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Quali sono i segnali d’allarme per cercare di predire un tentativo di suicidio?

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Personaltrainer ha chiesto a Guida Psicologi di spiegarci quali siano i segnali d’allarme a cui prestare attenzione per cercare di predire un tentativo di suicidio.

Quali sono i segnali d’allarme a cui prestare attenzione per cercare di predire un tentativo di suicidio?

Giornata Mondiale per la Prevenzione del Suicidio 10 settembre - Depositphotos_582473706_LCe ne parla la Dottoressa Erica Farolfi, psicologa clinica e psicoterapeuta in formazione, che si occupa di gestione delle relazioni (anche di coppia), dello stress, dell’ansia, dei disturbi dell’umore, del lutto, dei problemi di dipendenza e ideazione e comportamenti di tipo suicidario.

“Innanzitutto ci tengo a sottolineare che il suicidio è un fenomeno articolato e molto complesso, difficilmente delimitabile in una sola area, quindi anche il suo studio lo è.

Avviene in tutte le società e in tutte le epoche storiche, infatti è la seconda causa di morte tra i giovani individui tra i quindici e i ventinove anni e l’incidenza è anche molto alta in persone con età maggiore.

Tuttavia, rimane ancora un tabù, qualcosa da mettere sotto il tappeto ed è fondamentale parlarne.

Prima di rispondere alla domanda sui fattori di rischio, ci tengo a sottolineare quanto sia fondamentale, se si hanno pensieri di questo tipo, se si soffre di un malessere profondo, rivolgersi a un esperto della salute mentale, uno psicologo abilitato, che ispiri fiducia e abbia anche una formazione in merito.

Non bisogna esimersi dal chiedere aiuto, lo consiglio spassionatamente.

Se invece si vuole cercare di comprendere se una persona a noi cara possa essere in pericolo di compiere tale atto, ora svisceriamo la domanda.”

Suicidio: fattori di rischio e fattori protettivi

“Sono stati studiati i fattori di rischio e di protezione per quanto riguarda l’atto del suicidio. I fattori di rischio sono quelli che possono aumentarne la probabilità, mentre i fattori di protezione sono quelli che possono diminuirne la possibilità.

Ogni persona ha un insieme di fattori di rischio e di fattori di protezione che insieme delineano la possibilità più o meno frequente di compiere tale atto.

Tuttavia, ovviamente dipende da persona a persona.

È stato riscontrato un ruolo fondamentale a livello genetico e neurotrasmettitoriale, quindi in particolare in disfunzioni dei neurotrasmettitori, alterazioni dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene.

Anche se ancora il ruolo genetico è da studiare, tuttavia è fondamentale considerare l’epigenetica, ossia se si attivano o meno i geni in base alle esperienze ambientali in cui vengono a contatto.

Tra fattori di rischio possono esserci:

  • le malattie fisiche. Le persone che soffrono e che non riescono a vedere una soluzione, nel caso di malattie croniche, vedono nel suicidio una fonte di liberazione.
  • Le malattie considerate più a rischio possono essere la sclerosi multipla, la sclerosi laterale amiotrofica, l’Hiv, l’Aids, il cancro al cervello.
  • l’uso e l’abuso di sostanze,
  • la depressione l’ansia e i disturbi di personalità, e in particolare il disturbo borderline di personalità, oltre che psicosi e schizofrenia.
  • anche precedenti tentativi di suicidio, comportamenti autolesionisti possono aumentare la probabilità di ulteriori successivi tentativi.

Però è fondamentale sottolineare che non tutte le persone che compiono il suicidio hanno un disturbo mentale.

Fattori di rischio molto importanti possono essere:

  • l‘isolamento sociale, quindi una mancanza di supporto di una rete sociale, il vivere da soli o lontani dalla società, in relazioni o famiglie insoddisfacenti o instabili o disunite e non avere il supporto su cui contare in caso di difficoltà.
  • la violenza domestica, i conflitti familiari, l’assenza di relazioni di cura o, appunto, l’insoddisfazione nella propria rete sociale, quindi tutto quello che conduce a una mancanza di supporto di altri individui.
  • Il lutto può essere un predittore di eventuali tentativi di suicidio per superare il dolore o per unirsi alla persona persa.
  • avere un’infanzia difficile può aumentare il rischio di suicidio, soprattutto in età adolescenziale, quando gli stress aumentano, quindi l’adolescente deve comprendere chi è, che vita ha nel mondo e qual è la sua identità.
  • un aspetto fondamentale sono anche i tratti di personalità.
  • Alcuni tratti potrebbero essere predittori di suicidio, per esempio la vergogna verso se stessi, l’autosvalutazione, la disregolazione emotiva, il pensiero dicotomico tutto o nulla, l’incapacità di conoscere i propri stati emotivi, i bassi livelli di auto efficacia, l’impulsività e tanti altri, ma in generale si tratta di tratti rigidi e svalutativi nei propri confronti.
  • Non è assolutamente da sottovalutare anche la presenza di armi o fattori letali nel contesto in cui si vive, che possono aumentare la possibilità di compiere un atto suicida, in quanto più accessibili.
  • E’ stato studiato come anche all’interno della comunità LGBTQ+ ci siano maggiori tentativi di suicidio, soprattutto in persone bisessuali che non vengono inquadrate né nella comunità eteronormativa, ne’ la comunità LGBTQ+

