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Castellammare di Stabia
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Zuniga lascia Napoli per sempre: va al Watford

Lo riferisce Il Mattino

La telenovela Zuniga-Napoli è finita visto che il colombiano ieri ha fatto il visto per l’Inghilterra ed è pronto a raggiungere il Watford di Walter Mazzarri nel ritiro in Austria. Arriverà in prestito con la speranza di rilanciarsi: è stato definito il trasferimento con la formula del prestito, ma siccome il colombiano aveva un contratto in scadenza nel 2017 con gli azzurri dalle parti di Castel Volturno non tornerà più. Questa volta non è un arrivederci, ma un addio.

Morire nell’arena a 29 anni incornato da un toro (VIDEO)

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Victor Barrio, torero spagnolo di 29 anni, è morto ieri dopo essere stato ripetutamente incornato da un toro durante una corrida in un’arena di Teruel, in Aragona. Lo riportano i media spagnoli.

Víctor Barrio era di Segovia. Il toro che lo ha ucciso è un animale di 4 anni, 529 chili, di nome Lorenzo. Le cornate hanno raggiunto il torero ai polmoni ed ha avuto anche la recisione dell’aorta toracica per cui a niente sono serviti i soccorsi immediati dei medici, come riporta l’agenzia Efe.

Victor Barri è il primo caso di morte in corrida negli ultimi 31 anni.
Le corride in città sono state sospese insieme a tutte le iniziative collegate, in segno di lutto.

Il premier Mariano Rajoy ha espresso le sue consiglianze alla famiglia del torero. “Riposi in pace”, ha scritto sul suo profilo Twitter. Nel 1985 morì un torero prodigio di 21 anni, Jose’ Cubero “El Yiyo”, per una incornata al cuore. Intanto a Pamplona 4 persone sono rimaste ferite nel quarto encierro di San Firmino, la tradizionale corsa dei tori per le strade della città della Navarra.

vivicentro.it/cronaca /  redazione / agenzie (ansa/agi) / Morire nell’arena a 29 anni incornato da un toro (VIDEO)

Venerdì sera si è riacceso il colpo Witsel

I dettagli riporttati da La Repubblica

Il sipario sembrava già essere stato calato qualche giorno fa: troppi i 4 milioni di euro offerti dall’Everton per poter competere. Ma la situazione è cambiata venerdì sera. L’affare con il club di Liverpool non si è concretizzato e allora il Napoli ha deciso di fare un altro tentativo. L’offerta è articolata: 23 milioni allo Zenit San Pietroburgo e un ingaggio a Witsel tra parte fissa e bonus che si aggira sui 3,2 milioni. Il 26enne di Liegi rinuncerebbe ad un milione ma lo recupererà con la buonuscita che riceverà dai russi. Si sta risolvendo anche la questione dei diritti d’immagine. Witsel, in vacanza in Sardegna con la famiglia, deciderà nel giro di 48 ore. Il Napoli spera di spuntarla.

Canovi annuncia: “Vendendo Pogba e Bonucci, la Juve può prendere Higuain”

Le sue parole

Dario Canovi, agente di calciatori, ha dichiarato a Tuttosport: “Si parla di almeno 180 milioni per Pogba e Bonucci, a certe cifre è giusto vendere. Sono sicuro che con un budget del genere due dirigenti capaci come Marotta e Paratici saprebbero costruire una Juve in grado di vincere la Champions” .

In che modo? 
“Prendo dei giocatori di cui si parla solo per fare un esempio e giocare un po’. Se dovesse partire Bonucci a 60 e arrivare Benatia a 20, se dovesse partire Pogba e arrivare magari André Gomes anche a 60, rimarrebbero in cassa circa 100 milioni per rafforzare una squadra che personalmente non vedrei indebolita. Altri 100 milioni con cui la Juve, se solo volesse, già il giorno dopo potrebbe andare a prendere persino Higuain dal Napoli. E poi ancora le varie cessioni secondarie porterebbero ad un ulteriore tesoretto, senza dimenticare il budget già di base importante a disposizione della società bianconera. Secondo me i veri incedibili della Juve sono i grandi vecchi, come Buffon, Barzagli ed Evra” .
 
Ha nominato Higuain, potrebbe essere lui l’uomo giusto per l’attacco della Juve? 
“Higuain sarà il protagonista dell’estate. Non credo che possa restare in Italia, ma penso che andrà via dal Napoli. Il fratello ha rilasciato delle dichiarazioni ingiuste, però esplicite. In ogni caso prevedo un mercato scoppiettante per quel che riguarda le punte, anche la Juve farà un grande colpo. Bisognerà solo aspettare che qualcuno compia la prima mossa, poi scatterà l’effetto domino” .

Candreva lascia la Lazio, ma chiede 3 mln a stagione

I dettagli

Come riferisce Il Corriere dello Sport, la Lazio è pronta a cedere Antonio Candreva anche per mettere al sicuro una cifra importante. Il Nazionale azzurro, però, pretende di incassare 3 milioni di euro netti, ma il Napoli non è dello stesso avviso. Lazio e Napoli hanno già trovato l’accordo, si attende per eventuali aggiornamenti.

Non solo Witsel, arriverà anche una mezzala

I dettagli

La Repubblica scrive: “De Laurentiis, del resto, ha le idee abbastanza chiare e vuole regalare un top player al suo allenatore. Herrera è sempre stato il primo obiettivo, ma la virata evidentemente nasconde qualche difficoltà per il portoghese. Witsel è un centrale che può fare anche il trequartista, l’altro innesto sarà una mezz’ala duttile. Sarri avrebbe voluto Zielinski, ma i tentennamenti del polacco hanno aperto tanti fronti, tra cui Pereyra. Candreva, invece, è più un esterno destro offensivo. Il 29enne romano è un’altra soluzione ancora in piedi, ma non c’è ancora il via libera del giocatore. Ecco perché i nomi sono molti. La strategia è: tanti fronti in attesa di definire i colpi giusti. La prossima settimana sarà decisiva per regalare all’allenatore i rinforzi necessari”.

