12.9 C
Castellammare di Stabia
Home Blog Pagina 6498

Un’altra rete e Hamsik eguaglia Maradona: “Arrivarci sarebbe fantastico”

“Arrivarci sarebbe fantastico”. Così Marek Hamsik ha confessato il suo desiderio da quando è a Napoli. Allo slovacco basta un’altra rete per eguagliare Diego Armando Maradona come reti realizzati nel massimo campionato italiano. Un traguardo che Marekiaro ha voglia di raggiungere per entrare ancora di più nella storia del club napoletano. Il numero 17 azzurro vuole eguagliare l’asso argentino già all’Artemio Franchi.

Lo strano record nel paese di Sarri

Il Mattino sottolinea la singolarità di Figline Valdarno in vista della sfida tra Napoli e Fiorentina. Infatti nel comune di Figline Valdarno. nonostante la maggiore vicinanza al capoluogo toscano, si tifa soprattutto per il Napoli. Molto del merito, ovviamente, è anche dovuto all’allenatore azzurro, Maurizio Sarri, cresciuto proprio a Figline. Da quelle parti, infatti, ci sono tutti i suoi amici storici che lo hanno sempre seguito negli anni e dopo il suo passaggio sulla panchina azzurra hanno anche deciso di fondare un Club Napoli intitolato proprio a lui.

Albiol finito nel mirino del Watford, pronto ingaggio da 2mln

Sirene inglesi per Raul Albiol. Come si legge sulle pagine del Sunday People, il centrale spagnolo del Napoli, tornato ad alti livelli sotto la guida di Sarri, è finito nel mirino del Watford. Per il tecnico Sanchez Flores il difensore del Napoli è il nome giusto per rinforzare il reparto arretrato: per Albiol – si legge – è pronta un’offerta di circa 2 milioni di euro

Due gesti inediti di Hamsik hanno colpito i tifosi del Napoli contro il Villarreal

La Gazzetta dello Sport scrive su Marek Hamsik: “Due gesti di Marek Hamsik hanno colpito i tifosi del Napoli giovedì contro il Villarreal. Il destro al volo con il quale ha portato gli azzurri in vantaggio fa parte dell’infinito bagaglio tecnico dello slovacco che però ha rimediato pure un cartellino giallo per proteste, cosa abbastanza inusuale per lui. Ha alzato la cresta con arbitro e avversari, soprattutto ha provato a rialzare il Napoli da un momento poco felice. Maurizio Sarri ha sottolineato come per uscire da una situazione come quella che si è venuta a creare serve innanzitutto forza mentale. Ecco, Hamsik ha dimostrato di averla e questa rappresenta una ottima notizia per i tifosi, che domani seguiranno in massa la squadra a Firenze (esaurito il settore ospiti) e si aspettano una prova di orgoglio da parte del capitano e dei compagni”

Lo staff medico smentisce De Laurentiis: Higuain non ha alcun chilo in più

La Repubblica scrive in merito a quel chilo in più che avrebbe Higuain secondo le battute del presidente De Laurentiis: “Un Pipita nervoso e poco incisivo ha chiaramente fatto scattare l’allarme. La pressione ovviamente pesa molto di più del chilo e mezzo — ma secondo le tabelle dello staff medico la percentuale di massa grassa è rimasta invariata — da smaltire, secondo De Laurentiis, perché dopo cinque mesi un calo psico-fisico è quasi fisiologico. Il “caso” a Castel Volturno non sussiste. Il sostegno dell’allenatore è incondizionato. Non resta che aspettare, dunque”

Sarri e squadra danno fiducia incondizionata a Higuain

La Repubblica riferisce che nonostante il periodo da astinenza da gol, Maurizio Sarri ha dato fiducia incondizionata a Gonzalo Higuain. Il Pipita non è messo in discussione perchè uno che ha segnato 26 reti stagionali non può essere scaricato alle prime fisiologiche difficoltà. L’asso argentino ha gradito la fiducia incondizionata sia di Sarri e della squadra in questo periodo un po’ particolare per uno che è cannibale dell’area di rigore. Al Franchi ha voglia di riprendere la marcia delgol. Sousa è avvisato.

Baby boss e prof in crisi, la Buona Scuola si interrompe alle medie

0

La dispersione scolastica è al 15%, molto sopra gli standard europei. I casi di Japigia e Quarto Oggiaro dicono che il riscatto è possibile. 

C’è un momento in cui il nostro sistema scolastico sembra scaricare i ragazzi anziché sostenerli, e quel momento, che finirà per pesare su tutta la loro esperienza educativa, è il triennio delle scuole medie. A cinque giorni dalla chiusura delle iscrizioni per l’anno prossimo abbiamo cercato di capire come si produce questo buco nero. E se esiste la possibilità di uscirne. 

AL CENTRO CI SIAMO NOI  

La bambina barese fa la quarta elementare e chiede: «Ti posso leggere un articolo della Costituzione?». Ha occhi grandi, molto grandi, la coda ben legata, un grembiule blu e una cosa da dire. Certo, quale? «Il primo». Con l’articolo 34 – sul diritto allo studio – è il suo preferito. «L’Itala è una Repubblica democratica fondata sul lavoro. Bello, no?». Che cosa è bello? «Queste due parole: repubblica e democratica. Vuole dire che non c’è il re. E che al centro ci siamo noi». Al centro ci siamo noi. Sembra lo slogan per il programma educativo perfetto. La bambina sorride stirando le labbra per vedere l’effetto che fa. Un bell’effetto «Giuro, non gliel’ho suggerito io», dice la maestra. In classe, dove è in corso il programma organizzato da «Save the Children», siamo entrati a sorpresa. «Dimmi la verità, tu fai l’università, non la quarta». La bambina ride. «Noooo». Ha stravinto. Ma è fatta come lei la scuola italiana?  

Un po’ sì e un po’ no. Molto no a dire il vero. Ma questo istituto comprensivo di Japigia – quartiere metropolitano di frontiera di Bari, regno del clan Parisi, concentrato di case popolari, di madri sole e di padri assenti o agli arresti domiciliari, che da qualche anno sta ricominciando a respirare – ha una storia diversa sulla quale vale la pena soffermarsi assieme a quella dell’istituto gemello di Quarto Oggiaro, Milano, dall’altra parte d’Italia, perché racconta molto della battaglia quotidiana che si combatte nelle scuole per impedire che l’energia atomica che ogni ragazzino si porta dentro si perda stupidamente per strada. Qui pubblico e privato lavorano assieme contro lo spreco della qualità e dell’intelligenza, una malattia, chiamata «dispersione scolastica», per la quale il nostro Paese, con una media del 15%, è ai primi posti nelle classifiche di quella Unione Europea che vuole rientrare sotto il 10% entro il 2020 partendo da una media del 12,8%. Improbabile che l’italia ce la faccia. «Negli Anni Sessanta don Milani sosteneva che il problema della scuola è il ragazzo che si perde. A 50 anni di distanza credo che potremmo fare la stessa riflessione», dice Francesca Bilotta, responsabile del programma scuola di «Save the Children». 

