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I bambini del martirio: plagiati e armati dal Califfato

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In Siria e Iraq migliaia di bambini vengono addestrati dal Califfato all’uso di armi e cinture esplosive.  Il presidente turco Erdogan accusa lo Stato Islamico per l’attentato del baby kamikaze, un ragazzo tra i 12 e i 14 anni, che ha fatto strage a un matrimonio curdo a Gaziantep.

Corano, pistola e cintura esplosiva: i leoncini del Califfo vanno al martirio GIORDANO STABILE*

In Siria e Iraq migliaia di bambini frequentano i corsi imposti dall’Isis. I pilastri dell’educazione sono Islam salafita e addestramento militare

Corano e cintura esplosiva. Nelle scuole del Califfato si prepara una generazione di terroristi e kamikaze, disposti a immolarsi già da bambini, persino a otto anni. È uno degli aspetti più inquietanti della costruzione dello Stato islamico in Siria e Iraq. Migliaia di piccoli frequentano i nuovi corsi imposti dall’Isis in tutto il territorio sotto il suo controllo. Che prevedono due pilastri: Islam nella versione salafita più estremista possibile, istruzione militare fin dalle prime classi.

Finita la scuola ci sono i campi di addestramento. I «leoncini» del Califfo Abu Bakr al-Baghdadi apprendono a usare pistole e kalashnikov a dieci, dodici anni, vestono piccole tute mimetiche e proclamano che il loro più grande desiderio della vita è diventare «shahid», «martiri». Il lavaggio del cervello sistematico ha dato i suoi frutti. A febbraio scorso erano già stati catalogati 89 attacchi lanciati da kamikaze minorenni. Ma in totale potrebbero essere centinaia. E poi ci sono i bambini boia. Pubblicizzati con il massimo entusiasmo in video di propaganda dell’orrore. Il più piccolo aveva quattro anni.

IL NIPOTINO DI MERAH

Le gesta dei bambini terroristi vengono mostrati dall’Isis come prova della compattezza dello Stato islamico. Solo nel 2015 sono stati individuati 150 video con minori protagonisti. Uno dei più scioccanti, messo online l’11 marzo, ha come protagonista Ryan, un francese dodicenne, figlio del foreign fighter Sabri Essid e nipotino acquisito del terrorista di Tolosa Mohammed Merah, autore di una strage in una scuola ebraica nel 2012. Ryan, in mimetica, spara alla testa di una presunta spia del Mossad, in realtà un palestinese di 19 anni, Mohammed Ismail, che aveva cercato di raggiungere i ribelli siriani ed era stato sequestrato dall’Isis.

Ryan è stato poi riconosciuto dai suoi compagni di scuola di Tolosa. Gli inquirenti francesi hanno stabilito che era il figliastro di Sabri Essid, partito per la Siria nel 2014 con la moglie e 4 bambini. Padri e figli. Come tanti altri arrivati insieme nel Califfato, compreso l’australiano Khaled Sharrouf, che ha mostrato la prole alle prese con i suoi kalashnikov in una serie di selfie pubblicati sui social. Sharrouf, nato e cresciuto a Sidney, si era unito all’Isis nel 2013, portando con sé la moglie, Tara Nettleton, e i cinque figli.

Foreign fighters, consorti e figli compongono famigliole alla rovescia. Appaiono spesso sulla rivista mensile Dabiq e nei video, predicano e praticano la violenza all’unisono. In un altro filmato, del febbraio 2016, si vede Isa Dare, un bimbo di 4 anni, che fa esplodere un’auto con all’interno tre prigionieri. È il figlio dell’estremista Grazia Khadija Dare, del sobborgo di Lewisham a sud-est di Londra. Isa indossa una tuta militare e una fascia nera con il simbolo dell’Isis, urla Allah è il più grande e minaccia miscredenti e apostati.

Stesso copione per Abudullah, un kazako di 10 anni, protagonista di un altro video, del gennaio 2015, che mostra l’esecuzione di due presunte spie russe, probabilmente kazaki o caucasici. I due sono fatti inginocchiare e poi uccisi con una calibro nove dal bambino. Abdullah era già comparso in un video girato in un campo di addestramento e diffuso nel 2014, dove aveva rivelato il suo nome e detto di provenire dal Kazakhistan. Un esempio per le migliaia di «leoncini del Califfato» addestrati nei campi in Siria e Iraq.

I LEONCINI DEL CALIFFATO

Solo nel 2015 sono apparsi almeno una ventina di video con protagonisti i «leoncini». In genere l’ambiente è idilliaco, zone verdi vicino a Raqqa, lungo l’Eufrate, dove i piccoli studiano, pregano e sparano all’aperto, saltano ostacoli, recitano shure del Corano e imparano le arti marziali. E proclamano di sognare il martirio nella guerra contro gli infedeli.

Come in tutti i regimi dittatoriali l’ideologia estremista fa presa più facilmente sui bambini. E l’Isis sfrutta appieno la totale sottomissione della generazione più giovane. Emblematico è un video girato nella provincia di Aleppo nel febbraio 2016. Un ragazzino abbraccia i genitori. Poi indossa la cintura esplosiva. Si inginocchia verso il padre e gli bacia la mano prima di partire per la missione suicida. Il filmato faceva parte di una campagna di reclutamento.

La macchina dei kamikaze-bambini gira a pieno regine. In un rapporto pubblicato lo scorso febbraio, realizzato per conto dell’Accademia Militare di West Point, «The Islamic State is mobilizing children and youth at an increasing and unprecedented rate», erano confermati 89 attacchi suicidi compiuti da minori in Iraq e Siria dalla metà del 2014. Il 60% avevano fra i 12 e i 16 anni, la fascia di età del kamikaze di Gaziantep. Almeno undici erano tra gli 8 ed i 9 anni.

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 * INVIATO A BEIRUT

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Turchia, il baby kamikaze

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È stato un baby kamikaze, un ragazzo tra i 12 e i 14 anni, a fare strage a un matrimonio curdo a Gaziantep. Almeno cinquanta i morti, gran parte dei quali sono bambini. Il presidente turco Erdogan accusa lo Stato Islamico. In Siria e Iraq migliaia di bambini vengono addestrati dal Califfato all’uso di armi e cinture esplosive.

