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NEK, tante emozioni, musica e parole per Scafati!

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L’amministrazione comunale di Scafati con a capo il Sindaco Dott. Pasquale Aliberti, ha regalato ai suoi cittadini un bellissimo concerto del cantautore Filippo Neviani, in arte NEK.

Guarda la fotogallery a cura di Antonio Toscano

La temuta pioggia prevista per la serata di ieri 2 Gennaio è stata clemente permettendo così la buona riuscita della manifestazione.

Scafati, ormai da anni, conferma per il Capodanno la presenza di cantanti di elevato spessore e per il 2016 è stata la volta di NEK.

Il famoso artista che per il 2015 ha brillantemente partecipato al Festival di Sanremo, ha terminato con la tappa di Scafati una importante tournèe dal nome “Prima di Parlare Live Tour”.
I fans del cantautore emiliano hanno iniziato a gremire il piazzale Aldo Moro già dalle prime ore del pomeriggio, arrivando così a fine serata al numero considerevole di circa duemila persone.

Nek ha riproposto tutta la sua “greatest hits”, regalando alcuni meadley acustici e dediche al pubblico scafatese e non, molto caloroso.

Ricordiamo le sue note famose di “Fatti avanti amore”, “Laura non c’è”, “Contromano” ed inoltre la cover di “Se telefonando” scritta da Maurizio Costanzo e Ghigo De Chiara nel 1966.

Il concerto è andato avanti tra cori ed applausi per circa due ore, riempiendo di soddisfazione anche il sindaco Aliberti che attraverso i social ha espresso il proprio ringraziamento alla cittadinanza ed ai partner che hanno collaborato alla realizzazione dell’evento.

A tutti un meraviglioso anno 2016 da parte di Nek e dalla redazione di ViViCentro.it

Riflessioni sul Capodanno negli anni (Lucio Garofalo)

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La riflessione più significativa sul Capodanno la scrisse Antonio Gramsci in giovane età, nel 1916, esattamente un secolo fa. Gramsci aveva ragione quando scriveva che dovrebbe essere Capodanno ogni giorno. Ma senza le stupide convenzioni sociali, gli stereotipi ottusi, il falso perbenismo borghese, il moralismo ed il conformismo ipocrita della società dei consumi di massa, senza i buoni propositi di ogni inizio d’anno che fanno assomigliare la vita umana ad un’azienda commerciale con i suoi consuntivi finali, bilanci e preventivi. Il comunismo dovrà spazzare via anche le inutili e sciocche convenzioni, le date e le ricorrenze vuote di senso. Questi Capodanni, che rappresentano soltanto convenzioni rituali, inducono a credere sul serio in una discontinuità della vita e della storia umana. Mentre non è affatto vero. Sono altri i momenti storici che hanno sancito un salto rivoluzionario, o una discontinuità effettiva. Ad esempio, il 1789 o il 1917. Giusto per intenderci. Purtroppo, la maggior parte della gente non si rende conto di inseguire chimere ed illusioni. Ogni fine d’anno si ripete, puntualmente, lo stesso meccanismo rituale, mentale, di massa. Una sorta di “droga collettiva”, di “oppio dei popoli” utile a condizionare le classi popolari e mantenerle in uno stato di subalternità, sotto il giogo delle élites dominanti. Come recitavano gli antichi latini: panem et circenses. Si dice “anno nuovo, vita nuova”, ma è solo una mera illusione. Nel corso della storia umana si verifica assai raramente una soluzione di continuità, una rottura o un trauma tali da generare mutamenti radicali, tranne nei casi in cui si realizzi una rivoluzione epocale. Neanche nel caso delle più celebri date spartiacque, il 1492, anno della scoperta dell’America, o il 476 d. C., che sancì ufficialmente la deposizione dell’ultimo imperatore romano d’Occidente. Queste date rappresentano convenzioni stabilite dagli storici per segnare sulla linea del tempo eventi che separano due epoche storiche, suscitando un’immagine di rinnovamento che è puramente simbolico ed illusorio. Solo un’autentica rivoluzione avrà il potere di introdurre qualche innovazione concreta e profonda nella vita quotidiana delle persone. Per cui le vere date spartiacque della storia sono altre: il 1789, anno della rivoluzione giacobina, il 1917, anno della rivoluzione bolscevica. Tali eventi storici hanno fatto compiere all’umanità uno straordinario balzo in avanti, innescando una soluzione di continuità reale. Ora, tenendo conto che il pensiero di Gramsci è di un’intelligenza inarrivabile, mi accontento di aggiungere riflessioni più banali e modeste. Come già detto, a Capodanno si usa augurare “anno nuovo, vita nuova”. Un augurio che rivolgiamo a noi stessi e a chi amiamo. Ma la verità è che, con il trascorrere degli anni, si rischia di invecchiare. Per cui il miglior auspicio che mi viene in mente, è di riuscire a conservare l’entusiasmo, la carica vitale, le speranze e le energie giovanili. Come dicono nella capitale dello Stato Pontificio: “bonanotte ar secchio, ormai ce semo”. Il mio auspicio speciale è che i bilanci sul passato siano sempre onesti, mentre i desideri e i progetti per il futuro siano realizzabili. Nel contempo, non conviene mai precludersi la possibilità di sognare e pensare in grande stile, di volare alto, affinché si attui finalmente l’utopia di un’autentica rivoluzione palingenetica: l’emancipazione del genere umano da ogni forma di oppressione, politica, economica, religiosa. Pensare ed agire con coerenza, non accettare supinamente le idee altrui: è questo un augurio davvero speciale.

ISCHIA, FEMIANO:”SPEZZANI FIRMERA’ A BREVE,SIRIGNANO? SOLO SE VA VIA MORACCI”

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Si è concluso il mini-ritiro sull’isola di Ischia,dopo quattro giorni che la squadra si è allenata sul sintetico dello stadio Monti di Casamicciola. Ci sono stati i primi movimenti di mercato in entrata da parte della società dove sono arrivati i vari calciatori Di Vicino, Celli e Spezzani, con quest’ultimo che sembra essere il candidato numero uno a firmare a breve. Alla riapertura del mercato ci aspetteremo qualche altro giocatore in prova.

”Se prenderemo qualcun altro lo faremo firmare subito,senza il periodo di prova. Spezzani sta lavorando per ritrovare la sua forma migliore,e all’apertura del mercato firmerà”. In quest’ultimo periodo c’è un giocatore come Nicola Mancino che fa gola a tanti club,la sua cessione sembra vicina.”Mancino è un giocatore richiesto,e ne dobbiamo andare fieri di avere un giocatore del suo calibro richiesto sul mercato”.

