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Le pagine Facebook che sfruttano le disgrazie altrui sono il male dei social network. Il caso Lucas Jones

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La foto più recente di Lucas su Facebook in data 25 giugno 2016

DISINFORMAZIONE: il primo luglio 2016 la pagina Facebook “Dedicato a tutti i bambini down e diversamente abili del mondo” pubblica il seguente post:

piaga-del-web

FACCIO GIRARE QUESTA COSA?
Preghiamo per lui
hanno scoperto oggi il suo cancro è la fase 4 nel midollo osseo. Le sue possibilita ‘ sono 20-30 %.
Preghiamo tutti insieme per questa famiglia…
Non scorrere senza digitare AMEN ??

Questo genere di post sono il male dei social network, sempre uguali, sempre con un “fate girare” del piffero, un bambino sofferente e un “amen” finale.

Spesso i bambini o le vittime per cui pregare non vengono riportati con il loro nome, ma con uno inventato.

Altre volte i post riportano notizie del tipo “sta lottando”, “ce l’ha fatta”, e poi in verità le persone ritratte risultano decedute anche da diversi anni.

In questo caso l’autore e gestore della pagina in questione cosa fa? Non scrive un nome, pubblica una foto e afferma che “oggi” (il primo luglio”) avrebbero scoperto che il suo cancro sarebbe alla “fase 4 nel midollo osseo”.

Le richieste di donazioni di sangue per Lucas
Le richieste di donazioni di sangue per Lucas

Il bambino nella foto si chiama Lucas Jones e gli venne diagnosticato il 29 marzo 2016 un Rabdomiosarcoma.

La foto venne pubblicata nella pagina Facebook a lui dedicata il 6 aprile 2016. Ecco l’ultima foto di Lucas datata 25 giugno e condivisa nella pagina sua pagina Facebook il 27 giugno:

La famiglia di Lucas, oltre alla pagina Facebook, ha avviato da tempo una raccolta fondi attraverso la piattaforma Gofundme.com dove attualmente sono stati versati 59,068 dollari su 75 mila richiesti.

La raccolta fondi per Lucas
La raccolta fondi per Lucas

Invece di scrivere “amen” per un bambino di cui non sapete il nome e di cui non vi raccontano la storia, invece di fare “mi piace” e fare “condivisioni” inutili per aiutarlo, donate qualcosa sul serio.

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Renzi: ”Italicum? Non c’è maggioranza per cambiarlo”

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Non vedo in Parlamento una maggioranza per una legge alternativa“, così risponde il premier Matteo Renzi a proposito di una possibile modifica dell’ Italicum durante l’intervista di questa mattina a SkyTg24. Un’intervista in cui tocca diversi altri argomenti, dal patto del Nazareno (“Non ce n’è nessuno”) alla richiesta di dimissioni da segretario del Pd che arriva da qualche democratico fino alle frecciate dell’ex segreatrio Ds Massimo D’Alema, che nei giorni scorsi ha annunciato il suo ‘no’ al referendum costituzionale.

IL PATTO DEL  NAZARENO – Oggi “non c’è nessun patto del Nazareno: il patto del Nazareno lo ha rotto Berlusconi perché non voleva votare Mattarella e secondo me ha fatto un errore” dice Renzi.

LE DIMISSIONI DA SEGRETARIO PD? – Lasciare la segreteria del Pd come chiede qualche esponente del partito? “E’ un dibattito lunare“, taglia corto Matteo Renzi, ospite oggi di SkyTg24.

IL ‘NO’ DI D’ALEMA AL REFERENDUM – “D’Alema ha tutti i diritti di votare quello che crede, difficile pensare di imporre qualcosa a D’Alema. Le riforme che D’Alema ha proposto quando guidava la bicamerale erano molto più impattanti sul sistema di quelle che proponiamo noi”. Lo dice Matteo Renzi, ospite di SkyTg24, a proposito dell’annuncio dell’ex segretario dei Ds di votare no al referendum sulla riforma costituzionale. D’Alema “spesso parla– aggiunge Renzi- ma i risultati della sua azione gli italiani li hanno visti in questi venti anni. Sceglieranno loro se vogliono tornare al passato o se hanno voglia di buttarsi sul futuro. Il superamento del bicameralismo, la riduzione dei parlamentari, stavano già nelle proposte che D’Alema fece. La differenza è che lui non è riuscito a farle diventare legge. Non è l’unica cosa su cui D’Alema purtroppo ha perso l’occasione, pensi al mercato del lavoro: fece un grandissimo discorso nel 1997 sulla necessità di cambiare il mercato del lavoro, e poi non lo fece”.

Dacca, arrivato aereo della Farnesina Riporterà a casa le 9 vittime

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E’ arrivato a Dacca, in Bagladesh, l’ aereo della Farnesina che riporterà a casa le salme dei nove italiani trucidati nella strage di venerdì notte nel locale Holey artisan bakery. L’aereo, con a bordo personale dell’Unità di crisi della Farnesina e dello staff della presidenza del consiglio, era partito ieri pomeriggio da Roma.

La strage terroristica conta 20 vittime. Di queste, nove sono italiane, sette giapponesi, due bengalesi, una indiana e uno americano. Questi i nomi dei nove connazionali che sono rimaste vittime dell’attacco terroristico: Adele Puglisi, Marco Tondat, Claudia Maria D’Antona, Nadia Benedetti, Vincenzo D’Allestro, Maria Rivoli, Cristian Rossi, Claudio Cappelli e Simona Monti. Quest’ultima aveva da poco scoperto di essere incinta. Si è invece salvato Gian Galeazzo Boschetti, marito di Claudia D’Antona, perchè al momento dell’attacco era uscito in giardino per una telefonata. Tra le vittime, alcuni vivevano lì da tanti anni, altri facevano avanti e indietro dall’Italia per lavoro. Si conoscevano tra loro, quasi tutti erano impiegati nel settore del tessile ed era frequente incontrarsi nel ristorante preso d’assalto dai terroristi come in altri locali di Dacca. Tra loro, ce n’erano diversi che erano in procinto di tornare in Italia (qualcuno aveva già il volo prenotato) per trascorrere con la famiglia le vacanze estive.