Caos negli USA: nuova notte di proteste e scontri

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Proteste e scontri, cinque agenti feriti nel Minnesota. Tensione anche in Louisiana e altri Stati Arrestato leader Black Lives Matter a Baton Rouge

Nuova notte di proteste negli Stati Uniti, dove le tensioni razziali restano altissime dopo l’uccisione di tre afroamericani da parte della polizia. Gran parte delle iniziative era sostenuta dal movimento ‘Black lives matter’, le vite dei neri contano. Tra le citta’ interessate Detroit, San Francisco, dove decine di persone hanno bloccato la rampa del Bay Bridge, e Denver, dove gli attivisti hanno programmato un sit-in di 135 ore, un’ora per ogni afroamericano ucciso dalla polizia quest’anno. L’ultimo caso a Houston, poi strage di agenti a Dallas.

Proprio a Dallas, scossa dall’uccisione di cinque poliziotti da parte di un un ex riservista afroamericano, il Dipartimento di polizia ha rafforzato le misure di sicurezza dopo l’avvistamento di un uomo con un maschera nera vicino al quartier generale. L’area è stata circondata dalle unità speciali ma dell’uomo non si sono trovate tracce. Sempre in Texas, a San Antonio, ignoti hanno sparato contro la sede del Dipartimento di polizia: fori di proiettili sono stati trovati su un muro della struttura e alcuni bossoli sono stati rinvenuti in una strada adiacente.

Le autorità della Lousiana, da parte loro, hanno annunciato di avere arrestato a Baton Rouge, la capitale dello Stato, uno dei più famosi attivisti neri dell’organizzazione Black Lives Matter, DeRay McKesson. Non si conoscono le ragioni esatte dell’arresto, verificatosi lungo un’autostrada locale, la Airline Highway, come ha costatato un giornalista dell’Associated Press.

A St. Paul, nel Minnesota. almeno cinque agenti sono rimasti feriti in scontri avvenuti con alcuni dimostranti. Le forze dell’ordine erano intervenute per far sgomberare l’accesso all’autostrada Interstate 94 bloccata dai manifestanti che protestavano contro la recente uccisione di due afroamericani nel Minnesota e in Louisiana. Gli agenti hanno usato lacrimogeni contro il corteo di almeno 200 persone che si è rifiutato di lasciare la zona. In un tweet, la polizia di St. Paul fa sapere che sono stati effettuati anche una serie di arresti, ma non ha precisato il numero mentre cinque agenti sono rimasti feriti dopo essere stati colpiti da pietre, bottiglie e petardi lanciati dai manifestanti.

Un altro nero ucciso dalla polizia a Houston

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Euro 2016 FINALE Portogallo vs Francia: spigolature e anticipazioni

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Ci siamo, è il momento di Euro 2016 Finale Portogallo vs Francia. In questo match i transalpini vanno alla ricerca del 3° titolo continentale, mentre i lusitani puntano a vincere il loro primo trofeo nelle competizioni europee riservate alle nazionali maggiori.

QUESTE alcune dichiarazioni della vigilia:

Cristiano Ronaldo, capitano del Portogallo, parlando dell’incontro di questa sera, attraverso il sito ufficiale  https://www.uefa.com, ha affermato:

Avranno l’intero paese dalla loro, ma è una finale e tutto può succedere. Giocheremo al massimo e lotteremo fino alla fine. Dall’inizio del torneo nessuno ci ha battuto e spero che neanche la Francia ci riesca“.

Sul fronte opposto, sempre attraverso il sito Uefa.com, Didier Deschamps, allenatore dei Bleus, ha dichiarato:

Il Portogallo è una squadra piena di qualità, che non è qui per caso. Come noi sono stati criticati all’inizio del torneo e, come noi, adesso sono in finale. Sono una squadra esperta che sanno adattarsi ai propri avversari, con un triangolo difensivo molto solito e con delle ripartenze fulminanti”.

Al di là delle dichiarazioni, resta il fatto che, alla finale, sono giunte due formazioni che forse non ci si aspettava potessero arrivare dove sono ora tanto che anche la stampa francese ne parla dell’incontro come se fosse un sogno, anzi “un’estasi” come, ad esempio, titola L’Equipe su una foto dei giocatori francesi che esultano dopo la semifinale vittoriosa contro la Germania. ” e commenta:

Al termine di una partita indimenticabile i Bleus hanno finalmente travolto la Germania in un torneo importante, una prima dal 1958. Avanti con il Portogallo, domenica a Saint-Denis”.

Ed ancora:

“Mais quel pied!” è l’esclamazione su tutta la prima pagina di Le Parisien, gioco di parole fra l’esaltazione di un piede e l’espressione che in francese significa “ma è straordinario!”. Le prime otto pagine del quotidiano parigino sono dedicate alla vittoriosa semifinale. “Griezmann stende la Germania”, è la prima di Liberation, “Griezmann manda la Francia in finale” è il titolo di Le Figaro.

QUESTE LE PREMESSE.

In attesa del match tra Francia e Portogallo, non ci resta che fornirvi le probabili formazioni decise da Fernando Santos e Didier Deschamps per la finale in programma questa sera, domenica 10 luglio, alle ore 21:00 a Saint-Denis. (le formazioni definitive saranno rese note solo verso le ore 20:30)

Portogallo (4-1-3-2): Rui Patricio; Cedric, Pepe, Fonte, R. Guerreiro; W.Carvalho; Sanches, Silva, Joao Mario; Nani, Ronaldo. All.: Fernando Santos.

Squalificati e infortunati: nessuno.