Turchia, strage alle nozze curde. Il kamikaze è un bambino MARTA OTTAVIANI
Cinquantun morti alla festa a Gaziantep, ventinove sono minorenni. Erdogan accusa lo Stato islamico. Tensione ai funerali delle vittime
ISTANBUL – Potrebbe essere stato un ragazzino fra 12 e 14 anni a compiere la carneficina di sabato sera a Gaziantep, costata la vita a 51 persone, fra cui almeno 29 sotto i 18 anni, con ogni probabilità bambini. Il più piccolo, aveva appena tre mesi di vita. Su 69 feriti ce ne sono 17 in condizioni critiche. La rivendicazione ufficiale non è ancora arrivata, ma il Presidente della Repubblica turca Erdogan è certo che dietro la strage ci sia lo Stato Islamico, equiparato nella sua efferatezza anche ai separatisti curdi del Pkk e a Feto, l’organizzazione terroristica che fa capo a Fethullah Gulen, l’ex imam in autoesilio negli Usa e passato da ex alleato a nemico numero uno del presidente.

La dinamica dell’attentato sembra ormai chiara. Il kamikaze si è fatto esplodere al culmine della festa di matrimonio intorno alle 23, le 22 italiane, di sabato sera. L’esplosione è stata molto violenta ed è stata avvertita da più punti della città. Come sempre non mancano le polemiche. L’Hdp, il partito curdo in Parlamento, in un duro comunicato stampa, ha sottolineato che sono i curdi le principali vittime degli attentati dell’Isis in Turchia e accusato il governo targato Akp, il partito islamico di Erdogan, di avere alimentato un clima di odio del quale sta facendo le spese la minoranza. Ieri si sono svolte le prime sepolture delle vittime e non sono mancati momenti di tensione: una delegazione proprio dell’Akp è stata accolta da centinaia di persone che urlavano «Erdogan katil», Erdogan assassino.

Ora la Mezzaluna deve affrontare l’ennesimo lutto collettivo e polemiche destinate ad andare avanti per giorni. Ieri pomeriggio, la deputata del Chp, il Partito repubblicano del Popolo, di orientamento laico, ha denunciato che almeno 3-4 quartieri di Gaziantep sono sotto il controllo dello Stato Islamico, con il governo che sa tutto e si gira dall’altra parte. Su Twitter, poi, è circolato un documento sequestrato a un sostenitore di Isis in Turchia, dove Yunus Durmaz, numero uno del Califfato nella Mezzaluna, parlava proprio di colpire il matrimoni curdo. Segno che, forse, la tragedia poteva essere evitata.

Ieri Ankara ha incassato la solidarietà internazionale. Papa Francesco, durante l’Angelus ha ricordato le vittime dell’attentato. Messaggi di vicinanza anche dal Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, del capo della diplomazia Europa, Federica Mogherini, oltre alla Casa Bianca e al Cremlino. Proprio la nuova intesa con Mosca da parte di Erdogan potrebbe essere uno dei motivi scatenanti della strage, oltre al ruolo determinante delle milizie curde nella riconquista della strategica città siriana di Mambij, che spiegherebbe l’accanimento contro la minoranza.

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L’ Italia che cambia

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Popolazione a picco e culle vuote: la fotografia dell’ Italia che cambia scattata dall’Eurostat è impietosa. Nel 2050, senza gli immigrati, saremmo solo 40 milioni. Il ministro Enrico Costa: i numeri sono destinati a peggiorare. Serve sostegno alle famiglie. Per far ripartire la natalità  «ci vogliono politiche strutturate, un intervento una tantum, anche se meritevole, non porta risultati nel medio-lungo termine»

2050, in Italia senza migranti saremo 10 milioni di meno ANTONIO PITONI

Impietose le proiezioni dell’Eurostat: popolazione a picco e culle vuote. Il ministro Costa: servono misure strutturali

ROMA – Popolazione a picco e crollo della natalità. La fotografia scattata dall’Eurostat è impietosa. Se escludessimo dalla contabilità demografica la variabile migratoria, nel 2050 gli italiani si ridurrebbero dai 60,6 milioni del 2015 ai 51,5 del 2050.

Per toccare il picco minimo a 39,4 milioni nel 2080. Effetto di un progressivo calo delle nascite che, dalle 519 mila dell’anno scorso scenderebbero a 375 mila nel 2050 prima del tonfo a quota 308 mila nel 2080. Uno scenario apocalittico che ha fatto scattare l’allarme al ministero per gli Affari regionali, dove la questione demografica è considerata prioritaria e sono allo studio possibili interventi. A cominciare da una serie di misure a sostegno delle famiglie e della natalità.

IL MINISTRO COSTA

Ma se nelle dinamiche demografiche si tenesse conto dei flussi migratori, le proiezioni dell’Ufficio statistico dell’Ue cambierebbero radicalmente. Aggiungendo, infatti, alla contabilità i numeri dei nuovi arrivi da Paesi extracomunitari, la popolazione sul territorio italiano salirebbe a 67 milioni nel 2050 per assestarsi a 65 milioni nel 2080. Con un significativo miglioramento anche del trend delle nascite: 572 mila nel 2050 e quasi 571 mila nel 2080. «In realtà, i dati Eurostat sono persino più ottimistici della situazione reale, tenuto conto che, rispetto alle proiezioni, nel 2015 la popolazione italiana si è assestata al di sotto dei 60 milioni e i nuovi nati sono stati circa 488 mila – sottolinea il ministro per gli Affari regionali con delega alla famiglia, Enrico Costa -.

Numeri destinati, negli anni, a peggiorare e che ci indicano la necessità di politiche strutturali, organiche e stabili a sostegno della natalità che non può essere una questione lasciata ai piani nazionali dei singoli Stati Ue ma va affrontata e coordinata a livello europeo». La dinamica demografica inquadrata dall’Eurostat per l’Italia, del resto, va di pari passo con quella comunitaria. A variabile migratoria zero, la popolazione dell’Unione europea è destinata a scendere dai 507 milioni del 2015 ai 466 del 2050. Fino a precipitare a 399 milioni nel 2080. E anche le nascite crollerebbero da 5,1 milioni dell’anno scorso, a 4,1 nel 2050 e a 3,6 nel 2080. Tutta un’altra musica, invece, tenendo conto dei flussi migratori: 525 milioni nel 2050 e 520 nel 2080 per la popolazione; 5 milioni di nuovi nati nel 2050 e 5,1 nel 2080, sostanzialmente stabili rispetto al 2015.