IL BUCO NERO  

Ci sono i numeri. E poi c’è la vita. Per scattare una fotografia alla scuola abbiamo messo le due cose assieme, partendo da un’esperienza – ribattezzata «Fuoriclasse» – condotta da «Save the Children» in 6 città italiane (Milano, Torino, Napoli, Crotone, Bari e Scalea) e dall’analisi dei risultati di questa esperienza fatta dalla fondazione Agnelli. Sono molte le iniziative pubbliche per formare i professori e integrare i programmi, ma nessuna prevede un riscontro basato su una domanda semplice: a che cosa è servito quello che abbiamo fatto? I risultati di «Fuoriclasse», alla fine di cicli di due anni nelle quarte e quinte elementari e nelle seconde e terze medie, sono stati misurati. Non cambiano il mondo. Ma lo migliorano sensibilmente. «Abbiamo lavorato su apprendimento e motivazioni, cercando di fare delle scuole dei luoghi più belli anche fisicamente, dove sia piacevole andare. Siamo riusciti a ridurre il numero delle assenze, dei ritardi e il disinteresse da parte delle famiglie», dice la Bilotta. Cresciuti anche la media voti e le relazioni interpersonali. 

Il punto di partenza era chiaro. La ruota si inceppa alle scuole medie. Lo dicono i test comparativi internazionali. Dalle elementari escono studenti con una preparazione omogenea e superiore agli standard degli altri Paesi. Nei tre anni successivi si assiste a un crollo, il sistema smette di funzionare e solo chi ha famiglie sane (o chi finisce in scuole fortunate) regge il confronto con i coetanei all’estero. Da uno, due, tre maestri, formati per preparare le classi sia da un punto di vista delle competenze sia da quello pedagogico, si passa al «disciplinarismo»: dieci professori preoccupati di gestire solo la propria materia. E docenti di matematica che solo nel 9,7% dei casi (dati fondazione Agnelli) sono laureati nella materia che insegnano. Nessuno ha specifiche competenze pedagogiche e anche se i professori sono tenuti a costanti corsi di aggiornamento, non sono obbligati a fornire le proprie prestazioni nelle ore pomeridiane e il tempo scolastico finisce per essere insufficiente. Ma se non escono dalla crisi i docenti non esce dalla crisi la scuola. «C’è un altro dato: l’età degli insegnanti è la più alta d’Europa e quella degli insegnanti delle medie la più alta di tutte. La Buona Scuola torna a investire nell’educazione, ma ha una lacuna grossa: mette al centro i professori e non gli studenti, che continuano ad avere problemi in particolare in matematica e scienze», dice Andrea Gavosto, direttore della fondazione Agnelli. 

La domanda che resta sullo sfondo è questa: i nuovi centomila insegnati sono stati assunti per sanare – giustamente – le posizioni individuali o perché il sistema aveva bisogno delle loro competenze? Quando per 500 posti si assumono 10 mila docenti di diritto diventa difficile immaginare un sistema in equilibrio. 

Le statistiche dicono ancora che alle superiori si nota una tripartizione legata al ceto familiare. Chi sta meglio va al liceo recuperando una preparazione che sopravanza gli standard internazionali, chi sta così così finisce negli istituti tecnici (dove i valori tornano sotto la media), chi sta peggio scommette sui professionali, che nei test comparativi – con delle ovvie eccezioni – ottengono risultati deprimenti. Un inarrestabile circolo vizioso. 

IL FIGLIO DEL BOSS  

A Japigia puoi vivere la vita seguendone le mosse, come è successo per anni, oppure anticipandole per riuscire a fregarla. Patrizia Rossini, dirigente scolastica dell’istituto comprensivo Verga ha scelto la seconda strada. Di fianco al suo istituto ci sono tre campi rom. Lei ha assorbito i ragazzi e ha messo a loro disposizione le docce. Sembra una piccola cosa, ha fatto la differenza. Quindi, mutuando un modello lombardo, ha aperto un programma di studio in cui usa dei robottini per insegnare ai ragazzi qualunque cosa, dalla matematica alla storia. Ci fanno anche un campionato nazionale e spesso Japigia lo vince. Infine si è rivolta a «Save the Children». Come è il vostro programma? Gliel’hanno spiegato in cinque punti. Uno: formazione ai docenti sulle dinamiche della classe. Due: confronto tra docenti e studenti nei consigli consultivi per capire che cosa serve alla scuola e ai ragazzi. Tre: laboratori extrascolastici dalla matematica alla musica. Quattro: campus per conoscersi. Cinque: riqualificazione degli spazi comuni. Apprendimento e motivazioni. La Rossini ha detto «favoloso», gli insegnanti hanno detto «se proprio dobbiamo», gli studenti hanno detto: «adesso la scuola ci piace». I numeri dicono che è andata bene. Anche se per i miracoli non è ancora il tempo. 

Nell’istituto comprensivo diretto dalla Rossini ci sono 1200 ragazzi. Il 10% viene da famiglie malavitose. Riuscire a fare amare la scuola è doppiamente difficile. Ce la si fa? «Certo che ce la si fa». Un giorno è arrivato a scuola il figlio di un boss molto popolare nel quartiere, uno di quelli per cui si sparano i fuochi d’artificio quando esce dal carcere. Dopo poche settimane il bambino è andato dalla Rossini e le ha detto: «E se io dico in giro che tu mi hai fatto delle cose?». Lei gli ha risposto. «Vediamo se vale di più la tua o la mia parola». Poi l’ha abbracciato. «Da quel momento ha cominciato a fidarsi e ora è uno studente di qualità. Tra noi e i ragazzi ci deve essere un’alleanza. E’ per questo che il lavoro con “Save the Children” funziona». 

