago Falque. Ma i rossoneri incalzano a ritmi serrati, si susseguono le occasioni per la squadra ospite: prima Bacca poi Kucka mettono a dura prova i riflessi di Szczesny, obbligato a parare a ripetizione. L’ultimo brivido al 64’ è la traversa per il Milan! Bacca fa partire un siluro che avrebbe sorpreso perfino il portiere se il montante non si fosse messo di traverso!

Per porre fine a questo assedio, Garçia gioca il suo ultimo bonus e manda in campo il capitano! Totti entra al posto di Sadique.

I rossoneri continuano a dominare la gara, Florenzi prova a dare una sterzata, all’84’, con una conclusione dai 25 metri che esce fuori di poco.    

Intanto ultimo cambio anche per Sinisa Mihajlovic, Niang entra al posto di Bonaventura.

Ammonito Bertolacci per fallo su Salah e all’88 ammonito anche Nainngolan per vivaci proteste.

Tre i minuti di recupero, la Roma chiude in attacco con una sequenza di errori,  non coordina le azioni, sbaglia molti passaggi, non riesce a concretizzare l’atteso vantaggio.

Ancora un pareggio, ancora fischi a raffica dall’Olimpico di Garçia.

FORMAZIONI

ROMA (4-3-3):Szczesny; Florenzi, Manolas, Rüdiger, Digne; Pjanic, De Rossi, Nainggolan; Gervinho, Sadiq, Iago Falque

A disp.:De Sanctis, Lobont, Castan, Gyomber, Maicon, Torosidis, Vainqueur, Palmieri, Machin, Salah, Totti, Tumminello

All.:Garcia

MILAN (4-4-2):Donnarumma; Abate, Zapata, Romagnoli, De Sciglio; Honda, Kucka, Bertolacci, Bonaventura; L.Adriano, Bacca

A disp.:Abbiati, Livieri, Mauri, Mexes, Ely, Poli, Montolivo, Niang, Antonelli, De Jong, Boateng, Calabria

All.:Mihajlovic

Arbitro: Orsato

Totale spettatori: 34.777

Totale incasso: €. 1.238.175,00

 

https://www.youtube.com/watch?v=12vMu93oqdI&feature=youtu.be

 

https://www.youtube.com/watch?v=Qz6KSSx58No&feature=youtu.be

Colonia: scontri tra polizia e manifestanti. Merkel: “No diritto asilo se commessi reati”

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In piazza i militanti del movimento anti-islamico Pegida e del partito di estrema destra ‘Pro Koehln’ e organizzazioni anti-razziste. Lancio di oggetti contro gli agenti. Gruppi di femministe sulla scalinata del Duomo. Cdu diffonde la ‘dichiarazione di Magonza’: procedure più severe nei confronti di criminali stranieri. Sale a 379 il numero delle denunce per i fatti di Capodanno

BERLINO – Tensione a Colonia, blindata per una giornata ad alta tensione, con due manifestazioni nel centro della città, a seguito delle aggressioni avvenute la notte di Capodanno contro le donne. In piazza sono scesi da un lato i militanti del movimento anti-islamico Pegida e del partito di estrema destra ‘Pro Koehln’; dall’altro, con una contro-manifestazione, organizzazioni anti-razziste. La polizia, presente in forze e con molti automezzi blindati, anche con cannoni ad acqua, ha dovuto utilizzare gli idranti e i lacrimogeni per disperdere alcuni manifestanti, dopo che erano stati accesi alcuni fumogeni e c’era stato un lancio di oggetti.

Ferito un giornalista. Una portavoce della polizia di Colonia ha riferito che un giornalista è rimasto ferito negli scontri. Testimoni oculari citati dall’agenzia di stampa Dpa raccontano di altri feriti, alcuni con tagli sul volto, ma la polizia non ha confermato.

Manifestazione sospesa. Dopo gli scontri, la manifestazione è stata sospesa. Prima del corteo, Lutz Bachmann, cofondatore di Pegida (“Europei patriottici contro l’islamizzazione dell’Occidente”) ha messo online un foto con la maglietta “no ai rifugiati violentatori”. Di fronte, divisi da transenne e poliziotti, i dimostranti della sinistra e dei gruppi anti-razzisti. Sempre secondo una stima della polizia, sarebbero 1.700, di cui la metà hooligans.

