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Auto storiche a Nerviano: Ruote Quadre

Si è tenuto a Nerviano il 2 giugno scorso il raduno di auto storiche del neonato gruppo ‘Ruote Quadre Nerviano’.

Ruote Quadre a Nerviano
Ruote Quadre a Nerviano

 

I complimenti più sinceri vanno espressi ad Andrea Gagliardi, Enzo Accietto e Andrea Re, fondatori del gruppo ‘Ruote Quadre Nerviano’ per il loro primo raduno di auto storiche organizzato nella splendida cornice di Nerviano.

Oltre 60 automobili, immatricolate rigorosamente prima del 1988, sono arrivate da tutta la Lombardia, e anche dalla Svizzera, nella cittadina che le ha accolte in maniera calorosa e affettuosa.

Dopo il giro turistico e panoramico per le principali vie del centro di Nerviano, tra l’entusiasmo di tutti i cittadini che hanno molto apprezzato il serpentone colorato formato dai gloriosi mezzi, le auto hanno raggiunto in corteo la torre civica, resa accessibile e visitabile per l’occasione. Un aperitivo gustoso e generoso attendeva i partecipanti per i quali è stato possibile apprezzare, in una bellissima giornata di sole con caldo moderato, un panorama mozzafiato da 33 metri di altezza sui 41 complessivi della torre.

Bellissima e innovativa l’idea del Servizio Taxi proposta dal gruppo Ruote Quadre Nerviano che ha permesso, ai curiosi e ai visitatori del raduno, di poter salire a bordo dei bolidi datati per un giro pirotecnico che ricorderanno a lungo.

L’evento, realizzato con semplicità e amicizia, è risultato riuscitissimo e molto apprezzato dai frequentatori assidui dei raduni. E’ stata sicuramente nodale la collaborazione attiva e fattiva delle associazioni “Giovani Nervianesi / Big Bang Music Fest”, Ortografia Urbana, Radio Soccorso Nerviano e “Facciamo Quadrato”.

I tre organizzatori hanno sottolineato a gran voce la fondamentale importanza dell’appoggio ricevuto dalle associazioni e dall’amministrazione comunale locali. Ne sono testimonianza i bellissimi e originalissimi gadget di cui è stato fatto dono a tutti gli equipaggi.

Una cosa è certa: è stato solo il primo appuntamento di una sicura lunghissima serie: https://www.facebook.com/ruotequadrenerviano/

Alcuni dei mezzi storici intervenuti
Alcuni dei mezzi storici intervenuti

Pescara. La Polizia sequestra 3,4 chilogrammi di marijuana.

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Questa mattina, gli agenti della squadra mobile di Pescara, con il supporto di unità cinofile della Squadra Volanti, a seguito di attività investigativa svolta a Montesilvano (PE) in Via Ariosto, ha proceduto al sequestro a carico di ignoti di 3,4 Kg di marijuana. L’ingente quantità di stupefacente era sotterrato in un terreno adiacente ad una delle palazzine sgomberate la scorsa settimana, ed era custodito in una confezione sottovuoto ermeticamente chiusa ed avvolta con del nastro adesivo contenente del caffè macinato, secondo una metodologia notoriamente usata per eludere l’olfatto dei cani antidroga.

Sulla base delle attività investigative fino ad ora condotte, lo stupefacente era destinato allo spaccio al minuto ad opera di un gruppo di cittadini stranieri originari del centro Africa che in precedenza occupavano alcuni degli appartamenti sgomberati. Sono in corso ulteriori accertamenti per risalire all’esatta identificazione dei componenti del suddetto gruppo.

 

Virgilio… Il Pentito – VIDEO (Lo Piano – Saint Red)

CCXIX (219a) udienza del processo Mafia Capitale, Il difensore di Salvatore Bruzzi, l’Avv. Alessandro Diddi, paragonando il suo assistito a Virgilio, ha dichiarato che gravi responsabilita’ erano da attribuire al Pool antimafia della Procura romana.