Francia (4-2-3-1): Lloris; Sagna, Koscielny, Umtiti, Evra; Pogba, Matuidi; Sissoko, Griezmann, Payet; Giroud. All.: Deschamps

Squalificati e infortunati: nessuno.

CINQUINA ARBITRALE

Mark Clattenburg, 41 anni, inghilterra (ha diretto anche la finale di Champions League tra Real e Atletico)

  • Assistenti: Simon Beck e Jake Collin
  • Addizionali di porta: Anthony Taylor e Andre Marriner.

SPIGOLATURE:

  • Questa sarà la quarta sfida tra Francia e Portogallo in un torneo maggiore – Blues sempre vittoriosi nei precedenti tre (EURO 1984, EURO 2000 e Mondiali 2006).
  • In generale, la Francia si è imposta nelle ultime 10 sfide contro il Portogallo – la striscia aperta più lunga per i transalpini è di 13 vittorie di fila contro il Lussemburgo.
  • L’ultimo successo del Portogallo contro la Francia risale all’aprile 1975 (2-0 in amichevole), e l’ultimo gol resta invece quello di Ricardo Quaresma in una sfida dell’ottobre 2014.
  • Questa sarà la seconda finale in un torneo maggiore per il Portogallo, dopo quella persa in casa ad Euro 2004 contro la Grecia (1-0).
  • Quella portoghese è la Nazionale che ha giocato più partite nella storia degli Europei, tra quelle che non hanno mai vinto il titolo (34).

La partita, che andrà in scena allo Stade de France di Saint Denis (Parigi) alle 21, verrà trasmessa in diretta da Rai 1 e Rai HD, la partita sarà seguita anche da Rai 4. Per quanto riguarda Sky, gli abbonati alla pay tv di Murdoch, avranno la possibilità di seguire la finale tra Francia e Portogallo su numerosi canali: Sky Sport 1, Sky Calcio 1, Sky Sport Mix, Sky Supercalcio, tutti disponibili anche in HD e in streaming su SkyGo.

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Higuain ritarda il suo arrivo a Dimaro: ecco quando raggiungerà il Trentino

Save the date

Slitta l’arrivo di Gonzalo Higuain a Dimaro. Secondo quanto riporta l’edizione napoletana di Repubblica, infatti, il pipita raggiungerà la Val Di Sole solamente il 25 luglio. Non più tra il 18 e il 20 come si pensava. L’attaccante si sta godendo il meritato riposo, dopo una stagione pazzesca che l’ha consacrato come il miglior marcatore della storia della serie A. Delusione da smaltire, invece, quella per la Copa America; il secondo posto proprio non va giù.

Repubblica: “Witsel e una mezzala. ADL vuole un top player”

Il punto di Repubblica

La Repubblica, edizione napoletana, scrive in merito al mercato e alle strategie azzurre: “De Laurentiis del resto ha le idee abbastanza chiare e vuole regalare a Sarri un top player. Herrera è sempre stato il primo obiettivo, ma la virata evidentemente nasconde qualche difficoltà per il portoghese. Witsel è un centrale che può fare anche il trequartista, l’altro innesto sarà una mezz’ala duttile. Sarri avrebbe voluto Zielinski, ma i tentennamenti del polacco hanno aperto tanti fronti, tra cui Pereyra. Candreva invece è più un esterno destro offensivo. Il 29enne romano è un’altra soluzione ancora in piedi, ma non c’è ancora il via libera del giocatore. Ecco perchè i nomi sono tanti. La strategia è: tanti fronti in attesa di definire i colpi giusti. La prossima settimana sarà decisiva per regalare all’allenatore i rinforzi necessari.”

Da domani al via la compagna abbonamenti 2016/2017

Campagna abbonamenti

In data lunedì 11 luglio, il Napoli presenterà ai tifosi, attraverso una conferenza stampa indetta a Dimaro, la nuova campagna abbonamenti, per la stagione 2016/2017. A dare l’annuncio, il responsabile della comunicazione della SSC Napoli, Alessandro Formisano. Tante le novità per i supportes azzurri secondo la società partenopea.

UFFICIALE- Sarà Sky a trasmettere le amichevoli estive del Napoli

L’ufficialità

Sarà Sky a trasmettere in pay-per-view le amichevoli estive del Napoli. A dare l’annuncio, la stessa emittente satellitare: “Il grande calcio d’estate continua ad agosto con le amichevoli del Napoli, visibili solo in pay-per-view, e quelle del Bologna, il 2 e il 4 agosto contro Colonia e Schalke 04”.

ItalBasket: sfuma il sogno olimpico e si conferma nei suoi errori

ItalBasket: gli azzurri al termine della sfida con la Croazia (lapresse)

Italia Basket, stelle sbiadite e futuro incerto: l’1 contro 5 porta l’Italia al tracollo e la condanna a rinunciare alle Olimpiadi confermando una lunga serie di occasioni mancate.

Ancora una volta gli azzurri si sono sciolti davanti alla partita decisiva. Nella partita più importante, con Gallinari e Datome costretti in panchina per colpa dei falli, gli azzurri si ritrovano a commettere gli errori del passato. A uscirne peggio Bargnani e Gentile, ma gli errori sono di tutti e così vanno in fumo 12 anni di attesa dall’ultima Olimpiade, quella dell’argento di Atene.

Sapevamo che sarebbe stata una partita di grande sofferenza, così è stato e la vendetta che i croati meditavano da martedì – “gara 1” giocata nel girone e vinta dall’Italia – si è consumata dopo un supplementare per cuori forti (84-78). E alla fine a Rio ci va meritatamente la Croazia, trascinata da quel fenomeno chiamato Bojan Bogdanovic.