 
Flash mob al Duomo.In mattinata, un flash mob è stato organizzato da gruppi di femministe sulla scalinata del duomo di Colonia: “Rispetto, solidarietà e nessuna tolleranza” è lo slogan più scandito. Un concetto ribadito anche nei tanti cartelli issati. Le femministe hanno utilizzato fischietti e agitano tamburelli riempiendo di suoni la piazza antistante il Duomo.

Pegida all’attacco. Già ieri sera si è svolta nella città tedesca una manifestazione della destra xenofoba e islamofoba capeggiata dal movimento Pegida. Questo movimento, nato nell’autunno del 2014 a Dresda, nell’est della Germania, ha immediatamente approfittato dell’occasione per farsi portavoce della paura e dello sconcerto suscitato dagli eventi di Capodanno nella città renana.

Regole più dure. E, sempre ieri, il capo della polizia di Colonia si è dimesso, dopo le polemiche esplose per la carenza di sicurezza e il numero esiguo di agenti in servizio. La cancelliera Angela Merkel ha assicurato “che la piena verità sarà messa sul tavolo” senza “sconti ed edulcorazioni”.

Merkel: “A Capodanno azioni disgustose“. “Abbiamo assistito ad azioni criminali disgustose con donne attaccate e molestate”. Così il cancelliere Angela Merkel è tornata oggi sulle centinaia di donne molestate il primo gennaio a Colonia e ha annunciato che “vanno cambiate le leggi, che siano più dure, e che poi vanno effettivamente applicate”. La cancelliera ha poi riconosciuto che la Germania “si trova ad affrontare nuove sfide e che si è avuta l’impressione che se si volesse nascondere qualcosa ma non è vero. Tutto deve essere chiarito e essere messo sul tavolo”. Nell’ambito del previsto giro di vite, Merkel ha annunciato che saranno espulsi dal Paese tutti i profughi condannati per le molestie alle donne nella notte di San Silvestro, anche quelli la cui condanna sia stata sospesa con la condizionale.

Cdu: “Stretta sui criminali stranieri”. La cancelliera aveva annunciato una stretta sulle espulsioni e puntualmente, il vertice della Cdu, riunito a Magonza, ha dato il suo imprimatur a una normativa più severa nei confronti di quegli stranieri, compresi rifugiati o richiedenti asilo, che si macchino di reati. Il documento, diffuso questa mattina sotto il nome di “Mainzer erklärung” (dichiarazione di Magonza) prevede fra l’altro procedure più severe nei confronti di criminali stranieri e l’introduzione di controlli personali più invasivi in caso di sospetti. Nel documento si auspica che ai rifugiati, richiedenti asilo e profughi venga negato il permesso di soggiorno “se colpevoli di reati o responsabili recidivi di infrazioni”.

Per rassicurare la popolazione, la Cdu, senza indicare un tetto, assicura di lavorare per una limitazione degli arrivi di profughi, “poiché una prosecuzione dell’attuale trend andrebbe oltre le capacità di sopportazione dello stato e della società”. Una formulazione simile a quella che era stata utilizzata nel documento finale del recente congresso Cdu di Karlsruhe.

Consenso in calo. Durante il vertice di ieri sera – riporta la Faz – si è discusso a fondo dei fatti di Colonia e, secondo uno dei partecipanti, il circolo più ristretto di Merkel è molto reoccupato, poiché “il consenso della base è ai minimi termini”.

Più di 30 identificati. Intanto la polizia ha identificato 32 persone, per la maggioranza immigrati. Tutti gli uomini identificati, 29 dei quali avevano un permesso di soggiorno in Germania, sono stati accusati di aggressione e furto. Intanto sale a 379 il numero delle denunce per le aggressioni alle donne nella notte di Capodanno. Nel 40% dei casi gli investigatori indagano per aggressioni di natura sessuale.

Continua la favola dello Stabiese Carlo Ametrano che sbarca in Brasile con il suo libro

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CarloAmetrano

Il novello scrittore autore del meraviglioso libro sulla leggenda di Ayrton Senna sbarca in Brasile ed inizia piano piano a conquistare il grande pubblico ” carioca”. Il volume è composto da 50 pagine, piene di foto, ricordi e aneddoti sul grande Ayrton.