I RAGAZZI DI QUARTO OGGIARO  

I ragazzi di Quarto Oggiaro devono fare molta fatica per volersi bene. E a guardarsi attorno non è difficile capire perché. Trentaduemila persone, seimila alloggi di edilizia popolare, che diventano il 70% di tutte le case esistenti nella zona Capuana-Lopez-Pascarella, 250 pregiudicati agli arresti domiciliari, una presenza di stranieri che nella fascia di età compresa tra gli zero e i trentaquattro anni è pari al 35% della popolazione, settanta etnie diverse e neanche un liceo. Come se dovesse essere chiaro che una parte dell’istruzione pubblica, quella che più spesso porta alle università, a Quarto Oggiaro, dove la dispersione scolastica è del 17%, con punte del 40, contro il 15% della regione Lombardia, è preclusa. Non c’è un solo motivo per entrare nel quartiere se non sei residente e per giunta è piuttosto complicato. Si può arrivare in treno, oppure in macchina, scavalcando uno dei quattro ponti che fisicamente e simbolicamente dividono Quarto dal resto di Milano. «Una condanna e un’opportunità», dice Gianluca Alfano, coordinatore di spazio Agorà, il centro gestito dalle Acli e da «Save the Children» dove i ragazzi degli istituti Trilussa e Val Lagarina fanno i loro laboratori. «Da un lato si vive un senso di isolamento, dall’altro si crea un forte senso di comunità, basti pensare che le associazioni al lavoro nel quartiere sono venticinque». Una catena della solidarietà che non ha eguali e di cui, evidentemente, c’è molto bisogno. Piazzetta Capuana, sede del programma di «Save the Children», fino a pochi anni fa era il più grande centro di spaccio del quartiere, oggi è piena di murales con gli articoli della costituzione.  

Quarto Oggiaro è quella che è, ma avrebbe anche un punto di ritrovo di grande bellezza, Villa Scheibler. Solo che i ragazzi non la frequentano perché la ritengono troppo elegante per essere anche loro. La collaborazione tra le scuole e «Save the Children» serve anche a restituire a questi bambini-adulti il senso di loro stessi. Funziona? Messi di fronte alla domanda, che cosa ti è piaciuto di «Fuoriclasse»?, gli studenti delle medie hanno risposto così: «Ci sono piaciute le attività per migliorare la scuola. E poi c’è piaciuto perché potevamo fare vedere ai professori quali problemi c’erano. C’era il rispetto. E c’era lo scherzo. Però in un modo che non offendeva. E quando qualcuno si annoiava un po’ sapeva che comunque c’era uno scopo». Una scuola fatta così non trasforma la vita in uno scivolo verso la felicità, ma può cambiare i destini individuali e anche quelli collettivi. «Ci sono ragazzi che si perdono, come Paolo che, figlio di una tossicodipendente e di un padre che non ha mai visto, era finito nei guai per avere rubato un motorino. L’abbiamo recuperato. Un giorno ha picchiato un coetaneo che aveva sputato a un anziano. Gli hanno tolto la messa in prova e l’hanno mandato al Beccaria, dove i ragazzi di Quarto sono troppi. Ma le storie che funzionano sono decisamente di più», dice Camilla Bianchi responsabile del progetto di «Save the Children» a Milano. Saluta una bambina che gioca in un cortile. L’abbraccia. Si incammina verso la Ferrovia Nord. Sul muro c’è una scritta che dice: gioventù bruciata. È il modo che hanno i ragazzi di Quarto per prendersi in giro. E soprattutto per prendere in giro chi li considera così. Il vento sta cambiando. Anche grazie alla scuola e all’associazionismo. E allora meglio prendere di petto il quotidiano immaginando di essere nati sotto la luce obliqua di una strana stella – buona o cattiva che sia – che solo loro, per adesso, possono vedere. 

 

Koulibaly, l’agente: “Il Napoli è un club piccolo nelle strutture, basta vedere cosa accade al San Paolo quando piove”

Bruno Satin, agente di Kalidou Koulibaly, ha rilasciato alcune dichiarazioni a So Foot: “Kalidou ha un contratto che potrebbe farlo restare per tanto tempo a Napoli. Tuttavia se dovesse crearsi l’opportunità di andare a giocare in un club che faccia tutti gli anni la Champions League, faremo le nostre valutazioni. Il Napoli fa un buon mercato, ,ma nelle strutture è ancora un club piccolo. Quando piove allo stadio tutti in tribuna presidenziale hanno paura di prendere la scossa perchè ci sono fili elettrici scoperti che vagano. E’ un dettaglio senza dubbio, ma non penso che questo accade per esempio al Bayern”

Sulla gaffe di Deschamps: “Non l’ho ascoltata in diretta tv. Penso che avrebbe dovuto essere più aggiornato, soprattutto ora che Kalidou gioca in un club come il Napoli che si sta mettendo in mostra in un campionato importante come quello italiano. Il Senegal ha richiesto per anni, volevano da tempo che il ragazzo vestisse la maglia della nazionale. Al di là dell’errore, le parole di Deschamps dimostrano come Kalidou stia giocando bene e si stia mettendo in luce come un difensore centrale di grande prospettiva. Non posso dire con certezza che se avesse scelto la nazionale francese, adesso sarebbe in corsa per disputare l’Europeo. Ad oggi Deschamps ha in rosa Varane, Koscielny Sakho e Zouma che però si è infortunato di recente”

Il rapporto con i tifosi napoletani: “Per i napoletani, Kalidou è uno di loro. E’ stato un bel gesto quello di indossare la maschera con il suo volto dopo gli insulti razzisti”

Sky, Modugno: “Siparietto Sarri-Insigne dopo la rapina, gag e sfottò anche dai compagni”

Il collega di Sky Sport, Francesco Modugno, ha fatto il punto in casa Napoli dopo la disavventura delle ultime ore a Lorenzo Insigne, vittima di una rapina al Vomero: “Siparietto Insigne-Sarri al momento dell’ingresso in campo nella rifinitura. Il tecnico azzurro, da buon padre di famiglia, ha provato a risollevare il morale di Lorenzo. Da quello che ho capito Sarri gli raccontava qualche gag, qualche scenetta, per fargli ritrovare serenità e sorriso dopo i fatti di ieri sera. Insigne è rimasto molto turbato da questo episodio increcioso. Era insieme alla moglie ed alcuni amici. Subito dopo la chiacchierata con Sarri è finito anche al centro del torello, qui i compagni hanno trovato anche il modo di prenderlo in giro. Il modo migliore per dimenticare è il campo e soprattutto fare risultato domani a Firenze”.

Shock per Lorenzo Insigne, rapinato con pistola nel centro di Napoli: la dinamica

Sabato sera tra paura e rabbia per Lorenzo Insigne alla vigilia della fondamentale trasferta di Firenze per il Napoli. Secondo quanto appreso dalla redazione di IamNaples.it, Il talento del club azzurro ha subito una rapina al quartiere Vomero mentre era con sua moglie ed alcuni amici. I malviventi armati hanno riconosciuto l’attaccante del Napoli, l’hanno inseguito, gli hanno puntato la pistola al viso prima di rubargli oggetti di valore e del denaro. Doveva essere una serata di relax e serenità prima di tuffarsi nel clima-partita della sfida del “Franchi”, è stata una serata di delusione, tensione e nervosismo per Lorenzo Insigne che, molto scosso per quanto avvenuto, non si è sentito protetto nella sua città, in uno dei quartieri più affollati di sabato sera. In mattinata Insigne andrà a sporgere denuncia.