Capitolo Sirignano? “ Lo ripeto,se esce Moracci l’acquisto sarà lui in difesa. Abbiamo un giocatore valido come lui.Anche se potrebbe andare via con uno scambio con un’altra squadra sempre per un difensore”. Per quanto riguardo il reparto offensivo, ci sarà da intervenire, anche perché l’infortunio di Orlando sembra più grave del previsto. “Si rientrerà con qualche settimana in ritardo rispetto a quanto si era programmato. Fall già si sta allenando, nei prossimi giorni vedremo cosa ci darà l’ortopedico della clinica a Roma”.

Il reparto che sembra avere più necessità dove intervenire è il centrocampo, dove a questa squadra manca un vero play-maker.” Ci sono due giocatori di qualità. Uno è Spezzani che se sta bene è un giocatore di categoria superiore. E abbiamo Di Vicino che lo stiamo valutando proprio sotto il profilo atletico,perché se dovesse stare bene,sicuramente diventerà un giocatore dell’Ischia. Operazioni in entrata,ma c’è da sfoltire anche la rosa con dei giocatori pronti a lasciare l’Ischia.Uno dei papabili sembra essere Meduri. “Si è un giocatore che stiamo cercando di cederlo,potendo così prendere Spezzani e qualche altro rinforzo”.

Donna uccisa in casa con un fendente alla gola a Città di Castello: arrestato il figlio Federico

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Sviluppi nell’omicidio di Città del Castello. Disposta la custodia in carcere, per omicidio, nei confronti del figlio 21enne, Federico Bigotti, di Anna Maria Cenciarini, madre di famiglia e casalinga 55 anni.

Anna Maria Cenciarini 300x279CITTA’ DI CASTELLO (PERUGIA), 3 GEN – E’ stato arrestato Federico Bigotti, il ventunenne accusato di aver ucciso la madre Anna Maria Cenciarini, raggiunta da una decina di coltellate nella casa di famiglia sulle colline di Città di Castello.

A carico del giovane, prelevato dai carabinieri nella tarda serata di ieri, si ipotizzano i reati di omicidio e maltrattamenti in famiglia.

L’avvocato del giovane ha detto: “Al momento non abbiamo commenti da fare perché prima attendiamo di conoscere il provvedimento” 

Le 5 donne morte di parto: oggi task force ministeriale anche a Brescia

Oggi le ispezioni della task force del Ministero della Salute, dopo quelle a Bassano del Grappa e a San Bonifacio-Verona dove, nei giorni scorsi sono morte, sempre in sala parto, Marta Lazzarin e Anna Massignan, altre due delle 5 donne in totale, si sono estese anche negli Spedali Civili di Brescia dove, il 2 scorso, è deceduta Giovanna Lazzari madre di due bambini, il primo di un anno e l’altro di quattro anni e mezzo,  e moglie di Roberto Coppini.

Gli ispettori, precisa il ministero “devono acquisire le carte e tutte le relazioni tecniche” e accertare se a determinare i decessi abbiano contribuito difetti organizzativi e se siano state rispettate tutte le procedure previste a garanzia della qualità e sicurezza delle cure. Inoltre, secondo quanto si apprende, con l’invio degli ispettori negli ospedali il ministro Lorenzin intende avviare anche una verifica sull’efficacia delle linee guida sulle donne in gravidanza. Fra l’altro, due delle donne morte in questi giorni sarebbero state obese e quindi con maggiori rischi di complicanze.

  • I precedenti
  1. VERONA – Il 25 dicembre una 34enne di Meledo di Sarego, nel vicentino, Anna Massignan, è morta nell’ospedale di San Bonifacio, in provincia di Verona, dopo che l’antivigilia di Natale era caduta in casa. Sottoposta ad un cesareo d’urgenza è morta sotto i ferri, mentre il neonato è deceduto successivamente in un altro ospedale.
  2. TORINO – Nella notte del 26 dicembre è morta per arresto cardiocircolatorio in sala parto all’Ospedale Sant’Anna di Torino, Angela Nesta, di 39 anni, incinta al nono mese di una bimba. Poco prima aveva dato alla luce la sua primogenita, nata morta. Secondo l’ospedale si è trattato di una “complicanza rarissima e imprevedibile”. La procura di Torino ha aperto un’inchiesta.
  3. BASSANO DEL GRAPPA – Il 29 dicembre, all’ospedale di Bassano del Grappa, è morta Marta Lazzarin, blogger di 35 anni ricoverata nel pomeriggio alla 27esima settimana di una gestazione che non le aveva mai dato problemi. Era arrivata al pronto soccorso con forte febbre e dolori addominali. Si era perforato il sacco amniotico e il feto era morto, probabilmente da un paio di giorni. Marta è entrata in coma dopo un arresto cardiocircolatorio durante il travaglio per espellere il feto. Vani i tentativi di rianimarla.
  4. FOGGIA – Quello stesso 29 dicembre una ragazza di 23 anni, incinta di nove mesi di una bambina, è morta in casa a Foggia per cause da accertare. In pochi minuti, il corpo è stato portato agli Ospedali Riuniti della città pugliese. I medici, con un cesareo post-mortem, hanno tirato fuori la piccola, rianimandola. La neonata è in discrete condizioni.

Nonostante questo, gli esperti del settore dicono che non c’è alcun motivo di allarme, L’Italia rimane il luogo dove partorire è meno pericoloso come si evince dallo studio di un rinomato Centro Internazionale secondo cui il tasso di mortalità nelle sale parto del nostro Paese è il più basso del mondo: 4 decessi l’anno per ogni 100 mila parti andati a buon fine. In Svezia sono 5, in Francia 10, negli Stati Uniti 17.

Intanto si apprende che per domani ci sarà la relazione finale sulla morte di Angela Nesta, la 39enne morta a Torino al nono mese di gravidanza.

Sempre domani, alle 15, al Santuario Valverde di Rezzato, nel Bresciano, saranno celebrati i funerali di Giovanna Lazzari, la 30enne morta all’ottavo mese di gravidanza all’ospedale di Brescia insieme alla bambina che aveva in grembo.

NEK IN CONCERTO A SCAFATI (VIDEO)

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Grande successo ieri sera del concerto di Nek a Scafati.

Ecco a voi alcuni tratti di tre pezzi cantati dal cantautore emiliano Filippo Neviani, tra cui”Laura non c’è”,…..

nek in concerto a scafati

METEO: NEVE debole diffusa al NORD sulla Valpadana, a Torino Milano Piacenza Brescia Padova Venezia e anche alla BEFANA (mappe)

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Ecco le aree con altra neve in pianura tra lunedì 4 e martedì 5. Neve fino al 7 gennaio su Alpi

Anno nuovo, tempo nuovo. Più dinamicità, anche più inverno al Nord. Fino alla Befana e anche oltre sull’Italia si succederanno fronti instabili che porteranno piogge diffuse da Nord a Sud e soprattutto ancora nevicate al Nord e fino in pianura. Tra lunedì 4 e martedì 5 altra fase nevosa su buona parte delle pianure settentrionali.