Un successo incredibile per Carlo, anzi un piccolo grande regalo anticipato visto che domani festeggerà il suo 40 esimo compleanno.  

Noi della redazione sportiva di Vivicentro, facciamo gli auguri a Carlo con i sinceri auguri che il suo “Boom di vendite” possa conquistare oltre al Brasile altre Nazioni e continuare a conquistare il cuore dei lettori.

Ora Carlo sta preparando insieme ad altri tifosi, sostenitori, colleghi, l’evento che si svolgerà ad Imola il 1 Maggio 2016, dove tra le altre iniziative si potrà acquistare il volume autografato da Carlo, scambiandoci opinioni, pensieri e ricordi di chi sarà SENNIANO PER SEMPRE.

Uccide moglie e figlia con l’ascia e si suicida

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Napoli –  Sono tre le vittime della tragedia familiare avvenuta tra ieri notte e stamattina in una palazzina di via Licola mare, a Licola, frazione del comune di Giugliano, nel Napoletano. Dopo avere ucciso la moglie Marina, 30 anni, la figlia Katia, di 4 anni, forse per un raptus di follia, nel pomeriggio, in ospedale, è deceduto anche Volodymir Havrylyuk, per la grave ferita infertasi alla gola con un coltello. Secondo i carabinieri, che indagano sull’episodio, l’uomo, in possesso di un regolare permesso di soggiorno, tra la notte e questa mattina ha aggredito a colpi di ascia la moglie e la piccola, causandone la morte mentre erano nella stanza da letto. 

Il corpo della donna è stato trovato dai militari riverso sul pavimento, la bambina, invece, era stesa sul letto. I carabinieri hanno anche rinvenuto, ancora sporchi di sangue, un’ascia, attrezzo da lavoro dell’ucraino, che dava una mano in un vivaio di fiori e piante nella vicina Cuma, e un coltello da cucina: la prima usata per uccidere le familiari, il secondo per procurarsi un taglio profondo alla gola. 

A dare l’allarme è stato il datore di lavoro dell’ucraino, intorno alle 11, che è andato a casa sua, in una palazzina a ridosso della spiaggia, in via Licola mare, per accertarsi del motivo della sua assenza. Bussando alla porta, si è imbattuto nell’uomo, ferito e con i vestiti sporchi di sangue. “Ho fatto un guaio”, avrebbe detto, ripetendo la frase piu’ volte, l’uomo al suo datore di lavoro, il quale immediatamente ha avvertito il 112. Sul posto è giunto anche il 118 che ha soccorso e trasportato l’ucraino all’ospedale di Santa Maria delle Grazie, a Pozzuoli, dove è morto qualche ora dopo. Stando ai vicini quella degli Havrylyuk era una famiglia tranquilla, anche se negli ultimi tempi, come hanno accertato gli investigatori, ci sarebbero stati frequenti litigi tra marito e moglie.  

/agi

Alberico Turi: Buondonno, Pagano e Padovano sono stati ceduti perchè..

Nel corso della trasmissione radiofonica “Il Pungiglione Stabiese” è intervenuto in diretta Alberico Turi, responsabile del settore giovanile della Juve Stabia, che si è soffermato sulle operazioni di calciomercato che hanno coinvolto le sue Vespette.

Riportiamo sue parole.

Il calciomercato coinvolge anche i ragazzi del settore giovanile, come Padovano, Pagano e Buondonno che vanno in prestito rispettivamente in Serie D: Siamo ovviamente felici perché questi ragazzi troveranno spazio dopo queste cessioni. Per Buondonno dispiace perché pensavo potesse avere più spazio in questi mesi in prima squadra alla Juve Stabia; purtroppo non è andata così quindi ora Gigi (Buondonno) tornerà alla Frattese, dove già lo scorso anno ha fatto bene e dove c’è un progetto importante finalizzato alla salita in categoria superiori. Pagano invece lo scorso anno ha fatto bene al nord, poi ha preferito tornare vicino casa. Spero che ora la sua esperienza al Gragnano possa essere positiva, anche se ho forti dubbi sulla convivenza tra Pagano appunto e Ciro Foggia, attaccante titolare del Gragnano. Spero di sbagliarmi e che i due possano fare ottime cose insieme. Padovano è infine stato destinato alla Cavese, altra società importante e con trascorsi di assoluto rispetto. Gli auguro di fare bene e soprattutto di calarsi con tanta umiltà ed impegno nella nuova realtà in cui si troverà a giocare. C’è da sottolineare anche il grande campionato che sta facendo il nostro portiere Polverino ad Agropoli. L’importante è che questi ragazzi capiscano di essere appena arrivati nel mondo del calcio e che si devono solo mettere a disposizione dei rispettivi allenatori, compagni e squadra. Per ciò che riguarda Carrotta, Mileto e gli altri giovani non so quale sia l’orientamento della Juve Stabia. Staremo a vedere cosa succederà.