Questa, ha proseguito il penalista, ha perso una grande occasione, aveva a sua disposizione un Virgilio reo confesso, disposto a guidarla in questo tortuoso percorso giudiziario, ma ha preferito andare alla ricerca di farfalle all’interno della foresta, costruendo alla fine, in maniera veramente eccessiva, un mostro di processo che aleggia sotto questo 416 bis.

Sempre secondo il difensore di Bruzzi, si sarebbe potuto comprendere meglio come avvenivano le spartizioni a livello politico delle grandi gare e come erano gestiti i rapporti con la Pubblica amministrazione.

(video d’archivio: 9 dicembre 2014)

Lui, “Virgilio” il pentito, era pronto a consegnare le chiavi per scardinare un sistema marcio e corrotto a tutti i livelli (Comune, Regione, Parlamento), ma la Procura, per l’Avvocato Diddi, ha sprecato questa opportunità, liquidando Bruzzi come soggetto non credibile e’ affidabile.

Per dovere di cronaca, 36 sono le imputazioni a suo carico, da cui si dovra’ difendere.

Continuando nella sua arringa l’Avvocato Bruzzi ha affermato nell’udienza di ieri che il suo assistito avra’ sbagliato, sara’ stato un grande mazzettaro, un corrotto, ma non certo sarebbe dovuto essere considerato a livello di mafioso e andare incontro ad un processo come imputato da 416 bis.

I Magistrati della Procura romana, hanno chiesto pene sueriori ai 25 anni di carcere per i principali imputati in questo processo: in totale sono 500 gli anni di detenzione per tutti gli imputati..

Se l’accusa reggera’, i responsabili del sacco di Roma, non se la caveranno con qualche mese di galera, per poi godersi a vita i beni che sono riusciti ad occultare in anni di ruberie, saranno graditi ospiti delle patrie galere per anni e anni (speriamo).

Salerno marito porta moglie in tribunale per soprusi, violenze e minacce

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9 anni di continue violenze, di bastonate e di calci, il tutto davanti agli occhi della loro bambina. Sono i maltrattamenti domenistici che la signora M.C.G. ha riservato a suo marito dal 2006 al 2015.

Ieri l’uomo ha raccontato la sua infernale vita matrimoniale al giudice della terza sezione penale di Salerno, ha denunciato gli assidui soprusi e le costanti minacce. La prima denuncia è stata presentata nel 2015, e da lì si è passati man mano alla separazione della coppia.

Ascoltata dal giudice anche la sorella della vittima, che ha confermato gli episodi esposti dal fratello. Inoltre l’ex moglie, assistita in aula dall’avvocato Alfredo Pellecchia, avrebbe più volte lasciato il focolare domestico, durante gli anni del matrimonio, per intere settimane non dando notizie di sé.

Ma ad aggravare maggiormente la situazione della donna sono le accuse di violazione degli obblighi di assistenza familiare e gli abusi compiuti davanti alla loro bambina, la quale fin dalla tenera età avrebbe visto il padre subire la follia della madre.

Luisa DI CAPUA

Ladispoli. Gli studenti dell’I.C. Ilaria Alpi incontrano Giorgio Ajò, testimone della Shoah

All’Auditorium M. Freccia di Ladispoli, gli studenti della Scuola Secondaria dell’I.C.Ilaria Alpi, incontrano Giorgio Ajò, esponente della comunità ebraica di Roma e membro del “Progetto Memoria”, che racconta quanto accadde il 16 ottobre 1943 nel ghetto di Roma.  Organizzatore dell’evento, il prof Alessandro Borghi.

Ladispoli- Giorgio Ajò: la storia di un ebreo romano scampato con la sua famiglia alla deportazione e all’orrore dello sterminio della sua razza, perpetrato dalla Germania nazista nei confronti di tutti gli ebrei d’Europa, in forza di assurde leggi razziali.