Il commando terroristico, composto di cinque uomini, è entrato nel locale alle 9 di sera al grido di “Allah Akbar” (“Allah è grande”) e ha cominciato a sparare. Gli ostaggi sono stati tenuti sequestrati per 10 ore. Le vittime sono state uccise in modo barbaro, anche con armi da taglio (si parla di coltelli e machete), dopo essere stati ‘interrogati’ dai terroristi che volevano sapere chi fosse in grado di recitare il Corano. Dettagli, questi, che sono stati raccontati da uno degli ostaggi che sarebbe riuscito a inviare sms di nascosto all’esterno. La rivendicazione dell’Is sull’agenzia stampa del Califfato, Aamaq, è arrivata ad attacco ancora in corso. Il blitz delle forze dell’ordine è scattato all’alba: sono intervenuti 200 uomini e lo scontro a fuoco è stato molto violento. I cinque terroristi sono stati tutti uccisi.

vivicentro.it/cronaca  dire / Dacca, arrivato aereo della Farnesina Riporterà a casa le 9 vittime

Bangladesh. Dieci italiani morti nel massacro. Renzi: l’Italia unita dia un messaggio di dolore

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E’ di 20 morti il bilancio della strage compiuta da un commando armato in un ristorante di Dacca, in Bangladesh. Tra loro dieci erano italiani, mentre gli altri di nazionalità giapponese. Tredici ostaggi sarebbero stati tratti in salvo. “I nostri commando hanno assaltato il ristorante, c’è stata una intensa sparatoria”, ha precisato un agente. Le vittime sono state sgozzate.

“Abbiamo seguito tutta la notte gli eventi sperando in esiti diversi. Ora un velivolo della Presidenza è in volo” verso Dacca, ha  detto il premier Matteo Renzi in una dichiarazione sull’attacco terroristico in Banglades spiegando che “notizie ufficiali” verranno date prima alle famiglie delle vittime.

“Davanti alla tragedia dell’estremismo radicale, credo sia il momento in cui l’Italia unita dia un messaggio di dolore e compassione. Piangiamo lacrime di solidarietà e cordoglio, ma è anche il momento di lanciare un messaggio di determinazione: l’Italia non arretra davanti alla follia di chi vuole disintegrare la vita quotidiana, siamo colpiti ma non piegati”.

“Continueremo la lotta tutti insieme e tutti uniti per affermare un’idea di civiltà diversa da quella che purtroppo abbiamo visto in azione stanotte in Bangladesh”, ha aggiunto rivolgendo poi un appello in tal senso anche a tutte le forze politiche.

– “Anche se ci sono 8000 chilometri tra la Tunisia e il Bangladesh la scia di sangue è la stessa. Vogliono strapparci la quotidianità della vita”, ma dobbiamo ribadire il valore delle libertà, “i nostri valori sono più forti delle loro follie”.

“‘Italia tutta insieme, tutta unita, piange i nostri connazionali uccisi a #Dacca. I nostri valori sono più forti dell’odio e del terrore”, scrive poi  su twitter Renzi in riferimento all’attacco di Dacca.

Agenpress – Bangladesh. Dieci italiani morti nel massacro. Renzi: l’Italia unita dia un messaggio di dolore

Cassazione Sezioni Unite: se il querelante non compare in udienza, è rimessione tacita di querela

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Con l’informazione provvisoria n. 18/2016* le Sezioni Unite hanno fatto chiarezza su una questione controversa in giurisprudenza

La rilevanza della mancata comparizione del querelante all’udienza dibattimentale è sempre stata dibattuta in giurisprudenza: da un lato si schierano coloro che ritengono che l’assenza di comparizione equivarrebbe a rimessione tacita della querela, dall’altro si schierano coloro che invece negano che un simile comportamento sia idoneo ad assumere rilevanza in tal senso.

Solo per citare alcune pronunce, particolarmente interessanti sono tre sentenze della sezione V penale della Corte di cassazione del marzo 2015: la numero 9278, la numero 9692 e la numero 13549. Con esse infatti si è ampiamente sposato l’orientamento che allora sembrava prevalente, in forza del quale l’omessa comparizione del querelante in udienza difetterebbe del requisito di univocità necessario per considerare tale comportamento come una remissione tacita della querela.

Più recentemente, tuttavia, la Corte di cassazione, con la sentenza numero 12417 del 23 marzo 2016 ha cambiato rotta e ha stravolto l’orientamento ormai consolidato, affermando che la mancata comparizione in giudizio del querelante deve essere ricondotta all’ipotesi di remissione tacita della querela contemplata dall’articolo 152 del codice penale: si tratterebbe infatti di una prova del totale disinteresse della parte lesa alla celebrazione del processo.

Dinanzi a orientamenti radicalmente opposti era sino a qualche giorno fa difficile riuscirsi ad orientare.

Fortunatamente, però, con l’informazione provvisoria n. 18 del 23 giugno 2016 (qui sotto allegata), le Sezioni Unite penali della Corte di Cassazione sono intervenute a fare chiarezza.

Dinanzi alla domanda se la mancata comparizione del querelante all’udienza dibattimentale configuri una rimessione di querela, hanno dato risposta affermativa.

Il quesito, in ogni caso, risultava riferito al caso in cui comunque ci sia stato l’avviso espresso del giudice al querelante circa il fatto che la sua eventuale assenza sarebbe stata interpretata come fatto incompatibile con la volontà di persistere nella querela.

In presenza di tale presupposto non dovrebbero quindi esserci più dubbi: il querelante che non si presenta pone in essere un comportamento idoneo a manifestare il suo interesse ad abbandonare le pretese punitive nei confronti del reo.

Valeria ZeppilliAvv. Valeria Zeppilli
E-mail: valeria.zeppilli@gmail.com
Laureata a pieni voti in giurisprudenza presso la Luiss ‘Guido Carli’ di Roma con una tesi in Diritto comunitario del lavoro. Attualmente svolge la professione di Avvocato ed è dottoranda di ricerca in Scienze giuridiche – Diritto del lavoro presso l’Università ‘G. D’Annunzio’ di Chieti – Pescara

 

vivicentro.it/l’esperto  StudioCataldi / Cassazione Sezioni Unite: se il querelante non compare in udienza, è rimessione tacita di querela (Valeria Zeppilli)

Fatture elettroniche: gratis con l’app dell’Agenzia delle Entrate

Il fisco scende in campo come fornitore di servizi gratuiti per le fatture elettroniche per i contribuenti con partita iva

Fatture elettroniche per tutti e gratis con l’app dell’Agenzia delle Entrate che consente di creare, trasmettere e conservatore online le fatture emesse tra privati e con la pubblica ammministrazione. È la stessa Agenzia ad annunciarlo pubblicando l’applicazione web gratuita sul proprio sito ed evidenziando come così si compone “ancora un tassello nella digitalizzazione e semplificazione dei rapporti tra fisco e contribuenti”.