Non si torna all’anno zero, ha osservato qualcuno, una base c’è, d’età media ancora ripresentabile, ma l’ostinazione a replicare copioni risaputi rende meno ottimisti. Le colpe, come i meriti, vanno suddivise (l’occhio critico della stampa è puntato principalmente su Bargnani e Gentile) e anche Messina ha la sua parte di responsabilità.

E’ stato certamente difficile creare un nuovo sistema di gioco e cambiare la mentalità difensiva della squadra in così poco tempo, ma la scusante (che lo stesso coach ha voluto non prendere come alibi) della stanchezza non regge – anche i giocatori delle altre squadra hanno giocato stagioni lunghe e massacranti.

A Messina va dato atto di aver puntato, a ragion veduta, sulla difesa e di aver stimolato la dedizione di tutti, che si sono applicati senza risparmiarsi. Altrettanto però va detto dell’attacco, che in tutte le partite disputate in questo mese non ha mai dato l’idea di poter avere una continuità e, se con Messico, Tunisia e squadra di non alto livello le cose potevano venire facili, all’ostacolo più duro (la Croazia in entrambe le partite), i movimenti di palla si sono ridotti notevolmente, gli assist sono diventati assoli e le collaborazioni sono diventati isolamenti.

Problema di uomini? Di guida tecnica? Probabilmente una semplice mancanza di abitudine a vincere, che porta questa generazione di potenziali campioni a doversi sempre scontrare con la dura realtà di un basket che possono governare singolarmente nei rispettivi club (perché inseriti in contesti già vincenti), ma che una volta unita insieme non riesce a produrre risultati e successi.

Come si dice: ”del doman non v’è certezza”, e nell’italBasket, del doman sembra non essercene proprio nessuna, dell’oggi quella di rimanere intruppati fra i tanti, e fra i meno bravi, come ormai va da dodici anni, l’ultimo argento di Atene 2004, ad accarezzare solo grandezze presunte.

vivicentro.it/sport/basket –  (web/repubblica/eurosoprt – foto lapresse)  ItalBasket: sfuma il sogno olimpico e si conferma nei suoi errori

Witsel-Pereyra, Dimaro aspetta: in ritiro dopo le visite mediche e l’ufficialità

Witsel-Pereyra, le ultime

Witsel-Pereyra, il Napoli pronto a piazzare il doppio colpo. I due calciatori-secondo quanto riporta il Corriere dello Sport- potrebbe arrivare a Dimaro in tempi brevissimi. Da individuare il giorno delle visite mediche e dell’ufficialità, dopodiché entrambi partiranno per il Trentino.

Reina via da Napoli? La rivelazione di Tuttosport

Il caso

Clamoroso TuttoSport: Pepe Reina potrebbe lasciare Napoli. Secondo quanto riporta il quotidiano, infatti, il Barcellona se dovesse vendere uno tra  Bravo e ter Stegen al Manchester City, punterebbe tutto sul numero uno azzurro. Appare, ad ogni modo, molto improbabile vedere Reina accasarsi ad un altro club, in quanto parte integrate di un progetto e di una città, Napoli, che lo ama senza riserve.

Everton, offerta pazzesca per Koulibaly: i dettagli

Le ultime

L’Everton bussa alla porta del Napoli per Kalidou Koulibaly. Il club inglese avrebbe proposto agli azzurri una cifra indecente di circa 45 milioni di euro. Secondo quanto riporta TuttoSport, oltre al Chelsea quindi, ci sarebbe sul franco-senegalese anche un altro pericolo della Premier League.

Witsel, ci siamo: volano grandi cifre! De Laurentiis stufo di Herrera

Le cifre

E’ il giorno di Witsel: a breve potrebbe esserci la fumata bianca. Secondo quanto riporta la Gazzetta dello Sport, il Napoli avrebbe trovato l’intesa con lo Zenit, proponendo alla società russa 23 milioni di euro più bonus. Accordo raggiunto anche con il belga: il ragazzo firmerà un quadriennale da 3,2 milioni di euro. Superato, per altro, anche l’ostacolo diritti d’immagine. Pare tramontare così la pista Herrera, con De Laurentiis ormai stufo del gioco al rialzo adottato dal Porto.

La riflessione di Scalfari sullo scontro in atto tra ”Libertà e dittatura”

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Credo che il fattore determinante sia il predominio dell’interesse particolare di ogni individuo, di ogni lobby, di ogni civiltà

È accaduto di tutto in questi giorni, ma è ormai sempre più frequente che il mio articolo domenicale cominci in questo modo: sono mesi e forse anni che il mondo ci appare in continua evoluzione. Migliore o peggiore? La risposta dipende dagli interessi particolari di chi risponde. Quindi diciamo che il mondo cambia. In meglio per alcuni, in peggio per altri.

L’elenco di oggi comincia con l’eccidio di Dallas e la ripresa della guerra civile americana tra bianchi e neri. Dallas è una città simbolo di quella guerra, con essa infuria in un’infinità di altri luoghi: spesso è una competizione, altre volte è uno scontro sociale e politico e altre volte ancora la parola passa ai fucili mitragliatori e alle pistole.

Poi c’è il terrorismo del Califfato: sono appena arrivate in Italia le bare delle vittime uccise in Bangladesh, ma non sono le sole perché il terrore del fondamentalismo islamico infuria in tutti i continenti.

Quindi c’è Brexit, l’uscita dell’Inghilterra dall’Unione europea e le conseguenze che quell’uscita comporta. Ne abbiamo ampiamente parlato la scorsa settimana, ma le conseguenze continuano a manifestarsi soprattutto in Inghilterra e nella casa europea: una casa assasi variegata, che reagisce in modi molto diversi, da nazione a nazione.

Infine c’è l’Italia, dove le conseguenze del quadro generale sono state avvertite e determinano un mutamento della pubblica opinione che fino a qualche mese fa nessuno immaginava.