Neve in pianura al Nord tra domenica sera e la mattinata di lunedì 4 gennaioNeve in pianura al Nord tra domenica sera e la mattinata di lunedì 4 gennaio

Nella prima immagine sopra, sono evidenziate le aree interessata le nevicate segnatamente nella notte su lunedì e nel corso della mattinata di lunedì. Questa volta avremo aria più fredda un po’ a tutte le quote (non solo cuscino freddo nei bassi strati) per il Passaggio di un vortice freddo sul Centro Europa che influenzerà anche il Nord Italia. Il vortice transiterà tra la sera di domenica e la nottata su lunedì 4 da Ovest verso Est, cioè dal Piemonte verso Lombardia e poi il Trentino Alto Adige.La sera di domenica, nevicate fino in pianura interesseranno la Valle d’Aosta, gran parte del Piemonte, l’alta Lombardia e localmente le Alpi e Prealpi orientali. Nel corso della notte su lunedì, la neve si estenderà a quasi tutto il Nord eccetto la Liguria, le pianure romagnole e localmente le coste del Triveneto. Scarsa neve, in questa fase, anche sulle pianure emiliane dove potrebbe esserci pioggia mista. Nel corso della mattinata di lunedì 4 le nevicate più intense interesserebbero le Alpi occidentali e la Valle d’Aosta. Nevicate locali sul resto delle Alpi, mentre altre nevicate e fino in pianura interesserebbero il Veneto e Friuli Venezia Giulia. Accumuli complessivi tra la serata di domenica 3 e la mattinata di lunedì 4, variabili tra 1 e 5 cm, fino a 20 cm o anche oltre sulla Valle d’Aosta. Il tempo migliorerà per il resto di lunedì, specie pomeriggio-sera.

Neve in pianura al Nord per martedì 5 gennaioNeve in pianura al Nord per martedì 5 gennaio

Un’altra perturbazione è attesa per martedì 5. Come visibile dalla seconda immagine sopra, tornerebbero le piogge e soprattutto le nevicate al Nord e ancora una volta in pianura.Particolarmente colpite la pianura lombarda e quella emiliana, localmente anche quella meridionali del Piemonte. Nevicate diffuse tra il Pavese, il Piacentino, il Parmense, il Mantovano, il Cremonese e il Lodigiano, anche il Milanese, Bergamasco e, più a Sud, il Cuneese, l’Astigiano e l’Alessandrino. Naturalmente, nevicate diffuse su tutti i settori alpini e prealpini. Accumuli fino a 10 cm e oltre. Piogge sulle pianure orientali.

Neve su Alpi e Prealpi tra il 6 e il 7 gennaioNeve su Alpi e Prealpi tra il 6 e il 7 gennaio

Nei giorni a seguire, Befana e fino a giovedì 7 gennaio, è atteso il transito di altre perturbazioni, ma queste dovrebbero interessare soprattutto le aree alpine con altre nevicate, come visibile nella terza immagine sopra. Nevicate più intense sulle Alpi settentrionali, soprattutto sulla Valle d’Aosta, qui con accumuli di nuovo importanti. Sul resto del Nord poche precipitazioni. Seguite costantemente le nostre rubriche per ulteriori dettagli neve in pianura al Nord nelle prossime ore e nei prossimi giorni.

 

Treni, raffica di rincari sull’alta velocità

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Rincaro medio del 2,7% con picchi del 3,5% sulla tratta Roma-Milano.

Calano le tasse sulla casa ma gli italiani dovranno comunque mettere mano pesantemente al portafogli per gli spostamenti. Tra pedaggi autostradali e biglietti di treni e aerei, gli aumenti generalizzati per i trasporti, secondo le associazioni dei consumatori, costeranno tra 1,4 e 2,4 miliardi in più nel 2016, con un esborso aggiuntivo a famiglia da 104 euro. 

AUTO  

Una vera e propria «stangata», che arriverà dal mix di rincari che ha interessato per il momento 6 tratte autostradali (concentrate in gran parte nel Nord Italia), con aumenti medi dello 0,89% e il “record” della Torino-Milano che costerà il 6,5% in più. Il ministero dei Trasporti ricorda però di avere chiesto ai concessionari di prorogare anche per il 2016 gli sconti per i pendolari. 

TRENI  

Brutte notizie anche per chi decidesse di raggiungere il capoluogo lombardo con il treno. Dal primo gennaio, infatti, sono scattati anche gli aumenti dei biglietti delle Frecce di Trenitalia, con rincari in media del 2,7% con variazioni che passano da un +2,3% per il biglietto base del Frecciarossa Napoli-Roma (che passa da 43 a 44 euro) al +3,5% per il Roma-Milano (che sale da 86 a 89 euro). Ritocchi che riguardano «solo le Frecce» (rosse, argento e bianche), assicura l’azienda, e solo per il `biglietto base´, cioè quello «dal prezzo più alto e più flessibile», che lo scorso anno ha rappresentato appena il 10% dei biglietti venduti. Nessun cambiamento invece per le offerte, così come per gli abbonamenti all’Alta velocità. 

AEREI  

A pagare di più, nel 2016, saranno poi tutti i passeggeri dei voli aerei, visto l’aumento di due euro e mezzo dell’addizionale comunale sui diritti d’imbarco, che dal 2007 alimenta il fondo speciale dei lavoratori aeroportuali. «L’odioso balzello», spiega il Codacons, sale così «a 9 euro a passeggero, 10 se si parte da Ciampino o Fiumicino». Portando la “stangata” sui trasporti a oltre «1,4 miliardi di euro», che salgono a 2,4 considerando anche le ricadute indirette secondo Adusbef e Federconsumatori, che calcolano una maggiore spesa annua di 37 euro per aumenti autostrade e Telepass a cui si aggiungono aumenti per i treni e per le tasse aeroportuali di una cifra complessiva di 67 euro annui. Per un totale a famiglia di 104 euro.  

Caos De Guzman- Il centrocampista rifiuta ogni destinazione, ma Giuntoli vuole vederci chiaro…

Caos De Guzman. Il centrocampista, infatti, pare rifiutare qualsiasi tipo di trasferimento, con la pista Bournemouth che diventa sempre meno calda. Giuntoli, per vederci chiaro, ha convocato nei prossimi giorni l’agente dell’olandese a Castel Volturno. A riferirlo è TuttoSport.

Pd, sinistra in allarme “Dietro al referendum c’è il rischio centrista” (TOMMASO CIRIACO*)

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Speranza a Renzi: “Non sia la prova generale del partito della Nazione”. Guerini: “Guai a un tifo contro la Ditta”.

