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In questi giorni il Napoli rinnoverà con Gabbiadini

In questi giorni il Napoli rinnoverà con Gabbiadini

Il presidente del Napoli Aurelio De Laurentiis ha sempre visto Manolo Gabbiadini come un suo pallino e La Repubblica riferisce: “Al punto che si prepara a valorizzarlo con il rinnovo del contratto e un ricco aumento dello stipendio, che saranno ufficializzati proprio in questi giorni. Gabbiadini avrà un trattamento economico da “top player”, ma soprattutto la grande chance di poter dimostrare una volta per tutte di che pasta è fatto” perchè l’assenza di Milik per i prossimi mesi gli spalanca la strada per un posto fisso tra i titolari.

La Russa: “La tuta di Sarri non mi fa impazzire. Maradona? Attacco fuori luogo”

Il suo pensiero

Ignazio La Russa, noto politico ed ex Ministro della Difesa, ha rilasciato un’intervista ai microfoni di tuttomercatoweb: “Onestamente mi piaceva molto la soluzione adottata da Sarri per non far rimpiangere Higuain. Non ho un feeling particolare con il mister del Napoli, anche se non lo conosco. La sua tuta non mi fa impazzire, ma la sua soluzione tecnico-tattica senza Higuain m’è piaciuta molto. La sfortuna gli ha fatto infortunare Milik, ma vedrete che troverà un’altra soluzione con Gabbiadini. Il missile di Maradona verso Icardi? Dal punto di vista calcistico, Maradona resta ineguagliabile. Rivedere una sua azione, mi riempie il cuore. Chissà se Icardi ci arriverà mai… dal punto di vista umano, questo attacco è fuori luogo. Può essere giustificato solo con una amicizia stretta tra Maradona e Maxi Lopez. Ma se questa non è la realtà, ha ragione Icardi. Maradona è un esempio in campo, fuori un po’ meno”.

Di Natale: “De Laurentiis si fidi di Gabbiadini, non farà rimpiangere Milik”

Queste le sue parole

Antonio Di Natale, ex attaccante dell’Udinese, ha parlato a Tuttosport: “Pentito per il no alla Juventus? Assolutamente no. La mia fu una scelta di vita, presa col cuore: volevo restare a Udine con la mia famiglia. In tanti mi hanno etichettato come uno stupido, ma tornassi indietro mi comporterei allo stesso modo. Higuain è il più forte centravanti del mondo, se continua a segnare 30 gol a campionato mi prende. Credo che, per età e forza, forse sia l’unico che possa superarmi. Il Pipita, in questa Juve, potenzialmente può realizzare una doppietta a partita. Scudetto? Se non succede un cataclisma, la Juventus vincerà il sesto scudetto. Un tweet per De Laurentiis? Fidati di Gabbiadini. Nella sfortuna dell’infortunio di Milik, vedrai che esploderà Manolo”.

Milik, l’agente: “Uscirà fuori da questo momento, a Napoli è felice”

Le sue parole

David Pantak è il procuratore dell’attaccante del Napoli Arkadiusz Milik e Il Mattino riporta alcune sue dichiarazioni: “Lo conosco da quando ha 15 anni, ha la scorza dura. Mi è piaciuto subito di lui la sua testa, il suo carattere, la sua determinazione. Uscirà fuori da questo momento, come è uscito fuori sempre dai momenti difficili della vita. A Napoli è felice, è felice del grande amore che sta ricevendo in queste ore. Sapeva in estate di aver fatto la scelta giusta, ne ha avuto la conferma ora”.

Buffon: “Gabbiadini vero talento del calcio italiano”

Le sue parole

Gianluigi Buffon, portiere della Juventus, ha rilasciato alcune dichiarazioni in occasione del Golden Foot riportate dalla Gazzetta dello Sport:

In ottobre Udinese, Milan, Samp, Napoli: vi giocate molto?

“Gli avversari che si giocano di più. Noi siamo davanti. E speriamo di distanziarli di più”.

Il Napoli ha perso Milik.

“Un brutto colpo. Ma la loro forza è sempre stata il collettivo. Merito del lavoro dell’allenatore. In più l’infortunio di Milik regala una grande opportunità a Gabbiadini. Un vero talento del calcio italiano”.

Zielinski: “Milik ci mancherà, ma farà un sacco di gol al suo rientro”

Le sue parole

Il centrocampista del Napoli, Piotr Zielinski, torna a parlare dal ritiro della Nazionale polacca: “Adesso tornerò a Napoli, incontrerò Milik. Ci manca già nella Polonia e ci mancherà anche nel Napoli. La sfortuna purtroppo lo ha colpito, peccato, perchè era davvero in un momento importante della sua carriera. Sono sicuro che tornerà più forte di prima e farà un sacco di goal sia nel club che in Nazionale. So che dopo l’operazione si è sentito subito meglio. Arek è un giocatore importante. Dopo la partita con la Danimarca in cui si è infortunato la mia Nazionale ha ricevuto subito una telefonata dal direttore sportivo dei danesi che ci ha chiesto come stesse Arek”.

Santon: “I dottori che mi hanno detto ‘no’ possono pensarla come vogliono”

Le sue parole

Davide Santon, terzino dell’Inter, ha rilasciato una lunga intervista a Tuttosport: “Dai “no” di Sunderland, Napoli e West Ham alla maglia da titolare con l’Inter: mi sento un giocatore rinato? Proprio così… E’ stata un’estate dura: c’era Mancini, che mi considerava la quarta, quinta scelta, e avevamo scelto di prendere strade diverse per far sì che non perdessi un anno. Così non è stato e si vede che il mio destino prevedeva che restassi qui. Però ce ne ho messo pure del mio, perché non ho mai mollato. Il mio ginocchio va gestito. Non posso certo giocare 5 partite in 15 giorni, ma da qui a non passare le visite mediche ce ne passa. Invece è successo, ma i dottori che mi hanno detto no possono pensarla come vogliono, io posso giocare e non ho problemi. Come peraltro è sotto gli occhi di tutti…”

Ronaldinho: “Scudetto? Difficile che il Napoli possa fermare la Juve”

Le sue parole

L’ex attaccante di Milan e Barcellona Ronaldinho ha rilasciato alcune dichiarazioni in occasione della conferenza stampa di presentazione della Partita della Pace, che si terrà a Roma, riportati da Il Mattino.