L’insieme di questi fatti avviene in una società globale, anch’essa fonte di mutamenti e contrasti (che il mio amico Carlo De Benedetti ha magistralmente descritto in un’intervista di ieri al Corriere della Sera).

Come si può sintetizzare uno scenario così molteplice che incide inevitabilmente sulla vita di ciascuno di noi? Credo che il fattore determinante sia il predominio dell’interesse particolare di ogni individuo, di ogni famiglia, di ogni categoria sociale e professionale, di ogni lobby, di ogni civiltà. L’interesse particolare mette in contrasto la libertà e il potere. Credo che la migliore definizione di questo quadro globale l’abbia data Paul Valéry in un saggio sulla dittatura e qui voglio citarne poche ma fondamentali righe che a mio avviso spiegano quanto è avvenuto nei secoli e avviene tuttora con la massima intensità.

“Deve essere un godimento straordinario unire la potenza con il pensiero, far eseguire da un popolo ciò che si è concepito in solitudine; e a volte modificare da soli e per un lungo periodo il carattere di una nazione.

Il dittatore è l’unico titolare della pienezza dell’azione. Egli assorbe nel proprio tutti i valori, riduce tutte le visioni alle sue. Rende gli altri individui strumenti del suo pensiero, che vuole sia ritenuto il più giusto e il più perspicace, dal momento che si è dimostrato il più audace e il più fortunato nell’ora del turbamento e dello smarrimento pubblico. Egli ha travolto il regime impotente o corrotto, ha cacciato gli uomini indegni o incapaci e con loro le leggi o i costumi che producevano l’incoerenza. Fra le cose dissolte, la libertà. Molti si rassegnano facilmente a questa perdita. Bisogna ammettere che la libertà, tra le prove che si possono proporre ad un popolo, è la più difficile. Saper esser liberi non è dato in egual modo a tutti gli uomini e a tutte le nazioni. Nel nostro tempo la libertà non è e non può essere, per la maggior parte degli individui, altro che apparenza. La dittatura non fa che portare a compimento il sistema di pressioni e di legami di cui i moderni, nei Paesi politicamente più liberi, sono le vittime più o meno consapevoli”.

La citazione è lunga e me ne scuso, ma non poteva descrivere meglio e in modo estremamente aggiornato quanto sta avvenendo sotto i nostri occhi in Europa, in America, nel mondo intero e, soprattutto per noi in Italia. Valéry scrisse queste pagine qualche tempo prima della morte, avvenuta nel 1945. Ebbene, sembrano scritte ieri, su di noi e per noi.

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Matteo Renzi (è di lui che ora dobbiamo parlare) è raffigurato alla perfezione da Paul Valéry e naturalmente non è il solo nell’Europa e negli Usa di oggi. Mi viene in mente Angela Merkel, il suo ministro delle Finanze Wolfgang Schäuble, Iglesias in Spagna, ma anche Cameron in Gran Bretagna e via numerando. Ma Renzi, così mi pare, ha più tocco degli altri, si adatta meglio alla parte che tutti i giorni deve recitare, nel Consiglio dell’Unione, nei tête-à-tête con le autorità di Bruxelles e con i primi ministri dell’Ue e dell’Eurozona, con Mattarella, con Napolitano. Col suo partito meno, soprattutto con i suoi dissidenti: sono loro costretti a misurarsi con lui e non lui con loro.

Renzi comunque ha dunque spartiti da recitare: in Europa e in Italia. Quello europeo, a mio parere, lo recita abbastanza bene. Vuole rafforzare l’Europa dei 27 e soprattutto l’Eurozona dei 19. Vuole diventare, anzi è già diventato, il terzo componente del direttorio che di fatto determina la linea dell’Ue. Un tempo erano due: La Germania e la Francia. Adesso sono tre e il terzo è lui; a guardar bene, in ordine di importanza, è addirittura il secondo.

So bene che la bandiera di Altiero Spinelli nel suo obiettivo finale degli Stati Uniti d’Europa lui non lo vedrà e forse non lo vedrà nessuno, ma qualcosa di mezzo tra federazione e confederazione questo sì, è un obiettivo raggiungibile e sta diventando il suo obiettivo: una politica economica comune, di tipo keynesiano; un’intesa con Draghi sul ministro delle Finanze unico dell’Eurozona e su una politica di investimenti italiani ed europei; una politica bancaria che garantisca i risparmiatori, italiani ed europei; un rafforzamento europeo della Nato e un eventuale contingente militare europeo; una polizia federale europea; un’eventuale Europa a due velocità economiche.

Non è una politica facile. Comporta anche una crescente partecipazione alla guerra contro l’Is e il Migration Compact con tutto ciò che ne deriva sia sul piano militare sia su quello economico.

Bisogna aggiungere a questo quadro un elemento in più: oltre che triumviro europeo, Renzi ha anche in mente un altro obiettivo: promuovere un fronte europeo del Sud, che faccia da contrappeso alle alleanze della Germania con i Paesi del Nord e del centro. Il Sud va dalla Grecia alla Francia, Spagna, Portogallo, Malta, che hanno interessi e obiettivi per molti aspetti comuni.

E questo è il Renzi positivo, almeno potenzialmente. Il problema è diverso per lo scenario italiano, che non è secondario perché le radici di Renzi sono il suo potere in Italia ed è quella la base sulla quale poggia il suo ruolo in Europa.

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Nel 2013 e l’anno successivo fu accolto come il grande rottamatore. Come tale piacque molto agli italiani e qui il ritratto di Valéry calza a pennello. Le prime leggi piacquero anch’esse, promettevano molto, in certi casi distribuirono sollievo sociale, sia pure limitato. Affrontò anche la questione dei diritti, culminata con la legge recentissima sulle unioni civili. Il guaio di questi interventi fu però che alle leggi seguirono stentatamente o non seguirono affatto i regolamenti procedurali e qui la delusione cominciò a farsi strada. Soprattutto sul piano della disoccupazione giovanile, dell’andamento del reddito nell’ambito degli investimenti e dei consumi.