LE ECCEZIONI VIRTUOSE  

Non mancano, però, eccezioni virtuose tra i Paesi dell’Ue. A cominciare dalla Francia che, anche in caso di neutralizzazione della variabile migratoria, vedrebbe la sua popolazione aumentare dai 66 milioni dell’anno scorso ai 69 del 2050, assestandosi a quota 68 nel 2080. Stessa dinamica in Gran Bretagna: 64 milioni nel 2015, 67 nel 2050 e di nuovo 64 nel 2080. «Sono casi che devono far riflettere perché ci dicono che in questi Paesi le politiche adottate a sostegno della famiglia sono state improntate all’insegna della stabilità – prosegue Costa -. In Italia, al contrario, sono state adottate negli anni poche misure strutturali e caratterizzate da troppa incertezza: un intervento una tantum, anche se meritevole, non porta risultati nel medio-lungo termine». Nei dati Eurostat, spicca anche un ulteriore aspetto legato all’invecchiamento della popolazione. A migrazione zero, l’età media degli italiani salirà dai 44,8 anni del 2015 ai 52,8 del 2050 fino ai 53,2 del 2080. Mentre, tenendo conto dell’effetto dei flussi migratori, resterebbe stabilmente al di sotto dei 50 anni: 44,7 nel 2015, 47,8 nel 2050 e 48,9 del 2080.

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Gazzetta bacchetta Koulibaly: “Non ne azzecca una, magari la testa è da un’altra parte”

I dettagli

Non ha giocato benissimo il difensore senegalese del Napoli Kalidou Koulibaly e La Gazzetta dello Sport lo fa notare: “Il più colpevole di tutti è Koulibaly, che non ne azzecca una e sui gol ha sempre delle colpe. Eh no, Kalidou, non è elegante giocare così per uno che se ne vuole andare. Magari è solo una giornata storta, magari la testa è da un’altra parte. Chissà. Sarri riproverà a entrarci per capire bene”.

Higuain: “La Juventus non era una scelta facile, ma era quella giusta”

Le sue parole

Gonzalo Higuain, attaccante della Juventus ed ex Napoli, ha rilasciato alcune dichiarazioni a La Gazzetta dello Sport: “La storia della pancia in sovrappeso? La cosa migliore è che lo dicano prima di tutte le partite, così poi mi metto a fare gol tutte le volte. Delle critiche non mi interessa, non ho mai avuto dubbi sulle mie qualità. Qui alla Juve sono felicissimo: sono certo di avere fatto una scelta non facile ma allo stesso tempo quella giusta.

I nuovi tifosi? Quando sei lì che ti riscaldi e senti già i cori, quando avverti che la gente ti supporta così, beh, dentro di te hai ancor di più una voglia speciale. Il mio gol, come detto, è anche per loro. Sono in un club organizzatissimo, in una squadra fortissima e con una mentalità vincente”.

VIDEO ViViCentro – Pescara-Napoli, Verre: “Peccato, ma contro di noi giocavano gli azzurri”

Queste le parole del calciatore a Vivicentro

Il Pescara ferma il Napoli sul 2-2 nella prima giornata del nuovo campionato di serie A. Visto il silenzio stampa degli azzurri per questo match, vi proponiamo le dichiarazioni raccolte dai microfoni di Vivicentro.it di Valerio Verre, calciatore del Pescara.

dal nostro inviato a Pescara, Christian Barisani

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Reddito di cittadinanza per sopravvivere ai robot

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Il dibattito sul reddito di cittadinanza è globale. In Italia politici ed economisti sono divisi sull’entità dell’assegno minimo ai cittadini. C’è chi lo considera un aiuto per sopravvivere a Internet e robot, che potrebbero rottamare migliaia di posti di lavoro.

Il reddito di cittadinanza, un aiuto per sopravvivere a Internet e robot ANTONIO MARIA COSTA
La rivoluzione informatica potrebbe rottamare migliaia di posti di lavoro. Ecco come funziona l’assegno minimo nel mondo e quali sono i rischi
La Bibbia inizia con Dio indaffarato a creare il mondo. Il diritto/dovere al lavoro è sancito dall’Onu nella Dichiarazione universale dei Diritti. La Costituzione italiana fonda la Repubblica sul lavoro. Eppure, non tutti sono d’accordo che il lavoro nobilita. Da anni i dimostranti all’Euroday strillano: il lavoro è schiavitù. Da mesi gli scioperanti a Parigi sventolano striscioni: il lavoro è un crimine contro l’umanità.

IL DIBATTITO POLITICO

Conflitto generazionale, confronto tra conservatori e riformisti? O la fine dell’epoca che ha generalizzato l’opportunità di guadagnarsi la vita sudando, e l’inizio dell’età che generalizza il diritto a un reddito sfaticato? A parte millenari principi religiosi (carità) e umanitari (filantropia), il concetto del diritto al benessere senza controparte risale a qualche secolo addietro. Manifestato al tempo delle rivoluzioni francese (François Huet) e americana (Thomas Paine), è stato portato avanti da economisti (Stuart Mill, Maynard Keynes e Milton Friedman) e visionari (Martin Luther King). Tutti loro hanno auspicato misure per promuovere la giustizia sociale, ridurre il ruolo coercitivo dello Stato e restaurare la libertà individuale – finanche l’emancipazione dal lavoro.

Nasce così il concetto Rug, reddito universale garantito – l’auspicio che la società si organizzi in modo da permettere a ciascuno di re-orientare la vita a proprio piacimento. L’obbligo del lavoro per sostentarsi è sostituito dal diritto di soddisfare i bisogni personali, nulla escluso – neppure il dolce far niente, il divertimento fine a stesso. Una formulazione rivoluzionaria, per alcuni utopistica, che supera tanto il concetto marxista dell’economia redistributiva (tassare i ricchi per assistere i poveri) quanto il concetto capitalista dello Stato assistenziale (proteggere chi è in condizioni di indigenza).