Le esperienze in serie inferiori potranno fare senza dubbio bene ai giovani stabiesi: Sicuramente. Non dimentichiamo che nei vari gironi della Serie D ci sono squadre importanti come Gragnano, Taranto, Pomigliano, Frattese, Siracusa ecc. Ovviamente si è cercato di mandare in prestito i giovani in società che possano puntare forte su di loro, dandogli lo spazio che si meritano. Sarebbe importantissimo per la Juve Stabia trovare in casa giocatori su cui puntare per il futuro e speriamo che questi ragazzi possano far parte della futura squadra gialloblù.

Raffaele Izzo

Sarri: “Dobbiamo capire tutti che a Frosinone sarà dura”

Queste le parole di Maurizio Sarri in conferenza stampa:

Ancora su Callejon: “Secondo me è straordinario questo ragazzo, veloce, tecnico, intelligente tatticamente, ed è ancora oggi in una fase d’evoluzione nonostante non sia proprio giovanissimo. Per questo mi farebbe piacere se si togliesse qualche soddisfazione anche in zona gol”.

Esultanza eccessiva? “Concettualmente sono d’accordo con Boban, detto questo bisogna vedere il singolo evento e se alla fine c’è un momento di contatto tra giocatori e tifosi che può aumentare la carica emotiva non ci vedo nulla di male”.

Su Stellone: “Stellone è giovane e bravo. La nuova generazione di allenatori è di alta qualità. E questo fa bene al calcio italiano”

Una classifica di un’agenzia nazionale segnala senza errori arbitrali un Napoli primo con +2 e l’Inter con -5. Pucciarelli evidentemente non è un simulatore, lei lo conosce. “Non ho il quadro chiaro di tutti gli episodi delle altre. Una opinione ce l’ho da anni, ma è difficile da dire. Se il Napoli deve alzare la voce, lo deve fare con esponenti societari, non con l’allenatore altrimenti sembra che metta le mani avanti su errori della squadra. Io ho detto solo che nella categoria ci sono arbitri bravi ed altri scadenti, non concordo con Nicchi che esalta la categoria. Abbiamo forse l’arbitro migliore, ma per il resto non vedo differenze tra arbitri europei e quelli italiani”.

Sulla moviola in campo. “Non so, dipende da come è organizzata, da chi può chiamarla. E’ da studiare, alcuni episodi possiamo discuterne per giorni, non azzererebbe le polemiche. Il fallo da rigore di Ghoulam, che sfiora la palla che aumenta la velocità con l’avversario che allarga il piede, posso discuterlo per una giornata intera anche con le immagini televisive”.

Il titolo virtuale di campione d’inverno le interessa? “Ha detto lei stesso, virtuale”.

A Frosinone si augurano un ricco turnover, ci sarà? “Qualcosa cambieremo sicuramente, ma vediamo anche oggi. Ieri c’era ancora qualcuno stanco. Se giocano elementi come Gabbiadini, Mertens o Chiriches non sono preoccupato e loro non dovrebbero essere meno preoccupati. Domani sarà una battaglia, in una bolgia, e dovremo essere pronti a questo”.

Giuntoli di solito c’è sempre, ora invece è a comprarti qualche giocatore? “L’ho lasciato su una poltrona (ride, ndr), non mi sembrava sinceramente molto impegnato”.

Sull’atteggiamento col Torino: “Era previsto di stringere gli attaccanti esterni, in modo da andare nel tre contro tre anche quando loro abbassavano i terzini (a formare una linea a cinque, ndr)”.

