Dopo aver guadagnato l’Eliseo, Emmanuel Macron si appresta a conquistare la Francia: il suo partito ha ottenuto 400 seggi su 577, è maggioranza assoluta. Due mesi fa Macron, scrive Cesare Martinetti, era un’ipotesi politica e un’incognita elettorale. Da ieri sera assomiglia a un Bonaparte che contempla il campo di battaglia dove ha vittoriosamente lanciato la cavalleria leggera: giovani, per metà donne e due su tre mai eletti prima.
Macron, la cavalleria e l’orgoglio
S
aranno questi i suoi deputati. Resistono i gollisti, prima forza di opposizione, ma la sinistra è ai minimi storici e Marine Le Pen ha un risultato molto deludente. Ma più della metà dei francesi non ha votato.
Il primo turno delle legislative, che si svolgono sempre un mese dopo le presidenziali per consentire al presidente di formare la maggioranza parlamentare con la quale dovrà governare, hanno avuto ieri un risultato ben al di là delle previsioni che conferisce a Macron lo statuto di un leader già entrato nella storia della Quinta Repubblica. In meno di un anno ha realizzato un’operazione politica che nessuno aveva previsto, sbaragliando i due storici partiti tradizionali – gollisti e socialisti – battendo in modo netto Marine Le Pen, fenomeno politico di riferimento per tutti i populisti d’Europa, e affermando una leadership che dopo l’abbandono degli impegni sul clima da parte Usa sta sfidando apertamente Donald Trump. L’appello rivolto da Macron agli scienziati americani perché vengano a lavorare in Francia, dove saranno «liberi e difesi dalla République», è stato un colpo di orgoglio patriottico che gli è valso enormi consensi nel Paese.
Ieri il suo movimento ha avuto più del 32 per cento. I gollisti, secondo partito, hanno preso il 21; estrema sinistra e Le Pen il 14; socialisti l’11. Il secondo turno, con i ballottaggi, si svolgerà domenica prossima, ma il sistema elettorale francese è elementare e brutale. Tradotte in seggi, le percentuali significano che Macron avrà poco meno di 400 deputati su 577: una larghissima maggioranza. Marine Le Pen, sua antagonista nel ballottaggio presidenziale, visti i risultati di ieri, potrà avere al massimo dieci deputati e dunque non potrà nemmeno formare un gruppo parlamentare.
A questi dati va però aggiunto quello dell’astensione che è un altro record: più del 50 per cento. Non era mai accaduto. Una realtà che non scalfisce la vittoria di Macron, ma che va ben compresa nel suo significato politico che è quello di una diffidenza e di una sfiducia molto forte per il giovane leader che ne è perfettamente consapevole. L’immagine di sé che ha voluto affidare alla Francia la sera stessa della sua elezione, è quella dell’uomo solo che attraversa a piedi nel buio della sera il cortile d’onore del Louvre e va sul palco a salutare la folla. Ai militanti del suo movimento ha detto più volte di essere consapevoli del fatto che la Francia non concederà loro una «luna di miele» politica. Il risultato di ieri è insieme una conferma e un annuncio: per questo giovane presidente liberaldemocratico, europeista, riformatore che crede nel mondo aperto e nell’economia globale si prepara un’opposizione molto forte. Dopo presidenziali e legislative, sarà il cosiddetto «tour social» a prendere il sopravvento: sindacati e movimenti stanno affilando le armi per reagire all’annunciata riforma liberale del codice del lavoro.
Ma questo lo vedremo a partire da domenica prossima. Intanto Macron e il suo governo con il primo ministro Edouard Philippe, un quarantenne arruolato dai gollisti, ingaggia una rivoluzione generazionale e politica straordinaria. La destra repubblicana sarà la prima forza di opposizione, in teoria; in realtà è facile prevedere scissioni e «soccorsi» al vincitore. La sinistra a cominciare dal partito socialista, è interamente da rifondare. Marine Le Pen dovrà compiere un’altra traversata del deserto in attesa delle prossime presidenziali. Ma anche nel suo campo è da prevedere che molte cose e persone cambieranno.
Il risultato di ieri che porterà domenica prossima al presidente una schiacciante maggioranza ha già riaperto il dibattito sul sistema elettorale e addirittura sul modello costituzionale: saltati i vecchi partiti e la forma sostanzialmente bipolare, il presidenzialismo dell’era Macron non avrà nemmeno il contrappeso parlamentare. La vera opposizione rischia di essere “dans la rue”, quella della strada, come già hanno annunciato ieri sera con la solita singolare coincidenza estrema destra ed estrema sinistra. La Francia è più che mai spaccata in due.
vivicentro.it/editoriale
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