Rapina Insigne, l’agente conferma: “E’ tutto vero, ma Lorenzo supererà tutto”

Rapina ad Insigne, arrivano conferme. A parlare è l’agente del ragazzo, ai microfoni di radio Kiss Kiss: “Tutto vero: ieri intorno alle 22.30 Lorenzo ha subito una rapina in zona Vomero. Tanto spavento, tanta paura. Con lui in macchina c’era la moglie, ma per fortuna non i figli. Lorenzo ha denunciato il tutto alle autorità competenti e alle forze dell’ordine. È stata un’esperienza negativa, ma sarà a Castelvolturno per la rifinitura di questa mattina .Con il calcio e l’aiuto dei compagni supererà tutto”.

Uno scontro sul futuro degli ayatollah MAURIZIO MOLINARI*

0

Le elezioni di Teheran consegnano al Medio Oriente una sorpresa che preannuncia uno scontro di potere sul futuro della Repubblica Islamica. «Non ci aspettavamo un simile risultato»: è la reazione a caldo di Said Leylaz, veterano fra gli analisti politici iraniani, a descrivere il verdetto delle urne. In palio c’erano tanto gli 88 seggi dell’Assemblea degli Esperti, che designa il Leader Supremo, che i 290 seggi del Parlamento e in entrambi i casi gli esiti sembrano premiare i moderati a scapito dei conservatori.  


Sebbene i conteggi siano ancora in corso la sconfitta dei candidati sostenuti da Ali Khamenei, Leader Supremo, suggerisce la maggior affermazione dei moderati dalle elezioni legislative del 2004. La cartina tornasole è quanto avvenuto sull’Assemblea degli Esperti perché i pragmatici, guidati dall’ex presidente Akbar Hashemi Rafsanjani e dall’attuale presidente Hassan Rohani, sono proiettati verso la conquista dei primi, importanti, 13 seggi con agli acerrimi avversari Ahmad Jannati, Mohammed Yazdi e Mohammad-Taghi
 Mesbah-Yazdi ben a distanza.  

E ancora: il volto della vittoria è Rafsanjani, considerato il maggiore alleato politico di Rohani nonché padre di Mahdi Hashemi che venne arrestata per complicità con la rivolta anti-regime dell’Onda Verde nel 2009. Ciò significa che almeno 30 milioni di iraniani si sono recati alle urne per premiare i candidati percepiti come avversari di Ali Khamenei nelle prime consultazioni avvenute all’indomani dell’accordo di Vienna sul nucleare che ha portato alla fine di gran parte delle sanzioni internazionali. E’ uno scenario che, a prima vista, sembra premiare la scommessa politica dell’amministrazione Obama che aveva puntato sul negoziato nucleare proprio per obbligare Khamenei a «aprire il proprio pugno» scommettendo sulla voglia di cambiamento di gran parte della popolazione, che in maggioranza è sotto i 25 anni. 

Il potere a Teheran continua tuttavia ad essere nelle salde mani di Khamenei – da cui dipende un vasto apparato militare-economico che ha come spina dorsale i Guardiani della Rivoluzione – e ciò significa che dopo l’annuncio formale dei risultati si aprirà una delicata fase di riequilibrio dei poteri che vedrà Rafsanjani nel ruolo di suo probabile contraltare. La forza di Rafsanjani sta nell’essere un leader di raccordo fra le molteplici anime della Repubblica Islamica: da un lato è considerato il «grande elettore» di Rohani e dall’altro nel 2006 venne accusato dalla giustizia argentina di essere stato, da presidente, il mandante dell’attentato di Buenos Aires del 1994 contro il centro ebraico «Amia» in cui perirono 85 persone. Ciò significa che Khamenei e Rafsanjani sono due volti dello stesso regime iraniano, sebbene il primo guidi i conservatori ed il secondo sia divenuto il volto più in vista del fronte moderato. 

A rendere incandescente il duello che si apre fra Khamenei e Rafsanjani è la posta in palio ovvero il nome del nuovo Leader Supremo. Khamenei, 76enne e più volte ricoverato per un sospetto tumore alla prostata, è l’erede dell’ayatollah Khomeini e vuole un successore capace di conservare la Repubblica Islamica così com’è. Da qui le voci sull’ipotesi di una staffetta con il figlio Mojtaba, anch’egli esponente del clero sciita legato a doppio filo con i Guardiani della Rivoluzione. Ma Rafsanjani, forte dell’affermazione nell’Assemblea degli Esperti, può ora aspirare alla stessa carica, la più alta nel regime degli ayatollah. 

Si tratta di una sfida per il potere a Teheran che è solo all’inizio. Ed è gravida di incognite. Anzitutto interne, perché gli iraniani che sono andati alle urne per favorire un cambiamento non sono troppo diversi da quelli che nel 2009 scesero in piazza sfidando la repressione e dunque potrebbero avere ambizioni di libertà che vanno ben oltre il nome di Rafsanjani. Ma anche esterne, perché ciò che avviene a Teheran ha un impatto immediato sulla Siria dove la guerra per procura fra Iran ed Arabia Saudita è a un passo dal degenerare in un conflitto aperto capace di dilagare nell’intero Medio Oriente. 

*lastampa

 
Alcuni diritti riservati.

Se Renzi impugna la bandiera europea di Spinelli. EUGENIO SCALFARI*

0

Il premier prenda ora l’iniziativa di un’intesa dei Paesi che condividono l’obiettivo e consolidi l’identità di vedute con Mario Draghi.

IL DIBATTITO tuttora vivacemente in corso dopo l’approvazione in Senato della legge Cirinnà sulle unioni civili, era prevedibile: in Parlamento sono presenti numerose posizioni politiche e non più, come accadeva nel Novecento repubblicano, un centro democristiano con una spolverata di piccoli partitini laici, una destra fascistoide molto minoritaria e una sinistra comunista. Ora le posizioni sono molte, la politica è estremamente frazionata non solo in Italia ma in tutta Europa, come ha analizzato con meticolosa completezza Ezio Mauro su queste pagine venerdì scorso.

Non so fino a che punto questo dibattito interessi l’opinione pubblica italiana. Direi che interessa poco, eravamo in vergognoso ritardo rispetto a tutti gli altri Paesi d’Europa e d’America e il risultato ottenuto dal Pd di Renzi rimette finalmente a posto una situazione ormai insostenibile riconoscendole diritti finora ingiustamente ignorati. Renzi ha scelto, dopo qualche tentennamento, la via giusta per vincere con una larga maggioranza di voti: lo stralcio delle adozioni per far passare finalmente la legalizzazione delle coppie di fatto e unioni civili etero e omosessuali. Non poteva far meglio.