In particolare i giovani hanno sofferto, i padri hanno sofferto, i pensionati, il Mezzogiorno, gli Enti locali. Rispetto all’andamento di altri Paesi dell’Unione e in particolare dell’Eurozona, i tassi del reddito sono rimasti dietro a tutti, la pressione fiscale è aumentata, il debito pubblico anche, nonostante una flessibilità concessa dall’Europa in misura abbastanza ragguardevole.

Questi vari elementi di sofferenza hanno gradualmente modificato l’opinione pubblica. L’astensione dal voto è aumentata; il Movimento 5Stelle ha messo radici locali oltreché nazionali e s’è visto nelle recenti elezioni amministrative.

Questi mutamenti dell’opinione pubblica rendono molto più pericoloso di prima sia il referendum costituzionale sia, anzi soprattutto, la legge elettorale ormai valida e pronta ad entrare in funzione se necessario.

La legge costituzionale sottoposta a referendum contiene molti punti discutibili, ma complessivamente sarebbe accettabile, sia pure con qualche ritocco che può essere effettuato subito dopo l’approvazione referendaria. Di fatto abolisce il Senato e instaura un sistema monocamerale come da tempo esiste nei principali Paesi europei. Quindi non è qui lo scandalo, ma lo è il suo collegamento con la legge elettorale, effettuata in modo tale da essere di fatto una legge di “nominati” o in parte eletti con le preferenze, anch’esse in gran parte nelle mani del potere esecutivo. Il quale, per conseguenza, se vincerà le elezioni raggiungendo il 40 per cento dei voti espressi, avrà di fatto un potere assoluto, salvo l’autonomia della magistratura, i poteri della Corte Costituzionale e le prerogative del capo dello Stato.

Aggiungiamo a questa situazione il fatto che, ove mai il Pd non raggiungesse il 40 per cento, un altro partito potrebbe vincere al suo posto e sarebbe con tutta probabilità il Movimento 5Stelle. E se nessuno arrivasse a quella soglia che attribuisce il premio, il confronto avverrebbe al ballottaggio tra i primi due; ma poiché siamo in un regime politico non bipolare (una destra e una sinistra) ma tripolare, il ballottaggio sarebbe vinto da chi riesce a convogliare su di sé i voti del terzo. È facile immaginare che quel terzo non favorirebbe il Pd ma assai più probabilmente i 5Stelle.

***

Questa è la situazione, la quale sta delineando una prevalenza dei “no” sui “sì” nel voto referendario.

Per evitare questa situazione Renzi dovrebbe prolungare la data del referendum e mettere subito mano alla legge elettorale. Abbiamo già scritto più volte su queste pagine come dovrebbe essere cambiata; su questo punto ne ha scritto ieri anche Michele Ainis.

Vedremo nei prossimi giorni che cosa accadrà. Se tutto resterà com’è oggi, la sconfitta dei “sì” referendari è molto probabile.

Chi la fa l’aspetti, dice il proverbio. In questo caso sarebbe chi non la fa si aspetti il peggio.

vivivcentro.it/editoriale /  repubblica / Libertà e dittatura si combattono oggi nel mondo EUGENIO SCALFARI

I costi della Brexit: giù le stime del Pil gli investimenti e il mattone

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I fondi immobiliari bloccano i soldi dei clienti. I foschi presagi che prendono forma nelle istituzioni finanziarie della City dopo il referendum che ha portato il Regno Unito fuori dall’Ue

Negli uffici studi delle istituzioni finanziarie nella City si stanno disegnando gli scenari economici del dopo Brexit. E il quadro complessivo che ne esce è di concreta preoccupazione. Se prima del 23 giugno, si poteva sospettare che la lobby del Miglio Quadrato facesse da sponda alla «campagna di terrore» con cui David Cameron stava tentando di vincere il referendum, oggi quei dubbi sul martellamento di minacce gridate ai quattro venti sono superati. La realtà suggerisce che il divorzio di Londra regala instabilità, incertezza e la prospettiva di una robusta frenata. È vero che il primo ministro ora dimissionario e con lui tutte le grandi banche nelle ultime settimane hanno messo in campo armi di dissuasione di massa, la dissuasione dalla Brexit, dai contenuti esageratamente allarmistici. Ed è vero che quel tipo di campagna non è servita perché certe visioni apocalittiche hanno infastidito e spinto alla reazione opposta. Ma, ora che il voto è alle spalle, i conti bisogna farli sul serio e non sui numeri di fantasia o sulle proiezioni virtuali. La Brexit c’è e costringe a riprogrammare i piani della politica e dell’economia, a osservare e studiare le ricadute che già ha e che potrà avere sulla vita quotidiana. Chi ci perde? Due analisti dell’ufficio studi della Barclays, Michael Gavin e Ajay Rajadhyaksha, certificano che la contrazione degli investimenti è cominciata e che alla fine del 2016 sarà pari all’ 1,6%. Ancora maggiore nel 2017 con un meno 2,6. Questo si tradurrà in un raffreddamento del Pil che per l’anno prossimo era stimato in un più 1,9. Si fermerà invece a un modesto 0,4. Pesante lo scivolamento sulla forza lavoro: il tasso di disoccupazione che si sarebbe dovuto attestare sul 5% sarà più alto di oltre un punto, al 6,1. Ma, attenzione, rimarcano: «Data la dimensione della potenziali difficoltà di business, non è difficile immaginare un quadro ancora più negativo».