IN EUROPA  

Nel mondo il concetto Rug esibisce connotati diversi. In Italia il proposto reddito di cittadinanza mira a garantire il raggiungimento della soglia Ue di rischio povertà: 780 euro/mese condizionati alla disponibilità al lavoro (il ministero delle Finanze evidenzia l’assente copertura di bilancio: 17 miliardi, pari 1% del Pil). La Gran Bretagna già offre un reddito di base: 500 euro/mese, in aggiunta a varie prestazioni gratuite (indennità-casa e sanità). In Olanda diverse municipalità, Utrecht tra esse, partecipano al programma pilota weten wat werkt (conoscere cosa funziona): assegni mensili fino a 1000 euro sono offerti, alcuni senza controparte, altri in sostituzione di tradizionali forme d’assistenza. In Finlandia l’esperimento di reddito universale inizierà alla fine dell’anno, per 24 mesi e un costo di 20 milioni di euro: l’obiettivo è riformare la politica sociale, creare un incentivo al lavoro e rafforzare i vincoli familiari. In Svizzera, la proposta di un vitalizio sociale (euro 26 mila/anno a ogni cittadino, a prescindere da età, lavoro e patrimonio) è stata rottamata in un recente referendum: prevedeva una spesa annua di 18 miliardi di euro.

NEL RESTO DEL MONDO

Anche fuori dell’Europa l’idea prende piede. In Canada, l’esperimento degli Anni 90 nello Stato del Manitoba porta a risultati ambigui: i genitori passano più tempo con i figli (buon auspicio), ma aumentano anche il consumo di cannabis, l’ozio e la disoccupazione. Dopo un quarto di secolo, il Canada intenderebbe riprovarci con un progetto di 15 mila dollari/anno per ogni adulto. I fondi non esistono ma i sostenitori affermano che 2/3 di essi potrebbero essere generati ristrutturando e riducendo le altre spese federali. Negli Usa, dove metà della vita è passata lavorando (con il 50% di questa metà assorbito dal fisco), l’Alaska da tempo distribuisce annualmente 2000 petrodollari a ogni cittadino. La proposta del candidato democratico Sanders di estendere il progetto a tutto il paese è irrealistica: secondo il Center for Policy Priorities (d’ispirazione riformista) costerebbe 3 mila miliardi di dollari – pari al totale delle entrate federali. Brasile e India manifestano il desiderio di lanciare simili esperimenti per rimediare all’inefficienza dello stato sociale e gestire evidenti lacerazioni sociali: per ora nulla di concreto. Il reddito universale garantito è più che la risposta ai dimostranti di Parigi. Neppure si basa solo su una ragione morale: «La giustizia verso la folla di poveri che ci circonda» (parole di Francesco).

LA RIVOLUZIONE INFORMATICA  

A porlo sul tavolo c’è una circostanza sistemica e improrogabile: la rivoluzione informatica in corso rischia di vanificare ogni sforzo di guadagnarsi il pane. Dispositivi elettronici che vincono a scacchi, guidano l’automobile e stampano lamiere possono ugualmente controllare il traffico, coltivare la terra, assistere in banca, consegnare la posta, insegnare a scuola e servire al ristorante. Gli scienziati del Mit stimano che, in una generazione, metà dell’umanità potrebbe non trovare più lavoro; secondo i futurologi di Oxford, metà dell’occupazione odierna sarà distrutta nel prossimo quarto di secolo. C’è effettivamente da temere che la demolizione di posti lavoro, in corso da un decennio, continui inesorabilmente. Non tutti concordano. Si osserva che negli ultimi due secoli, molteplici rivoluzioni industriali hanno distrutto occupazione e reddito in vecchie attività, creandone volumi maggiori in nuovi settori: nel tempo la proporzione di gente attiva sul mercato del lavoro è cresciuta e con essa il tenore di vita. Personalmente, dubito usufruiremo di un risultato analogamente positivo in futuro.

I ROBOT  

L’attuale progresso verso la robotizzazione è una nuova forma di globalizzazione. Ieri, a seguito della globalizzazione della produzione, la nostra industria è stata distrutta: Europa e America hanno perso le manifatture, delocalizzate in Oriente. Oggi, la globalizzazione dell’automazione in ufficio e in azienda distrugge i servizi (2/3 dell’occupazione): l’intelligenza artificiale sostituisce il ragionamento umano, circuiti e sensori sostituiscono nervi e braccia, voci sintetiche assistono gli utenti. L’interazione tra la globalizzazione geografica (ieri, a favore della Cina) e la globalizzazione strumentale (oggi, a favore dei robot) può solo risultare in ulteriore disoccupazione e abbassamento dei salari reali. Il recente dibattito tra Obama e gli imprenditori di Silicon Valley rende evidente la contiguità tra le due globalizzazioni. Al Presidente che chiede il rimpatrio delle aziende trasferite in Cina, la risposta è tutta un programma: «La relocalizzazione verso gli Usa è iniziata. Sostituiamo operai in Cina con robot in America». In altre parole, i proprietari delle nuove tecnologie sono patriottici: accumulano reddito, senza preoccuparsi se il lavoro è un’eccellenza o un crimine.

CONTRO LE DISEGUAGLIANZE  

Per colmare la crescente disuguaglianza sociale prima che l’antitesi diventa irreversibile, magari violenta, il reddito universale garantito è interessante – se riusciamo a superare le differenti valutazioni tra pubblico, imprenditori e governi. Nell’Unione Europea 2/3 dell’opinione pubblica è a favore, secondo il sondaggio telematico della Delia Research. Nel mondo degli affari prevale l’opinione negativa, espressa dall’amministratore del colosso svizzero-svedese Abb, Ulrich Spiesshofer: «Un aiuto che garantisce il tenore di vita minimo è auspicabile; un reddito che spezza il legame tra sforzo e beneficio è impensabile». Ai politici tocca mediare. A livello concettuale l’assegno universale, garantito e incondizionato potrebbe essere finanziato eliminando gli inefficienti meccanismi d’assistenza attuali (indennità di disoccupazione, buoni alimentari, contributo affitto, etc) e soprattutto riducendo burocrazia, sprechi, privilegi, costi della politica, prezzi manipolati e usura. È improbabile che questi eccellenti programmi di riforma siano messi in pratica. Un pessimo Rug è invece probabile: un altro assegno da 80 euro, magari moltiplicato per dieci, garantito per vincere le elezioni.