È un paziente braccio di ferro, quello immaginato dalla minoranza. Un duello con due passaggi cruciali, già cerchiati di rosso: «Consiglio a Renzi di pensare soprattutto alle amministrative mette in chiaro Davide Zoggia – e di non personalizzare il referendum. Anche perché la situazione non è proprio il massimo, visto che una parte della sinistra sarà impegnata per il “no”, mentre Ncd e Verdini saranno schierati con il “sì”». Ecco il nodo: evitare che il fronte referendario a favore del ddl Boschi si trasformi nella coalizione di governo anche nella prossima legislatura: «Se si pensa di costruire così l’alleanza per le Politiche, abbiamo un grosso problema…».

Tutto, naturalmente, può essere osservato in controluce. Prova a farlo Guerini, mentre rispedisce al mittente i timori della minoranza: «A chi si preoccupa del Pd rispondo che piuttosto sarà divertente vedere un comitato per il “no” composto da Forza Italia, grillini, Sel, Lega e Fratelli d’Italia….».

La partita interna si giocherà in due tempi, ma è soprattutto dal primo, le amministrative, che dipenderanno i rapporti di forza. Mantenere in vita l’alleanza con la galassia di sinistra, riequilibrando il baricentro della coalizione, è il primo obiettivo dei bersaniani. A questo lavorano da tempo Nicola Zingaretti e altri pezzi da novanta della minoranza, pronti a intervenire in blocco alla prossima direzione nazionale. E su questo puntano gli ambasciatori che hanno riaperto un canale di comunicazione tra Nichi Vendola e il premier, cercando di favorire un patto con Sel. «Da anni governiamo assieme ovunque – ragiona Nico Stumpo – perché non continuare a farlo? Discutiamone assieme. Perché decidere tutto in qualche discussione tra amici in trattoria diventa controproducente, oltre che sgradito ai dirigenti locali… E senza di loro le comunali le perdiamo ».

*larepubblica

Il Palermo supera il Napoli per Sensi: i dettagli

“Il nuovo Veratti” che tanto piace al Napoli, ma che potrebbe finire al Palermo. E’ la storia di Stefano Sensi, talentuoso centrocampista del Cesena, classe 95, che potrebbe lasciare la B, senza aspettare giugno. Secondo quanto riporta Sky Sport, in queste ultime ore, i rosanero avrebbero superato gli azzurri per arrivare al ragazzo. Zamparini, quindi, avrà sin da subito quel nuovo profilo, richiesto da Davide Ballardini, in grado di dare una mano alla squadra in vista dei prossimi mesi.

Milleproroghe, anche nel 2016 obbligo di pubblicare bandi di gara sui giornali. Per gli editori la torta vale 120 milioni (Marco Palombi*)

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Rinviata ancora la norma del 2014 che prevedeva la rottamazione della pubblicità legale sui quotidiani, sostituendola con la diffusione online. E slitta di un anno il passaggio al sistema di tracciabilità digitale di vendite e rese. Mentre in tutta Italia è emergenza inquinamento, poi, la legge concede un anno in più agli impianti industriali per applicare i limiti alle emissioni.

Scena uno. Aprile 2014. Matteo Renzi, nella sala stampa di Palazzo Chigi, annuncia il decreto sugli 80 euro di bonus Irpef e i relativi tagli di spesa per finanziarlo: una slide dice che i bandi di gara dal 2015 sarebbero stati pubblicizzati solo online – e non più con (l’obbligatoria) “pubblicità legale” sui giornali di carta – e così lo Stato “risparmierà 120 milioni di euro l’anno”. In realtà la Ragioneria generale, dopo, avrebbe parlato di “risparmio zero” per via di una legge di Monti che caricava sul vincitore dell’appalto il costo della “pubblicità legale” attraverso una sorta di tassa occulta.

Gli editori, comunque, non la presero bene: 120 milioni di incasso non sono pochi, specialmente in tempo di crisi, specialmente se si è un grande gruppo editoriale – come ad esempio il Gruppo Espresso – che ha un sacco di quotidiani locali che drenano i bandi di enti locali e regioni. Le pressioni su Palazzo Chigi e Parlamento si sprecarono e così si arriva alla scena due. Giugno 2014: arriva l’emendamento con cui tutto viene rinviato al 1° gennaio 2016. E siamo alla scena tre. Giugno 2015. Un emendamentino firmato dai relatori in Senato (uno del Pd e uno di Forza Italia) al nuovo codice degli appalti cerca di cancellare l’obbligo di pubblicizzare i bandi di gara solo online: prima viene approvato, poi – e siamo a ottobre 2015 – bocciato. Insomma, gli editori stanno per perdere una torta che nel 2014 gli ha fruttato 120 milioni.

La scena quattro è l’ultima. Siamo al 30 dicembre 2015 e in Gazzetta Ufficiale arriva il solito decreto Milleproroghe. Tra le altre mille, come il lettore avrà già capito, c’è anche la proroga per il passaggio della “pubblicità legale” online: gli editori, per tutto il 2016, continueranno a incassare. Non solo: viene pure prorogato di un anno l’obbligo di passaggio al sistema di tracciabilità digitale di vendite e rese dei giornali (e pure il relativo credito d’imposta). Il cartaceo sarà anche in crisi, ma il premier – e il fido Luca Lotti, che gestisce i rapporti con gli editori – non vogliono guastare le relazioni con l’ingegner De Benedetti o la famigliaAgnelli (La Stampa eCorriere della Sera, con relative edizioni locali). Prorogato di un anno pure il divieto di incroci stampa quotidiana-tv: in sostanza, Silvio Berlusconi e Urbano Caironon possono avere un giornale.

A spulciare il decreto di fine anno, però, ci sono anche altre cosette notevoli. Slitta ancora di un anno, per dire, l’entrata a regime del sistema di tracciabilità dei rifiuti chiamato “Sistri” (era previsto da un decreto del 2013 e se ne parla da molto prima). Viene prorogato al 31 dicembre 2016 pure il contratto di servizio tra Stato e Ferrovie, come pure il tempo limite per il ministero dello Sviluppo per emanare un decreto legislativo che sistemi la questione Ubertaxi e Ncc. Certe proroghe, poi, denunciano quanta distanza ci sia tra le parole e i fatti. Ben tre norme, ad esempio, riguardano l’edilizia scolastica, uno dei cavalli di battaglia di Renzi: è prorogato al 30 aprile 2016 il termine per l’affidamento dei lavori di messa in sicurezza degli edifici scolastici (il che vuol dire, se ci si pensa, che non li hanno affidati nei tempi stabiliti, nonostante la solita “cabina di regia” a Palazzo Chigi); conseguentemente slitta al 31 dicembre 2016 il termine ultimo per spendere i fondi stanziati per le “scuole belle”, le “scuole sicure” e via propagandando. Deliziosa l’ultima: slitta al 31 dicembre 2016 il termine di attuazione delle disposizioni in materia di prevenzione incendi per l’edilizia scolastica.