Sul Napoli: “Sarebbe stato per me un onore poter indossare la maglia della squadra di Maradona. Al posto di Milik? Non scherziamo, non ho certo l’età giusta per poter giocare a quel livello. Ora il Napoli è su dimensione molto importanti, sarebbe difficile per me potermi inserire facilmente in una organizzazione del genere”. 

Sulla Juventus: “Da quel poco che vedo mi pare che sia difficile poter fermare la formazione bianconera, che nel corso degli ultimi anni ha raggiunto un livello tecnico davvero di primo piano. Il Napoli può riuscire a fermare questa supremazia? A me pare complicato che questo possa avvenire quest’anno: vedo la Juve proiettata molto in alto e credo che sia il Napoli che la Roma, ma anche il Milan e l’Inter, faranno difficoltà a mantenere il ritmo”.

Sullo scudetto: “Il campionato italiano è per tradizione difficile, in ogni partita può esserci una sorpresa, lo so bene. Credo che non sarebbe giusto arrendersi così presto, quando la stagione è appena iniziata. Tante altre che devono compiere una missione impossibile per poter sperare di vincere lo scudetto. Ma io non perderei le speranze se fossi in uno di loro”. 

Sulla squadra di Sarri: “Da anni gioca un buon calcio con buonissimi giocatori che riesce sempre a mettere in vetrina”.

Champions League, Napoli-Besiktas: biglietti in vendita da venerdì

Lo riporta il sito ufficiale del Napoli

I biglietti per la gara SSC Napoli – Besiktas JK del 19 ottobre 2016 ore 20.45 valida per il Group Stage di Champions League saranno posti in vendita a partire da venerdì 14 ottobre ore 10:00. Gli abbonati della stagione 2016.17 avranno diritto ad una tariffa agevolata, nonché la precedenza sul posto. La precedenza sul posto è esercitabile fino a domenica 16 ottobre alle ore 24.00 esibendo tessera del tifoso o voucher e documento d’identità. Per tale iniziativa non è consentito il cambio settore. Tutti i posti liberi da abbonamenti saranno in vendita contestualmente, dunque a partire da venerdì 14 ottobre ore 10:00.

Questi i prezzi riservati agli ABBONATI:

Tribuna d’ Onore € 70

Tribuna Posillipo € 60

Tribuna Nisida € 50

Distinti € 40

Curve € 30

Non sono previsti biglietti a tariffa ridotta.

Modalità di acquisto per gli abbonati:

A) i titolari di tessera del tifoso “Club Azzurro Card” , della Fidelity Card ” Fan – Away” e “Fan Stadium” con caricamento del titolo di accesso in modalità digitale presso tutti i punti vendita e modalità on-line;

B) gli abbonati titolari di voucher elettronico con rilascio di biglietto cartaceo esclusivamente presso i punti vendita abilitati.

Tutti i posti liberi da abbonamenti saranno in vendita contestualmente, sempre a partire da venerdì 14 ottobre ore 10:00 con le seguenti tariffe:

Tribuna d’ Onore € 90

Tribuna Posillipo € 75

Tribuna Nisida € 55

Tribuna Family Adulto € 20/ minore € 5

Distinti € 45

Curve € 35

Non sono previsti biglietti a tariffa ridotta.

Reina: “Milik? Troveremo una soluzione! Sarri non pensa alla resa”

Le sue parole

Pepe Reina ha rilasciato una lunga intervista alla Gazzetta dello Sport:

Su Milik: “L’infortunio è un problema perché stava facendo benissimo però bisogna guardare avanti, augurargli una pronta guarigione e stargli vicino. A livello tecnico vediamo cosa pensa Sarri: c’è Manolo e altri giocatori che si possono adattare. Abbiamo una grande rosa, troveremo una soluzione”.

Su Sarri: “Ha parlato per toglierci pressione, non pensa ciò che ha detto. La Juve è la strafavorita, però noi lotteremo fino alla fine e non ci daremo mai per vinti. Se dovessimo pensare che hanno già vinto allora meglio spegnere la luce, chiudere la porta e andar via. Ho la speranza di poter lottare per lo scudetto, anche senza Milik”.

Su Higuain: “La sua cessione ci ha permesso di prendere diversi giocatori che completato una squadra che era già molto buona. Quello del Pipita è stato un sacrificio inevitabile. Se viene qualcuno e paga la clausola il club può fare poco. Ora bisogna girare pagina e guardare avanti con fiducia nella gente che c’era e in chi è arrivato, con o senza Milik. Se il Pipita se n’è andato è chiaro che non la pensa come Morata”.

Sulla Champions: “Vogliamo qualificarci e continuare ad avanzare. Ho grande fiducia nel fatto che faremo un’ottima Champions. Non possiamo più accontentarci di divertirci, giocare il girone, uscire, tornare in Champions, e via di nuovo così”.

Sulla Roma: “In casa dobbiamo farci forti, sfruttare l’appoggio del San Paolo e imporre la nostra mentalità con chiunque”.

Sugli arbitraggi: “Io credo nella buona fede e le squadre con signorilità non devono parlare degli arbitri. Gli arbitri si sbagliano, a volte ti va bene, altre male. È vero che noi quest’anno siamo stati sfortunati e che potremmo, dico potremmo, avere 4 punti in più ma non è così e basta”

Per la scuola inglese ci sono gli italiani, i campani e i siciliani: Lombroso docet

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L’Ambasciata italiana a Londra protesta per uno scivolone d’altri tempi di alcune scuole inglesi che ci distinguono come italiani, campani e siciliani: Lombroso è ancora di gran moda.