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L’Angolo di Samuelmania – Mertens strepitoso! Sono fiducioso, lasciamoli lavorare

Questo il mio pensiero sulla partita

Pescara-Napoli, gli azzurri sicuramente non hanno disputato una delle migliori partite, quella magari che tutti si aspettavano. Non è stato facile affrontare il Pescara, anche per la questione attaccante: nulla togliere a Gabbiadini e Milik, due grandi calciatori ma credo che quando c’era Higuain, tutta la squadra era più sicura perché sapevano che non avrebbe sbagliato e soprattutto fatto gol. Non puntiamo il dito, ma bisogna capire e presto se prendere un altro attaccante oppure restare così. Siamo solo alla prima partita e certo non possiamo criticare la squadra. Io sono molto fiducioso, voglio fare i complimenti a Mirko Valdifiori che ha disputato una buona partita fatta di ottimi passaggi e qualche tiro nello specchio della porta. Mertens strepitoso, due splendidi gol che hanno permesso di agguantare il pareggio, anche se alcuni calciatori hanno patito l’inizio di ritardo di preparazione. Diamo fiducia alla squadra, alsciamoli lavorare e sempre forza Napoli!

a cura di Samuele Esposito

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EDITORIALE – Juve Stabia, voglia di rivincita

Sabato comincia il campionato di Lega Pro, con una Juve Stabia che si presenta sulla griglia di partenza immediatamente alle spalle delle favorite per la vittoria finale. Le Vespe hanno allestito con largo anticipo un organico di livello e completo in ogni reparto, non lasciando nulla al caso.

A ben vedere però, ciò che potrebbe risultare decisiva per le sorti del campionato della Juve Stabia non è (solo) la qualità della rosa gialloblù, ma anche la voglia di rivincite che pervade l’ambiente stabiese.

Questa voglia si vede in tutte le componenti gialloblù, partendo inevitabilmente dal Patron Manniello, il quale ha tanta voglia di rivedere una Juve Stabia combattiva e capace di far gioire i propri tifosi. Il Presidente ha formato una squadra di assoluto valore e non è escluso che decida di regalare ai suoi anche la ciliegina sulla torta al fotofinish del calciomercato.

La stessa voglia e fame di rivincita Manniello l’ha trovata nel suo nuovo allenatore, Gaetano Fontana, scelto dopo lo stop forzato dovuto ad una lunga squalifica rimediata quando occupava la panchina della Nocerina.
Il tecnico stabiese ha un’enorme voglia di tornare al calcio giocato dopo l’ingiustizia subita e di dimostrare tutto il suo valore ai tifosi che non hanno condiviso del tutto la sua nomina ad allenatore della Juve Stabia.

Discorso analogo va fatto per tanti calciatori gialloblù.
Potremmo parlare di Russo, desideroso di essere protagonista con la maglia della squadra della propria città, o ancora di Cancellotti, uno degli ultimi reduci di Bassano, che ha rinnovato con la Juve Stabia per cercare di vendicare il clamoroso torto subito nei playoff di due stagioni fa.

Cambiando zona del campo è sempre la voglia di rivincita che potrebbe fare la differenza. Da Marotta, alla prima stagione tra i professionisti e che ha fatto intravedere lampi di pura classe; passando a Ripa, desideroso di mettere alle spalle l’infortunio tornando a ruggire sotto la Curva Sud; fino ad arrivare a Del Sante, voglioso di cancellare l’immagine sbiadita dell’attaccante poco incisivo visto nei mesi scorsi.

Per tutti loro l’elemento fondamentale è la voglia di rivincita, di recuperare il tempo perduto e di conquistare sul campo qualcosa di importante.

Ecco, quando un gruppo di persone che ha tanta voglia di fare bene mette al primo posto un obiettivo comune, i risultati possono essere eccezionali.
Non resta che sostenere questa squadra senza mettere troppa pressione ad un gruppo che ha tutte le carte in regola per fare grandi cose.

Buon campionato Juve Stabia! Avanti Vespe!

Raffaele Izzo

Renzi : si vota comunque nel 2018 (e se perdo resto segretario del PD)

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Il presidente del Consiglio Matteo Renzi intervistato dal giornalista Paolo Del Debbio

«Si vota nel 2018 comunque vada il referendum», dice Matteo Renzi. Il premier sceglie la strategia della stabilità per rassicurare Mattarella e Draghi. Oggi a Ventotene il vertice con Merkel e Hollande per «rilanciare l’Europa».

Referendum, la svolta di Renzi: “In ogni caso elezioni nel 2018” CARLO BERTINI*

Il presidente del Consiglio: oggi a Ventotene con Merkel e Hollande per rilanciare l’Ue Sì agli investimenti per crescere. Boccia (Confindustria): “Ma serve più produttività”

«Sì, le elezioni le abbiamo nel 2018», dice Matteo Renzi, rispondendo alla domanda a bruciapelo di Paolo Del Debbio che gli chiede se si voterà nel 2018 comunque vada il referendum. Ma il premier non intende dire altro se non che il referendum per lui si vince, insomma non è una marcia indietro sulle dimissioni in caso di sconfitta che comunque conferma.

Gioca in casa la sua prima partita post vacanza, qui alla Versiliana seduti in prima fila nonna, moglie e figlia, assiepati tra la folla tanti fiorentini, c’è pure il suo barbiere Toni. Ma c’è pure mezzo governo, i vice ministri Giacomelli e Nencini, il tesoriere Pd Bonifazi e tanti altri. Sotto i pini lo attendono, mentre scorre via la finale di volley da Rio che il premier vede a metà e quando l’Italia perde commenta con un “ha vinto l’argento”, cioè vede il bicchiere mezzo pieno.

Si comincia sul tema migranti, sull’Europa che a Ventotene deve ritrovare le ragioni ideali, archiviando l’austerità: «Merkel e Hollande verranno in Italia per rilanciare l’Unione europea, ce ne è un gran bisogno. Da domani parte un percorso in cui l’Europa smette di essere solo l’Europa delle banche, della finanza, delle regole tecnocratiche e torna ad esser l’Europa di Spinelli. Una partita tutta da giocare, ma va giocata».