Come funziona

L’applicazione è disponibile sul sito dell’Agenzia delle Entrate e rappresenta la prima versione dell’app web gratuita con la quale i contribuenti con partita iva possono generare, trasmettere e conservare le fatture elettroniche (ex Dlgs n. 127/2015).

Il servizio, realizzato dall’Agenzia con la collaborazione del partner tecnologico del Mef, Sogei, può essere utilizzato da ogni impresa, artigiano o professionista, sia per le fatture destinate a privati (B2B), sia per quelle rivolte alla Pubblica Amministrazione.

Alla web application, raggiungibile dal sito delle Entrate cliccando sul banner riportato qui, si può accedere utilizzando le credenziali fornite agli utenti dei servizi telematici dell’Agenzia, di Spid e della Carta Nazionale dei Servizi (Cns).

I vantaggi

L’app consentirà di generare, trasmettere e conservare le fatture emesse tra privati e con la pubblica amministrazione in modo semplice e gratuito.

Da un punto di vista strategico, affermano le Entrate, i principali vantaggi attesi, derivanti dall’uso della fatturazione elettronica B2B e Pa, “sono la digitalizzazione dei processi amministrativi, con un conseguente risparmio di carta, stampa, spedizione, archiviazione, e la gestione più rapida ed efficiente delle fatture, con una conseguente riduzione degli errori e dei relativi oneri”.

Servizio di assistenza

A sbarcare contemporaneamente online è anche il sito di assistenza con il quale le Entrate illustrano ai cittadini, in modo semplice e chiaro, come funziona il nuovo servizio.

Per saperne di più, comunica l’Agenzia, basta cliccare sul pulsante in alto a destra del sito dedicato alla nuova applicazione web che trovate a questa pagina: agenziaentrate.gov.it/[…]=Fatturazione. oppure qui: https://goo.gl/4fCfZg

vivicentro.it/l’esperto/ StudioCataldi / Fatture elettroniche: gratis con l’app dell’Agenzia delle Entrate (Marina Crisafi)

No Maria, io esco: il cucchiaio (in)spiegabile di Graziano Pellé

No Maria, io esco 

Ti faccio il cucchiaio” e poi figuraccia, palla a lato e un rigore che entra di diritto nella top ten dei più grotteschi degli Europei. Chissà cosa passa attualmente nella testa di Graziano Pellé, poche ore dopo la partita più importante della sua vita, persa per un gesto incomprensibile, dettato dalla paura, che ha compromesso il percorso della nazionale ad Euro2016. Ci aveva già provato Pellé a fare il cucchiaio, era il 2007, in una partita di under 21; quella volta andò bene. A guardare quelle immagini, ci si domanda perché Pellé non l’abbia davvero fatto anche in questa circostanza. Che se sbagli, almeno sei coerente e ci hai provato, comunque vada. Rimarrà il rimpianto, per quel tiro balordo, per quella tensione accumulata, per quello sbaglio. A 31 anni, Pellé molto probabilmente non avrà più tempo a disposizione per rifarsi. Con Ventura, spazio ai giovani: il suo tempo è andato e l’amarezza cresce ancora di più. Non bisogna etichettarlo come il “poco umile”, però. Se quel pallone fosse andato in porta, si starebbe parlando di altro.

In una intervista recente, rilasciata ai microfoni di Vivo Azzurro, Pellé ha commentato il cucchiaio di 10 anni fa, agli Europei. “Avevo fatto una scommessa con Chiello(Chiellini ndr) e Montolivo. “Se hai coraggio fallo”, dicevano. Poi l’adrenalina della partita ha fatto il resto. Rivendendo il rigore mi è venuta ancora più tensione di quando l’ho calciato.” Attuale, attualissime le sue parole, potremmo dire. Peccato per quel epilogo così diverso. Il rigore non toglie, ad ogni modo, l’ottimo Europeo disputato dall’attaccante. Non si tratta di arroganza, ma di agonismo, di voglia di vincere, di quel troppo che stroppia, di quella paura celata dietro un gesto con la mano, davanti al portiere più forte del Mondo. Pellé avrà pure la faccia da tronista, ma rimane comunque pulito.

Non merita nemmeno il trono, invece, Simone Zaza. Inspiegabile la corsetta prima di tirare uno dei calci di rigori più importanti della tua carriera, “tutta estetica e zero concretezza“, inspiegabile il suo atteggiamento, quella voglia di essere protagonista a discapito degli altri. Imbarazzante Zaza, entrato alla fine del 120esimo, al posto di Chiellini, accasciato a terra proprio per permettere il cambio. Conte credeva in lui, ci sperava, poi la grottesca ricorsa e il tiro sparato fuori. Non si tratta di paura, né di agonismo, ma di presunzione, assoluta presunzione, per chi si crede come Pogba, ma non lo è. A 25 anni, Simone Zaza ha il tempo di rimediare, di continuare la sua carriera e di poter scrivere altre pagine di storia. Opportunità che difficilmente avrà il suo collega Pellé. Peccato Graziano, peccato davvero.

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Conte, addio al veleno: “Non avevo nessuno al mio fianco”

Dopo l’eliminazione contro la Germania, Conte traccia un bilancio del suo ciclo e svela: “A novembre dopo le qualificazioni volevo restare per un altro biennio, ma non mi sono mai sentito appoggiato da nessuno. Solo il presidente mi è stato vicino, fino a un certo punto. Ora il mio futuro è il Chelsea, ma lascio una piccola macchina da guerra”

BORDEAUX  L’ultimo atto di Antonio Conte è un sasso contro il calcio italiano, una cartolina avvelenata dalla Francia: “Non mi sono mai sentito appoggiato da nessuno, non avevo nessuno al mio fianco”. Germania-Italia è finita da poco, gli azzurri usciti ai rigori dopo una partita difficile ed emozionante, e il ct, che da domani andrà in vacanza per una settimana prima di pensare al Chelsea, ne ha per tutti mentre si congeda dalla panchina azzurra.

LA PARTITA –“Penso che la Germania avesse grande rispetto dell’Italia. Il fatto che la squadra campione del mondo abbia cambiato sistema di gioco per affrontarci significa quanto meno che ci considerava in modo importante. È stata una partita dura, maschia, sotto tutti i punti di vista, noi abbiamo sicuramente gettato il cuore oltre l’ostacolo. Non dimentichiamo che Sturaro nel primo tempo ha avuto una distrazione al ginocchio e ha giocato in maniera stoica, anche perché avrei avuto difficoltà a trovare qualcun altro da mettere al suo posto. Penso che questi ragazzi lascino qualcosa di importante, hanno dimostrato che volere è potere e che attraverso il lavoro si possono ottenere dei risultati all’inizio impensabili. Dispiace uscire così, nella lotteria dei rigori eravamo in vantaggio prima del quarto tiro, però va avanti una squadra fortissima, ripeto, la più forte del mondo. Essere riusciti a tenerle testa ci deve sicuramente dare una piccola soddisfazione”.