Altre proroghe, invece, sono una delizia per come raccontano lo stato di confusione del dibattito pubblico – gestito anche da quelli che si godono la “pubblicità legale” – e della stessa attività di governo. Come si sa, infatti, c’è l’emergenza smog e si tengono iriscaldamenti bassi e si deve andare in auto a passo d’uomo: invece per i grandi impianti industriali anteriori al 2006 il termine per l’applicazione dei valori limite di emissione (così come definiti nel codice dell’ambiente) è prorogato al 1° gennaio 2017. Mica per tutti, però: gli impianti in questione devono avere presentato regolarmente le istanze di deroga (cioè aver richiesto il permesso di inquinare). Un caso per tutti, è l’IlvaEquitalia, infine, che era la sentina di ogni vizio e che nessun sindaco voleva più usare, è autorizzata a lavorare per i Comuni (cosa che non vorrebbe fare, perché non conviene) altri sei mesi: se così non fosse, gli enti locali non saprebbero come recuperare multe e tasse non pagate.

*ilfattoquotidiano

Via Henrique, dentro Maksimovic: le ultime

L’addio di Henrique, destinazione Fluminense, dà il via al mercato azzurro relativo al pacchetto arretrato. Secondo quanto riporta il Corriere del Mezzogiorno, infatti, Giuntoli sarebbe in forte pressing su Maksimovic, pupillo di mister Sarri, già richiesto in estate. Il direttore sportivo, questa volta, sarebbe fiducioso sul buon esito della trattativa, per un giocatore che, tra l’altro, è reduce da un brutto infortunio.

Da Firenze sicuri: il Napoli non molla Vecino

Ancora Vecino, il Napoli non molla. Secondo quanto riporta la Nazione, infatti, gli azzurri avrebbero chiesto alla Fiorentina di fissare un prezzo e di rimanere in attesa. Nessuna offerta ufficiale, dunque: Giuntoli vuole valutare e tenere sempre alto il pressing per il centrocampista. Si parte, chiaramente, dai 10 milioni offerti dagli azzurri in estate.

Hamsik sicuro: “Nel 2016 voglio vincere con il Napoli e la mia nazionale”

Ai microfoni di un noto giornale slovacco, Pravda, Marek Hamsik rivela: “Nel 2016 ho due obiettivi: voglio aiutare la nazionale agli europei e contribuire al sogno di tutta Napoli: vincere il campionato. Ogni partita all’Europeo sarà una grande festa, la squadra è molto impaziente ma dovremo stare attenti sin dall’esordio. Serie A? Siamo a metà stagione, ma siamo felici di essere a stretto contatto con la prima in classifica. Abbiamo una squadra abbastanza forte, daremo tutto per lottare fino alla fine per il campionato. Cosa mi auguro? Soprattutto la salute, è la cosa più importante. Senza salute un atleta non può fare sport. Tutti gli atleti slovacchi devono continuare a crescere, portando risultati ai tifosi e per la reputazione della Slovacchia all’estero”.

L’allarme del Quirinale e le scelte del governo in materia fiscale. (Carlo Di Foggia*)

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Dallo scudo ai contanti: la finta lotta di Matteo.

Inaccettabile evasione fiscale”. Nel suo discorso di fine anno il capo dello Stato, Sergio Mattarella, ha citato l’assioma secondo cui “le tasse sarebbero più basse, se tutti le pagassero”. Ma si è dimenticato che l’operato renziano in materia fiscale nell’ultimo anno ha in sostanza depenalizzato buona parte di ciò che chiamavamo elusione e evasione fiscale. Un breve riassunto per punti.

Soglie. Sono passate rispettivamente da 50 a 150 e 250 mila euro quelle per gli omessi versamenti di ritenute e Iva, da 50 a 150 mila euro quelle per “dichiarazione infedele” (l’evasione fiscale). Nei mesi scorsi, il Fatto ha raccontato che 1 fascicolo su 3 nelle procure andrà al macero (più di 9 mila procedimenti): solo per l’Iva, la Procura di Milano ha chiesto l’archiviazione di 1.200 fascicoli.

Si aggiungeranno quelli sulle ritenute e le migliaia già a dibattimento. Totale: 3.500. “Prima inseguivamo gli evasori per farli pagare, ora per restituirgli i soldi”, ha detto il procuratore di Udine, Antonio De Nicolo. Per accertare l’evasione, poi, non basterà che siano stati inseriti elementi “fittizi”, dovranno essere proprio inesistenti. La frode “mediante altri artifici”, invece, non è più reato se si sottrae al fisco meno di 1,5 milioni (prima era 1).

Abuso del diritto. Le condotte che, pur nel rispetto formale delle norme, garantiscono vantaggi fiscali indebiti alle imprese, non sono più reato: un colpo alla lotta all’elusione fiscale che ha effetti anche sulle condotte “fraudolente”. Il processo contro Emilio Riva e due ex manager Ilva per una frode da 52 milioni, ad esempio, s’è concluso con un’assoluzione: “Il fatto non è più previsto dalla legge come reato”.

Falso in bilancio. Con Berlusconi era un reato finto (perseguibile a querela di parte). Renzi l’ha riformato, ma si è “scordato” di prevedere le “valutazioni”. Peccato che nei bilanci quasi tutto, eccetto la cassa, sia frutto di valutazioni (le rimanenze di magazzino, per dire). Appena approvata, la legge ha assolto l’ex sondaggista Luigi Crespi. Discorso simile per le “poste valutative”: la delega fiscale ne ha eliminato la punibilità penale. “Significa – ha spiegato l’avvocato tributarista Angelo Vozza – che il cardine della lotta all’elusione col transfer pricing (spostare i costi dove si pagano più tasse e gli utili dove le imposte sono basse) è stato cancellato”.

Raddoppio dei termini. Prima il Fisco aveva a disposizione 4 anni per perseguire gli evasori, 8 in caso di denuncia penale. Con la delega fiscale, se la denuncia non arriva nei primi 4 anni, non scatta nemmeno l’extra-time.

*ilfattoquotidiano

Mattarella, il presidente non urla ma alza la voce (Antonio Padellaro*)

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Questa volta Beppe Grillo ha avuto troppa fretta nel definire “un ologramma”Sergio Mattarella, perché se prima di registrare il suo contromessaggio avesse avuto la pazienza di ascoltare il messaggio del capo dello Stato, vi avrebbe trovatomolti temi familiari ai Cinquestelle. Infatti, era dai tempi di Carlo Azeglio Ciampi, e forse anche di Sandro Pertini, che al Quirinale, nell’ultimo giorno dell’anno, non si alzava la voce (tenendola bassa com’è nello stile del nuovo inquilino) contro le metastasi del malaffare che stanno divorano l’Italia.