Era il 16 ottobre del 1943, Giorgio aveva solo 6 anni quando con i suoi genitori fu costretto a lasciare Roma e a celarsi dietro un falso nome per non essere scoperto dai tedeschi che deportavano tutti gli ebrei. Sono passati più di 70 anni da quell’orrore ma i ricordi sono ancora nitidi e vivi negli occhi e nella mente di Giorgio che racconta con limpidezza e semplicità “LA” Storia.

Esponente della Comunità ebraica e membro dell’Associazione “Progetto Memoria”, il 31 maggio scorso Giorgio Ajò ha incontrato gli studenti della scuola secondaria dell’Istituto Comprensivo Ilaria Alpi di Ladispoli presso l’Auditorium “Massimo Freccia”, un evento sulla memoria storica organizzato dal Prof. Alessandro Borghi, docente all’Istituto Ilaria Alpi. Attraverso l’interesse per la musica concentrazionaria (la musica composta nei lager dai musicisti ebrei), il prof. Borghi incontra il sig. Ajò; nasce un rapporto culturale che culmina con l’invito all’evento organizzato per gli studenti di Ladispoli. “Lavoriamo cercando di sensibilizzare i nostri alunni a certe tematiche- spiega il prof Borghi– I libri di scuola sono sicuramente utilissimi ma il contatto diretto con il problema serve a sensibilizzare di più”.

Accompagnati dai propri docenti, gli alunni hanno potuto ascoltare il drammatico racconto di Giorgio Ajò, simbolo della memoria storica che non va perduta, custode di un passato che vive attraverso le sue parole, membro di un progetto che guarda al futuro (quello dei giovani di oggi) con l’intento  di prevenire gli errori del passato: è questo  il valore educativo della memoria storica, di quella memoria che non va dimenticata perché costituisce un alto obiettivo per una società civile.

VIDEO: Intervento Giorgio Ajò. Domande degli studenti

Sotto lo sguardo attento dei giovani studenti, Giorgio ha raccontato, con gli occhi di un bambino di appena sei anni, il clima di terrore vissuto da milioni di ebrei nel periodo della Shoah.

Il primo inganno dei tedeschi che, arrivati nel quartiere di Roma quel 16 ottobre del 1943, chiedevano la consegna di 50 kg di oro in 36 ore sotto la minaccia di fare prigionieri 200 ebrei, e con la promessa che, ricevuto i preziosi, li avrebbero lasciati liberi. Ma, consegnato l’oro, ne catturarono 1023. Il racconto della razzia, un quartiere saccheggiato, e quei 1023 ebrei tutti deportati. I soldati fascisti che aiutavano i tedeschi a setacciare le strade che i primi non conoscevano; l’ordine di radunare in 20 minuti tutti i propri vestiti e preziosi per poi mettersi in fila ed essere condotti in un posto dove ricevevano assistenza e accoglienza: era il secondo inganno. Tutti eseguivano gli ordini dietro la minaccia di essere uccisi. Pensavano così di scampare alla morte. Ma di quell’inganno, Giorgio, seppe solo “dopo”, perché chi partiva non faceva più ritorno e nessuno sapeva, fino alla fine dell’occupazione tedesca, quale fosse l’atroce fine che spettava ai prigionieri. Il racconto struggente del viaggio dei deportati, dalla stazione Tiburtina, 5 giorni con una sola borraccia d’acqua; l’arrivo; la “selezione” effettuata da un medico delle SS (famoso per i suoi esperimenti sulle persone): quelli a destra con destinazione verso Auschwitz dove venivano direttamente uccisi con il gas, e quelli a sinistra utilizzati come cavie. Poi la fuga della famiglia Ajò verso Agello, un paesino sulle rive del lago Trasimeno, con una nuova identità e la paura di essere scoperti. Infine il ritorno a Roma dopo la liberazione degli alleati, che restituirono lavoro e dignità ai suoi genitori e una vita “normale” a Giorgio.