IL SOGNO – “Ci credevamo, in questo sogno. Abbiamo cercato con le unghie e con i denti di restarvi aggrappati, la delusione nello spogliatoio era tanta. Il calcio regala soddisfazioni e amarezze ma questi ragazzi devono andare a casa sereni, hanno dato tutto quello che potevano e di questo li ringrazierò per sempre, li porterò nel mio cuore, sono stati due anni fantastici culminati con un mese e mezzo incredibile, non finirò mai di ringraziare tutti. Si era creato qualcosa di magico, eravamo una bella famiglia”.

L’ADDIO – “La decisione di lasciare la Nazionale dopo due anni è stata presa in anticipo, non nego che c’è stato un momento in cui avrei voluto avere l’opportunità di continuare, però di fronte ad alcune evidenze, di fronte ad alcuni fatti, purtroppo non ho potuto soprassedere, anche perché sinceramente non vedevo nessuno al mio fianco, compresi i giornalisti, sembrava dovessi fare sempre io la guerra, Conte contro tutti. Invece io ho sempre lavorato e mi sono battuto non per me ma in funzione della Nazionale, non per me, invece è passato sempre questo messaggio, forse perché a qualcuno piaceva o poteva avere l’opportunità di farci delle trasmissioni televisive. Non mi sono mai sentito appoggiato da nessuno. Avevo il presidente che mi è stato vicino, sempre, e però il presidente è arrivato sempre fino a un certo punto. A novembre, dopo le qualificazioni, per un momento avevo pensato di continuare per un altro biennio, ma quando mi sono accorto che non era cambiato niente ho deciso di tornare a essere un allenatore di club e ho comunicato la scelta al presidente. In un secondo momento è arrivata la grande opportunità del Chelsea e ho accettato. Mi dispiace perché è questo un percorso fatto insieme, eravamo una famiglia. Si lascia una traccia indelebile e mi auguro che possa dare dei frutti, in questo gruppo ci sono tanti ragazzi che erano alle prime esperienze e possono solo crescere. Mi auguro che in futuro si dia spazio anche alla Nazionale”.

L’EREDITÀ – “Lascio una piccola macchina da guerra. Io ve l’avevo detto, mi sono battuto fino all’ultimo per spostare anche la finale di Coppa Italia, uno sforzo vano purtroppo, per lavorare di più con i ragazzi. L’unica possibilità per fare qualcosa di bello ed entusiasmante era questa, ne abbiamo avuto dimostrazione contro la Germania: la nostra era una squadra tosta rispettata da tutti gli avversari. La Nazionale dà emozioni e stimoli incredibili, abbiamo avuto tanto orgoglio, mi auguro che il messaggio sia passato nonostante l’eliminazione. C’è un gruppo che può crescere, fare un Europeo dà esperienza, a livello internazionale hai bisogno di giocare queste partite per maturare e io sono fiducioso per il futuro di questa squadra. Bisogna proseguire sulla traccia che abbiamo lasciato e sono convinto che la Federazione farà tutte le scelte migliori per continuare il lavoro che abbiamo iniziato, sia pure a fatica. Sono fiducioso”.

LA GENTE – “La più grande vittoria per me è aver lavorato con questo gruppo di ragazzi. Con loro e con lo staff, dai magazzinieri ai cuochi. Ho avuto l’onore di lavorare con queste persone che mi hanno dato tutto. Quando dai tutto, nessuno ti può rimproverare nulla e questi ragazzi hanno dato tutto ciò che avevano. È giusto che la gente apprezzi questo. Quando vedi che c’è lavoro, sacrificio, passione, entusiasmo. Quando ami quello che fai, ami il tuo paese, ami la maglia che
indossi, emergono valori forti”.

IL CHELSEA – “Adesso il mio futuro è il Chelsea. Inizierà fra pochi giorni la nuova stagione e quindi mi sarebbe piaciuto non avere assolutamente neanche un giorno di vacanza, significava andare avanti all’Europeo prima di intraprendere questa grandissima avventura. Adesso mi prenderò sette giorni, avrò bisogno di scaricare la delusione per questa eliminazione e poi iniziare l’avventura al Chelsea. Una sfida importante, difficile. Però a me piacciono questo tipo di sfide”.

vivicentro.it/sport/cronaca-sportiva repubblica / Conte, addio al veleno: “Non avevo nessuno al mio fianco” FRANCESCO SAVERIO INTORCIA

Is colpisce a Baghdad: “Almeno 83 morti”

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Baghdad: centosessanta i feriti. Nella notte italiana, esplosioni a Karrada e ad est della città. Lo Stato islamico rivendica l’attacco

L’IS ha attaccato Baghdad, in due aree commerciali affollate della, uccidendo almeno 83 persone e ferendone 160, secondo le autorità locali. Il primo attacco con un’autobomba esplosa nel quartiere di Karrada, nel centro città. Poco dopo, un ordigno esplosivo improvvisato a Baghdad est, ha fatto altre vittime e feriti.

Lo Stato islamico ha rivendicato l’attacco nel distretto di Karrada in un comunicato distribuito su Telegram e Twitter, secondo SITE, che monitora l’attività online jihadista. Nel  comunicato si dice che l’attentato era mirato sugli sciiti.

Gli attacchi arrivano  poco più di una settimana dopo che le forze irachene hanno dichiarato la città di Fallujah “completamente liberata” dall’Is. Nel corso dell’ultimo anno, le forze irachene hanno collezionato conquiste territoriali contro i mliziani islamisti, riprendendo la città di Ramadi e le città di Hit e Rutba, nella vasta provincia irachena di Anbar.