Lombroso è ancora di gran moda

Oh, bene: ecco una notizia che sarebbe davvero piaciuta al sempiterno Cesare Lombroso. D’ora in poi, per fare domanda di ammissione in una serie di scuole di Sua Maestà Britannica sarà necessario – se italiani – specificare non solo la nazionalità d’origine, ma anche la regione di provenienza.

Almeno se questa corrisponde alla Sicilia o alla Campania. Già, perché chi arriva da altri luoghi del Belpaese non dovrà preoccuparsi di segnalarlo. Ora, non sappiamo in quale modo questa informazione supplementare verrà usata dagli organi competenti. Può darsi che si tratti di una premura e che vogliano approntare per gli allievi menù specifici nelle mense scolastiche d’Oltremanica. Per i ragazzi siciliani, arancine e pasta con la salsa e le melanzane fritte. Per i campani, pizza e pastiera. In caso contrario, ovvero se si trattasse di una qualche forma di discriminazione, ci sarebbe da preoccuparsi. Certo sappiamo che per determinate regioni del nostro Stivale gli inglesi hanno per cosi dire un debole .

A cominciare dalla Toscana, altrimenti nota come Chiantishire. Ed è evidente che nessuna scuola britannica si sognerebbe di discriminare in qualche modo un allievo nato e cresciuto dalle parti di Firenze, Arezzo o San Gimignano. Lo stesso vale per il Veneto, che ancora non fa parte del Commonwealth come Siena e dintorni ma che comunque contiene Verona, e dunque il balcone di Giulietta, e Venezia, amatissima da Turner e da innumerevoli suoi connazionali, anche se oggi come oggi anziché dipingerla la fotografano in veste di sfondo pittoresco per i loro selfie. Poi, complice l’amore per il buon vino, ci sono molti inglesi che apprezzano il Piemonte, che per loro si riduce a due zone in particolare, Langhe e Monferrato.

E poi ancora ecco gli inglesi che ci vengono a sciare, o che per praticare questo sport si spingono in Valle d’Aosta o in Alto Adige. Sta di fatto che il problema non riguarda né i sardi né gli umbri, e neppure i liguri o i marchigiani. Gli inglesi, o almeno certi inglesi, vogliono sapere se i nostri figli iscritti nelle loro scuole, per fortuna non in tutte, sono di origini campane o siciliane. Avranno letto solo Gomorra e Montalbano? Saranno convinti che si tratti potenzialmente di figli di malavitosi? Non lo sanno nella perfida Albione che da noi oltre alla camorra e alla mafia ci stanno anche la ’ndrangheta e la Sacra Corona Unita? Perché non includere tra le regioni degne di autodenuncia anche la Calabria e la Puglia? E poi lo sanno tutti che la vera mafia sta a Roma, quindi non si capisce perché escludere il Lazio. Poi comunque ci sarebbero le infiltrazioni al Nord, a cominciare dalla Lombardia.

Quindi delle due l’una: o alla Sicilia e alla Campania si aggiungono anche le altre regioni, sempre che la cosa abbia a che fare con i presunti possibili legami degli allievi in questione con la criminalità organizzata, oppure che si spieghino, anzi, ci spieghino: che differenza c’è tra un italiano nato a Napoli o a Palermo e uno nato a Pordenone o a Bologna? Certo sarebbe clamoroso se in cerca di pezze d’appoggio dall’Inghilterra venissero fin qui da noi a Torino, dove ha sede il Museo Lombroso. Appunto.

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lastampa/Lombroso è ancora di gran moda GIUSEPPE CULICCHIA

Le scuole inglesi ci classificano come: Italiani, Italiani-Siciliani e Italiani-Napoletani

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Alcune scuole dell’Inghilterra e del Galles distinguono gli italiani del Nord da quelli del Sud: nei moduli online si trovano tre diverse definizioni: Italiani, Italiani-Siciliani e Italiani-Napoletani. L’Ambasciata italiana a Londra protesta per uno scivolone d’altri tempi.

Scuole inglesi distinguono meridionali e italiani L’ambasciata protesta: “Siamo uniti dal 1861”

A denunciare l’accaduto sono stati per primi alcuni genitori

«Italiani», «Italiani-Siciliani» e «Italiani-Napoletani»: è polemica sui moduli d’iscrizione messi online da alcune circoscrizioni scolastiche britanniche di Inghilterra e Galles in cui spunta questa inopinata distinzione etnico-linguistica riservata ai bambini provenienti dalla Penisola. Distinzione che suscita sdegno nelle famiglie e innesca una pungente nota di protesta verbale dell’ambasciata d’Italia nel Regno Unito: «Siamo uniti dal 1861», fa presente al Foreign Office l’ambasciatore Pasquale Terracciano, lasciando trasparire un’evidente punta di sarcasmo dietro il rispetto delle forme codificate della diplomazia.

A denunciare l’accaduto sono stati per primi alcuni genitori, allibiti di fronte all’indicazione – fra i dati richiesti – di questa stravagante tripartizione di etnia e di idioma come una sorta di variante italiana. Il loro racconto, rimbalzato su un paio di media in Italia, ha indotto a compiere subito una verifica. E in effetti si è scoperto che era tutto autentico. Nessuno scherzo, nessun equivoco. «Si tratta di iniziative locali – spiega all’Ansa l’ambasciatore Terracciano – motivate probabilmente dall’intenzione d’identificare inesistenti esigenze linguistiche particolari» e garantire un ipotetico sostegno. «Ma di buone intenzioni – aggiunge – è lastricata la strada dell’inferno»: specie quando diventano «involontariamente discriminatorie, oltre che offensive per i meridionali».