La Banca d’Inghilterra

Il catastrofismo non aiuta. E non siamo neppure di fronte a circostanze che lo giustifichino. Il governatore della Banca d’Inghilterra ha usato un’immagine suggestiva ed esemplificativa: «Non è che in una notte, la notte del 23 giugno, la nostra economia-Rolls Royce si è trasformata in una economia-Trabant (la berlina della Germania comunista dell’Est ndr)». Mark Carney, che molto si era speso contro la Brexit, ha il compito anche di fare il pompiere e di evitare che si crei il panico. Ciò non toglie che sia suo dovere accendere la spia della luce rossa quando si manifestano i sintomi della malattia. Già nei primi mesi dell’anno la banca centrale aveva tagliato dello 0,7% le stime di crescita. La Brexit ha complicato la situazione. «Non sappiamo con esattezza quanto sarà profonda la flessione ma nessuno può sottostimare l’impatto che il voto ha e avrà». L’instabilità politica e il vuoto di leadership generano preoccupazione, inducono gli investitori a cambiare rotta e addensano nubi sulla ruota del credito all’impresa e alle famiglie. Sfidando la platea dei suoi interlocutori, la scorsa settimana Carney ha chiesto: «Qualcuno in questa stanza è in grado di affermare che i rischi da noi illustrati prima della Brexit non abbiano già cominciato a manifestarsi?». Si è dato una risposta: «Io vedo che il rallentamento materiale della crescita è partito». Spia rossa. È sempre difficile passare da allarmi generici ad allarmi più concreti ma le parole del governatore hanno, ovviamente, più di un fondamento. A parte il crollo della sterlina, ampiamente previsto, sono altri i sintomi che il virus Brexit ha evidenziato. Sette fondi immobiliari inglesi, in pochi giorni dal 4 luglio, hanno dovuto sospendere i rimborsi delle quote. Sono colossi che hanno capitalizzato nel mattone commerciale e residenziale: Aviva, Standard Life, M&G, Henderson Global Investor, Columbia Threadneedle, Canada Life e Aberdeen Asset Management. Gli investitori e i risparmiatori, spaventati dal circo della politica, hanno sollecitato la liquidazione dei loro capitali. I volumi sono stati così ampi che i fondi hanno chiuso le casse: 13 miliardi di sterline restano dove sono, misura precauzionale. Ma il settore immobiliare è sotto stress.

Il mercato della casa in fibrillazione

Da tempo il mercato della casa è in fibrillazione. La domanda è cresciuta fino al 2015 sia perché arrivavano arabi, russi, cinesi, indiani, europei pronti a comperare (quasi il 50% degli investimenti immobiliari nel Regno Unito è di origine internazionale), sia perché la facilità di mutuo incentivava le famiglie a indebitarsi (la Banca d’Inghilterra calcola che il debito privato complessivo sia vicino al 140% del Pil). Con la Brexit la bolla viene a galla. I capitali stranieri sono in pausa meditazione o in ritirata. Ancora una volta è l’ansia del vuoto politico e istituzionale che pesa e induce alla riflessione. All’indomani del voto sono andati in fumo accordi per compravendite pari a 650 milioni di sterline. Di punto in bianco è stata cancellata l’intesa da 465 milioni che prevedeva l’acquisizione di un palazzo per uffici nel cuore della City da parte del fondo tedesco Union Investment (a vendere era il gruppo americano Hines). Il mattone è l’anello debole della catena. Se si congelano i flussi di capitali stranieri e i prezzi calano, se il valore delle case acquisite dalle famiglie col mutuo va in caduta, allora cosa può accadere? Sembra di tornare al 2008, al quadro pre-crisi globale. Stavolta, per fortuna, le difese immunitarie esistono. La Banca d’Inghilterra si sussurra abbia in mente un ulteriore ritocco al ribasso dei tassi per creare una cinghia di sicurezza sui mutui che se dovessero diventare insostenibili per le famiglie farebbero saltare la baracca.

La sfiducia dei consumatori

La principale preoccupazione del governatore Carney, in questo momento, è assicurare che l’offerta di moneta non si blocchi in modo che il salvagente per l’economia reale sia pronto ed efficace. Un conto è che si mettano in posizione di attesa i grandi investitori e un conto che sia la gente comune a schiacciare il freno per le preoccupazioni sul futuro da decifrare (quale governo? quale divorzio dall’Ue?) e a causa di un eventuale blackout finanziario. Nell’immediato post Brexit, le immagini che ritraggono la vita quotidiana non sono rassicuranti. L’indice di GfK, società che misura la fiducia dei consumatori, è crollato di 8 punti nella settimana dal 30 giugno al 5 luglio. Il livello più basso dal ‘94. I cittadini con reddito medio (da 25 a 50 mila sterline annue) manifestano timori di impennata nei prezzi e hanno avviato la revisione di spesa al ribasso. A conferma il Financial Times, che ha costruito il «barometro Brexit», segnala alcune ricadute nel commercio al dettaglio (con la contrazione dell’1% circa nelle vendita ai grandi magazzini John Lewis), negli annunci di lavoro online (nella settimana dopo il 23 giugno erano 800 mila, la metà rispetto allo stesso periodo del 2015), nelle vendite di abbigliamento sportivo, con una perdita di quasi 6 punti. Nel Regno Unito una delle parole più gettonate nelle ricerche su Google è stata «recessione». Solo una coincidenza? Eccoli i piccoli e grandi segnali «di rallentamento della crescita» che sottolineava la Banca d’Inghilterra. Il sistema britannico ha la forza per reggere all’urto. Ma la luce rossa è accesa. La Brexit è un «mostro» da domare con cautela. A Londra anche i più accaniti antieuropeisti non sorridono più.

Piangere in pubblico (Roberta Scorranese)

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Una volta qui era tutta una valle di lacrime. Piangeva Ulisse, costretto a stare lontano dalla patria e piangeva Penelope, costretta a stare lontana da Ulisse; piangeva Patroclo e piangeva pure Achille, che prima aveva rimproverato l’amico perché singhiozzava «come una bambina»; piangeva persino il cavaliere Orlando, che si concesse anche un femmineo mancamento.