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Ischia, i tifosi chiedono chiarezza sul futuro della società

tifosi ischia appello

Sono giorni caldi in casa Ischia,ogni giorno che passa si intensificano le trattative per il futuro della squadra isolana. Se dalla terraferma continuano le trattative per gettare le basi per una nuova società, l’isola è in fermento alla ricerca dei nuovi imprenditori del posto pronti ad entrare in società. Come vi abbiamo raccontato da diversi giorni,sembra esserci qualche spiraglio. I tifosi ancora una volta hanno fatto sapere che daranno il loro contributo sia per la logistica sia a livello economico,a patto che l’attuale società faccia chiarezza sul possibile futuro del team gialloblu. Non a caso uno dei tifosi storici, e promotore delle iniziative per la squadra isolana: Aldo Marena attraverso un messaggio di facebook chiede chiarezza alle varie parti. ” Volevo fare chiarezza su quello che da giorni oramai sta diventando altro argomento inutile di polemica.a ISCHIA siamo sempre bravi a dividerci in piccole futili cose e siamo sempre pronti a sparlarci dietro..l’anno scorso assieme a un gruppo ristretto di amici di questi tempi mi adoperavo per raccogliere fondi economici per sostenere le spese di logistica pur di far rimanere la nostra squadra sul territorio.come noi tutti sappiamo c’e’ stata una frangia di tifosi che subito si e’ autotassata e un altra frangia che ha fatto finta che il fatto non era suo(ERA UN PROPRIO DIRITTO NON PARTECIPARE CHE SIA CHIARO). La storia di tutto cio’ sappiamo come e’ andata a finire,chi ha avuto ragione e chi ha avuto torto lascia il tempo che trova.l’unica cosa che conta e’ che siamo RETROCESSI e quasi FALLITI.ora da giorni ci sono un gruppo di amici(non tutti) che si sta adoperando per farsi trovare pronti per salvare il malato.tornando un attimino indietro l’anno scorso quando chiedevamo soldi abbiamo firmato dapprima una lettera(5 nomi e cognomi con tanto di firma) e poi abbiamo detto a tutti che stavamo aiutando a RAPULLINO VIKY DI BELLO E SOPRATTUTTO L’ISCHIA.vi ripeto come e’ andata a finire lasciamo stare.,ora si sta facendo la stessa cosa(molto simile visto che si tratta di raccolta fondi)pero’ non si dice per chi?non lo trovo giusto che solo pochi intimi devono saperlo,perchè l’anno scorso tutto quello che si faceva il buon Leonardo Sasso a qualsiasi ora del giorno lo riportava sotto forma di comunicato tenendo tutti aggiornati.l’anno scorso sono state fatte riunioni con i vari Carlino e Rapullino in sede private prima che l’annata iniziasse..non abbiamo chiamato nessuno.ma almeno abbiamo detto con chi abbiamo parlato e soprattutto gli argomenti trattati..non ci vogliamo sedere al tavolo ma almeno abbiamo il diritto di sapere tutto cio’ per chi si sta facendo. Nella serata di domani intanto è stata organizzata una riunione presso il Polifunzionale di Ischia, proprio per fare chiarezza sul futuro dell’Ischia Calcio. 

ESCLUSIVA – Koulibaly lascia casa: c’è una doppia ipotesi, a voi la scelta…

I dettagli in esclusiva su Vivicentro.it

Prima le parole di Bruno Satin, suo agente, poi le sue che hanno creato scalpore con la possibilità di lasciare Napoli, infine arriva la risposta di Aurelio De Laurentiis e il rischio di vedere un altro patrimonio andare in fumo. Kalidou Koulibaly e il Napoli, cosa sta accadendo? La voglia di rinnovare c’è tutta, è palese, guadagnare di più sembra essere una possibilità concreta ovunque, ma anche a Napoli lo è con il rinnovo proposto al calciatore. C’è una novità, però: infatti, secondo indiscrezioni raccolte dalla redazione di Vivicentro.it, il calciatore ha lasciato la casa nella quale viveva fino alla passata stagione e nella quale era in affitto. La domanda è d’obbligo, a voi la risposta: cambia casa o è il preludio all’addio? Seguiranno aggiornamenti…

a cura di Ciro Novellino

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Raduno a Castel Volturno, Sarri arriva martedì sera

I dettagli

Si riparte, il ritiro è nell’aria, sabato mattina partenza per Verona, poi da lì si arriverà nella cittadina di Dimaro-Folgarida. Il Corriere dello Sport riferisce che mercoledì mattina nel centro sportivo di Castel Volturno inizierà il raduno con i primi testi fisici ed atletici, ma a partire dalla giornata di domani arriveranno il vice di Maurizio Sarri, Francesco Calzona nonchè il team manager della SSC Napoli Paolo De Matteis, con il tecnico che arriverà martedì sera.

Euro 2016 Quarti di Finale: è il turno di Francia vs Islanda

Francia vs Islanda – Nella Francia, viste le squalifiche di Rami e Kantè, al loro posto dovrebbero giocare Umtiti e Coman. Islanda con l’abituale undici

Dopo aver battuto l’Irlanda grazie alla doppietta di Griezmann, tra la Francia e la semifinale di Euro 2016 c’è la sorprendente Islanda di Lagerback.

Deschamps dovrà fare a meno degli squalificati Rami e Kantè. Il modulo, in ogni caso, sarà sempre il 4-2-3-1. Davanti a Lloris ci saranno ancora una volta Sagna ed Evra sulle fasce, con Koscielny che stavolta verrà affiancato da Umtiti, preferito a Mangala.

A centrocampo, a fare coppia con Matuidi sarà Pogba leggermente arretrato, mentre sulla trequarti giostrerà dal 1′ Coman, affiancato da Griezmann e Payet a supporto della punta centrale Giroud.

Classico 4-4-2 invece per i nordici, con Sighthorsson che farà coppia con Bodvarsson, in ballottaggio con Finnbogason. Confermato tutto il resto: a centrocampo sugi esterni Gudmundsson e Bjarnason, con G.Sigurdsson e Gunnarson al centro.

In difesa, davanti ad Haldorsson, Skulason e Saervarsson sulle fasce, R.Sigurdsson e Arnason come muro centrale.

Francia-Islanda: formazioni e arbitro.

FRANCIA (4-3-3): Lloris; Sagna, Koscielny, Umtiti, Evra; Pogba, Cabaye, Matuidi; Griezmann, Giroud, Payet.

Allenatore: Deschamps.

  • In panchina: Mandanda, Costil, Jallet, Mangala, Digne, Umtiti, Cabaye, Schneiderlin, Sissoko, Gignac, Martial, Coman.
  • Diffidati: Giroud, Koscielny. Squalificati: Kanté, Rami.

ISLANDA (4-4-2): Halldórsson; Sævarsson, Árnason, R. Sigurdsson, Skúlason; Gudmundsson, Gunnarsson, G. Sigurdsson, B. Bjarnason; Bödvarsson, Sigthórsson.