Di qui la decisione di un passo ufficiale attraverso la nota al Foreign Office, il ministero degli Esteri di Sua Maestà, nella quale si chiede «l’immediata rimozione» di questa indebita caratterizzazione pseudo-etnica, che nulla ha a che fare con l’importanza dei genuini connotati regionali o dei dialetti italiani. E si conclude ricordando appunto come «l’Italia sia dal 17 marzo 1861 un Paese unificato».

L’episodio s’inquadra in una stagione delicata per la Gran Bretagna, alle prese con la prospettiva della Brexit, il divorzio dall’Ue, in un clima nel quale su temi come il flusso dei migranti o l’apertura agli stranieri non sono mancate fibrillazioni né eccessi: nella società come nella politica. Un clima che a livello locale, nota Terracciano, si riflette anche «nella grave carenza di conoscenza della realtà italiana», di fatto nell’ignoranza diffusa su altri Paesi, che questa vicenda testimonia. Riproponendo, come in una sgangherata macchina del tempo, «una visione tardo ottocentesca della nostra immigrazione». E forse dell’Italia tout court.

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Perché la scissione nel PD non ci sarà

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L’editorialista Federico Geremicca analizza la crisi del Pd alle prese con la minoranza interna: “I leader passano e i partiti – salvo scatafasci – restano. Tutto, dunque, consiglierebbe alla minoranza Pd di restare dov’è e continuare dall’interno la propria battaglia”.

Le ragioni che allontanano la scissione nel Pd

Allontanata dagli stessi potenziali protagonisti come chiacchiericcio o ipotesi da film di fantascienza, una scissione all’interno del maggior partito italiano rischia – al contrario – di trasformarsi nell’approdo possibile (se non inevitabile) di una crisi interna che si trascina, di fatto, dal giorno dell’elezione di Matteo Renzi a segretario del Pd.

I maggiori «sospettati» di lavorare alla divisione del Partito democratico (e cioè Bersani, Speranza e Cuperlo, leader delle minoranze interne) hanno nettamente smentito, ieri, di avere nell’orizzonte una tale possibilità. Qualcuno (Bersani) lo ha fatto con la tradizionale ironia: ci vuole l’esercito della Pinotti per cacciarmi via; qualcun altro (Speranza) rifiutando addirittura di entrare nel merito della questione: per me la scissione non esiste. Ma è la motivazione con la quale Gianni Cuperlo ha negato l’ipotesi, invece, a permettere un minimo di ragionamento su quel che il futuro potrebbe davvero riservare.

«Quando la sinistra si è divisa – ha annotato Cuperlo – la mattina dopo non si è risvegliata più forte e autorevole, né con maggiori consensi: ma solitamente più fragile».

Potrebbe sembrare una dichiarazione rassegnata o pessimista: in realtà, è solo la fotografia di quel che è accaduto in epoca ragionevolmente recente (escludendo, dunque, la scissione che portò, a Livorno, alla nascita del Pci). È una considerazione sottoscrivibile anche oggi, in presenza – cioè – di un Pd che si starebbe «spostando a destra sotto la spinta «modernista» di Matteo Renzi?

Ovviamente, nulla di certo può esser detto in assenza di controprove (che almeno a parole, per altro, nel Pd nessuno dice di voler cercare). Ma poiché dall’avvento dell’«usurpatore» (Renzi, naturalmente) diversi abbandoni eccellenti hanno già punteggiato la vita del Pd, qualche valutazione è forse possibile. L’addio al partito democratico di personalità come Cofferati, Civati, D’Attorre e altri non è paragonabile – in tutta evidenza – ad una eventuale scissione di tutte le minoranze che oggi vivono nel Pd: eppure, quegli addii qualcosa forse insegnano.

La prima, è che il vizio capitale della sinistra italiana (divisioni, appunto; gelosie, personalismi e leaderismi poco sostenuti dal necessario consenso) sembra tutt’altro che guarito. Tra Rifondazione comunista, Sel, Possibile e quant’altro, è in atto da mesi una sorta di inconcludente «guerra fredda», intorno alla cessione di un briciolo di sovranità che permetta la nascita di un soggetto politico unitario (cosa che Sinistra italiana, in tutta evidenza, ancora non è). Si è infatti osservato un tourbillon di veti incrociati e leaderismi che ha fatto gettare la spugna perfino all’uomo che da più parti veniva indicato come il possibile leader di un nuovo partito della sinistra: e cioè Maurizio Landini, letteralmente scomparso, da qualche tempo, dai radar della politica italiana (non certo, naturalmente, del sindacalismo…).

La seconda cosa che quegli abbandoni dovrebbero aver insegnato, è che non basta autoproclamarsi «più di sinistra» per aver successo in un mercato politico le cui regole e il cui tasso di ideologizzazione sono profondamente cambiati. E’ una banalità: ma molte delle risposte e delle ricette tradizionali della sinistra (non solo italiana) non funzionano più. E basta volgere lo sguardo alle dinamiche in atto nell’intera Europa per riceverne conferma.

Dunque, ricostruire una credibile (e appetibile) sinistra di governo, non è opera semplice. E immaginare di farlo a partire da una scissione che i più interpreterebbero come semplice insofferenza verso l’attuale segretario, potrebbe rendere l’impresa ancor più spericolata. È per questo che una scissione del Pd non sembra ragionevolmente alle porte. Per questo e per altro, naturalmente. Compresa una banale, seppur remissiva, considerazione: che i leader passano e i partiti – salvo scatafasci – restano. Il Pd, onestamente, avrà molti problemi ma non sembra certo sull’orlo di un tracollo. Tutto, dunque, consiglierebbe alla minoranza pd di restare dov’e e continuare dall’interno la propria battaglia. Ma gli umori sono quelli che sono: e non è detto che logica e prudenza alla fine abbiano il sopravvento.

