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Schiaffo delle Ong al governo

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Medici senza Frontiere” guida la rivolta delle Ong contro le regole volute dal governo per riorganizzare i salvataggi di migranti nel Mediterraneo. Il Viminale risponde minacciando di escludere dalle operazioni tutte le realtà che non accetteranno il piano.

Migranti, le Ong boicottano il piano del Viminale

Alla riunione si presentano in 3 su 9. Solo due firmano il regolamento. Il governo: chi non lo accetta è fuori dal sistema

ROMA – È rottura tra le Ong e il Viminale, fallisce il piano del governo per imbrigliare le associazioni di volontari in un codice di condotta. Contrarie all’obbligo della presenza della polizia giudiziaria a bordo e al divieto di trasbordo dalle navi. Ma soprattutto contrarie all’idea di fare parte di un «sistema» organizzato di salvataggio.

Sono nove le Ong che operano nel Mediterraneo. Ieri erano tutte convocate al Viminale per firmare il regolamento di condotta. La riunione è stata disertata da sei di loro. Delle tre presenti, solo «Save the children» ha accettato di apporre la propria firma al codice ministeriale. Le altre, la tedesca «Jugend Rettet» e «Medici senza frontiere» non ne hanno voluto sapere. La piccola «Moas» di Malta, pure lei non presente, aveva dato la propria adesione via email nei giorni scorsi, mentre la spagnola «Proactiva open arms» ha annunciato l’intenzione di firmare ma a un patto: nel documento, deve essere evidenziato il rispetto dei diritti umani dei migranti costretti a ritornare in Libia.

La sorpresa maggiore, per il ministero dell’Interno, è arrivata dal colosso delle Ong «Medici senza frontiere». Il suo diniego, trapela dal Viminale, va inquadrato nell’interesse della Ong a imporsi come leader, come faro, a livello internazionale, nel suo mondo di riferimento. Prevedibile, invece, era l’opposizione delle più piccole realtà che si configurano come una sorta di “Leoncavallo del mare”.

Ong: i 13 vincoli del codice di condotta

ANSA

In ogni caso chi si è opposto «resta fuori dal sistema». Per il Viminale infatti «l’aver rifiutato l’accettazione del Codice di condotta pone quelle organizzazioni non governative fuori dal sistema organizzato per il salvataggio in mare, con tutte le conseguenze del caso concreto che potranno determinarsi a partire dalla sicurezza delle imbarcazioni stesse».

Non passa il codice di regolamento delle Ong. Medici senza frontiere non firma:
“No a polizia giudiziaria armata a bordo delle navi”

È probabile, dunque, una seria attività di monitoraggio e controllo da parte della guardia costiera italiana e delle navi della Marina militare inviate nella missione di supporto ai libici sulle loro coste. Le Ong che non hanno aderito al codice di condotta, insomma, sono avvisate: dovranno avere tutte le carte in regola in materia di certificazione (a partire da quella sull’idoneità tecnica al quella sul numero di presenze a bordo) se non vogliono incorrere nel rischio di sequestro della nave.

Per nulla scontata, inoltre, la possibilità che possano attraccare dove ipotizzano per ragioni di comodità. In altre parole, potranno continuare il loro impegno ma verranno considerate alla stregua di tutti gli altri mezzi, tipo i mercantili, che salvano i migranti nel Mediterraneo centrale. Tutto, va da sé, «nel rispetto della vigente legislazione internazionale e nazionale, nell’interesse pubblico di salvare vite umane, garantendo nel contempo un’accoglienza condivisa e sostenibile dei flussi migratori».

All’incontro di ieri pomeriggio al Viminale, presieduto da Mario Morcone, capo di gabinetto del ministro Marco Minniti, hanno partecipato «Save the children», «Msf» e la tedesca «Jugend Rettet». Il rappresentante di quest’ultima Titus Molkenbur spiega: «Noi possiamo firmare soltanto nel caso in cui le nuove norme rendessero più efficiente il nostro lavoro e aumentassero la sicurezza dei nostri volontari: oggi non è così». Mentre il fondatore di «Moas», Christopher Catrambone sottolinea di aver accettato perché «la nostra missione è da sempre quella di salvare più vite possibili». Tra i 13 punti del codice il divieto di entrare nelle acque libiche e quello di spegnere i transponder. Viene chiesto alle Ong di avere a bordo «capacità di conservazione di eventuali cadaveri». Importante anche cooperare con il Centro di coordinamento marittimo eseguendo le sue istruzioni.

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