L’evasione fiscale giunta a livelli “inaccettabili”: 122 miliardi, come ha ripetuto due volte vista l’enormità dello scandalo. “L’illegalità di chi ruba, di chi corrompe e di chi si fa corrompere”. L’attacco frontale contro “chi sfrutta, e chi in nome del profitto calpesta i diritti più elementari, trascurando la sicurezza e la salute dei lavoratori”. La “riconoscenza” ai magistrati e alle forze dell’ordine che conducono “una lotta senza esitazioni contro le mafie”. Che differenza di linguaggio dal suo predecessore Giorgio Napolitano, che parlava dei magistrati preferibilmente quando c’era da sgridarli per il loro “protagonismo”. Non è forse su queste battaglie che il M5S ha raccolto il suo crescente successo elettorale e costruito l’unica opposizione credibile alla vecchia partitocrazia? Perché non rivendicarle, invece che sbattere Mattarella nel mazzo abusato del “sono tutti uguali”?

Quanto a Matteo Renzi, al di là degli apprezzamenti rituali può dirsi davvero soddisfatto da un discorso che tocca i nervi scoperti di un’azione di governo che l’evasione fiscale pensa di combatterla alzando a tremila euro il limite del pagamento in contanti? Impedendo la tracciabilità dei versamenti in nero, che rappresentano il mare, anzi l’oceano dell’evasione sommersa? Dall’attacco di Mattarella contro una certa imprenditoria rapace esce poi malconcio un altro concetto caro al premier, quello secondo cui basta creare posti di lavoro, non importa come e a che prezzo, per meritarsi la medaglietta di Palazzo Chigi.

Nessun antagonismo, ci mancherebbe altro, con il governo Renzi a cui ha riconosciuto (senza mai nominarlo) il miglioramento della condizione economica. Però, rispetto al trionfalismo sui mirabolanti risultati del Jobs act, il presidente preferisce ricordare come i troppi giovani senza lavoro rappresentino per la nazione un disastro morale, prima ancora che sociale.

Infine, la Costituzione. Non una parola sulle cosiddette riforme e sul referendum confermativo che Renzi usa in modo ricattatorio per farsi campagna elettorale. Per l’uomo del Colle, invece, “rispettare le regole vuol dire attuare la Carta, realtà viva di principi e valori”. Messaggio coerente con la sua storia di cattolico di sinistra, quello di Mattarella non può esser il solito pistolotto natalizio ma deve tradursi in un impegno solenne con il Paese. Poiché il presidente rivendica, giustamente, il suo ruolo di arbitro lo aspettiamo alla prova dei fatti: quella delle leggi sbagliate da respingere e delle leggi giuste da pretendere.

*ilfattoquotidiano

L’Anno del Gufo (Marco Travaglio*)

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Ai tempi di B., il miglior modo per mettere in crisi un elettore o un simpatizzante berlusconiano era domandargli a bruciapelo: “Dimmi tre sue riforme che ti abbiano cambiato la vita in meglio”. Seguivano lunghi attimi di panico, esitazioni, “dunque… vediamo…”. Il più delle volte, per disperazione, venivano fuori la patente a punti e la legge Sirchia contro il fumo nei locali pubblici, almeno fra i non automobilisti e i non fumatori. Per il resto niente, encefalogrammi piatti. Chi si azzardava a dire “le grandi opere” veniva subissato di risate e fischi, visto che lo sapevano tutti che quasi nulla s’era mosso (e per fortuna, visto che la famigerata Legge Obiettivo prometteva il Ponte sullo Stretto).

Matteo Renzi, dopo quasi due anni di governo, è messo un po’ meglio di B. dopo vent’anni. Può vantare gli 80 euro, che hanno lievemente migliorato la vita a milioni di famiglie; l’assunzione di migliaia di precari della scuola, anche se molti han dovuto emigrare lontano da casa; gli incentivi del Jobs Act alle imprese, che se non hanno creato nuovi posti di lavoro (appena 2 mila nuovi occupati fissi in un anno), hanno almeno garantito a migliaia di precari un contratto un po’ meno instabile (chiamare “stabile” quello a tutele crescenti, dopo l’abolizione dell’articolo 18, è troppo); e la prudenza nella politica estera, che tiene l’Italia lontano dal salto nel buio dei bombardamenti anti-Isis, tanto inutili sul piano militare quanto imbarazzanti i regimi tirannici alleati, e dannosi per le rappresaglie terroristiche a cui ci esporrebbero.

Eppure, anziché insistere sulle poche scelte di governo che hanno cambiato in meglio la vita di alcuni italiani, Renzi ha detto a fine anno che, in quello nuovo, punterà tutto sulle “riforme” elettorale e costituzionale di Boschi & Verdini. Arrivando a legare la sua permanenza a Palazzo Chigi alla vittoria del Sì nel referendum confermativo che dovrebbe tenersi in ottobre. Una scelta bizzarra e incomprensibile, per varie ragioni. 1) Il nuovo Senato, così come l’Italicum, non sposterà di un millimetro la vita degli italiani. 2) Le due “riforme” sono talmente invecchiate, a furia di passaggi e ripassaggi da una Camera all’altra, che la gente non vuole più neppure sentirne parlare. 3) Le leggi elettorali e le riforme della Costituzione, come sa qualunque studente di educazione civica alle medie, non sono materia di governo: sono affare del Parlamento, trattandosi di regole del gioco che tutte le forze politiche, di maggioranza e di opposizione, devono concorrere a scrivere.

In che senso dunque Renzi dice che, se al referendum di ottobre dovessero vincere i No, “considererei fallita la mia esperienza politica” e si ritirerebbe a vita privata? Noi, che pure l’abbiamo criticato spesso, cioè tutte le volte che pensavamo lo meritasse, e continueremo a farlo nel 2016,non abbiamo mai detto che il suo governo fosse illegittimo e dovesse andare a casa: finchè gode di una maggioranza parlamentare, per quanto raccogliticcia, cangiante, trasformista e viziata dal peccato originale del premio di maggioranza del Porcellum che ha drogato i numeri del Pd alla Camera e al Senato ed è stato cancellato dalla Consulta, Renzi ha il diritto-dovere di governare. Il fatto che non si sia mai presentato agli elettori con un suo programma di governo, ma sia andato a Palazzo Chigi con una manovra di palazzo, dovrebbe semmai indurlo a un surplus di prudenza quando mette mano alle regole, ma non gli toglie la legittimità a governare, che gli conferisce la fiducia delle Camere. Quindi non ci sarebbe nulla di male se Renzi restasse a Palazzo Chigi anche in caso di vittoria del No al referendum. Ma a un patto: che il premier e il suo governo restino neutrali nella campagna elettorale, com’è loro dovere per motivi costituzionali e anche igienici.

