Autonomia differenziata: i punti del papà del Porcellum

Proviamo a fare chiarezza sull' Autonomia differenziata partendo dal vedere Cos'è per proseguire poi a vedere quali sono i punti messi in gioco da Calderoli, il papà del Porcellum

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Proviamo a fare chiarezza sull’ Autonomia differenziata partendo dal vedere Cos’è per proseguire poi a vedere quali sono i punti messi in gioco da Calderoli, il papà del Porcellum.

Cos’è l’autonomia differenziata

L’autonomia differenziata è una forma di autonomia riconosciuta dall’articolo 116 della Costituzione Italiana, modificato nel 2001, che permette alle regioni a statuto ordinario (ad eccezione della Val d’Aosta, Trentino-Alto Adige e Bolzano) di avere maggiore autonomia in alcune materie specifiche rispetto ad altre, a seconda delle loro specificità territoriali e delle loro esigenze.

In particolare, come indicato dal terzo comma dell’articolo 116 della Costituzione, alcune materie non esclusivamente affidate allo Stato centrale, possono essere oggetto di autonomia differenziata.
Queste materie sono comunque tante e diverse e possono includere questioni come l’istruzione, la sanità, l’ambiente, la cultura, le infrastrutture, l’urbanistica, le politiche sociali e l’economia.

Cos’è il LEP

Il LEP (Legge di Evoluzione dell’Autonomia)  è una legge approvata dal Parlamento italiano nel 2019 che ha introdotto la possibilità per le regioni di richiedere maggiore autonomia in determinate materie, in base a criteri stabiliti dalla legge stessa e che determinano le soglie minime di qualità dei servizi su cui ogni cittadino deve poter contare in maniera omogenea su tutto il territorio nazionale.

I LEP vengono determinati dallo Stato e proprio la loro sussistenza rappresenta il terreno di scontro più acceso tra la maggioranza e i partiti di opposizione.

Durante il Festival delle Regioni, il ministro Roberto Calderoli ha ricordato che “prima di poter attuare l’autonomia differenziata, occorre definire in modo chiaro i Livelli essenziali di prestazione. Solo allora si potrà finalmente parlare di costi e fabbisogni standard e dei trasferimenti”.

Ed fra queste pieghe che si sviluppa la tossica abilità del papà del Porcellum che sta provando di far approvare un simil Porcellum che magari, poi, sarà denominato: Maialata 2, il ritorno di Calderoli.

Cosa chiede nello specifico Roberto Calderoli e cosa prevede la sua bozza di testo sul rispetto dei LEP?

All’articolo 3, comma 2, viene stabilito che “entro dodici mesi dall’entrata in vigore della legge” vengano determinati i Livelli essenziali di prestazione.

Se entro un anno ciò non accadesse, il trasferimento di funzioni dovrebbe avvenire “sulla base della spesa storica“.
Ed ecco la sua “malefica genialata”: Quest’ultima, infatti, non sarebbe altro che l’ammontare complessivamente utilizzato in un anno dalle singole Regioni per l’offerta di servizi ai cittadini.
Ergo: chi, avendo più ricchezza e disponibilità negli anni scorsi, da ora in poi continuerà ad avere DIRITTO a maggiori affidamenti. Bella vero?

Il riferimento alla spesa storica era stato accantonato da una riforma dell’ordinamento del 2010, che aveva individuato nei fabbisogni standard il nuovo parametro tramite cui valutare la ripartizione dei trasferimenti statali.
Si tratta del peso finanziario che ogni ente locale prevede di attuare per garantire il mantenimento delle prestazioni alla cittadinanza.

Ora il ministro vuole tornare indietro: per fare chiarezza e intavolare una volta per tutte un percorso chiaro, bisognerà attendere la discussione in Parlamento.

Cosa stabilisce la Costituzione

La Costituzione italiana stabilisce che l’Italia è una Repubblica fondata sul lavoro.
L’articolo 5 della Costituzione stabilisce che la Repubblica riconosce e promuove le autonomie locali, e che l’esercizio delle funzioni amministrative è affidato alle province, alle città metropolitane, alle regioni e ai comuni.
L’articolo 117, comma 2 stabilisce che le materie non espressamente riservate alla competenza esclusiva dello Stato possono essere regolate dalle Regioni con propri ordinamenti.