Si passa poi all’economia, ribadendo la volontà del governo di «dare più soldi ai pensionati» e alle tasse. Facendo capire che l’Italia punterà sui maggiori investimenti e batterà sul tasto della flessibilità, perché sulla crescita pure bassa «un’inversione c’è stata col mio governo»; e si chiude su Pd e referendum, piatto forte. Dove i toni si alzano, gli applausi scrosciano, dopo quel solo tasto dolente, l’urlo dalla platea «Pinocchio», quando il premier dice che «ora in Italia chi sbaglia paga», parlando dei furbetti del cartellino.

Dunque se «vince il no cosa faccio l’ho già detto, ma per colpa mia è diventato un dibattito su tutto, governo, italicum, economia». E invece la domanda è se «volete ridurre i costi della politica e del parlamento, semplificare la politica regionale e superare il Ping pong camera-Senato?». E la conclusione di Renzi è che, se votano nel merito, anche tantissimi elettori dei 5Stelle voteranno sì, quindi «scommetto che vince il sì, anche se sono loro antipatico». Arriva puntuale la domanda sull’Anpi e qui Renzi dà l’annuncio, invitando il presidente dell’associazione dei partigiani a dibattere con lui le ragioni del no e del sì sabato in una festa dell’unità: «Scelgano loro, andiamo davanti ai militanti e poi non dicano che non si discute nel Pd». E arriva una battuta con tanto di ovazione su D’Alema, che «è in compagnia di Berlusconi, Salvini e Grillo. Lui pesca sempre la carta di attaccare chi gli sta vicino, è toccato a Prodi, ora tocca a me. Se vuol fare la battaglia per difendere i posti e magari tornare in Parlamento, auguri. Ma non usi la consultazione popolare per la sua rivincita al congresso che si farà quando previsto».

Tradotto, non prima del dicembre 2017, quindi anche se perde Renzi niente dimissioni da segretario Pd. E in questa giornata in cui ritorna sul tasto delle tasse da ridurre, il premier incassa un altro assist sul referendum da Confindustria, che promuove il sì che assicura stabilità. E che però va pure in pressing: nella prossima manovra, con le casse del Paese gravate da un ingente debito e con «poche risorse» a disposizione, il governo deve «fare poche cose intelligenti», dice dal meeting di Rimini il presidente Boccia. Che invita a calibrare «scelte selettive» senza avallare alcun «assalto alla diligenza» e puntando con decisione sulla produttività e investimenti privati per rafforzare un percorso di crescita.

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* INVIATO A MARINA DI PIETRASANTA

vivicentro.it/politica
vivicentro/Renzi : si vota comunque nel 2018 (e se perdo resto segretario del PD)
lastampa/Referendum, la svolta di Renzi: “In ogni caso elezioni nel 2018” CARLO BERTINI*

Renzi promette stabilità

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Un gazebo per il sì alla Festa dell’Unità al Campovolo di Reggio Emilia

Il premier sceglie la strategia della stabilità per rassicurare Mattarella e Draghi. Oggi a Ventotene il vertice con Merkel e Hollande per «rilanciare l’Europa». «Si vota nel 2018 comunque vada il referendum», dice Matteo Renzi.

La strategia della stabilità per rassicurare Colle e Bce UGO MAGRI

La personalizzazione non paga, meglio puntare sull’affidabilità. Ma il premier assicura ai suoi: abbiamo ancora la maggioranza

ROMA – Accusato spesso di drammatizzare il referendum sulla Costituzione, stavolta Renzi spiazza i suoi critici e sparge serenità. Assicura che in Italia si voterà nel 2018, alla naturale scadenza, «comunque vada» il voto d’autunno. Così ha dichiarato alla Versiliana. Niente elezioni anticipate: arriveremo in fondo alla legislatura tanto che vinca il «sì» alle riforme, quanto che invece trionfi il «no». Chiaramente il premier si augura la prima delle due. Magari in cuor suo è sicuro di farcela, nonostante i sondaggi non proprio esaltanti conferma ai suoi «abbiamo ancora la maggioranza». Ma il tono risoluto con cui si sente di escludere cataclismi politici, «comunque vada» il referendum sulla costituzione, dunque perfino in caso di sconfitta sulla riforma Boschi, è un dato politico che profuma di novità.

NESSUN DIETROFRONT

Dobbiamo interpretarlo come una retromarcia del premier? Significa cioè che non si dimetterebbe neppure nel caso di vittoria dei suoi avversari e resterebbe a Palazzo Chigi come se nulla fosse? Questo Renzi non lo ha detto, ma soprattutto non lo pensa. Certo che si dimetterebbe, come assicura ai suoi. Però ripeterlo in tono di sfida, o di minaccia, non gli fa gioco. Se avesse assecondato l’aspetto più guascone del suo carattere, sarebbe ricaduto nello stesso errore che gli è stato rimproverato in questi mesi: quello di «personalizzare» l’appuntamento referendario, trasformandolo in un giudizio su se stesso anziché su quanto di buono la riforma Boschi contiene. Spostare l’attenzione degli elettori dalla riforma costituzionale a se stesso aveva rappresentato nei mesi scorsi un eccesso di confidenza (o un’imprudenza, che fa lo stesso) di cui lo stesso Renzi, probabilmente, si è pentito. Logico che alla Versiliana abbia tirato il freno un attimo prima di perseverare nello sbaglio. E abbia inteso disinnescare sul nascere la polemica che ne sarebbe seguita. Insomma, stavolta è stato abile e avveduto. Ma c’è dell’altro. Confermare che la legislatura taglierà il traguardo del 2018 significa riconoscere la presenza di altri due autorevoli attori con i quali confrontarsi, e magari venire a patti se si renderà necessario.