Allenatore: Lagerback

  • In panchina: Kristinsson, Jonsson, E. Bjarnason, Hermannsson, Ingason, Magnusson, Hauksson, Halfredsson, Sigurjonsson, Traustason, Gudjohnsen.
  • Squalificati: nessuno.
  • Diffidati: Kári Árnason, Birkir Bjarnason, Johann Gudmundsson, Aron Gunnarsson, Hannes Halldorsson, Birkir Sævarsson, Kolbeinn Sigthorsson, Gylfi Sigurdsson, Ari Skúlason.

Arbitro: Björn Kuipers (Olanda).

  • Guardalinee: Sander van Roekel e Erwin Zeinstra (Olanda).
  • Quarto arbitro: Milorad Mažić (Serbia).
  • Arbitri di porta: Pol van Boekel e Richard Liesveld (Olanda).

Dove si vede la partita:

Francia-Islanda, ultimo quarto di Euro 2016, sarà trasmessa in chiaro dalla Rai suRaiuno, Rai HD e Rai 4 (dove c’è il commento della Gialappa’s Band, che si può sentire anche su Radio 2).

Francia-Islanda si potrà vedere anche su Sky, canali201 (Sky Sport 1 HD), 251 (Sky Calcio 1 HD), 106(Sky Sport Mix HD) e 209 (canale in super HD dedicato a Euro 2016 e riservato a chi è abbonato Sky da più di 3 anni).

 vivicentro.it/sport/cronaca-sportiva  blitzquotidiano / Euro 2016 Quarti di Finale: è il turno di Francia vs Islanda

Questa la richiesta d’ingaggio di Witsel al Napoli

I dettagli

La Gazzetta dello Sport scrive su Axel Witsel: “Ha un cartellino più accessibile (va via dallo Zenit per 15 milioni di euro) ma il suo stipendio in Russia ha una tassazione inferiore rispetto a quella italiana e al netto il suo stipendio è di circa 3,2 milioni. Logicamente, per lasciare il suo attuale club vorrebbe guadagnare di più ed ha chiesto al Napoli, come all’Everton, 4 milioni. Gli azzurri si sono spinti fino a 2,5. La distanza quindi è ancora tanta”.

Herrera-Napoli, si arriva all’ultimatum: dentro o fuori, ma presto

I dettagli riportati dal Corriere dello Sport

Hector Herrera ha detto si al Napoli, ma il Porto è irremovibile dalla sua richiesta di oltre venti milioni di euro e a queste cifre gli azzurri non intenderebbero arrivare. Siamo agli ultimatum, ma anche probabilmente ai titoli di coda: il Napoli ha chiesto allo staff lusitano di far conoscere le proprie intenzioni. Oltre i venti è già un sacrificio e ventitré sembrano un’enormità.

Vice Reina, uno tra Rafael, Andujar e Sepe può restare!

I dettagli

Il vice di Pepe Reina al Napoli è diventato un tormentone estivo: Rafael Cabral, Mariano Andujar, Luigi Sepe: uno potrebbe restare azzurro anche nella prossima stagione. Nonostante questo, però, si può tornare sul mercato con il nome in voga resta quello dell’atalantino Marco Sportiello, mentre per la terza scelta rimane ancora in piedi l’ipotesi legata a Nando Coppola, che servirebbe per la quota-vivaio.

Giuntoli ha trovato il vice Callejon: questo il suo nome…

I dettagli sul vice Callejon

Milot Rashica, 20enne albanese, è un’ala destra che potrebbe essere l’alternativa a José Callejon. Il Corriere dello Sport riferisce: “Ha saputo di Napoli dai racconti di Hysaj e dalla proposta arrivata qualche mese fa al suo club. E’ rimasto congelato, ma continua a rappresentare l’erede di Callejon, lui più di ogni altro: perché ha caratteristiche e anche movenze che ricordano lo spagnolo”. Le relazioni degli scout sono convincenti così come le sue prestazioni.

Zielinski-Napoli, trattativa riaperta!

I dettagli

Come riferisce la Gazzetta dello Sport, il Napoli si sarebbe riavvicinato a Zielinski: “L’accordo raggiunto con l’Udinese: 12 milioni più il cartellino di Zuniga (che verrebbe girato al Watford) oppure 14 milioni cash, è stato raggiunto da tempo. Zielinski però aveva una parola con il Liverpool che voleva rispettare dato che Klopp gli aveva fatto pervenire chiari segnali di interesse. Così, Zielinski ha aspettato di finire l’Europeo aspettando che i Reds si mettessero d’accordo con i friulani. Non è stato così e ieri si è riaperta in maniera importante l’ipotesi Napoli. Contatto tra l’agente del calciatore ed il suo assistito, contatti tra il diesse Giuntoli e l’agente di Zielinski: Napoli disposto ad alzare la proposta di ingaggio che non soddisfaceva il polacco, parti decisamente più vicine rispetto a qualche giorno fa”.

Estremismo e terrorismo, le radici dell’odio

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Soltanto una minoranza di musulmani aderisce al terrorismo, ma in nome della fede si stringono alleanze e patti operativi

QUESTA volta è toccato a noi, ai nostri connazionali trucidati a Dacca Ma ormai è evidente che l’attacco del terrorismo islamista non risparmia nessuno. Non si tratta, dovrebbe essere ormai chiaro, di un problema medio-orientale, e non basta, per spiegarlo, chiamare in causa le disgraziate avventure militari americane in quella regione, l’irrisolta questione palestinese o la contrapposizione settaria fra sunniti e sciiti.

Tutti aspetti che contribuiscono alla radicalizzazione jihadista a livello mondiale, ma che certo risultano insufficienti per capire quello che è accaduto in Bangladesh. A rendere difficile la nostra risposta (che deve essere nello stesso tempo militare, di intelligence, politica e culturale: smettiamola di pensare che una sola dimensione possa funzionare) è proprio questa complessità del fenomeno, questo confluire di spinte contrastanti, squilibri, frustrazioni, contese geopolitiche.

Speriamo a questo punto di non sentir dire ancora una volta che “la religione non c’entra” e che “i terroristi non sono veri musulmani”, perché, anche se è vero che solo una ridotta minoranza di musulmani aderisce al terrorismo islamista, è la religione a fornire ideologia unificante e linguaggi, oltre che a configurare una micidiale rete entro la quale prendono corpo alleanze e sinergie sul piano operativo. E poi, come si fa a dire che la religione non c’entra quando i macellai di Dacca hanno selezionato le vittime da uccidere con i machete chiedendo agli ostaggi di recitare il Corano?