Col Torino è rimasto fuori Allan. “Non è che io ho lasciato fuori Allan, con Valdifiori volevo maggiore fisicità ed ho scelto Lopez. Domani rigiochiamo dopo quattro giorni, qualcosa cambierà nuovamente”.

Andando via Henrique, serve un altro elemento in difesa. “Non ha mai giocato, ha giocato più Luperto, anche se pochissimo, e per ora abbiamo lui come quarto centrale. Giovane, forte, non ancora pronto altrimenti avrebbe giocato di più, ma è un ragazzo di prospettiva ed un nostro prodotto”.

Le insidie maggiori quali sono? Campo piccolo, agonismo, motivazioni? “Il Frosinone in casa riesce ad avere ritmo, determinazione, ha una pericolosità offensiva non comune. Non ha sempre equilibrio, ma nel suo stadio può metterti in grande difficoltà. Se riesce a tenerci basso ci può creare problemi, in questo momento poi è ad un punto dalla salvezza, ha fiducia ed entusiasmo”.

Sono molto contento di Callejon, sta facendo un campionato straordinario. E’ il capocannoniere dell’Europa League, vediamo se riesce a segnare anche in campionato”.

Parlare di scudetto è una bestemmia, hai sempre ripetuto, quindi se dovesse accadere sarebbe qualcosa di grande. “Noi toscani bestemmiamo spesso, può capitare tutto nella vita”.

Quanto manca per vedere il Napoli definitivo di Sarri? “Le squadre, come in tutte le cose della vita, se smettono di migliorare iniziano a regredire, quindi credo sia ancora lunga la strada per migliorare.

E’ matura la squadra? “Sì, la squadra sta studiando per diventare matura. Dalle partite come quella di domani vedremo se siamo cresciuti come mentalità. Domani abbiamo una gara più insidiosa di quella che pensano tutti. All’inizio ha pagato il salto di categoria, ma poi in casa ne ha vinto 4 su 7. Se non capiamo le insidie della gara avremo difficoltà”.

Da Nord a Sud, una favola che termina a Quarto

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Una favola iniziata con Parma, passando per Porto Torres, Ragusa ma che termina a Quarto. Questi per citare i “famosi”. In tutto sono circa 16 i comuni amministrati dal Movimento 5 Stelle.Parlo di favola, in riferimento ai tanti ingenui che si erano lasciati affascinare dall’ uomo non politico al potere e da chi vedeva nell’ antipolitica una soluzione al male del Paese. Il sogno è svanito e i cinque stelle si avviano ad un processo di normalizzazione, conformandosi a tutte le altre forze politiche. Anzi forse è peggio, perché le forze politiche tradizionali portano in parlamento tante  persone preparate. A volte hanno problemi con la giustizia  ma fortunatamente non tutti.  Invece per i grillini non si può dire lo stesso. Il personale politico è scadente, figlio di un’assenza di selezione. Non aver avuto nessuna tessera di partito non basta come requisito.

  • L’innocenza perduta dei 5 stelle. FRANCESCO MERLO*

Una donna italiana quarantenne intreccia una relazione con un tunisino di 26 anni. Lui l’ammazza come un cane. Non voglio vedere il suo nome nella lista delle ‘martiri’. Dire che se l’è cercata è il minimo. Se fosse sopravvissuta l’avrei insultata”. Sono le parole scritte da Rosanna Lau, consigliere comunale di Civitavecchia del M5S. Proprio qui si capisce la totale assenza di selezione.

Tanti i flop collezionati nei comuni governati dai grillini. Esperienze amministrative caratterizzate da errori commessi per palese impreparazione degli eletti. Il pensiero va subito ai fatti di Livorno.  Un altro fenomeno quotidiano per il movimento sono le espulsioni. I membri, anzi i cosiddetti portavoce, sono spesso vittime di epurazioni arbitrarie, in stile o quasi del ventennio. Queste denotano una presenza di democrazia all’ interno del gruppo pari o sotto lo zero. Da non sottovalutare  è che 163 tra deputati e senatori si sono ritrovati solo in 126. Precisamente 91 parlamentari e 35 senatori. Sono in 37 a lasciare il movimento. Questo va oltre al trasformismo di età giolittiana.