ROMA E FRANCOFORTE

Uno sta a Francoforte e si chiama Mario Draghi: qualunque decisione dovesse prendere il premier, perfino nel caso di sconfitta referendaria, dovrebbe valutare i contraccolpi finanziari per l’Italia e per l’Europa intera. L’ultima cosa che possono augurarsi nel grattacielo della Bce è che la terza economia dell’euro precipiti disordinatamente nel caos, senza un percorso ragionevole verso le urne. Tra l’altro, non è nemmeno chiaro con quale legge elettorale andremmo a votare, visto che il 4 ottobre prossimo la Consulta inizierà l’esame dei ricorsi contro l’«Italicum», e in camera di consiglio tutto potrà accadere. Il secondo attore, cui Renzi rende implicitamente omaggio con la sua svolta agostana, abitasul Colle. Non è mistero che il Presidente consideri la stabilità politica alla stregua di un bene prezioso, una dimostrazione di serietà e affidabilità da dare ai nostri partner non solo europei. Sergio Mattarella aspetta il verdetto del popolo italiano, senza interferire in un senso o nell’altro, comportandosi da vero arbitro. Ma da giorni chiede a tutti, anche con una certa insistenza, di tenere comportamenti responsabili. Sollecita prudenza. Sobrietà pure nel linguaggio. Sarebbe singolare se il primo a contravvenire fosse proprio Renzi, che del Quirinale in futuro potrebbe avere bisogno.

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Parte il progetto “Juve Stabia branding” affidato al Dr. Enzo Longobardi

Questo il comunicato del club
S.S.Juve Stabia rende noto, nell’ottica dell’efficientamento delle attività societarie e nel rispetto dei relativi piani strategici, di
aver affidato l’incarico al Dott. Enzo Longobardi di responsabile del progetto denominato “Juve Stabia branding” di commercializzazione ed ulteriore e progressiva crescita del brand aziendale.Nel particolare il Dott. Longobardi avrà l’obiettivo di sviluppare irapporti con i partner commerciali, ai fini di una maggiore fidelizzazione e di curare tutte le iniziative che possano coinvolgere, sempre di più, studenti, giovani e tifosi, creando interesse ed attenzione nei confronti delle Vespe.
Il Dott. Enzo Longobardi, laureato in scienze politiche, si occupa da anni di sviluppo locale e marketing territoriale. Consulente senior di formazione, è visiting expert di Università russe ed è stato esperto di economia presso le European School a Bruxelles, come pure dirigente dello Sportello Unico attività produttive del Comune di Castellamare di Stabia e direttore di strutture turistiche. Con grande entusiasmo il Dottor Longobardi commenta così l’incarico ricevuto: “Il marketing in talune società calcistiche si sta rivelando quasi la principale fonte di introiti. Se per le società più grandi è più semplice gestire le relative attività, per le piccole bisogna individuare progetti di coinvolgimento territoriali nella consapevolezza che le aziende di calcio si rivolgono molto spesso ad un pubblico non competitivo – precisa l’esperto professionista – in quanto se una persona è tifosa di una squadra, di certo non cambierà improvvisamente la sua “fede” e quindi avremo sul mercato una serie di monopoli in quest’ambito. Pertanto è necessario trovare altri segmenti da sviluppare. Gli introiti provengono per un 40% dalla vendita di biglietti e abbonamenti mentre il restante 60% dovrà essere ricercato altrove. È evidente quindi che le voci più importanti sono senz’altro le sponsorizzazioni, i diritti televisivi e le attività che mirano a far affluire allo stadio i tifosi mediante iniziative a carattere continuativo. Nel sistema commerciale e di marketing, quindi, la strada più adatta da seguire sarà quella di proporsi come un prodotto. Juve Stabia Branding nasce con queste finalità. L’obiettivo è la crescita del brand aziendale attraverso un progetto innovativo denominato appunto “Juve Stabia Branding” che vedrà coinvolti in maniera sinergica, imprese, istituzioni, famiglie, scuole, associazioni, tifosi,sportivi, ecc…”
S.S.Juve Stabia
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Calcio, Serie A: risultati e classifica dopo la prima giornata.

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 CALCIO SERIE A : Inter parte male, il Napoli arranca

Calcio Serie A, Prima Giornata – Subito sconfitta all’esordio in campionato la nuova Inter di De Boer A Verona i nerazzurri crollano con il Chievo, che ottiene i tre punti grazie alla doppietta di Birsa. Stecca anche il Napoli, che va sotto 2-0 a Pescara, ma poi ringrazia i due gol di Mertens. Pirotecnica vittoria della Lazio in casa dell’Atalanta (subito in gol Immobile). Vittorie casalinghe per Genoa e Bologna, mentre tre punti esterni per Sassuolo e Sampdoria

Questi i risultati

Roma – Udinese 4-1 (giocata ieri)
Juventus – Fiorentina 2-1 (giocata ieri)
Milan – Torino 3-2
Atalanta – Lazio 3-4
Bologna – Crotone 1-0
Chievo – Inter 2-0
Empoli – Sampdoria 0-1
Genoa – Cagliari 3-1
Palermo – Sassuolo 0-1
Pescara – Napoli 2-2

Classifica

Roma 3
Genoa 3
Chievo 3
Lazio 3
Milan 3
Juventus 3
Bologna 3
Sassuolo 3
Sampdoria 3

Napoli 1
Pescara 1

Atalanta 0
Torino 0
Fiorentina 0
Crotono 0
Palermo 0
Empoli 0
Cagliari 0
Inter 0
Udinese 0

vivicentro.it/sport/Olimpiadi Rio 2016   –  Stanislao Barretta/redazione sportiva – CALCIO – andrea.ziglio@oasport

foto pagina FB di Dries Mertens

Bizzari sul rigore dubbio: “Fischiato fallo in precedenza”

Albano Bizzarri parla ai microfoni di Premium dell’episodio dubbio del calcio di rigore:

“Rigore? Ero a terra e l’arbitro ha fischiato il fallo. C’era già in precedenza un fallo e i calciatori sono stati avvisati. L’arbitro non si è pentito, Rocchi aveva già avvisato e non ha sentito”.

Mediaset, De Marco: “Rigore netto… nessuna carica su Bizzari”

L’ ex arbitro Andrea De Marco, presente negli studi di Premium Sport, ha commentato l’ episodio del rigore negato al Napoli:
“Sinceramente non vedo una carica di Albiol su Bizzarri in quanto il portiere pescarese respinge il pallone. Il contatto tra Zuparic e Zielinski è netto, non si può parlare di gioco pericoloso proprio perché c’ è il contatto. Quindi era rigore senza dubbio”.