Cosa chiede la destra con il progetto presentato da Calderoli (nota: si ricorda che fu proprio questo ministro a far approvare la Legge 270 del 21 Dicembre  2005.
La 2070, per chi non lo ricordasse o sappia, è la legge elettorale proporzionale con premio di maggioranza e liste bloccate proposta e fatta approvare dal Calderoli e che si dovette quindi utilizzare nelle elezioni del 2006, 2008 e 2013 e che, presentata come Legge salvifica fu poi rinominata, con somma impudenza e faccia tosta della sesso Calderoli: Legge Porcellum. E questi erano e sono ancora oggi sono i leghisti e la destra in genere)

A volte ritornano ovvero: chi non muore si rivede

Anno 2023, Governo Meloni: riecco Roberto Calderoli in veste, questa volta, proprio di ministro per gli Affari regionali e le autonomie, pronto a compilare, e presentare, il suo progetto di autonomia differenziata che prevede la possibilità per ogni singola regione di cedere agli enti locali le 23 materie concorrenti indicate nella Costituzione.

Di seguito la lista delle tematiche su cui le Regioni possono chiedere, come il Veneto chiede, maggiore libertà di manovra:

  1. Rapporti internazionali e con l’Unione europea delle Regioni;
  2. Commercio con l’estero;
  3. Tutela e sicurezza del lavoro;
  4. Istruzione (fatto salvo per l’autonomia delle istituzioni scolastiche e con l’esclusione dell’istruzione e della formazione negli istituti scolastici professionali);
  5. Professioni;
  6. Ricerca scientifica e tecnologica;
  7. Sostegno all’innovazione per i settori produttivi;
  8. Tutela della salute;
  9. Alimentazione;
  10. Ordinamento sportivo;
  11. Protezione civile;
  12. Governo del territorio;
  13. Porti e aeroporti civili;
  14. Grandi reti di trasporto e di navigazione;
  15. Ordinamento della comunicazione;
  16. Produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia;
  17. Previdenza complementare e integrativa
  18. Coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario;
  19. Valorizzazione dei beni culturali e promozione e organizzazione di attività culturali;
  20. Valorizzazione dei beni ambientali;
  21. Casse di risparmio e casse rurali;
  22. Aziende di credito a carattere regionale;
  23. Enti di credito fondiario e agrario a carattere regionale.

Autonomia differenziata conseguenze

Essendo l’autonomia differenziata una forma di autonomia speciale che consente a determinate regioni o province di avere maggiori competenze e poteri rispetto ad altre, le conseguenze di questa forma di autonomia possono essere positive o negative a seconda del contesto e delle modalità con cui viene attuata.

In generale, l’autonomia differenziata può aiutare a rispondere alle specifiche esigenze delle singole regioni, migliorando l’efficienza nell’erogazione dei servizi e nell’utilizzo delle risorse.

Tuttavia, può anche creare disuguaglianze tra le regioni e aumentare la complessità del sistema amministrativo.

Inoltre, può anche portare a una maggiore competizione tra le regioni, con conseguente maggiore pressione fiscale sui cittadini.

In conclusione, eccovi i pro ed i contro dell’ Autonomia differenziata.

I pro dell’autonomia differenziata possono essere:

  1. Maggiore flessibilità e capacità di rispondere alle esigenze locali
  2. Maggiore efficienza nell’utilizzo delle risorse
  3. Maggiore partecipazione dei cittadini alla vita politica e amministrativa delle proprie regioni
  4. Possibilità di sviluppare politiche più adeguate alle specificità territoriali

I contro dell’autonomia differenziata possono essere:

  1. Aumento delle disparità tra le regioni
  2. Rischio di creazione di un sistema federale disomogeneo e poco efficiente
  3. Aumento dei costi amministrativi e burocratici
  4. Possibilità di creare tensioni tra le diverse regioni e lo Stato centrale.

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