La discussione sulla fedeltà è ridicola. È evidente che non toglie assolutamente nulla alle coppie di fatto: la fedeltà c’è o non c’è e non esiste norma di legge che tenga se viene interrotta. Spesso l’interruzione è ignorata dall’altro coniuge o convivente che la subisce e il rapporto di coppia continua inalterato. Oppure è nota e il rapporto s’interrompe. Le coppie di fatto non possono ricorrere al divorzio ma questo è un regalo, si limitano ad informare l’autorità amministrativa che il loro rapporto ha cessato di esistere con le conseguenze amministrative che la cessazione comporta.

L’altro tema di discussione – che impegna soprattutto la sinistra del Pd – è il contributo di Verdini e del suo gruppo alla vittoria renziana. Ma anche questa critica mi sembra priva di fondamento. Se la sinistra ha accettato che Alfano facesse parte della maggioranza di governo, non si vede perché non possa accettare Verdini che è perfino più ragionevole di Alfano. Una nuova destra non populista e non berlusconiana è un tentativo ancora in una fase iniziale che sarebbe da incoraggiare, così come la Dc di Aldo Moro si alleò con i socialisti di Pietro Nenni e poi alcuni anni dopo addirittura con il Pci di Berlinguer, non solo per affrontare in forze tempi assai oscuri (quelli attuali non sono oscuri ma neri come l’inchiostro) ma anche per aiutare la nascita d’una destra moderna alla quale in un futuro auspicabilmente prossimo si fosse contrapposta una sinistra riformatrice. La separazione di Alfano da Forza Italia fu incoraggiata da Monti e da Enrico Letta, la cui tempra democratica di sinistra non è mai stata in discussione.

Dunque il preteso scandalo Verdini, a mio avviso, è inesistente e la discussione è oziosa. Il problema semmai è un altro: è di sinistra il Pd guidato da Renzi? E che cos’è la sinistra del ventunesimo secolo? Nell’Europa e nell’Italia di oggi? Questo dunque dovrebbe essere il tema da discutere. In questo chiassoso e confuso dibattito il termine più ricorrente è stato “famiglia”, soprattutto da chi, dichiarandosi cattolico, avversava ogni riforma che in qualche modo intaccasse la solidità e l’unicità di quella tradizionale istituzione. È certamente vero che tutti noi usiamo il termine famiglia per designare la coppia di uomo e donna che ha celebrato il matrimonio e i figli che ne sono nati, ma quella parola non è appropriata né storicamente né religiosamente.

Storicamente il termine famiglia ha sempre designato non una ma molte più numerose comunità. Nella Roma classica la famiglia si identificava col nome del capo e comprendeva non soltanto i parenti anche lontani ma i “clientes”, le persone che stabilmente lavoravano, i beni materiali che ne componevano il patrimonio, i servitori e gli schiavi. Quella famiglia aveva anche il nome, la gens Claudia o Giulia o Flavia o Marcia; insomma un’infinità di famiglie che costituivano la casta senatrice degli Ottimati. Ma ci sono anche le famiglie mafiose, anche quelle sono una casta che prende il nome del boss. Religione: Gesù odiava la famiglia e lo diceva pubblicamente fin dall’inizio della sua predicazione come raccontano almeno due dei vangeli sinottici. Infine anche un’unione di fatto, etero o omosessuale, può usare il termine di famiglia, lessicalmente è corretto, è una comunità di due persone ed i loro eventuali figli, naturali o adottivi.

Oltre ad avere ben meritato con la legislazione delle coppie di fatto e delle unioni civili, Renzi ha modificato in modo sorprendente la sua visione del futuro dell’Europa. Non posso nascondere che questo cambiamento mi fa molto piacere ed è venuto in modo assai repentino. Ancora l’11 febbraio scorso, in una lettera a me diretta e pubblicata su Repubblica, rispondendo alla proposta da me più volte sostenuta sulla necessità di istituire un ministro del Tesoro unico che gestisse le finanze dell’Eurozona, con un bilancio autonomo, un debito sovrano, il potere di emettere eurobond per finanziare investimenti pubblici e incentivare quelli privati, la lettera di Renzi dice: “La risposta ad una politica di rigore che fa soltanto danni, non è un superministro delle Finanze, ma la direzione della politica economica”. Sono passati pochi giorni e Renzi ha presentato alle autorità europee un documento di nove pagine diviso in tre punti e una conclusione.

Il primo punto è intitolato: “A Fragile Recovery: Challenges and Opportunities ” (è redatto in inglese). Il secondo punto è intitolato: “A Comprehensive Policy Mix”. Dove si descrive un complesso di misure che realizzino una politica espansiva al posto di quella di austerità e rigore fin qui imposta dalla Commissione (e dalla Germania). Bisogna aumentare le capacità di crescita, sostenere la politica monetaria della Bce, varare una politica fiscale europea che tenda a riequilibrare le politiche nazionali aiutando la loro flessibilità in modo da ristabilire tra loro un equilibrio attualmente molto alterato. Completare l’Unione Bancaria ed estendere le garanzie in favore dei depositi bancari dei singoli Paesi. Fare intervenire l’Europa anche nelle politiche sociali e sindacali dei singoli Paesi, sempre al fine di rafforzare l’integrazione europea ed una politica di crescita e di equità. Rafforzare i confini europei verso il resto del mondo e smantellare al più presto possibile i confini interni ripristinati in molti Paesi violando il patto di Schengen. Dunque una politica comune dell’immigrazione più volte chiesta dall’Italia ma finora inesistente.

Infine il punto tre del documento che rappresenta, con un titolo altamente significativo, lo sbocco istituzionale della politica europeista delineata nelle pagine precedenti: “From the Short-term to the Long-term View” e così prosegue: “Una più forte comune politica monetaria ha bisogno di istituzioni comuni. Abbiamo bisogno d’una comune casa europea adottando un sistema comune. Queste funzioni debbono essere gestite da un ministro delle Finanze dell’Eurozona che persegua una comune politica fiscale. A questo scopo abbiamo bisogno d’un bilancio dell’Eurozona dotato delle risorse necessarie. Naturalmente questo ministro deve essere politicamente dotato di poteri per svolgere questo ruolo. Un ministro del genere deve far parte della Commissione europea e deve avere forti legami con il Parlamento di Bruxelles”. Debbo dire: mi sono stropicciato gli occhi a leggere queste nove pagine del documento, la loro conclusione e il titolo che è tutto un programma. Bisogna passare da una politica a breve termine ad una visione a lungo termine: una frase nella quale c’è qualcosa che somiglia molto agli Stati Uniti d’Europa.