I terroristi di Parigi e Bruxelles hanno usato esplosivi e kalashnikov: quelli di Dacca avevano armi non troppo sofisticate e soprattutto machete – quei machete usati in Bangladesh, ormai da molti mesi, in uno stillicidio di uccisioni ispirate da un estremismo religioso diretto contro atei, gay e seguaci di religioni diverse dall’Islam. Un terrorismo “artigianale”, ma non per questo meno atroce, nei cui confronti il governo della Primo Ministro Sheikh Hasina aveva dato prova di pavida ambiguità, arrivando persino a far intendere che le vittime se l’erano cercata, dato che “avevano offeso la religione”. Ecco cosa accade quando vengono meno i capisaldi dello stato di diritto e di una laicità che deve difendere i credenti di tutte le religioni e i non credenti: “stato laico più libertà religiosa”, come ha detto recentemente Papa Francesco, segnando un punto di arrivo del lungo e difficile processo della Chiesa cattolica nei confronti della libertà di coscienza. Un processo che nell’Islam è solo agli inizi, e che anzi risulta attualmente minacciato dalla recrudescenza di tendenze estremiste che sono sempre esistite storicamente, ma che oggi trovano spazio negli sconquassi di una globalizzazione che promette più che mantenere e che soprattutto ha aumentato le disuguaglianze, nella caduta di un sistema bipolare che non è stato sostituito e nella sinistra influenza saudita a base di una potente combinazione di ideologia wahabita e di tanti soldi.

L’islam del Bangladesh era un tempo moderato. Prima del 1947, data della traumatica indipendenza di India e Pakistan, si trattava di un islam plasmato dalla convivenza con l’induismo e con le altre religioni del subcontinente indiano. La tragedia della partition aveva radicalizzato e introdotto violenza e odio. Ma non basta, dato che il Bangladesh è il prodotto di un’altra sanguinosa partition , quella del 1971, il distacco dal Pakistan dopo una feroce guerra il cui trauma non è ancora superato. Se qualcuno dovesse pensare che per vivere in pace bisogna separare e costruire entità etnico-religiose omogenee, il caso del Bangladesh dovrebbe farlo ricredere.

La storia è importante, ma non spiega tutto. Ovunque ci sono spinte radicali, ovunque esistono nuclei violenti e intolleranti potenzialmente capaci di entrare in azione. Ma se oggi il potenziale di violenza si traduce su scala mondiale in uno stillicidio di episodi uno più atroce dell’altro è perché, pur nella varietà di motivazioni e composizione sociale di questi gruppi (gli ex piccoli criminali di Parigi e Bruxelles non hanno niente a che vedere con il sottoproletariato del Bangladesh) esiste un potente e unificante elemento ideologico. E quale ideologia è più forte di quella religiosa? Non esiste un comando centrale, un Grande Vecchio islamista da cui provengono ordini e strumenti operativi. Ma non è neanche vero che siano in campo solo “lupi solitari” e nuclei autonomi. Lo Stato Islamico, che in questo caso ha rivendicato la paternità dell’operazione, c’entra, ma con una varietà di modalità che lo rendono particolarmente pericoloso – più pericoloso della stessa Al Qaeda, che continua ad operare, ma ormai come socio minore dello schieramento jihadista – e difficile da contrastare.

L’attentato dell’aeroporto di Istanbul è stato opera di foreign fighters almeno in un caso provenienti dalla “capitale” dello Stato Islamico, Raqqa. Un’operazione diretta, anche se non rivendicata probabilmente per aggiungere un elemento di confusione in un paese alle prese con la questione curda. A Orlando, in Florida, l’afgano-americano Mateen ha citato lo Stato Islamico come ispirazione della sua strage alla discoteca gay, ma anche – con una contraddizione che rivela un’ignoranza sconcertante per un sedicente militante islamista – Hezbollah. Un “lupo solitario”, certamente, ma capace comunque di mettere in atto un’azione che oggettivamente s’inserisce in un disegno destabilizzatore a livello globale.

La strage di Dacca si situa a metà strada tra questi due estremi. È opera di fanatici che non fanno parte di una rete operativa transnazionale, ma che trovano nello Stato Islamico un riferimento cui corrisponde un coinvolgimento della “casa madre” di Raqqa a livello di comunicazione. Fa pensare il fatto che immagini trasmesse dagli assassini dall’interno del ristorante siano state inviate alla efficiente rete di comunicazione dello Stato Islamico che le ha ritrasmesse, appropriandosi a posteriori di un’operazione che certo non aveva bisogno di una direzione esterna.

Emerge qui un’altra delle ragioni che rendono particolarmente difficile lottare contro il jihadismo globale: l’esistenza di internet e dei social media. Risulta oggi patetico l’entusiasmo di chi riteneva che le prospettive schiuse dalle straordinarie ed accelerate trasformazioni nel campo delle comunicazioni sarebbero state unicamente positive. In particolare si è sottolineato che il fatto che i governi perdessero il monopolio dell’informazione avrebbe avuto un effetto positivo sul grado di libertà degli individui e dei gruppi. Vero, ma si era dimenticato il rovescio della medaglia, ovvero il fatto che chiunque – compresi i terroristi e i criminali comuni – hanno acquistato un potentissimo strumento per portare avanti le proprie finalità. Viene in mente l’entusiasmo che, al momento della diffusione della radio come strumento di comunicazione di massa, portò molti commentatori a dire che la democrazia ne avrebbe approfittato, rafforzandosi, per diffondere informazione e partecipazione. Dimenticavano che anche Adolf Hitler la poteva usare, e sappiamo oggi che uno dei più atroci genocidi del XX secolo, quello avvenuto in Ruanda nel 1994, si può far risalire all’uso della radio da parte dei génocidaires hutu per suscitare paura e odio nei confronti dei tutsi.

Oggi dittatori e terroristi sono diventati provetti comunicatori digitali. Da tutte le indagini sul terrorismo islamista dei nostri giorni risulta che nella maggioranza dei casi è proprio attraverso la rete che avviene la captazione dei nuovi adepti e il loro indottrinamento. C’entrano ovviamente le moschee radicali – come nel caso specifico del Bangladesh, dove la penetrazione wahabita è stata negli ultimi anni particolarmente capillare, ben dotata com’è di fondi sauditi – ma oggi il messaggio islamista radicale si diffonde sempre più grazie al crescente uso di computer e cellulari anche nelle parti meno sviluppate del mondo.

