La notte di Eindhoven sarà ricordata come una delle pagine più nere e imbarazzanti della recente storia europea del Napoli. La sconfitta per 6-2 contro il PSV, non è un semplice scivolone, ma una vera e propria umiliazione, un disastro sportivo che solleva interrogativi pesantissimi sulla tenuta, l’organizzazione e la mentalità di una squadra che, stando alle premesse, avrebbe dovuto lottare per ben altri palcoscenici.
L’analisi del match non può che partire dal dato più crudo e inequivocabile: sei gol subiti. Un dato inaccettabile, che grida vendetta e condanna senza appello un sistema difensivo apparso non solo fragile, ma letteralmente inesistente per gran parte della ripresa. Il fatto che il Napoli sia andato in vantaggio con McTominay è solo un’illusione fugace, presto spazzata via da una reazione del PSV che ha evidenziato in modo impietoso le crepe strutturali degli Azzurri.
Il pareggio su autorete di Buongiorno è il primo segnale di un nervosismo e una confusione che hanno presto degenerato. Il gol di Saibari a fine primo tempo, che fissa il 2-1, è un colpo psicologico che i partenopei non sono stati in grado di assorbire, dimostrando una scarsa resilienza emotiva.
Ma è nella ripresa che si consuma la vera e propria capitolazione. La doppietta di Man per il 4-1 è la mazzata che spegne ogni velleità, trasformando la partita in un allenamento al tiro per gli olandesi. L’unica nota di merito, la doppietta personale di McTominay per il 4-2, si rivela un fuoco di paglia, un sussulto individuale in un contesto di disfacimento collettivo. I gol finali di Pepi e Driouech, arrivati in contropiede, sono la chiosa più amara e beffarda: il Napoli non solo non riesce a contenere, ma si espone a figuracce inaudite nel tentativo disperato e disorganizzato di recuperare.
Le parole di Antonio Conte, seppur misurate, tradiscono una profonda delusione e un’analisi che, onestamente, appare fin troppo indulgente. Parlare di “buon primo tempo” è un tentativo di salvare il salvabile, ma le “disattenzioni fatali” menzionate dal tecnico non sono episodi isolati, sono il sintomo di una mancanza di concentrazione e di una solidità tattica completamente evaporate. La retorica sulla “complessità dell’anno” e sul “pazientare per ritrovare l’alchimia” suona, dopo un 6-2, come una giustificazione debole e posticcia. In Champions League, non c’è tempo per la pazienza, e un allenatore del calibro di Conte è chiamato a trovare soluzioni immediate, non a richiedere alibi.
La dichiarazione di Giovanni Di Lorenzo sull’essere “troppo fragili” è l’unica, amara verità che emerge dallo spogliatoio. È stata una notte di fragilità totale, in cui la squadra ha mostrato di non avere la stoffa e il carattere necessari per affrontare l’alta competizione. Il “parlare tra di noi” e la promessa di “reagire subito” sono i classici cliché post-sconfitta, ma ciò che i tifosi meritano non sono promesse, ma una prestazione degna del blasone che si porta sulla maglia.
In conclusione, la trasferta di Eindhoven non è solo una sconfitta, è un campanello d’allarme assordante. Il Napoli visto ieri è una squadra senza nerbo, senza equilibrio e senza anima. La strada per “alzare il livello di tutta la rosa” è evidentemente molto più lunga e in salita di quanto si volesse credere. Se Conte e i giocatori non sapranno dare una risposta immediata e decisa, non solo in termini di risultato ma soprattutto di dignità e compattezza, il rischio è che questa stagione diventi un calvario di delusioni, lontano anni luce dagli standard che i tifosi e la città si aspettano. Urge un cambio di rotta drastico e immediato.
L’AZZURRO PENSIERO. Napoli umiliato ad Eindhoven in un naufragio tattico e mentale