Se invece, come Renzi ha sciaguratamente annunciato, intende truccare la bilancia gettando sul piatto del Sì la spada del suo strapotere, è naturale che dovrebbe andarsene a casa se prevalessero i No. E questo basta a mostrare l’assurdità di un’invasione di campo che ancora speriamo non definitiva (potrebbe farglielo capire il presidente Mattarella, che di Costituzione se ne intende e infatti, con qualche silenzio di troppo, sta ripristinando la Repubblica dopo 9 anni di monarchia assoluta). Perchè mai l’Italia dovrebbe ritrovarsi senza governo fra 10 mesi se gli italiani bocciassero un Senato senza poteri, imbottito di nominati (dai consigli regionali, cioè dai partiti) e regolato da norme così confuse da innescare raffiche di conflitti di competenze con la Camera e con gli enti locali? Che c’entra il governo del Paese col sacrosanto No a una controriforma che peggiora la politica, elimina i poteri di controllo e degrada la democrazia?

*ilfattoquotidiano

Il plebiscito senza quorum nel paese dove regna Don Chisciotte. EUGENIO SCALFARI*

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La mossa di Renzi di chiedere un referendum sulla sua riforma costituzionale potrebbe peggiorare la situazione. Una consultazione di tale importanza, che può essere valida senza un’affluenza minima di votanti, è molto pericolosa per la democrazia.

Il nuovo anno è cominciato politicamente con il messaggio agli italiani del presidente Mattarella trasmesso su tutte le reti televisive alle 20.30 del 31 dicembre scorso. Era il primo messaggio del nuovo Presidente ed è stato eccellente nella sostanza e nella forma. Non si è occupato di politica (così ha detto lui) che spetta al Parlamento e ai partiti rappresentanti del popolo sovrano; si è occupato delle regole costituzionali e soprattutto dei problemi che condizionano la vita degli italiani e qui è apparsa la sostanza di quel messaggio che sinteticamente riassumiamo. Ha detto: “Senza un Mezzogiorno risanato economicamente e socialmente l’Italia non esiste; senza un tasso d’occupazione nettamente maggiore di quello attuale l’Italia non esiste; senza il rispetto della condizione femminile l’Italia non esiste; senza un recupero sostanziale dell’evasione fiscale e la corruzione che l’accompagna e la determina l’Italia non esiste; e infine l’Italia non esiste senza che i giovani abbiano speranza nel futuro e adeguata educazione nel presente”.

Non si potevano indicare con maggiore efficacia i problemi del Paese ai quali ha aggiunto quello dell’immigrazione, l’importanza di rafforzare l’Europa e la presenza italiana nelle istituzioni internazionali. Ha ricordato l’importanza della predicazione di papa Francesco che – ha detto – rappresenta il pilastro fondamentale della morale e della fraternità degli individui, delle comunità e dei popoli. Ha anche fornito cifre significative, la principale delle quali è stata quella dell’evasione fiscale che ammonta a 122 miliardi di euro. Basterebbe secondo lui recuperarne in breve tempo almeno la metà per ripianare la finanza dello Stato con essenziali ripercussioni sulle intollerabili diseguaglianze, sugli investimenti, sui consumi e sulla creazione di nuovi posti di lavoro.

Anche altri suoi predecessori inviarono analoghi messaggi a cominciare da quelli di Scalfaro, di Ciampi e di Napolitano e prima ancora di Sandro Pertini, ma questo di Mattarella è particolarmente utile perché fa chiarezza in una fase di tempi estremamente cupi, di guerra e d’un terrorismo che non si era mai visto di tale ampiezza da sconvolgere il mondo intero. Un messaggio tanto più necessario per accendere una luce di speranza e di fiducia.
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Ma gli italiani come la pensano? Quali sono i loro timori e le loro speranze? Qual è il loro giudizio sulle istituzioni e sulle persone che le rappresentano? Un sondaggio di Ilvo Diamanti fornisce cifre estremamente significative. Ne ricordo qui alcune che bene inquadrano i sentimenti popolari che sono un elemento essenziale di una democrazia. Anzitutto i partiti e la democrazia: il 45 per cento degli interpellati pensa che senza i partiti la democrazia muore, ma il 48 per cento pensa esattamente il contrario. Ecco un giudizio che spiega l’ampia astensione e la crescente indifferenza dei cittadini verso la politica. Quanto alle istituzioni e alle persone che le rappresentano la classifica del 2015 è la seguente: al primo posto c’è papa Francesco con l’85 per cento dei voti; seguono le Forze dell’Ordine con il 68, la Scuola con il 56, il presidente della Repubblica col 49, la Magistratura con il 31, l’Unione europea col 30, lo Stato col 22, il Parlamento col 10, i partiti con il 5. Infine, richiesti se il 2016 sarà migliore o peggiore dell’anno appena concluso, il 41 per cento pensa che sarà migliore, il 42 che sarà eguale e il 15 per cento che sarà peggiore. C’è quindi un certo aumento della fiducia nel futuro, è ancora fragile questa fiducia ma c’è e questo è indubbiamente un dato positivo.

Ci sarebbero ora molti altri argomenti da trattare: le banche, i risparmiatori, la riforma della Rai che contro il parere di ben tre sentenze della Corte costituzionale che affidano al Parlamento la responsabilità di guidare la politica radiotelevisiva, di fatto la mette invece nelle mani del governo; il contrasto tra Italia e Germania, le multinazionali che imboscano i loro profitti nei paradisi fiscali, le immigrazioni. Ed il referendum confermativo.
Su quest’ultimo tema i pareri degli esperti politologi sono alquanto diversi. Angelo Panebianco sostiene che in democrazia prevale la ricerca del meno peggio, cioè il compromesso che però è particolarmente difficile in una situazione politica tripolare se non addirittura quadripolare come è attualmente quella italiana. È proprio questo che spinge Renzi a trasformare il referendum confermativo in una sorta di plebiscito: se la maggioranza dei votanti voterà per lui tutto procederà verso il meglio, ma se sarà sconfitto non resterà al governo neppure un minuto di più. Secondo lui, in mancanza di valide alternative di Palazzo Chigi, sarà lui a vincere e allora potrà tranquillamente governare come ha già dato prova di poter fare con qualche successo all’insegna del cambiamento, parola fatata, unita all’altra altrettanto fascinosa della rottamazione.

