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Castellammare di Stabia

La CORRUZIONE

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Ciclicamente ritorna sui nostri Media questo male socio-politico della Corruzione.

L’ennesimo caso di arresti e peggio connivenza con la criminalità, come quelli di questi ultimi giorni, obbliga di doverne almeno parlare, seppure in genere lo si fa solo per un paio di giorni e, spesso, con i modi retorici e insofferenti di una società che sa bene che da decenni “così fan tutti” in questa Penisola, specialmente i molti (troppi) gonfiati di destra, cantastorie di sinistra e ondivaghi di centro e rispettivi codazzi.

Tuttavia, la recentissima legge sul “Codice antimafia”, con cui si affronta in maniera più repressiva questo endemico mal costume della sparsa corruzione, ha finalmente agitato un po’ di più i tanti che, risaputamente, con la “corruzione” vivono e integrano le loro remunerazioni o acquisiscono incarichi, appalti, lauree, concessioni, posti di lavoro, vincono concorsi, ecc. e che, notoriamente, più si trovano nel mondo del Diritto e più anche in modo arrogante sono accondiscendenti.

La corruzione, diciamocelo con un po’ di onestà intellettuale e coraggio civile, è analoga all’estorsione della mafia.

Si corrompe o si deve pagare (anche con viaggi e alberghi tutto spesato, oppure aiuti per i figli che studiano all’estero, l’occorrente per farsi casa, prestiti facili, auto fiammanti, escort, gigolò, ecc.) per non avere problemi, intralci, verifiche e contestazioni, oppure per conseguire qualcosa che può anche spettare di diritto ma che, pagando, si ottiene meglio e prima, magari scavalcando o a discapito di altri.

E chi non si allinea in questa ipocrita Nazione (Stato, Regioni, Enti, Comuni) di mentalità assoggettante (mafiosa), subisce notoriamente ritorsioni di ogni genere e tipo, tra cui legali e giudiziarie, pentendosi dopo di non essersi sottomesso, perdendo tutto, anche la salute e l’esistenza. Quelli che invece lo hanno fatto, di solito sono andati avanti, persino acclamati per quanto sono stati bravi a prendere o a pagare al momento e luogo giusto.

Sicché, anche parlarne o scriverne, come in questo articolo, determina e causa insofferenza e astio se non anche rancore, da parte di parecchi, anche semplici cittadini, a riprova inquietante di quanto la corruzione si è ormai addirittura radicata come una normale abitudine nella nostra interiorità.

D’altronde, nella quotidiana realtà (non quella della nostra teatrante cultura, passerelle, manifestazioni, eventi, monologhi, dibattiti e similari) si dice spesso, con enfasi popolana, che certi Sindaci o Alti Funzionari, Parlamentari, ecc. sono stati bravi poiché hanno saputo rubare lecitamente e farsi pagare, senza mai essere scoperti.

Grandi insegnamenti alle generazioni in crescita.

La corruzione, come la mafia, è quindi una perfida mentalità che fa ritenere scontato, ad alcuni, di poter spadroneggiare – anche legalmente – a danno di altri.

Ed è vomitevole quando i troppi moltiplicati salottieri, opportunisti della trasversale politica e istituzioni, vogliono farci credere, al contrario, che i loro “padrini” non sono neanche mentalmente corrotti.

Questi kapò della politica e Istituzioni li chiamo, pulitamente, i Giustificatori di professione o di cortigianeria.

Invece, la corruzione in Italia è divenuta negli ultimi decenni come una cultura, quindi una scuola di vita, di famiglia, di Uffici, di Enti, di Palazzi, insomma di rapporti umani.

La corruzione è la capacità di uno Stato di trasformare in legale ciò che è criminale nei confronti del popolo, attraverso leggi, sentenze e regolamentazioni (ma le LORO e solo per LORO).

E non c’è peggio di quando una comune aspettativa di trasparenza, legalità e democrazia, pure sofferta, viene mortificata continuamente dalla Politica e dalle Istituzioni preposte.

