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Castellammare di Stabia

Campagna elettorale: prevedibili promesse farlocche e polemiche razziste

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Tempesta sul centrodestra per una frase choc di Fontana sull’immigrazione: “Non possiamo accettare tutti, la nostra razza bianca è a rischio” e per Salvini che imbarazza gli alleati con la proposta di: riaprire le case chiuse.

Per Marcello Sorgi “ era inevitabile che il tema dell’immigrazione irrompesse nella campagna elettorale ”. E ora “ci troviamo di fronte a una polemica a due facce”.

I due fronti della sfida sui migranti

Era inevitabile che il problema dell’immigrazione facesse irruzione nella campagna elettorale, dato che è stato argomento continuo di polemiche da almeno tre anni. Ma era francamente imprevedibile che Fontana, il neo-candidato leghista alla guida della Regione Lombardia, a una delle sue prime uscite paventasse addirittura la scomparsa della «razza bianca», un rischio mai minacciato neppure dal suo leader Salvini, pur avvezzo a parlare in termini crudi di immigrati, e di «ruspe» come rimedio per spazzare via i campi profughi dalle periferie delle nostre città.

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I paradossi di questa vicenda sono due. Il primo è che per quanto il centrodestra, soprattutto al Nord dove mira a stravincere, e dove l’immigrazione è argomento ultrasensibile, punti a farne il tema-chiave della propria propaganda, il problema degli sbarchi nel corso del 2017 ha subito un drastico ridimensionamento. Basta solo leggere i dati pubblicati sul sito del ministero dell’Interno per rendersi conto di cosa è accaduto.

Dai 181.436 sbarchi del 2016 (con 5022 morti annegati nel Canale di Sicilia) si è passati ai 119.247 dell’anno appena concluso, con un decremento del 34 per cento: vuol dire che per ogni tre immigrati giunti due anni fa, l’anno scorso ne sono arrivati due.

Se poi si passa a scomporre questi dati, si scopre che nella prima metà del 2017, da gennaio a giugno, si erano registrati oltre 83.000 arrivi, con un incremento, in questo caso, sul periodo corrispondente del 2016, del 18 per cento. Da luglio a dicembre, invece, sono approdati sulle coste siciliane (ma anche, in misura assai minore, calabresi, pugliesi e campane) «solo» 36.000 profughi, il 67 per cento in meno. Significa, per usare lo stesso paragone, che per ogni tre immigrati sbarcati nel 2016, nella seconda parte del 2017 ha toccato terra solo uno, o anche meno.

Con un flusso come questo, che, va detto, non è affatto facile tenere costante, quest’anno il totale degli sbarchi potrebbe addirittura dimezzarsi. Si può discutere sul fatto che centomila o cinquantamila immigrati siano ancora troppi per l’Italia. E può darsi che effettivamente lo siano, è da vedere. Ma se contemporaneamente cominciasse a funzionare un po’ meglio il meccanismo della redistribuzione in Europa – che prevedeva che 160.000 fossero accolti nei Paesi partner dell’Unione, mentre ne sono stati ricollocati solo 31.000, e non soltanto dall’Italia – il problema, se non proprio risolto, potrebbe essere considerato gestibile, come appunto ha cominciato ad essere negli ultimi mesi.

Il merito di questo capovolgimento della situazione, e della reale cancellazione della pretesa «invasione» degli immigrati (quella, per intendersi, di cui parla tutti i giorni Salvini e il gruppo dirigente della Lega e che ha portato Fontana a lanciare il grottesco allarme per la «razza bianca») è del ministro dell’Interno Minniti. Minniti è stato anche criticato da chi pensa che nel chiudere gli accordi che ha firmato in Libia con il nuovo (ma non dappertutto riconosciuto) governo, con le milizie e con le tribù, per frenare il flusso delle partenze, abbia adoperato forse troppa disinvoltura, senza curarsi, o senza curarsene troppo, del destino di coloro che avevano attraversato il deserto per imbarcarsi e venivano invece bloccati, non sempre in condizioni decenti o umanitarie, prima di affacciarsi sul mare. Un’inchiesta dell’Associated Press ha documentato come alcuni degli interlocutori del nostro ministro potessero essere precedentemente impegnati nel traffico di migranti, e forse proprio per questo si siano rivelati così efficaci nel rallentarlo. Dubbi e accuse da dimostrare, ovviamente. Mentre è sicuro che da quando Minniti, a febbraio 2017, ha firmato il primo accordo, nel giro di alcune settimane il grande fiume della migrazione ha cominciato a prosciugarsi.

Qui però si materializza il secondo paradosso di questa storia. Un governo normale, una coalizione normale, un partito normale avrebbero tutto l’interesse a valorizzare il lavoro del proprio ministro. Se non lo fanno, o non lo possono fare, è perché all’interno di quel governo, di quella coalizione che peraltro deve ancora nascere e di quel partito esiste una scuola di pensiero che considera il lavoro di Minniti discutibile, non in linea con lo spirito di solidarietà che il Pd e il centrosinistra dovrebbero dimostrare, o addirittura contrario al dovere di accoglienza verso i disperati che arrivano dall’Africa. Non li sfiora l’idea che questi legittimi sentimenti possano trovare migliori soddisfazioni se il numero dei profughi diminuisce, anziché aumentare a dismisura, com’era accaduto nel 2014, ’15 e ’16. E soprattutto, al momento, nel Pd e nel centrosinistra l’immigrazione è tabù: perché se la Bonino si accorge di quel che ha combinato Minniti, potrebbe saltare la coalizione con i Radicali.

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vivicentro.it/OPINIONI
vivicentro/Campagna elettorale: prevedibili promesse farlocche e polemiche razziste
lastampa/I due fronti della sfida sui migranti MARCELLO SORGI


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