Per non parlare del correntismo, uguale a quello dei vecchi partiti tanto odiati dai cittadini pentastellati. Questo fenomeno taciuto ma identico a quello che si verificava maggiormente sotto i simboli politici di prima e seconda repubblica. 

Dopo sette anni hanno perso la verginità. Il partito di Grillo non è immune, anzi.  Ci troviamo in provincia di Napoli, a Quarto. Un comune amministrato da una donna, Rosa Capuozzo, esponente del Movimento. In quella zona c’è un problema da affrontare, un problema che può far perdere definitivamente credibilità al gruppo di Grillo & Co. Come se non lo stesse facendo già giorno per giorno: un po’ alla volta.  Un comune pentastellato rischia lo scioglimento per infiltrazioni camorristiche. Un “colpo all’ anima” per chi si erige a protettore della legalità e della trasparenza. In quel di Quarto la situazione è nota da mesi. Lo stesso Movimento ha cercato di risolvere il tutto  nel silenzio possibile. Peccato che il caso è diventato subito di portata nazionale. Se ci fosse stato un sindaco di un partito tradizionale, mezzo gruppo parlamentare avrebbe chiesto le dimissioni.  Insomma dopo mesi di battaglie contro le forze politiche “tradizionali” la scena si è d’un tratto capovolta. Addirittura il Partito Democratico del comune napoletano ha organizzato una manifestazione sotto al comune per chiedere le dimissioni del sindaco.

“Proprio oggi, mentre il PD fa partire l’ennesima macchina del fango contro il M5S, viene condannato Ozzimo (ex-assessore PD a Roma) per Mafia Capitale, così il giovane rampollo di Grillo, Di Maio, ha scritto sulla sua pagina Facebook”.

Queste le prime parole dopo la pubblicazione di stralci di intercettazioni telefoniche tra referenti camorristici locali e il primo eletto al consiglio comunale, vittima di anch’egli di espulsione. Giusto per limitare l’imbarazzo. Nelle intercettazioni si sente: “Adesso si deve portare a votare chiunque esso sia, anche le vecchie di ottant’anni. Si devono portare là sopra, e devono mettere la X sul Movimento 5 Stelle”. Il riferimento al ballottaggio tenutosi a Giugno.  “Comincia a chiamarlo. Ha preso 890 voti, è il primo degli eletti. Noi ci siamo messi con chi vince, capito?” In gioco c’erano assessorati, gestione di impianti  e chi più ne ha più ne metta. La decisione è stata netta. Espellere Giovanni De Robbio, ll consigliere in questione. Mettere alla porta una persona, spesso non risolve i problemi. Scandali su scandali, oggi non ci stupiamo più. Abbiamo questa reazione quando chi si presenta come puro, in realtà non lo è. In fondo non ci piace sentir bugie. L’onestà intellettuale non è più di moda, da un bel po’ e con i grillini si è quasi persa del tutto. Menomale che dovevano ridare speranza ad un Paese, ed erano pronti per governare.

Negli ultimi giorni, Rosa Capuozzo, fascia tricolore a cinque stelle è finita nel mirino anche  per  irregolarità edilizie della sua casa. Eppure contro l’abusivismo il M5S ha combattuto e combatte tante battaglie. Ops, colta in flagrante.

Come tutti i partiti il Movimento 5 Stelle rischia di essere utilizzato anche da chi fa politica per scopi poco nobili. Dove ci sono i corruttori ci saranno anche dei corrotti. Il fatto che siano dei “portavoce” non li rende immuni. Anche i grillini dovranno iniziare a rottamare un po’. Devono capire che, da partito quale sono diventato, devono star attenti ai propri eletti ed aspettarsi anche situazioni simili. Errare è umano, può capitare ad un “onorevole” o ad un semplice “cittadino portavoce”.

Emilio D’Averio

*Fonte foto: il Fatto Quotidiano

Vigilia di Foggia-JuveStabia: le parole di Nunzio Zavettieri (VIDEO)

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Nel corso della consueta conferenza stampa della vigilia, si è presentato in sala stampa al comunale di Casola il tecnico della Juve Stabia Nunzio Zavettieri.