Diverso il parere e le previsioni di Piero Ignazi. Secondo lui nei referendum confermativi chi detiene il potere ha sempre perduto, hanno vinto i no perché la gente comune che va a votare per il sì o per il no senza alcun vincolo di partito esprime sempre un voto negativo esprimendo in questo modo la sua antipatia per le caste, quali che siano gli interessi generali del Paese. Quindi, stando alle previsioni di Ignazi suffragate da tutte le precedenti esperienze a cominciare da quella sul divorzio e l’altra sul finanziamento pubblico dei partiti, potrebbe vincere il no. Sarebbe un no che esprime antipatia viscerale contro lo Stato, contro le istituzioni politiche, insomma contro il potere anche se talvolta (ma molto di rado) il potere non mira a rafforzare se stesso ma interpreta (una tantum) l’interesse dei cittadini. Perciò Renzi  –  secondo Ignazi  –  è molto a rischio e la trasformazione da lui tentata dal referendum in un plebiscito sulla sua persona non basta, anzi può perfino peggiorare la sua situazione.

Sia Angelo Panebianco sia Piero Ignazi (l’uno sul Corriere della Sera, l’altro suRepubblica di ieri) non considerano tuttavia un dato di fatto estremamente importante: i referendum confermativi non prevedono alcun “quorum” di votanti. Al limite, se andassero a votare soltanto tre elettori e il risultato fosse determinato da due di loro che votano allo stesso modo, il risultato sarebbe tecnicamente valido. Ovviamente non è mai così, ma non c’è dubbio che da tempo l’affluenza alle urne è drasticamente diminuita, sia nelle elezioni politiche e sia in quelle amministrative. È già da qualche anno che non sono stati indetti i referendum ma l’indifferenza degli elettori è enormemente aumentata, i partiti hanno negli ultimi sondaggi un tasso di adesione che arriva con difficoltà al 5 per cento degli interpellati. La gente comune insomma non esprime più né amore né odio ma semplicemente un totale distacco, salvo alcune frange innamorate del leader di turno o rabbiose contro lui, ma si tratta di una piccola parte del Paese. Il resto rimane a casa o va al mare o in montagna, ma alle urne no. Salvo se sono in gioco amicizie e interessi para-mafiosi.

Supponiamo che su centomila elettori, sessantamila non vadano a votare, il che è assai probabile, e supponiamo che su quarantamila che voteranno, trentamila voteranno in un modo e diecimila in un altro. Questo significa che meno di un terzo del corpo elettorale determina l’andamento politico del Paese, confermando il leader in carica o buttandolo giù dall’arcione. Sembra piuttosto una scena del Don Chisciotte che l’esercizio della democrazia. La conclusione è quella di stabilire un “quorum” per i referendum confermativi che dovrebbe aggirarsi attorno ai due terzi del corpo elettorale. D’altronde, per i referendum abrogativi esiste il quorum del 50 per cento, tanto che molti sono caduti nel vuoto per mancanza di elettori. Il referendum confermativo non dovrebbe fare eccezione. Senza una variazione costituzionale di questo tipo la democrazia è morta; non è importante chi vince o chi perde; senza un “quorum” quale che sia il risultato, la democrazia non c’è più. Che cosa allora bisogna fare?

Secondo me occorre che la Corte costituzionale sia interpellata. Non credo che possa cambiare la Costituzione ma può esprimere il parere che su questo punto sia opportunamente meditato. In quel caso 150 membri del Parlamento o 5 Regioni o cinquecentomila firme di cittadini elettori potrebbero proporre un referendum che chieda un quorum di due terzi degli elettori affinché il referendum confermativo sia valido. Credo che questo sarebbe il solo rimedio disponibile. È comunque incredibile che un referendum o plebiscito che sia possa essere validamente deciso se anche soltanto tre, dico tre, cittadini vadano a votare e tutti gli altri se ne freghino. Un Paese così, carissimo presidente Mattarella e carissimi emeriti Ciampi e Napolitano, cessa di essere democratico e può oscillare soltanto tra la tirannide e l’anarchia. Allora è meglio emigrare o tapparsi in casa e lasciare il Paese in mano ai migranti, alla faccia di Salvini. Sarebbe comunque una soluzione.

*larepubblica

Nuoro, fallito assalto a portavalori

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Furgone con i soldi transita sulla carreggiata opposta.

NUORO, 2 GEN – Fallito assalto a portavalori con sparatoria sulla Ss 131 Dcn a 3 km da Nuoro. Due persone con una Jeep hanno bloccato il traffico vicino alla galleria di Pratosardo in direzione Cagliari. I malviventi hanno incendiato una Fiat Panda per sbarrare la strada quindi hanno cosparso la sede di chiodi. L’assalto non è riuscito perché il furgone della vigilanza è transitato sulla carreggiata opposta verso Nuoro. I malviventi, visto sfuggire il bottino sulla corsia opposta, per intimorire le guardie giurate e cercare di fermare il portavalori, hanno anche sparato in aria con armi d’assalto, forse kalashnikov e sono poi fuggiti. Sul posto si sono formate lunghe colonne di auto in entrambi i sensi di marcia e la statale è stata chiusa. I malviventi pensavano di aver preparato il colpo a dovere, e infatti chiodi sono stati trovati anche sulla Ss 129, la strada parallela alla Ss 131 Dcn in direzione Sassari. Ma il furgone è transitato sull’altra strada. Le indagini sono state avviate dalla Squadra Mobile di Nuoro e sono dirette dal vice questore aggiunto Fabrizio Mustaro. Intanto in tutta la provincia nuorese è caccia ai malviventi: sono in corso battute della Polizia anche nelle campagne circostanti il capoluogo barbaricino con l’ausilio di un elicottero.

E’ CACCIA AI BANDITI – Dopo il fallito assalto al portavalori, questa mattina sulla Ss131 Dcn a tre chilometri da Nuoro, è caccia ai banditi in tutto il nuorese da parte delle forse dell’ordine. Mentre le indagini sono coordinate dal pm della procura di Nuoro Giorgio Bocciarelli. Intanto i dirigenti della Squadra Mobile, diretti dal vice questore aggiunto, Fabrizio Mustaro, stanno interrogando i due vigilantes della Vigilpol di Sassari che erano a bordo del portavalori, ed il conducente della Fiat Panda poi incendiata dai malviventi. L’assalto è fallito perché il furgone è transitato nella corsia opposta della statale ed è passato nel momento esatto in cui è stata incendiata la Panda, ma nessuno l’ha fermato. I vigilantes hanno detto di non essersi accorti di qualcosa di anomalo, se non dell’auto in fiamme nella corsia opposta, un evento che hanno segnalato alle sale operative delle forze dell’ordine collegate con i furgoni come “incidente”. Il monitoraggio dei portavalori, che partono dall’istituto sassarese, da parte delle sale operative delle forze dell’ordine è, infatti, costante lungo tutto l’itinerario che percorrono.