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Bersani ribadisce il no al Referendum e spiega le sue ragioni

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Pierluigi Bersani ci spiega in un’intervista le ragioni del suo “No” al referendum del 4 dicembre e attacca il combinato disposto di legge elettorale e riforma costituzionale.

Bersani: il premier sia più umile e la smetta di paragonarsi a Prodi

“Sì, ero per il doppio turno, ma di collegio, che è del tutto diverso. Se voto No non mi dimetto. Col sì elezioni più vicine, e poi non venitemi a chiamare”

ROMA – In mattinata, l’aveva detta così: «Solo se la Pinotti schiera l’esercito mi si potrà far fuori dal mio partito. Quella è casa mia». Pierluigi Bersani è l’uomo più ricercato del giorno e ha voglia di rispondere a chi parla di scissioni imminenti. Nel pomeriggio l’ex segretario dem riceve il vignettista Sergio Staino, neo-direttore dell’Unità, che mesi fa disse a quelli della minoranza Pd che con Togliatti sarebbero finiti in Siberia.

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Perché non è intervenuto in direzione?  

«Bastavano Gianni Cuperlo e Roberto Speranza a dire le cose come stanno».

La commissione Pd sulla legge elettorale è un’apertura concreta di Renzi, o no? 

«(Sorride) Una commissione non si nega a nessuno. Io ho detto a Guerini che noi della minoranza ne faremo parte solo per rispetto a lui».

Cuperlo ha detto che se voterà no si dimetterà da deputato. Lo farà anche lei?  

«Quello di Cuperlo è un gesto generoso, ma non è una linea politica. E poi: qualcuno dovrà pur rimanere a testimoniare per il No».

Accetterebbe un confronto tv con Renzi?  

«Credo non lo farebbe lui. Io, comunque, non faccio il portavoce del fronte del No».

Come spiegherà agli elettori il No a un riforma che aveva votato in Parlamento?  

«Spiegherò che c’è un problema di democrazia, come dicevo già un anno fa. Oggi tutti parlano del pericolo proveniente dal combinato disposto Italicum-riforma costituzionale. Quando lo sostenevo io, eravamo in pochi. Per quel motivo si è dimesso un capogruppo, Speranza, e io per la prima volta in vita mia non ho votato la fiducia al mio partito».

Renzi dice che eravate voi i sostenitori del doppio turno…  

«Il doppio turno di collegio, che è ben altra cosa. Lui parla tanto della legge dei sindaci… ma il sindaco è l’amministratore di un grande condominio che è il comune, non fa leggi, non stampa moneta».

Scenari sul dopo referendum. Se vince il No?  

«Non si andrà al voto subito perché bisognerà prima fare una legge elettorale».

Se vince il Sì?  

«Può essere che si vada a votare. Ma può benissimo succedere che il Pd perda, e vinca qualcun altro. A quel punto però, non mi venissero a cercare, eh…»

Qual è il pericolo, scusi?  

«Visto cosa sta succedendo in Europa, e nel mondo? Io ho l’orecchio a terra, sento il magma che si muove sotto. E poi non pensiamo che la destra nel Paese non ci sia…»

Con l’Italicum si conosce subito il vincitore: non è un bene?  

«Possiamo anche saperlo nel pomeriggio, se è per questo. Andiamo da Giletti, estraiamo a sorte una persona e gli diamo il cento per cento. Dai, non scherziamo… Se insisti a semplificare, alla fine trovi qualcuno che semplifica più di te. Anche un rappresentante della nouvelle vague del socialismo francese come Macron ha detto che se c’è la febbre non puoi rompere il termometro».

Smentisce la scissione, anche per il futuro?  

«Sembra di assistere al referendum tra repubblica e monarchia. Anche allora, dentro la Dc votarono diversamente, ma il giorno dopo erano tutti democristiani allo stesso modo. Come avvenne nel Pci con l’aborto: mica tutti votarono a favore».

Il clima così è da congresso permanente, però.  

«Il congresso sarà importante se separeremo i ruoli di segretario e premier. E non lo dico perché voglio far fuori Renzi. Sarebbe un gesto di generosità per riaggregare il centrosinistra, aprirlo al civismo, alle associazioni. Dobbiamo uscire dalla logica del faccio tutto io e guardare fuori per vedere cosa c’è intorno a noi».

Renzi si è augurato di non passare i prossimi 30 anni a chiedersi chi ha ucciso il Pd, come avete fatto con l’Ulivo.  

«Gli consiglio più umiltà: non si paragoni a Prodi, già questo segnala una perdita di dimensioni, sia dal punto di vista delle personalità che ne facevano parte – c’era gente come Ciampi – che da quello della spinta riformista. Potrei parlare per ore delle riforme che abbiamo fatto. Era un governo dove ci davamo del lei e non facevamo una legge di Bilancio in dieci minuti per andare al Tg. Ripetono di guardare al futuro? Cominciamo a non lasciare troppi debiti».

È contrario a più flessibilità?  

«Sono favorevole: ma una famiglia si indebita per investire, non per regalare bonus».

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lastampa/Bersani: il premier sia più umile e la smetta di paragonarsi a Prodi ILARIO LOMBARDO, FRANCESCA SCHIANCHI

La manovra in cifre: 24,5mld per crescita, sostegno a famiglie e pensioni

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Il governo presenta i numeri della manovra: dei 24,5 miliardi di euro, 22,5 puntano sullo sviluppo con incentivi alla crescita, sostegno alle famiglie e alle pensioni più deboli.