La corruzione è anche l’esito dell’endemico clientelismo italiano, del nepotismo e dei conclamati bacini elettorali per lo stipendiato consenso politico, sindacale, professionale e imprenditoriale, che ha inoculato nei cittadini la celata convinzione che tutto ha comunque un prezzo, persino il diritto al lavoro che, pertanto, si può comprare con voti, tessere o soldi, quindi così giustificando automaticamente anche gli alti livelli di compiacenza, connivenza e convittualità generale, poiché “chi mangia fa molliche”, le quali vengono lasciate al popolo che così campa, nonché pure gli avanzi agli incalcolabili codazzi.

La corruzione è anche figlia della forzosa irresponsabilità dei Magistrati, che possono così discrezionalmente decidere, poiché la Giurisprudenza in Italia è divenuta nel corso dei decenni la vera e unica Legge, mentre le norme non vengono neppure più considerate, anche in quanto sono scritte da “fior fiore” di giuristi vari, ma evidentemente politicizzati nonché, per questo, pure incaricati e pertanto in evidente carente buona fede e onestà intellettuale.

Sicché, e non a caso, impera l’incertezza del Diritto e della pena, innescando di conseguenza continue conflittualità sociali, a tutto beneficio dell’accrescimento dei poteri politico-giuridici centralizzati e periferici e, pertanto, accrescendo il forzoso sistema di assoggettamento della gente comune.

Di conseguenza, le norme sono generalmente, in modo lapalissiano, emanate con confusione, labilità, imprecisione e indolenza, tant’è vero che, mentre una volta gli avvocati ai propri clienti dicevano che come riferimento si aveva il Codice, oggi sono costretti a ripetere che il giudizio dipende da chi è il Giudice e come, secondo la sua visione, interpreta la legge e i fatti.

Inoltre, comprendiamo tutti che in una città e annessa provincia, la diffusa corruzione politico-sociale e la criminalità sono anche proporzionate alla mescolanza e accidia pure di parte del distretto giudiziario.

Ma ciò che di certo diventa oltremodo deflagrante è l’ipocrisia culturale e soprattutto scolastica, quest’ultima la più nociva nel tempo.

E così la corruzione dilaga. In Italia, alla fine e come sempre, di fatto paga anche per questo il parco buoi dei contribuenti, pure per mantenere le pletore di corrotti dell’altrettanta politica, istituzioni, burocrazia, di Stato, Regioni, Enti, Comuni.

Cosa si può fare?

Le due recenti norme, quella del 2014 sullo “scambio di voto” e questa del 2017 sul “codice antimafia”, per quanto da profano possa comprenderne di Diritto, sembrano un discreto relativo argine, seppure poi nel mondo degli umani molto dipende da come e chi deve valutare, operare e decidere, nella fattispecie gli Inquirenti e i Giudici.

Ma ci sono altre due, a mio avviso, indispensabili obblighi che si dovrebbero forzosamente imporre e senza i quali tutto sarà sempre vano.

Brevemente e come scrivo da anni:

  • Introduzione in tutta la scuola dell’obbligo, e in modo proporzionale ma quotidiano al pari di una materia fondamentale, dello studio dei “diritti e Doveri”.
  • Revisione attitudinale e psicologica, ogni dieci anni, di tutti coloro, nessuno esente, dai piani più altissimi ai livelli inferiori del sistema pubblico-politico-giuridico-burocratico che, direttamente o indirettamente, anche per concessioni o incarichi e quant’altro annesso e connesso, siano alle dipendenze o abbiano anche solo collaborazioni e partecipazione con lo Stato, Regioni, Enti e Comuni.

Diversamente, nessuna legge potrà cambiare in modo incisivo mai nulla.

Nel mondo degli umani, ci dice la scienza moderna, comanda la mente, il resto è una conseguenza. Se questo nostro fantastico cervello, così potentemente predisposto, ma altrettanto così ancora vuoto alla nascita, non viene civilizzato e socializzato, riterrà col tempo di essere ancora nella giungla a fare il cavernicolo.

E nei nostri Palazzi, come pure nell’ultimo più piccolo Comune, i primitivi che si vantano d’essere dotti, purtroppo abbondano.

Noi cittadini comuni, però, non millantiamo di essere indenni dal marcio nel nostro Stato.

Un prossimo articolo infatti, lo dedicherò a noi: “Il pizzetto”.


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