Il commento della SSC Napoli: “Pesa l’inverosimile episodio del rigore”

I dettagli

Il Napoli pareggia a Pescara per 2-2 in rimonta con una splendida doppietta di Mertens. Ma pesa un episodio molto controverso e quasi inverosimile sul match dell’Adriatico. Al 78′, sul 2-2, l’arbitro Giacomelli concede un rigore al Napoli per un calcio in faccia di Zuparic a Zielinski in area. Ma, dopo un consulto con l’assistente di linea Rocchi, cambia idea e dà fallo in favore del Pescara invertendo clamorosamente la decisione, probabilmente fischiando un fallo “fantasma” di Albiol sul portiere. Diciamo pure che, eufemisticamente, il Napoli non è stato fortunato. In compenso gli azzurri dopo un avvio difficile ed in salita sono stati bravissimi a mutare la rotta diametralmente nella ripresa  risalendo dal 2-0 con un micidiale uno-due di Metrens che in 3 minuti firma due reti d’autore: tiro a giro sul palo lungo, e fulmine di rapina in area. Peccato davvero perchè il Napoli avrebbe meritato anche il sorpasso per il gioco espresso nel secondo tempo. Resta la positività di una reazione rabbiosa, orgogliosa e organizzata. Si ricomincia sabato, al San Paolo c’è il Milan. L’avventura è appena iniziata…

sscnapoli.it

Nessun tesserato del Napoli parlerà: ecco i motivi

E’ diventata una consuetudine per il Napoli. Silenzio assoluto nei confronti della stampa e dei suoi tifosi. Questa volta, dopo la trasferta di Pescara, il motivo sembra essere di natura logistica, visto che gli azzurri devono tornare in serata in città. Quindi solo le parole del capitano Marek Hamsik rilasciate nella intervista flash a fine gara per tutti i tifosi.

Oddo: “Grande prestazione, peccato per il risultato”

Massimo Oddo, allenatore del Pescara, ha rilasciato alcune dichiarazioni ai microfoni di Premium Sport al termine della sfida contro il Napoli. Ecco quanto evidenziato:
“Siamo contenti anche se potevamo portare a casa il risultato: un grande primo tempo e anche se siamo un po’ calati nella seconda frazione potevamo ambire alla vittoria. Facciamo del nostro meglio, abbiamo un gruppo solido e lo abbiamo dimostrato. Bisogna continuare a crescere con umiltà.
Abbiamo cercato di attaccare gli spazi visto che il Napoli tiene sempre le linee strette, ecco la scelta di Caprari che non è una punta di ruolo. In questo modo abbiamo messo in difficoltà l’ avversario e abbiamo fatto bene”.

Calcio Serie A : Atalanta-Lazio 3-4

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Anche in quel di Bergamo è la serata del debutto nel campionato 2016/17 per l’Atalanta e di mister Gasperini: allo Stadio Atleti Azzurri d’Italia si gioca il match Atalanta-Lazio.

La gara termina 4-3 per i capitolini. Ma quanta sofferenza. Dal 3-0 del primo tempo, i biancocelesti subiscono lo doppietta di Kessiè. Cataldi allunga di nuovo le distanze, ma è un’illusione perché Petagna riapre tutto a quattro minuti dalla fine. I biancocelesti riescono comunque, seppur soffrendo, a portare i primi tre punti della stagione a casa.

FORMAZIONI UFFICIALI

ATALANTA (3-5-2) – Sportiello; Raimondi, Toloi, Zukanovic; Conti, Kessiè, Kurtic, Dramè, Spinazzola; Paloschi, Gomez.

All. Gasperini.

A disp. Bassi, Stendardo, Masiello, Gagliardini, Migliaccio, Lattelath, Caldara, Mazzini, Carmona, Petagna, D’Alessandro, Cabezas, Djimsiti.

Indisponibili: Konko, Pinilla, Freuler
Squalificati: nessuno
Diffidati: nessuno

LAZIO (4-3-3) – Marchetti; Basta, De Vrij, Hoedt, Lukaku; Milinkovic-Savic, Biglia, Parolo; Kishna, Immobile, Lombardi.

All. Inzaghi.

A disp. Strakosha, Vargic, Germoni, Patric, Prce, Wallace, Murgia, Cataldi, Leitner, Oikonomidis, Djordjevic.

Indisponibili: Berisha, Bastos, Radu, Lulic, Morrison, Keita, Felipe Anderson
Squalificati: nessuno
Diffidati: nessuno

Arbitro: Banti (sez. Livorno)
Assistenti: Alassio e Schenone
IV Uomo: Valeriani
Addizionali: Fabbri e Abisso

RETI: 15′ Immobile, 20′ Hoedt, 33′ Lombardi – 63′ e 68′ Kessiè, 89′ Cataldi, 91′ Petagna

Calcio Serie A : Bologna-Crotone : 1-0 – Decide Destro all’ 86′

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Allo Stadio Dall’Ara di  Bologna  è scesa in campo una debuttante della serie A di quest’anno: il Crotone, che ben si contrappone al rinnovato Bologna di Roberto Donadoni ma nulla può contro l’azione di Mattia Destro che, all’86°, sblocca il risultato e regala la vittoria alla squadra felsinea

NOTA: la squadra di Davide Nicola ha cominciato il suo cammino in Serie A partendo con delle “deficienze” nell’organico che le consentono di avere in panchina solo 7 giocatori, tra cui due portieri, ma nessun attaccante-

TABELLINO
Bologna – Disponibili: Antonio Mirante, Emil Krafth, Daniele Gastaldello, Domenico Maietta, Marios Oikonomou, Adam Masina, Saphir Sliti, Taider, Erick Pulgar, Ádám Nagy, Simone Verdi, Luca Rizzo, Mattia Destro, Ladislav Krejcí  – Allenatore: Roberto Donadoni

Crotone – Disponibili: Alex Cordaz, Federico Ceccherini, Clayton, Giammarco Ferrari, Mario Sampirisi, Marcus Rohdén, Aniello Salzano, Bruno Martella, Adrian Stoian, Raffaele Palladino – Allenatore: Davide Nicola

FORMAZIONI

Bologna (4-3-3): Mirante; Krafth, Gastaldello, Maietta, Masina; Taider, Pulgar, Nagy; Verdi, Destro, Krejci.

Crotone (3-4-3): Cordaz; Ceccherini, Claiton, Ferrari; Sampirisi, Salzano, Rohden, Martella; Stoian, Simy, Palladino.

Arbitro: Claudio Gavillucci

Spettatori: 19.000