La manovra vale 24,5 miliardi: un piano crescita in quattro mosse

Il governo punta su competitività, sviluppo, pensioni e contratti, blocco dell’Iva. Padoan conferma l’obiettivo di un incremento del Pil dell’1 per cento il prossimo anno

Incentivi agli investimenti, supporto alle imprese, maggiori investimenti pubblici, iniziative a sostegno di famiglie e pensionati. Sono questi i pilastri della crescita su cui scommette il governo in vista del varo delle legge di bilancio atteso per sabato. Una manovra che complessivamente vale 24,45 miliardi e che consente al ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan, tornato ieri sera in Parlamento per una nuova audizione dopo i rilievi dell’Ufficio parlamentare di bilancio, di confermare per il 2017 un obiettivo di crescita pari all’1% del Pil.

L’Upb conferma il suo no

L’Ufficio parlamentare di Bilancio a sua volta ha confermato con una lettera ai presidenti di Camera e a Senato di non aver convalidato le stime, ma il governo tira dritto. «Previsioni fuori linea? In realtà – ha spiegato Padoan – lo scarto è contenuto e non significativo in termini statistici». Colpa soprattutto dei differenti modelli statistici. Il ministro conferma così l’indebitamento netto (2% nel 2017, 1,2 nel 2018 e 0,2 nel 2019) ed il +1% di Pil nel 2017 per passare poi all’1,3% nel 2018 ed all’1,2 l’anno seguente. «La composizione della manovra e quindi alcuni dei suoi effetti sono ancora passibili di variazione» ha aggiunto il ministro. Ma le misure di stimolo alla crescita per un totale di 22 miliardi sono già state tutte individuate. A cominciare dalla rimozione dell’aumento dell’Iva, che impegnerà circa 15 miliardi, aumenterà il Pil dello 0,3%. Una stima che Padoan ritiene prudente «considerando il contesto macroeconomico nel quale ci troviamo dall’inizio della crisi».

Il pacchetto competitività

Il pacchetto competitività vale invece lo 0,1% in più e prevede misure per stimolare gli investimenti in macchinari, attrezzature e mezzi di trasporto e beni immateriali. Si va dai super-ammortamenti (al 140%) relativi ad investimenti effettuati nel 2017 all’iper-ammortamento (al 250%) per investimenti legati al piano Industria 4.0. Quindi si rafforzano i crediti d’imposta su investimenti in ricerca e sviluppo e nell’ambito delle iniziative di «Finanza per la crescita» vengono introdotti i Piani di risparmio individuali.

Spinta sugli investimenti

I maggiori investimenti in opere pubbliche e messa in sicurezza di infrastrutture scolastiche e viarie in chiave antisismica compresi nel pacchetto-sviluppo a loro volta valgono un altro 0,1% di crescita. Proprio ieri, varando il decreto per il terremoto che ha colpito Lazio e Marche, il governo ha ufficializzato che nella legge di bilancio verranno stanziati 4,5 miliardi destinati alla ricostruzione (3,5 per le case private e 1 miliardo per gli edifici pubblici). Quindi sarà prorogato, e «fortemente potenziato» in chiave antisismica, l’intero pacchetto di incentivi fiscali a favore di risparmio energetico, ristrutturazioni e acquisto di mobili. Il governo conta di rifinanziare anche il Fondo centrale di garanzia e la legge Sabatini sul rinnovo del parco macchinari.

Pensioni e contratti

Infine il pacchetto che tiene assieme politiche sociali, contratti pubblici, capitale umano e politiche vigenti vale un ulteriore 0,1%. L’impatto, in questo caso, ha precisato Padoan, «è arrotondato per difetto». Nelle spese sociali sono comprese l’adeguamento delle pensioni minime (con l’aumento del 30% delle 14esime a favore di 3,3 milioni di soggetti), le risorse per le famiglie, il capitale umano e i rinnovi contrattuali in tutta la Pa.

La spinta complessiva di questo pacchetto di misure arriva allo 0,7% del Pil se non fosse che occorre conteggiare l’impatto delle coperture: -0,2 di punto per effetto delle riduzioni di spesa (anche se dalla spending review ci si attende di ricavare appena 2,6 miliardi contro i 4,5 ipotizzati a suo tempo) ed un ulteriore -0,1% per effetto delle maggiori entrate, tra recupero dell’evasione (Iva compresa) e nuove entrate legate alle concessioni governative.

I nuovi stanziamenti

Complessivamente sulle misure a favore della competitività il governo conta di investire 347 milioni nel 2017 per poi salire a 4,7 miliardi nel 2019 e a 5,4 nel 2019. Il pacchetto sviluppo vale invece 3,8 miliardi nel primo anno, quindi 4,01 il secondo e ben 6,1 il terzo. Le spese obbligatorie assorbono 2/2,2 miliardi mentre le «nuove politiche» (pensioni minime, contratti pubblici, capitale umano) assorbiranno 3,15 miliardi nel prossimo anno per poi salire sino a 3,8, confermando così quanto il sentiero sia particolarmente stretto per gli interventi nel campo della previdenza e dei contatti della Pa. Per i quali ieri si ipotizzava la possibilità di spalmare gli aumenti in 4 anni anziché in 3.

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lastampa/La manovra vale 24,5 miliardi: un piano crescita in quattro mosse PAOLO BARONI

La riforma di Boeri per l’ Inps

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Per poter riformare le pensioni in Italia c’è bisogno di una nuova Inps: il presidente dell’istituto, l’economista Tito Boeri, descrive la sfida che interessa milioni di italiani in un’intervista a Alessandro Barbera de La Stampa.

Boeri: “Se non riorganizziamo l’Inps la riforma pensioni è a rischio”

«Entro un anno il sussidio di disoccupazione sarà automatico. Il sì al referendum è fondamentale per cambiare il sistema dell’invalidità»

Tito Boeri ha un piccolo ufficio di proprietà dell’Inps a Palazzo Wedekind, due stanze di quella che una volta era l’enorme redazione del Tempo di Roma. Quando non lavora nel palazzone dell’Eur, è il suo punto d’appoggio. Le stanze adiacenti vengono affittate. Non una segretaria, non un funzionario. È appena tornato da Berlino dove ha discusso il progetto per introdurre il numero di sicurezza sociale europeo. In un angolo del tavolo lo zainetto nero da cui non si separa mai. Oggi rifirmerà con alcune modifiche il piano di riorganizzazione dell’istituto che gli ha creato enormi grane con i sindacati. Le finestre di Matteo Renzi a Palazzo Chigi sono a portata di voce.

