Carlo Alberto Dalla Chiesa. Si combatte anche per i propri ragazzi

Carlo Alberto Dalla Chiesa: Ci sono cose che non si fanno per coraggio. Si fanno...

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Carlo Alberto Dalla Chiesa: Ci sono cose che non si fanno per coraggio. Si fanno per potere continuare a guardare serenamente negli occhi i propri figli e i figli dei propri figli.

Chi uccise in quel 3 settembre 1982 il Generale Carlo Alberto Dalla Chiesa e su moglie Emanuela Setti Carraro ?

Ma chi ca… se ne fotteva di ammazzare dalla Chiesa… E perché glielo dovevamo fare questo favore”. A pronunciare queste terribili frasi è il medico e capomandamento di Brancaccio Giuseppe Guttadauro, boss mafioso che spiega a uno dei suoi soldati come e perché i capi di Cosa nostra diedero l’ordine di uccidere il generale Carlo Alberto dalla Chiesa la sera del 3 settembre 1982. Ad intercettare le parole del boss, nel 2001, sono i magistrati di Palermo coordinati dal pm Nino Di Matteo. Già da quella intercettazione si può considerare un dato di fatto come non fu solo la mafia ad uccidere dalla Chiesa, poichè Cosa nostra fu solo il braccio esecutivo. Ben altri furono, infatti, i mandanti esterni spiegati già nella sentenza del maxiprocesso quando, in riferimento alla strage di via Carini – in cui oltre al generale furono uccisi la moglie Emanuela Setti Carraro e l’agente di scorta Domenico Russo – parlò di “convergenza di interessi tra Cosa nostra e settori politici ed economici”. Una contesto descritto anche nella sentenza definitiva del delitto dalla Chiesa, che condannò i killer (Raffaele GanciGiuseppe LuccheseVincenzo GalatoloNino Madonia, insieme ai collaboratori di giustizia Francesco Paolo Anzelmo e Calogero Ganci) e i mandanti interni a Cosa nostra (Totò RiinaBernardo ProvenzanoMichele GrecoPippo CalòBernardo Brusca e Nenè Geraci). Già la sentenza della Corte d’assise di Palermo sottolineò “la coesistenza di specifici interessi – anche all’interno delle istituzioni – all’eliminazione del pericolo costituito dalla determinazione e dalla capacità del Generale”. Tuttavia, restano ancora molti buchi neri sull’eccidio del 3 settembre ‘82. Come non ricordare, a questo proposito, la sparizione delle carte contenute nella cassaforte di dalla Chiesa quando, la notte tra il 3 e il 4 settembre, qualcuno – forse uomini di Stato? – si introdusse a villa Pajno, nell’abitazione del generale? O l’analoga, misteriosa sparizione delle carte contenute nella borsa che dalla Chiesa aveva con sè la sera dell’attentato? Una borsa che poi fu ritrovata soltanto nel 2013 nei sotterranei del Tribunale di Palermo. E che, manco a dirlo, era vuota.

L’ordine di eliminare dalla Chiesa arrivò a Palermo da Roma …”. A dichiararlo, è stato Roberto Scarpinato, procuratore generale di Palermo, , in occasione dell’audizione avvenuta l’8 marzo 2017 dinanzi alla Commissione parlamentare antimafia in relazione ai legami mafia-Nell’ambito di quell’audizione, poi secretata, Scarpinato aveva detto di essere stato informato “di progetti di attentati, nel tempo, nei confronti di magistrati di Palermo orditi da Matteo Messina Denaroper interessi che, da vari elementi, sembrano non essere circoscritti alla mafia ma riconducibili a entità di carattere superiore”, descrivendo poi i legami tra Cosa nostra e logge massoniche, in particolare riguardanti i boss Stefano Bontade e Bernardo Provenzano, fino a Messina Denaro, sottolineando che già Bontade faceva parte di una loggia segreta “che era un’articolazione in Sicilia della P2 …”. Dietro l’assassinio del generale Carlo Alberto dalla Chiesa, ucciso il 3 settembre 1982 a Palermo insieme alla moglie Emanuela Setti Carraro, si staglierebbe la figura di un deputato, deceduto nell’85 e vicinissimo a Giulio Andreotti … c’era chi temeva l’operato di dalla Chiesa, da lui stesso annunciato alla presenza di Andreotti quando, poco prima di partire per la Sicilia, gli disse: “Non avrò alcun riguardo per la parte inquinata della sua corrente”, tanto che il generale scrisse poi nel suo diario che il “Divo” Giulio “sbiancò” … …].

La cosiddetta “Corrente Andreottiana”. L’ho sperimentata sulla mia pelle, sul mio lavoro e purtroppo anche sulla mia famiglia. Ma evidentemente non tutta la Magistratura è come quella del dott. Scarpinato. Ancora sulla rete c’è un mio vecchio post del 2008 “Ricordi della corrente andreottiana”.

Nessuno infatti si illuda o abbassi la guardia. Seppure certi pupari del passato sono quasi tutti deceduti, il subdolo sistema pubblico-politico-assoggettante italiano ma costituzionale, ha continuato negli anni a riprodursi, rinnovarsi, trasformarsi e riciclarsi, con pletore di trasversali (centro, centrodestra e centrosinistra) vecchi e nuovi, ora solo più patinati, blasonati, professionali, intellettuali, teatranti, sociali, retorici, sindacali, istituzionali, giuridici, burocratici, ecc. (pure fatti, alcolizzati, anabolizzati e viagrati), facendosi (lautamente) mantenere con stratasse e debito pubblico, estorcendo fiscalmente e lecitamente i sacrifici (il sangue) ai concittadini produttivi, lavoratori, privati e operosi.

E risaputamente non siamo mai usciti da tale sistema, sia nella prima, seconda e terza, cosiddetta, repubblica. E questo decennale, (interiormente) corrotto sistema, pure legalizzato e oltremodo clientelare, continua ancora oggi “imburrando” anche forzosamente parecchie (molte) persone, dipendenti pubblici, imprenditori, ecc. nonché corporazioni, ordini professionali, categorie, fondazioni, associazioni, ecc. (ipocriti, opportunisti, profittatori, codazzi prostituti, venduti, mercenari e kapò) che così in cambio garantiscono all’annoso sistema il perpetrarsi del consenso sociale ed elettorale e quindi il potere.

L’uccisione del Generale dalla Chiesa, di sua moglie Emanuela Setti Carraro e l’agente di scorta Domenico Russo, mi rimasero impresse quella sera del 3 settembre 1982 con la sigla dell’allora  notturno SpecialeTg1 (all’epoca rappresentata con una vecchia macchina da scrivere i cui tasti pigiavano autonomamente) nel quale si descrisse il nefasto accaduto e la storia personale, d’impegno civile e di lavoro del Generale contro il crimine organizzato. Come pure rammento che il giorno dopo nei vari Tg si mostrò quel cartello appeso da uno sconosciuto sul luogo della strage: Qui è morta la speranza dei siciliani onesti.

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L’immagine è tratta da grnet.it

Adduso Sebastiano

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