Ecco le parole del tecnico in vista di Foggia- Juve Stabia, raccolte in quel di Casola dalla nostra redazione:

“Innanzitutto auguro buon anno a tutti i nostri tifosi e alla città di Castellammare. Iniziamo l’anno con una partita veramente difficile, forse la più difficile dell’anno, contro una squadra fortissima che è reduce da 9 vittorie nelle ultime 11 partite, in uno stadio difficile con una tifoseria importante. Spero sia tanto difficile tanto stimolante per i ragazzi, mi aspetto una gara importante dai miei, vogliamo iniziare bene la stagione. Purtroppo Ripa e Maiorano non sono al 100% e spero di recuperarli perché possono dare tanto alla squadra, Del Sante si è allenato bene e domani valuterò se e quanto impiegarlo, ma è felice e motivato di essere alla Juve Stabia. Il bulgaro in prova ha convinto, purtroppo ha avuto un problema e dobbiamo valutarlo, se sta bene credo che lo tessereremo, ha qualità importanti e si è integrato subito bene, ha tanta voglia di fare bene alla Juve Stabia e questo mi piace. Il mercato? La società sa che vorrei un esterno offensivo e stiamo lavorando per questo, se Migliorini andrà via prenderemo un altro difensore oltre ad Atanasov, se non dovessimo trovare nessun esterno all’altezza della Juve Stabia, resteremo così.”

 

 

https://www.youtube.com/watch?v=Ibh-8Ez1d-4

 

Morabito: “Al Napoli servono due giocatori. In estate intreccio tra Higuain, PSG e la clausola da 94 mln”

Vincenzo Morabito, intermediario di mercato, ha rilasciato alcune dichiarazioni al Corriere dello Sport: “I movimenti più importanti me li aspetto dal Napoli, Sarri ha bisogno di un difensore centrale perché Henrique è andato in Brasile e ci sono solo 3 centrali. Penso che l’uomo giusto sia Maksimovic, un pallino del tecnico. In più servirebbe un centrocampista in grado di dare più di Lopez e Jorginho: André Gomes del Valencia o Soriano della Samp sono l’ideale. Se non ci fosse stato il caso Benzema, lo avrebbe preso a giugno per sostituire Ibrahimovic. Adesso valuta Giroud, che piace anche a Zidane per il Real, Lukaku, offerto da Raiola, e Higuain pagando la clausola da 94 milioni”.

Milano, più lavoro ma precario: il 40% degli assunti ha il part-time con reddito ridotto. MATTEO PUCCIARELLI*

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Cala il numero dei disoccupati, ma il tasso dei senza lavoro (6,7%) è ancora il doppio rispetto a quello del 2008

Forse il grande freddo della depressione economica cominciata nel 2008 è finito, ma l’estate è ancora lontana. Per il lavoro a Milano e in Lombardia il 2015 è stato l’anno della ripresa; sicuramente lenta e con delle ombre eppure, dopo anni di segnali negativi, lo spiraglio si comincia a intravedere. Qualche dato? A livello regionale il numero di occupati dipendenti è tornato ai livelli pre-crisi, ovvero pari a quello dell’estate 2008 (oltre 3,3 milioni di occupati dipendenti). Il tasso di disoccupazione comincia a scendere sensibilmente. Sono 307mila, quasi 100mila in meno rispetto ad un anno fa, i disoccupati in Lombardia.

Allo stesso tempo si registrano 90mila occupati in meno in modo ormai costante e senza variazioni tra gli occupati indipendenti, ovvero tra gli autonomi (commercianti e artigiani) che hanno molto pagato gli effetti della crisi; il tasso di disoccupazione rimane quasi doppio rispetto al pre-crisi: ora è al 6,7 per cento e in calo, ma nel 2008 si trovava al 3,8 per cento, “quindi – spiega Roberto Benaglia della Cisl regionale – la disoccupazione da gestire e riassorbire continua ad essere un elemento importante del mercato del lavoro lombardo per la quale servono maggiori risposte”. Inoltre la creazione di posti di lavoro conta su un numero rilevante di contratti a part-time involontario (sono circa il 40 per cento del totale delle assunzioni), ovvero ad orari settimanali ridotti che non consentono redditi alti e adatti al sostentamento dei consumi familiari.