Boeri, a costo di fare arrabbiare il premier non ha mai smesso di chiedere più flessibilità per le pensioni. Fra pochi giorni diventa realtà l’Ape, il piano per concedere l’anticipo a chi vuole uscire prima dal lavoro. Una buona riforma o un flop annunciato?  

«Tutto ciò che permette maggiore libertà di scelta a persone e imprese senza far aumentare il debito va bene. Il governo ha dovuto tenere conto dei vincoli europei, resta da verificare che i costi non vengano fatti pagare alle giovani generazioni».

Giudizio sospeso?  

«Il diavolo sta nel dettaglio e diverse cose sono ancora in discussione. C’è una norma di cui sono molto soddisfatto: quella per abolire le ricongiunzioni onerose fra gestioni previdenziali diverse. E’ iniquo penalizzare chi cambia lavoro. E poi equivale a tirarci una zappa sui piedi: secondo l’Ocse siamo il Paese europeo con il più alto “mismatch”. In altre parole abbiamo il maggior numero di lavoratori occupato in mansioni diverse dalle loro competenze. Migliorando l’incontro fra domanda e offerta di competenze possiamo tornare a crescere».

Il piano di uscita anticipata è piuttosto complesso, non è ancora del tutto chiaro chi potrà fare cosa. O no?  

«Sì è vero, è un meccanismo complicato, per questo ci vorrà un’importante campagna informativa e il contributo dei sindacati».

A parole tutto molto bello, intanto chi ha diritto ad un sussidio di disoccupazione deve fare domanda e attendere mesi.  

«Entro fine 2017 contiamo di fare tutto in automatico chiedendo noi a chi perde il lavoro dove versare la prestazione cui ha diritto e se è disponibile al reimpiego o a corsi di riqualificazione. Questo ci permetterà di erogare subito la prestazione senza aspettare che il lavoratore si attivi per richiederla».

Come va l’operazione buste arancioni? Al giornale riceviamo lettere di persone che scoprono di dover andare in pensione a 70, 71 anni.

«Bene che lo sappiano sin d’ora. E che si permetta loro, entro certi limiti, di poter uscire prima, ma con prestazioni più basse».

Quante lettere avete spedito?  

«Circa due milioni. Le abbiamo mandate a chi non aveva il codice di accesso ai servizi on line».

Per il piano pensionistico chiede collaborazione ai sindacati, intanto sulla riorganizzazione dell’Inps le fanno la guerra.  

«Senza la riorganizzazione dell’Inps sarà difficile l’attuazione del piano di anticipo pensionistico. L’Inps dovrà essere il centro di una rete fra banche, assicurazioni, imprese e lavoratori. Per noi è una grossa sfida. Abbiamo il dover di informare adeguatamente i contribuenti sulle implicazioni di scelte difficili. Per farlo abbiamo bisogno di più dipendenti preparati sul territorio».

Lo ha detto al premier? Le indiscrezioni raccontano che in passato avete passato momenti di grande freddezza. E’ così?  

«Non ho mai avuto la sensazione di avere problemi con lui. La mia indipendenza di giudizio non è mai stata in discussione. I problemi in passato semmai li ho avuti col Parlamento, e su questo Renzi non si è mai espresso, né a favore né contro».

L’organismo di vigilanza in cui siedono i suoi rappresentanti – il Civ – ha fatto ricorso al Tar contro il regolamento di organizzazione. Perché?  

«E’ stato il presidente del Civ a fare ricorso. In quel testo chiede di continuare a mettere bocca nella gestione intervenendo direttamente sull’operato del direttore generale. Come in passato c’è chi vorrebbe continuare a scegliere i dirigenti con il manuale Cencelli. Questo è inammissibile. I sindacati devono esercitare sorveglianza, lo avrebbero forse dovuto fare meglio in passato, non devono certo gestire la macchina».

E poi ha un fronte aperto con i dirigenti, che contestano il piano di riduzione delle direzioni generali. Perché?  

«La fusione fra Inps, Inpdap ed Enpals è avvenuta a freddo. Da allora non c’è mai stata una vera riorganizzazione. (Tira fuori l’organigramma dell’Inps). Guardi qui: le pare possibile che l’Inps debba avere una direzione “per il coordinamento analisi e monitoraggio soddisfazione dell’utenza per la riduzione del rischio reputazionale”? Per la pubblicazione dei lavori fatti dai ricercatori coinvolti nel programma VisitInps ho dovuto coinvolgere cinque direzioni generali. Glielo ripeto: cinque».

Come entra in ufficio all’Eur la mattina? Si mette l’elmetto?

«Il mio discorso di fronte ai dirigenti è stato forse il più difficile della mia vita. Ma c’è anche chi sta dalla mia parte. La struttura è sotto stress: siamo ventottomila ed eroghiamo oltre quattrocento prestazioni diverse. La settimana scorsa ero in Polonia, dove ci sono cinquantamila persone per occuparsi solo di pensioni. Anche in Francia e Germania ci sono molti più dipendenti per euro erogato che da noi. Al tempo stesso i carichi di lavoro non sono distribuiti in maniera equa e il merito non viene adeguatamente premiato. (Tira fuori un altro pezzo di carta, è la lettera di una dipendente)».

Oggi avete 48 direzioni generali, 33 delle quali a Roma. Lei ora qui ne vuole solo 14 e ben 22 sul territorio. Perché?  