Sembrava che Renzi fosse andato inutilmente a Ventotene e invece il messaggio contenuto nel Manifesto firmato da Spinelli, Rossi e Colorni è stato, almeno così sembra, fatto proprio da Renzi che non si limita a invocare una politica di crescita e flessibilità economica, ma sceglie anche una bandiera che guidi l’opinione pubblica europeista e i governi che decidano di rappresentarla verso un radicale mutamento delle istituzioni: la visione di lungo termine, che però non può essere attesa senza darle subito un avvio. Bisognerà accendere una serie di motori e quello iniziale che dia inizio al percorso. Così accadde negli anni del dopoguerra con Adenauer, De Gasperi, Monnet, Schuman. Allora nacque la Comunità del carbone e dell’acciaio e furono firmati nel 1957 i Trattati di Roma. Assumere come guida politica quella bandiera dà all’Italia uno status politico completamente diverso da quello avuto finora. Non più un monello che chiede concessioni alla spicciolata, un miliardo per un progetto, un altro miliardo per un’iniziativa, alternando sorrisi e insulti alla maniera d’un questuante, ma rivendicando il progetto che fu fatto proprio dai fondatori dell’Europa ma che aspetta ancora d’essere attuato.

Se Renzi ha scelto sul serio questa strada, che non sarà certo di rapida attuazione, il suo compito è di prendere l’iniziativa di un’intesa dei Paesi che condividono l’obiettivo, consolidare l’identità di vedute con Mario Draghi affinché il motore politico si sposi a quello economico e monetario e ponga alla Germania il dilemma che quel Paese leader non può eludere. Aggiungo ancora che questo è anche il vero modo di rappresentare la sinistra. La domanda che prima ci siamo posti sulla vera natura della sinistra del ventunesimo secolo ha qui la sua risposta: la sinistra ha il compito di porsi l’obiettivo di costruire l’Europa federata che riformisti e moderati debbono far nascere insieme, come richiede una società globale governata da Stati di dimensioni continentali.

La sinistra italiana ed europea deve porsi alla testa di questo ideale e farne una concreta realtà dove le diseguaglianze siano rimosse e la produttività economica sia tutt’una con l’equità sociale, la comunione dei valori, il riconoscimento dei diritti e dei connessi doveri, la separazione dei poteri che garantiscano la nobiltà della politica e la democrazia. L’Inno alla gioia e la bandiera stellata europea, come ha proposto Laura Boldrini, divengano i simboli della Nazione Europa. Da questo punto di vista ben venga il Partito democratico se lotterà affinché la Nazione Europa diventi una realtà.

*larepubblica

Ritorno Alle Ballotte. (Lo Piano – Santarossa)

0

La locuzione latina Senatores Boni Viri, Senatus Mala Bestia viene attribuita a Marco Tullio Cicerone, sta ad indicare che :

Per quanto si possa essere animati da buone intenzioni ed avere grandi virtù, entrambe le doti, troppo spesso sono calpestate, spazzate via dalla memoria al momento in cui bisogna esprimere il proprio voto.

Oime’, questi concetti, pur essendo di facile lettura ed interpretazione, si sono persi nei Secoli, non sono stati custoditi nel bagaglio culturale di coloro che ci amministrano. 

Spesso per le esigenze partitiche, non si vota secondo scienza o coscienza, ma solo per convenienza, guai a non  seguire le direttive dei capi branchi, si rischierebbe di essere mandati a casa e perdere l’amata poltrona.

Alcuni Deputati non conoscono neppure i testi delle Leggi che andranno a votare, e quando hanno la spudoratezza di entrare nel “merito” ,sarebbe meglio che si sigillassero la bocca con della ceralacca, gli ominidi parlamentari fanno parte di questa schiera d’ignorantoni.

Tuffiamoci ancora una volta nella Storia : Conoscere il passato per capire il presente.

Per rendere accessibile il voto segreto a coloro che erano analfabeti, la fantasia Democratica Cristiana del VI secolo ricorse alle Ballotte: fave chiare e fave scure, monete e medaglie di colore diverso: un colore per il «sì», l’altro per il «no». Dalle Ballotte derivano infatti la parola ballottaggio e la locuzione parlamentare inglese «to black ball»: bocciare una legge. A distanza di secoli nel nostro Parlamento le ballotte  sono ancora in auge, sotto mentite spoglie.

                               Dalle Ballotte al Voto Segreto il passo e’ breve :

Ai  tempi di Cicerone si sconosceva questa forma avanzata di “Politica Sociale” (il voto segreto) in Sicilia si pratica gia’ dal 1958, ha molteplici funzioni anche quella di protezione specialmente quando vi e’ il rischio per un Governo di fare un bel ruzzolone. Questo escamotage e’ una pratica molto usata, anche dal Governo Nazionale quando bisogna salvare :

Capre 

Cavoli 

Asini 

Carrubbe 

e Frutta Varia                                      

In nessun caso è consentita la votazione a scrutinio segreto allorché il Senato sia chiamato a deliberare sui disegni di legge finanziaria o di approvazione di bilanci e di consuntivi, che comportino aumenti di spesa o diminuzioni di entrate. 

In applicazione del comma 4 dello stesso articolo 113, prima di scrivere bisogna “acculturarsi” il ricorso al voto segreto si rende possibile per le autorizzazioni a procedere concernenti la sottoposizione all’arresto, alla perquisizione personale e domiciliare o ad altra privazione o limitazione della libertà personale. Cio’ sta ad indicare che per mandare in galera una persona ci si puo’ nascondere dietro l’anonimato.

                                              Governi Ballerini :

Tornando alla Sicilia, solo per dovere di cronaca bisogna sapere che in 54 anni si sono “successi” 54 Governi e che negli ultimi 15 anni, si sono avvicendati piu’ Assessori di quanti ve ne siano stati nell’ultimo mezzo secolo: il voto segreto e’ stato usato e logorato in molteplici votazioni.  

                                            Morale della favola :

I Siciliani da sempre sono stati governati da ‘ballottieri’, che troppo spesso hanno usato le ballotte come nei circhi equestri. La Sicilia meriterebbe sicuramente qualcosa in piu’.

Sbagliare umanum est, perseverare diabolicum.. 

Per il Pescara contro L ‘Ascoli un brusco ritorno alla realtà (Interviste, VIDEO)

0

Il pareggio interno per 2-2 contro un coriaceo Ascoli Picchio, ha definitivamente riportato il Pescara nel mondo reale. La squadra di Oddo, infatti, dopo la quarta partita senza portare a casa i tre punti, deve cominciare a chiedersi se nelle scorse giornate non abbia ostentato troppa sicurezza, avendo perso di vista quelle che sono le reali difficoltà del campionato cadetto, dove nessun risultato è scontato in partenza, come il pari scaturito contro l’Ascoli, il quale veleggia nei bassifondi della classifica, ha ampiamente dimostrato.