Se vi rivedete in uno di questi fattori di rischio o vedete qualche persona a voi cara, con queste caratteristiche, non dovete per forza allarmarvi. Bisogna valutare caso per caso e in caso di dubbi, sempre rivolgersi a un esperto della salute mentale, quindi uno psicologo.

Per ogni individuo bisogna considerare la combinazione tra i diversi fattori studiati come predittori e tratti della personalità, nonché tratti genetici da prendere in considerazione.

Poi è stato studiato anche come alcuni giorni o mesi dell’anno possano aumentare il rischio di suicidio.

Tuttavia non si sa la motivazione.

Però maggiori suicidi avvengono nel lunedì, infatti esiste per esempio il Blue Monday e nei mesi primaverili.

Come vi dicevo precedentemente, non c’è da preoccuparsi se si nota la presenza di uno o più di questi fattori in se stessi o in persone care. Questo non porta necessariamente al suicidio. Come per tutte le psicopatologie, dipende da caso per caso.

E lo stesso vale anche per i fattori protettivi, in quanto è fondamentale studiare non solo i fattori di rischio, ma anche i fattori protettivi, ossia quelli che possono diminuirne la probabilità.

fattori protettivi sono in sostanza il rovescio della medaglia di quelli di rischio:

  • una rete solida e coesa,
  • un nucleo familiare ampio,
  • la soddisfazione per la propria vita,
  • assenza di armi letali in casa,
  • flessibilità emotiva ma anche di ragionamento,
  • alti livelli di autostima, auto efficacia ed autocontrollo.

La combinazione più o meno forte di questi fattori, sia protettivi che di rischio, influenzano la persona nel suo agire quotidiano e nelle scelte, compresa quella di compiere il suicidio, quindi va valutato caso per caso.”

Falsi miti sul suicidio

“I fattori sopra elencati sono importanti perché possono darci una fonte di orientamento, ma oltre considerare i fattori di rischio, bisogna anche prestare attenzione ai falsi miti che circondano il tabù del suicidio.

Quando per esempio si ritiene che:

  • le persone che parlano di suicidio non lo commettono. Non è cosi. Le persone cercano di parlarne per sfogarsi, per cercare di vedere anche una visione differente, richiedendo aiuto. C’è chi ritiene che le persone non possano cambiare idea al riguardo, quindi vengono etichettate come persone con problemi e con precedenti tentativi di suicidio.
  • le persone che compiono il suicidio hanno sempre disturbi mentali. Come abbiamo già detto, non è così.
  • le persone che commettono un suicidio vogliono necessariamente morire. Non è detto. Molto spesso le persone prima di compiere questo atto hanno dei desideri ambivalenti e compiono un atto per un gesto impulsivo. Molto spesso invece, le persone desiderano assolutamente vivere, ma non riescono a vedere un’altra soluzione.

Un falso mito relativo al tabù del suicidio da sradicare assolutamente, a parer mio, è il presupposto per cui parlare di suicidio sia una pessima idea e possa essere interpretato dalla persona come un incoraggiamento a svolgere l’atto. Assolutamente falsissimo.

Nella nostra società non si parla di suicidio. Non è un argomento che si chiede purtroppo nemmeno in un colloquio clinico, cosa molto errata anche questa. E se si ha il sentore che un qualche conoscente, amico, familiare abbia questi pensieri, solitamente non lo si indaga apertamente.

Parlarne potrebbe portare l’aspirante suicida a sentirsi sollevato nel rapporto empatico con un’altra persona, a vedere prospettive diverse, possibili alternative, riuscire a sfogarsi e fronteggiare meglio le situazioni problematiche e gli eventi cruciali della propria vita.”

L’Esperto – Quali sono i segnali d’allarme per cercare di predire un tentativo di suicidio?

Fonti:
https://www.prevenireilsuicidio.it
https://www.rainews.it
https://www.personaltrainer.it


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