Il punto insomma è che il lavoro forse riprende, ma non sempre questa mini-ripartenza corrisponde a un miglioramento in termini qualitativi degli impieghi stessi. Ad esempio sono esplose nuove forme contrattuali atipiche a partire dall’uso inflazionato dei voucher, il cui utilizzo in Lombardia è triplicato in due anni andando probabilmente al di là del loro vero scopo, cioè remunerare piccoli lavoretti. “Negli ultimi due anni i lavoratori lombardi interessati ai voucher sono triplicati – continua Benaglia – passando da 49.203 a 144.100, per un totale di oltre dieci milioni di buoni lavoro riscossi”.

Luci e ombre, ma per la Cgil soprattutto le seconde: “La crisi ha avuto effetti strutturali – ragiona il segretario della Camera del Lavoro di Milano, Massimo Bonini – introducendo un mutamento profondo nei comportamenti delle persone chiamate a preferire modelli di condivisione e scambio, anziché soddisfare necessità di acquisto e possesso degli strumenti di uso quotidiano. E poi c’è stata una contrazione dell’orientamento all’innovazione che, al contrario, in tempi non lontani aveva caratterizzato il tessuto economico di Milano, consentendo di reagire alle crisi del passato”.

I numeri parzialmente positivi, poi, in parte potrebbero essere drogati dagli incentivi governativi alle assunzioni a tempo indeterminato (sono state 284mila in Lombardia, +74mila rispetto allo stesso periodo del 2014). “La significativa crescita degli avviamenti a tempo indeterminato, che a novembre 2015 segna un incremento pari al 38 per cento rispetto allo stesso mese del 2014, non ha modificato, nella stessa misura, la dinamica complessiva degli avviamenti e soprattutto degli avviati”, continua Bonini. Si tratta molto spesso, insomma, di vecchi rapporti di lavoro passati al nuovo indeterminato.

Anche l’Expo, che secondo alcune previsioni doveva fungere da miracoloso toccasana per l’economia, alla fine chissà se e quanto ha portato a casa: su Milano la disoccupazione nel 2015 è scesa di un misero 0,3 per cento. E questo nel mentre storiche grandi aziende continuano a dismettere rami d’azienda e a licenziare: dalla Ibm che a Milano ha “ceduto” 300 lavoratori alla Adecco, e il loro destino appare appeso a un filo, con l’impresa che rifiuta di sedersi ai tavoli di trattativa; fino alle vertenze aperte con Eni-Versalis e con la Candy a Brugherio, anche lì con centinaia di lavoratori coinvolti. Altre voci parlano di problemi alla General Electric di Sesto San Giovanni.

Come andrà, insomma, il 2016? “La strada per uscire dal tunnel è ancora lunga – sottolinea il segretario della Uil Danilo Margaritella – sulla ricollocazione degli over 50 e dei giovani si può e si deve fare ancora molto, investendo sulle politiche attive ad esempio”. Mentre secondo il segretario regionale della Fiom Mirco Rota, “nei prossimi mesi assisteremo a delle pesanti riorganizzazioni, se non a delle chiusure aziendali vere e proprie. È necessario che anche la Regione definisca delle linee per salvaguardare l’apparato industriale lombardo”.

*larepubblica

Henrique: “Sono felice di tornare in Brasile, spero possa andare tutto per il meglio”

Il difensore del Napoli Henrique è appena arrivato a Rio De Janeiro dopo il lungo viaggio iniziato ieri mattina da Capodichino. I colleghi brasiliani di GloboEsporte riportano le sue prime dichiarazioni: “E’ una nuova esperienza per me, sono molto felice di tornare in Brasile in un club come il Fluminense: spero che tutto possa andare per il meglio, ho scelto il Fluminense anche per ragioni familiari ma credo sia la scelta migliore per la mia carriera. Cercherò di ritagliarmi i miei spazi, farò il possibile per aiutare la squadra a raggiungere i propri obiettivi e rendere felici i tifosi: dipendesse da me, darei il 100% per renderli contenti. Non soltanto il Fluminense era interessato, ma anche altre squadre: ho parlato con alcuni compagni di squadra, mi sento in forma anche perchè a Napoli ero a metà stagione”.