Prepariamoci. Purtroppo siamo solo agli inizi di un’offensiva globale alla cui base vi è una spinta ideologica (una “teologia politica” in cui la politica è il fine e la teologia il mezzo) culturalmente arretrata ma che sa utilizzare tutti gli strumenti del mondo globalizzato in un disegno di illimitata violenza. Un’offensiva condotta contro di noi, ma soprattutto tesa ad affermarsi all’interno di una galassia musulmana storicamente plurale e variegata (fra sunnismo e sciismo, sufismo mistico e tentativi di dialogo con la modernità), ma che oggi subisce l’offensiva di un’ideologia che, all’insegna dell’utopia reazionaria del califfato, punta a terrorizzare ma soprattutto a costruire egemonia.

vivicentro/cronaca  repubblica / Estremismo e terrorismo, le radici dell’odio ROBERTO TOSCANO

L’esercito invisibile che solca il mondo

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ESISTE un esercito di italiani invisibili, che solca il mondo per lavorare, fare affari o volontariato o, semplicemente, per provare a reinventarsi una vita dove si spera ci sia spazio. Si parla pochissimo di loro, sono ai margini dei circuiti turistici, può capitare di incontrarli negli aeroporti o in fila in qualche consolato, ma li scopriamo solo quando succede qualcosa di tragico. E le tragedie, che portano il marchio del terrorismo islamico, con il loro moltiplicarsi stanno cambiando le nostre vite (ci siamo abituati a vedere i soldati nelle piazze e nelle stazioni) e fanno emergere quelle dei nostri connazionali che diventano vittime.

Sono gli italiani che riempiono il mondo per comprare tessuti, costruire dighe, riparare impianti petroliferi, curare bambini, cucinare, navigare, insegnare tecniche di irrigazione. Sono italiani che fanno fatica, che soffrono la lontananza, lo spaesamento e la difficoltà di mantenere rapporti resi impossibili dalle distanze e dai fusi orari. Ieri sera nelle nostre case sono entrati i volti di nove di loro. Arrivano quasi sempre dalla provincia italiana, quella che per decenni ha mandato nei continenti più lontani uno stuolo di suore, medici e missionari. Lavoravano tutti in aziende tessili, chi come imprenditore, chi come manager, chi come rappresentante.

Bangladesh, le vittime dell’attentato dei terroristi a Dacca

Simona Monti aveva 33 anni e si era laureata in lingue e civiltà orientali, veniva da Magliano Sabina e lavorava in un’azienda di Dacca da meno di un anno. Prima era stata in Francia, in Cina e in Perù. Aspettava un bambino. La sua breve vita somiglia a quella di tantissimi giovani figli del nostro Paese, costretti a esplorare il pianeta per trovare occasioni di lavoro.

Marco Tondat era friulano di Spilimbergo (Pordenone), domani sarebbe tornato a casa dalla sua bimba di 6 anni per portarla in vacanza. Aveva 39 anni e anche nel suo caso si era trasferito solo un anno fa, perché in patria ormai non c’erano prospettive. Friulano pure Cristian Rossi, 47 anni, che dopo anni da dipendente quando l’azienda è finita in fallimento si era messo in proprio. Alle porte di Udine dove era nato, erano rimaste le sue gemelline di 3 anni.

Claudia Maria D’Antona era torinese e la morte l’aveva vista da vicino quando aveva 23 anni: il 13 febbraio 1983 come volontaria della Croce Verde si trovò di fronte alle 64 vittime dell’incendio del Cinema Statuto. Insieme al marito, che si è salvato, era stata in India e da vent’anni gestivano un’attività in Bangladesh. Si erano sposati solo due anni fa e finanziavano un’associazione che porta chirurghi plastici a Dacca per curare le donne sfregiate con l’acido.

Adele Puglisi, catanese di 54 anni, doveva tornare in Sicilia ieri sera. Aveva lavorato in tutta l’Asia e aveva fiducia negli uomini e nella convivenza: dopo la strage del Bataclan aveva scritto sul suo profilo Facebook che il titolo di Libero (“Bastardi islamici”) era vergognoso.

Nadia Benedetti, manager di 52 anni, era nata a Viterbo e giovedì sera era stata lei ad organizzare la cena al Holey Artisan Bakery, prenotando un tavolo per sei. Il capannone dove il padre aveva avviato la sua impresa, alla periferia nord della città dei papi, è vuoto da anni. Quella che un tempo è stata una piccola zona industriale, oggi è un simbolo della crisi, con i cancelli delle aziende chiusi e gli stabilimenti ormai fatiscenti. Così Nadia era andata a continuare la tradizione di famiglia in un altro continente.

Claudio Cappelli lascia in Brianza la moglie e una bambina di 6 anni. Anche lui piccolo imprenditore tessile, era sposato con la figlia del patron della Beretta Salumi, un marchio storico di quel territorio. Dalla Lombardia veniva pure Maria Riboli, 34 anni, bergamasca di Alzano Lombardo, che è partita per una trasferta a Dacca salutando la sua bimba di soli 3 anni. Vincenzo D’Allestro, 46 anni, invece era un cittadino del mondo: nato in Svizzera, figlio di immigrati del casertano, era tornato ad Aversa e aveva aperto un’azienda di tessuti.

Le loro storie ci ricordano quelle dei due tecnici dell’azienda Bonatti rapiti e uccisi in Libia tre mesi fa. O quella di Cesare Tavella, il cooperante assassinato nello scorso settembre mentre faceva jogging, sempre a Dacca, sempre dall’Is. Terrorismo islamico che lega insieme i destini di chi all’estero invece c’era andato per studiare, come Valeria Solesin ammazzata al Bataclan, o per conoscere, come i turisti del Museo del Bardo a Tunisi – Giuseppina Biella, Francesco Caldara, Orazio Conte, Antonella Sesino – abbattuti dalle raffiche di kalashnikov. O come Giulio Regeni, ricercatore in quell’Egitto che amava, stritolato nei meccanismi perversi della guerra al jihadismo.

Un mondo silenzioso e instancabile, una rete di persone di cui di solito non ci occupiamo, che merita rispetto e ammirazione. Quelli che si alzano all’alba, quelli che solcano i continenti e che fino ad oggi non si sono mai fatti fermare. Speriamo vadano avanti e abbiano fortuna. E noi dobbiamo cominciare a raccontare la loro eccezionale normalità. Come diceva Attilio Giordano, il direttore del Venerdì , di cui ieri pomeriggio si è tenuto il funerale: “Le notizie non sono le cose che succedono. Sono tutte le cose che succedono e che la gente non sa”.

L’esercito invisibile che solca il mondo MARIO CALABRESI