Assolutamente imbarazzante il primo tempo della squadra abruzzese, dove la coppia di centrali difensiva formata da Coda e da Zuparic, era letteralmente nel pallone, trovandosi, spesso, in netta difficoltà al cospetto degli avanti marchigiani, che hanno avuto il grosso demerito di non essere riusciti a chiudere la gara una volta in vantaggio, ma, anzi, hanno anche rischiato di perdere un match nel quale hanno dominato per circa 60’, salvo, poi, rischiare grosso nel finale a causa anche dell’espulsione di Milanovic avvenuta al 72’.

I marchigiani hanno poi chiuso la gara in nove, visto che nei minuti di recupero anche Giorgi si è visto sventolare il cartellino rosso in faccia. Una partita tesa e nervosa, che ha anche regalato una poco edificante “coda” al fischio finale, quando in campo si è scatenata una vera e propria bagarre, con gli steward che sono dovuti intervenire per sedare gli animi. A farne le spese pare sia stato Del Fabro, colpito al volto, e visibilmente sanguinante.

Purtroppo, anche qualche collega in sala stampa ha mostrato chiari segni di nervosismo, tanto che anche in questa circostanza sono dovuti intervenire gli steward per riportare l’ordine. Veramente una bruttissima pagina, una scena poco edificante alla quale speriamo di non dovere mai più assistere.

Tornando al Pescara, Oddo e i suoi uomini, avranno sicuramente capito che in questa campionato ogni gara è una vera e propria battaglia e che non bisogna mai prendere nessun avversario sottogamba. La squadra abruzzese dovrà ritrovare l’animus pugnandi di che ha fame e voglia di lottare, lasciando da parte i facili proclami e trionfalismi. Ma non c’è tempo per disamine più approfondite: martedì si torna subito in campo, e contro il Trapani dell’ex Cosmi, serviranno i tre punti. Il Cesena, quarto in classifica, ha dimezzato il suo svantaggio a 3 punti, mentre il Crotone, secondo, lo ha aumento a 10 lunghezze. Il tempo della facile propaganda è finito. Da qui in avanti serviranno solo i fatti.

CHRISTIAN BARISANI

Copyright-vivicentro

EMPOLI 1 ROMA 3| Bottino pieno al Castellani, Spalletti riporta la Roma sul podio

0

Roma- La Roma al Carlo Castellani di Empoli affronta gli azzurri di Gianpaolo in cerca di una vittoria dopo aver totalizzato 4 punti in 8 partite. I giallorossi di Spalletti sono alla ricerca della 6° vittoria consecutiva. Archiviato il caso Totti (convocato per l’anticipo serale della 27esima gara di campionato), il tecnico di Certaldo centra l’ennesimo obiettivo posizionandosi al 3° posto in classifica, in attesa della supersfida tra Fiorentina-Napoli.

Una doppietta di El Shaarawy e una rete di Pjanic riportano la Roma nelle zone alte della classifica. Buona prestazione dei toscani che devono però soccombere a una Roma più che determinata.

Primo tempo

Un gol capolavoro di El Shaarawy al 5’, porta in vantaggio i giallorossi con un destro a giro. Palla imprendibile per Skorupsky che può solo accompagnare con lo sguardo la traiettoria della palla in rete.

Ritmi alti e grande concentrazione per la squadra di Spalletti in questo inizio di gara.

L’Empoli però non subisce il fascino degli avversari e reagisce con grinta: al 16’ gran tiro di Maccarone che con un sinistro ad incrociare tenta il colpaccio, ma Szczesney mette in corner con un tuffo al volo.  

Al 17’ ammoniti Pucciarelli e Pjanic per intervento falloso e successive scaramucce tra i due.

Al 22’ arriva il pareggio degli azzurri su incolpevole autorete di Zukanivic: la palla respinta da Szczesny su tiro di Mario Rui, rimpalla sul difensore bosniaco e finisce in rete.

Empoli 1-Roma 1.

L’Empoli riprende fiducia e coraggio ma arriva la reazione della Roma condita dalla giusta dose di cinismo: Nainggolan dal limite fa partire un tiro potente e rabbioso che viene fortunosamente deviato in angolo da un difensore.

Al 26’ Salah guadagna un calcio di punizione che un minuto dopo l’infallibile Pjanic trasforma in rete. Il primo tiro del Piccolo Principe viene respinto dalla barriera ma la palla torna dalle sue parti e allora il Pianista colpisce la nota giusta, quella che accompagna la sfera in rete introducendo il ritmo della vittoria.

Empoli 1- Roma 2

Al 36’ Nainggolan infortunato è costretto ad uscire, primo cambio obbligato per Spalletti che decide per Iago Falque.

La Roma fa possesso palla stazionando nella metà campo avversaria.

Al 41’ ammonito Perotti per trattenuta su Pucciarelli.

Secondo tempo

Nella ripresa ancora una Roma agguerrita alla ricerca del gol conclusivo, al 50’ El Shaarawy in due tempi cerca la doppietta, ma è bravo l’ex portiere della Roma a difendere.

Al 56’ punizione battuta da Pjanic, stavolta la palla sorvola la traversa, poi la stessa conclusione tocca a Maccarone che non centra la porta.

Insiste l’Empoli, ma la difesa giallorossa è impeccabile, Rudiguer ferma un energico Maccarone in scivolata al 61’. Ma l’Empoli ci crede ancora e cerca con fermezza il gol del pareggio. Si gioca, si osa, si rischia. Al 63’ viene ammonito Mario Rui mentre Croce cede il posto a Livaja per l’Empoli.

Al 73’ esce Maccarone ed entra Mchedlidze mentre per la Roma entra Manolas al posto di Maicon.

Al 74’, proprio mentre i ritmi della Roma sono più blandi, arriva il terzo gol della Roma, è ancora El Shaarawy!!! Cross in diagonale di Salah da sinistra per l’egiziano che, a pochi passi dal portiere, insacca la seconda rete personale! Spalletti dal bordo campi ringrazia il Signore e fa il segno della croce.

Empoli 1-Roma 3

Al 78’ è il momento di Dzeko che entra al posto di El Shaarawy, il faraone può anticipare il meritato riposo.

La Roma chiude in avanti, Salah tenta l’azione personale con un tiro dai 20 metri, ma la palla svirgola ampiamente fuori.

Nei 4 minuti di recupero arriva l’espulsione di Mario Rui per la seconda ammonizione su un fallo ingenuo ai danni di Manolas. Poco dopo il triplice fischio chiude una gara avvincente tutt’altro che scontata.

