Resa dei conti del Pd. Alla fine di un’assemblea svoltasi in un clima teso è passata la linea del segretario Matteo Renzi: congresso subito ed elezioni dopo l’estate.
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ormalmente la decisione di convocare in tempi accelerati il congresso spetta a fine settimana all’Assemblea nazionale del Pd, davanti alla quale Matteo Renzi si presenterà dimissionario, altra questione pacifica sebbene si sia molto ricamato su questa opzione. Ma nella discussione dei prossimi giorni e mesi peserà molto il dibattito che si è svolto ieri nella direzione, che era stata convocata fuori sede. Matteo Renzi aveva aperto le danze, provando a volare alto: sia nella ribadita autocritica per il risultato negativo del 4 dicembre («parlano di rivincita ma il referendum era una finale secca e purtroppo l’ho persa») ma anche nell’impostare le sfide del partito: «Improvvisamente è scomparso il futuro dalla narrazione politica italiana, l’Italia sembra rannicchiata nella quotidianità». Più di maniera l’annuncio che «si chiude un ciclo alla guida del Pd», così come gli attacchi in codice a Massimo D’Alema, quando Renzi ha auspicato una Commissione d’inchiesta sulle banche: «Per mesi si è parlato solo di due o tre banchette toscane» e invece per il segretario del Pd più interessanti sono i casi delle banche pugliesi o di Antonveneta. Tutta in chiave congressuale la rivendicazione del consuntivo politico: «Ho preso un Pd che aveva il 25 per cento e nell’unica consultazione politica lo abbiamo portato al 40,8».
Ma ora per Renzi l’incognita sta nella capacità di tenere dentro il Pd l’ala “post-comunista”: perderla sarebbe uno smacco e per questo il segretario ha descritto in termini paradossali i recenti zig-zag della minoranza: «De Luca ha detto che siamo dei masochisti, io non posso essere sadico: va bene tutto ciò che serve per creare un clima per sentirsi a casa, ma quando si ha paura di confrontarsi con la propria gente, io credo che l’ennesimo passo indietro non sarebbe capito neanche dai nostri». Durante il dibattito si è candidato alla segreteria del Pd il governatore della Puglia Michele Emiliano, mentre quello della Toscana Enrico Rossi non ha ancora sciolto la “riserva”.
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