«La mia impressione è che il federalismo all’italiana abbia buttato via il bambino con l’acqua sporca. Lo Stato ha abbandonato il territorio. Le autorità locali hanno bisogno di macchine efficienti per erogare i servizi e solo un’amministrazione centrale può ottenere quelle economie di scala che sono essenziali per raggiungere molte persone con costi molto bassi. Quando giro le sedi e incontro i sindaci spesso mi chiedono di aprire punti Inps presso i loro Comuni. Sono disposti non solo a darci locali in comodato gratuito, ma anche terminali e persone dedicate».

Non c’è il rischio di alzare i costi?  

«Dipende da come si riorganizza lo Stato: non deve moltiplicare le amministrazioni. Penso alla gestione degli ispettorati del lavoro: era divisa fra ministero del Lavoro, Inps e Inail. Che bisogno c’era di aprire un nuovo soggetto terzo, anzi quarto a tutti questi? Non si poteva riunire le funzioni presso uno di queste entità?»

Il referendum sul Titolo quinto avrà effetti sul vostro lavoro?  

«Potenzialmente importanti. Penso al contrasto alle povertà: oggi se ne occupano Comuni e Regioni a macchia di leopardo, mentre lo Stato contribuisce residualmente con la carta acquisti. Ci vorrebbe un sistema di finanziamento nazionale affiancato da un cofinanziamento locale. Questo responsabilizzerebbe gli enti locali a controllare che i soldi vadano davvero a chi ha bisogno e a spingere chi può a lavorare. Un altro esempio è la riforma degli strumenti per la concessione di assegni di invalidità: oggi la competenza è divisa fra noi e Asl con sovrapposizioni evidenti, lungaggini e contenzioso. Ipotizziamo di affidare tutto all’Inps: oggi è necessario mettere d’accordo tutte le Regioni, se il sì passa lo Stato riavrà il potere di regia».

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Lucas Alario alternativa a Milik, il Napoli lavora in vista di gennaio

Si pensa ad Alario in vista di Gennaio

Esclusa la pista che porta ad uno svincolato per sostituire l’infortunato Arek Milik, il Napoli pensa al mercato di gennaio. Secondo quanto riporta Sky Sport, gli azzurri starebbero pensando al giovane Lucas Alario, attaccante classe 92 del River Plate. Sul ragazzo, ci sarebbe forte l’Inter di De Boer. Su di lui anche il Genoa, che in estate provò a portarlo in Liguria.

Coppa Italia LND- Real Forio i convocati per il match contro il Real Albanova

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Domani pomeriggio (ore 15.30), il Real Forio ritornerà a giocare allo stadio “Calise” in occasione del ritorno dei sedicesimi di finale di Coppa Italia Eccellenza e Promozione. Sull’isola sbarcherà il Real Albanova, battuto degli isolani nella gara d’andata per 4-0 grazie alle reti di Trofa, De Felice, Vitagliano e De Luise V. Due risultati su tre a disposizione dei padroni di casa che per ritrovarsi fuori dalla competizione dovrebbero arrivare ad un passivo che vada dal 5-1 in poi (sempre con almeno quattro reti di scarto). In caso di passaggio del turno, il Real Forio affronterà la vincente tra Virtus Volla e Barano. Di seguito i convocati di mister Impagliazzo che dovrà fare a meno di diversi giocatori importanti:

 

Verde

Di Massa

Conte

Calise

Mora

Abbandonato

Di Spigna

Trofa

Sannino

De Luise V.

Vitagliano

Mazzella

Chiocca

Maltese

Verde A.

De Felice

Chiaiese

De Luise M.

Trani

 

Squalificati: Di Dato (3 giornate)

Infortunati: Saurino G., Saurino C., Fiorentino, Iacono, Fanelli, Arcamone, Ruggiero

Guerrieri: “Maradona ha fatto una promessa i suoi tifosi”

Le parole del giornalista

Francesco Guerrieri, giornalista del corriere dello sport, ha rilasciato un’intervista nel corso di Fuori Gara trasmissione in onda su Radio Punto Zero: “Maradona è arrivato in conferenza stampa in leggero ritardo ma era sorridente e sereno. Ha affermato che Papa Francesco lo ha fatto riavvicinare alla chiesa facendogli trovare serenità. Per prima cosa ha voluto fare un annuncio ai vari top player del presente e del passato invitandoli a partecipare a questi eventi di beneficenza, riferendosi alla partita della Pace di domani. Si è parlato anche di Napoli e di Higuain. Per Maradona l’argentino ha sbagliato, ha ricordato che anche lui aveva avuto proposte molto importanti dall’avvocato Agnelli, ma non ha mai voluto tradire il popolo napoletano. Ha promesso inoltre che farà 90 minuti all’Olimpico domani sera, vedremo se manterrà la promessa. Secondo il Pibe de Oro quella di sabato contro la Roma sarà una partita decisiva per il campionato di entrambe le squadre. Infine secondo Diego non c’è differenza tra Gabbiadini e Milik”.

Ancelotti: “Sarà un momento difficile per il Napoli, ma non bisogna arrendersi”

Le parole di Carlo Ancelotti

Carlo Ancelotti, allenatore del Bayern Monaco, ha rilasciato un’intervista alla Gazzetta dello Sport, nella quale si è soffermato sulla situazione del Napoli dopo l’infortunio di Milik: “Strada spianata per la Juve dopo l’infortunio di Milik? E’ una dura batosta per il Napoli perdere il polacco. Ora tocca a Gabbiadini che ha una grande responsabilità. Scudetto? Sicuramente è favorita la Juve, ma non parlerei di strada spianata. Tutto può succedere, l’infortunio è sempre dietro l’angolo. Della Juve mi piacciono solidità, continuità, organizzazione di squadra e di società. Errori di Buffon e difesa di Allegri meno solida? Tutti gli avversari se lo augurano. Però la solidità difensiva rimane la forza della Juve”.