E oggi? Oggi qui è tutta una valle di lacrime. Piange Obama (durante il discorso sulle armi tenuto nel gennaio scorso alla Casa Bianca) e piangeva (sempre al momento giusto) Bill Clinton; piangono Barzagli e Buffon per l’eliminazione degli Azzurri all’Europeo 2016 (per non parlare del ct Antonio Conte) e piange la sconosciuta espulsa dall’Isola dei Famosi; piange la sindaca di Roma e, cosa interessante, secondo un sondaggio di «Opinium» diffuso dal Guardian , all’annuncio della vittoria del sì al referendum britannico che ha scelto l’uscita dall’Unione Europea, quasi la metà della fascia di giovani tra i 18 e i 24 anni ha pianto, a differenza degli adulti. Piangono tutti, o quasi.

Il singhiozzo inarrestabile dei calciatori dopo l’addio dell’Italia ai rigori contro la Germania ci ha ricordato che (almeno nel consumo di fazzoletti) una parvenza di parità tra i sessi il Novecento ce l’ha portata: il pianto in pubblico con tanto di nota isterica (tipico dell’eroina sventurata dell’Ottocento) appartiene sia agli uomini che alle donne. Anche se Nora Ephron, somma sacerdotessa dei cuori spaiati, ammoniva: «Gli uomini che piangono provano dei sentimenti, ma i soli sentimenti per i quali tendono a essere sensibili sono i propri». E poi: sebbene fatte delle stesse sostanze acquose e saline (pare strano ma la scienza del pianto resta un mistero: lo facciamo da tristi e da felici, forse è un primitivo codice di comunicazione non verbale, forse c’entra la quantità di testosterone, forse no), le lacrime di Ulisse e quelle di Buffon sono diverse.

Le prime sono state ben raccontate dallo scrittore Matteo Nucci nel libro Le lacrime degli eroi (Einaudi): nel mondo omerico, gli eroi non avevano vergogna nel piangere, perché era un modo per prendere coscienza della propria fragilità e ripartire da qui per compiere gesta epiche. Poi, però, Platone, nella Repubblica, mise un freno ai singhiozzi, asserendo che il vero patriota ha bisogno di coraggio e di ciglio asciutto. E «nel V secolo greco – scrive Nucci – ormai, chi piangeva non poteva essere considerato un uomo».

Ovviamente la «valle lacrimarum» riaffiorò con altri mezzi e tutta la mistica medievale ci racconta di gemiti di contrizione, sia maschili che femminili. «Prendiamo il pianto di Sant’Ignazio di Loyola — suggerisce l’antropologo Franco La Cecla —: è fatto di pentimento, afflizione per il peccato.

Una via alla redenzione. Diverso dal pianto puritano, di matrice anglosassone, che è invece sete di onestà, trasparenza», un fanatismo dell’autenticità. E così, nel ‘900, le lacrime private sono diventate in qualche modo teatro aperto, una sorta di marchio di integrità.

Ci si ricongiunge così al secolo scorso, dominato da mezzi di comunicazione sempre più raffinati e pervasivi. Nel 1991 il generale Norman Schwarzkopf, protagonista dell’operazione Desert Storm nella Guerra del Golfo, scoppiò a piangere in favore di telecamera. Subito i giornali presero a ipotizzare un suo imminente impegno politico, associando le lacrime a una volontà di apparire irreprensibile. E forse non è un caso che tre anni dopo, nel 1994, come ricorda Tom Lutz in Storia delle Lacrime (Feltrinelli), la rivista Time pubblicasse una foto dell’ex presidente George Bush, colto nel pianto mentre era nel suo studio. Erano anche gli anni in cui il critico americano Robert Hughes pubblicava il celebre saggio La cultura del piagnisteo (tradotto da Adelphi) in cui affermava, in sostanza, che siamo tutti figli di quel vittimismo (piagnone) di matrice puritana che finisce per premiare il politicamente corretto in nome di una eguaglianza utopistica nonché distorta.

Ma, ragiona l’antropologo, anche grazie alla televisione, il pianto ha potuto diventare una specie di confessione seguita da assoluzione collettiva. E forse c’è un legame sottile tra questa rigenerazione mediante le lacrime e quella che, in un bel libro tradotto da Einaudi dal titolo Il pudore , Monique Selz definisce la «dittatura della trasparenza», la frenesia del gioco allo scoperto, del mostrarsi per intero sacrificandosi sull’altare di una presunta limpidezza scambiata sovente per incorruttibilità.

«E di sicuro – afferma La Cecla – ancora oggi si tende a identificare uno che piange in pubblico come onesto e buono. Ma, sorpresa!, ecco che qui tornano le differenze tra uomini e donne: queste ultime sono più abituate a piangere, a loro è stato concesso nel corso dei secoli, dunque conoscono bene tutte le sfumature teatrali del singhiozzo. È proprio per questo che non si fidano della lacrima pubblica. Cosa alla quale, invece, gli uomini spesso finiscono per credere, perché meno attrezzati a comprenderne le dinamiche».

La conclusione? Noi donne non ci caschiamo. E così si spiegano sia la palpebra secca di politiche di primo piano come Hillary Clinton, sia l’aumento esponenziale di maschi gementi. Un’eccezione però si può fare: quelle di Buffon e di Conte con ogni probabilità sono state lacrime vere. A chiunque avesse lottato fino all’ultimo rigore sarebbe venuto da piangere nel vedere l’allegro sfottò di Pellé a Neuer, subito punito dal portiere tedesco.

vivicentro.it/cultura –  corrieredellasera / Piangere in pubblico (Roberta Scorranese)