FORMAZIONI

EMPOLI:Skorupski; Laurini, Ariaudo, Cosic, Mario Rui; Zielinski,Paredes, Croce (64′ Livaja); Krunic (51′ Buchel); Maccarone, Pucciarelli.
A disp.:
Pugliesi, Pelagotti, Camporese, Zambelli, Bittante, Maiello, Dioussé, Mchedlidze, Piu.
All.Giampaolo.

ROMA: Szczesny;Maicon,Rudiger, Zukanovic,Digne;Pjanic,Keita;Salah,Nainggolan(37′Iago Falque),El Shaarawy;Perotti.
A disp.:De Sanctis,Lobont,Manolas,Castan,Torosidis,Emerson,Vainqueur,Strootman Florenzi,Totti,Dzeko.

All.Spalletti.

Arbitro:Gervasonidi Mantova

Maria D’Auria

Copyright-vivicentro

Campionato Berretti 2015-2016: La registrazione della radiocronaca di Juve Stabia 2 – Pisa 2

0

Dopo il successo esterno contro il Pontedera per 4-2, la Juve Stabia, categoria Berretti, di mister Nicola Liguori, è tornata a giocare allo stadio Romeo Menti di Castellammare di Stabia. Ha affrontato un lanciatissimo Pisa, capace di 10 risultati utili consecutivi e la definitiva consacrazione tra le migliori formazioni del girone C. Nelle file giallo-blu assente il portiere Montella, autore di una grande prestazione a Pontedera e il terzo rigore parato (per lui problemi ad una spalla). L’obiettivo per le Vespe, ma ancor di più per gli ospiti vista la forza dei gialloblè, era fornire una bella prestazione che c’è stata, ma sarebbero stati importanti anche i 3 punti che per un pizzico di sfortuna non sono arrivati.

La gara termina con il punteggio di 2 a 2 con un rigore fallito dalle Vespe, due pali colpiti e un salvataggio sulla linea dei difensori del Pisa.

Questa la lista dei convocati:

Riccio, Borrelli F., Noto, Rubino, Elefante, Lombardi, Ioio, Rossi, Borrelli E., Servillo, Lauri, Viscusi, Sorrentino, Mauro, Strianese, Del Prete, Natale, Langella, Contieri, Matassa, Melone.

Come sempre era possibile ascoltare in diretta la radiocronaca di questa ma anche delle prossime gare casalinghe della Berretti giallo-blu a questo indirizzo:
Link per ascoltare dal pc: https://37.187.93.104/start/viviradioweb/ (Link ottimizzato per Google Chrome, con altri browser tipo Mozilla Firefox, Internet Explorer, ecc. bisogna installare Java)

Link per ascoltare dai dispositivi mobili: https://lyra.shoutca.st:8212/ Sui cellulari e dispositivi mobili è possibile installare l’applicazione TUNEIN e cercare ViViRadioWEB.

Ti sei perso la radiocronaca della gara? Puoi riascoltarla a questo indirizzo: 

Repubblica critica De Laurentiis: “Due stoccate a Higuain e Sarri, resta il dubbio sull’opportunità…”

La Repubblica scrive su De Laurentiis: “Il presidente non è un tipo malleabile. E dunque non si è fatto sfuggire l’occasione per intervenire a gamba tesa sullle vicissitudini del Napoli. L’argomento del giorno non poteva che essere il black-out di Higuain: difeso sì da De Laurentiis, ma fino a un certo punto. Della pancetta di Higuain si sussurrava già da qualche giorno: ma ora De Laurentiis l’ha fatta sua, certificandone la veridicità. Come se bastasse un chiletto in più (vero o presunto), per zavorrare il capocannoniere della serie A. Poi è arrivato l’altro affondo, per Sarri. «Ha un contratto di un anno con me, con 4 opzioni per le stagioni successive. Sta unilateralmente a me confermargli il contratto, a compensi predeterminati. Il diritto va esercitato entro e non oltre il termine X, non mi ricordo se è il 31 marzo, il 30 aprile o il 15 maggio ». Parole che non possono rassicurare il tecnico toscano, certo invece di essersi già meritato (risultati alla mano) un trattamento diverso e soprattutto maggiore trasparenza sul suo futuro. Il presidente ha scelto invece di tenerlo sulla corda. Del futuro di Higuain e Sarri, entrambi sotto contratto, De Laurentiis ha legittimamente intenzione di parlare più in là. Ma restano dei dubbi sull’opportunità delle stoccate di ieri, prima della Fiorentina”.

Calo psicofisico e condizione non all’altezza: a molti sembra di rivivere i fantasmi dell’anno scorso

Quattro partite senza vittorie, con due sconfitte e due pareggi. Napoli ormai fuori dalla Coppa Italia e dall’Europa League, dopo un girone eliminatorio senza macchie, senza sconfitte e con il record di gol realizzati. Si apre così l’analisi dell’edizione odierna del Corriere del Mezzogiorno, che parla di un “calo psicofisico e una condizione non più all’altezza dei primi 6 mesi di stagione”: può essere questa forse la spiegazione del momento azzurro, eppure “a molti tifosi pare di rivivere i fantasmi dell’anno scorso, quando persi alcuni obiettivi, il Napoli si sgretolò in campionato a vantaggio della Lazio. Sarri dovrà trovare un rimedio. Il dato che più allarma è l’aver subito dodici gol in 12 partite nel 2016. Un dato che non gratifica un allenatore come Sarri abituato a studiare alla perfezione la fase difensiva”.

Chissà come avrà reagito Sarri alle parole di De Laurentiis su Higuain

La Gazzetta dello Sport scrive sulle parole rilasciate ierida De Laurentiis sul peso di Higuain: “Chissà, dunque, come avrà reagito il tecnico azzurro alle parole di Aurelio De Laurentiis in merito all’astinenza da gol del Pipita: «Non si può dipendere solo da un elemento e non si può pretendere altro da Higuain – ha detto il presidente del Napoli in Lega –. Poi, se uno ha un chilo e mezzo in più è come camminare con un mattone. Bisogna che ritrovi la forma fisica splendente che aveva un mese fa e così torneranno anche i gol». Insomma, Sarri si risente nei confronti di chi sottolinea il breve digiuno di Higuain e nel contempo De Laurentiis «mette a dieta» il Pipita. Le parole pesano in un momento delicato come quello che vive il Napoli, ma come sempre pesano ancora di più i gol. Quelli di Higuain in questo campionato sono 24. Gonzalo è pronto a dare l’assalto al record di Nordahl (35 reti nel campionato 1949-50) mentre è ad un passo dal riuscire a battere, di qui a breve, il suo primato personale (27 centri nella Liga 2009-10). Insomma, è di gran lunga la sua migliore stagione e inoltre il suo bilancio personale pesa, quello sì, come un mattone sul bilancio realizzativo del Napoli”