Oggi Giorgio è nonno e quella storia l’ha raccontata prima ai suoi figli e poi ai suoi nipoti divenuti adolescenti. Ma non si è fermato qui. Giorgio porta la sua testimonianza da circa 10 anni nelle varie scuole d’Italia “perché un orrore del genere non si ripeta mai più. Il genocidio degli ebrei è stato un fatto unico e, spero, irripetibile. Purtroppo l’animo umano è quello che è… e noi andiamo in giro nelle scuole a parlare ai ragazzi per infondere loro un senso di ripulsa verso questi avvenimenti”.

Al termine della sua testimonianza, i giovani studenti hanno rivolto al Sig. Ajò molte domande, a riprova che un incontro sulla Shoah consente di chiarire e approfondire tante domande che, diversamente, non avrebbero trovato risposte.

Di Maria D’Auria

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Segui l’ultima puntata de “Il Pungiglione Stabiese 2.0”

Ritorna in onda ” Il Pungiglione Stabiese “

Ci siamo, martedì 06 giugno 2017 alle 19:30 andrà in onda l’ultima puntata de “Il Pungiglione Stabiese 2.0” in diretta facebook, sul profilo facebook di Mario Vollono,  Ciro Novellino e sulle pagine Vivicentro.it e Magazine Pragma Sport – Notizie 24h e sul canale Youtube ViViCentro Network (https://www.youtube.com/user/ViViCentroNETWORK).

Come sempre alla conduzione ci sarà Mario Vollono. 

Vi ringraziamo per la stima e l’affetto che ci avete mostrato anche nelle puntate precedenti con una media di oltre 5000 persone collegate.

In studio ci saranno Ciro Novellino che aiuterà nella conduzione del programma, oltre a Giovanni Malafronte, dirigente dell’Asd San Paolo, a Vincenzo Onorato, ex calciatore delle Vespe e oggi allenatore dell’Asd San Paolo, e al Direttore del settore giovanile della Juve Stabia, Alberico Turi.

Avremo in collegamento telefonico Saby Mainolfi, responsabile del settore giovanile della Juve Stabia e Gianni Improta, ex presidente della Juve Stabia.

Nel corso della puntata ci sarà la premiazione, grazie alla collaborazione con FlyLine, sito in Castellammare di Stabia, dei migliori protagonisti del settore giovanile della Juve Stabia. 

Verranno eletti, tra i tre finalisti (in ordine casuale nella lista presente sotto), il miglior portiere della stagione, il miglior difensore, il miglior centrocampista, il miglior attaccante, il bomber del settore e il gol più bello:

Miglior portiere:

Riccio, Esposito, Menzione

Miglior difensore:

Casella, Bisceglia, Annibale

Miglior centrocampista:

Marrone, Vecchione, Costanzo

Miglior attaccante:

Del Prete Pio, Procida, Chirullo

Premio speciale al bomber dell’anno

Dario Pistola

Premio speciale al gol più bello

Bozzaotre, Marrone, Del Prete

Premio FlyLine, migliore della stagione Berretti

Simone Mauro

Potete fare le vostre domande tramite i commenti alla diretta facebook, oppure utilizzando i messaggi whatsapp al 3389405888.

Vi aspettiamo in tanti anche oggi…. “Il Pungiglione Stabiese” è la vostra casa. Intervenite in tanti!

Vi ringraziamo per l’affetto e la stima che ci avete mostrato nei precedenti campionati e speriamo di offrirvi una trasmissione sempre più bella e ricca di notizie ed ora rinnovata nella grafica.

Rinnovo Ghoulam, si attende l’accelerata decisiva per il rinnovo

Rinnovo Ghoulam, si attende l’accelerata decisiva per il rinnovo

Il rinnovo contrattuale di Faouzi Ghoulam è un altro tema caldo in casa Napoli. Si attende l’accelerata decisiva per il si del giocatore, al quale e’ stato proposto il rinnovo a 1.8 milioni piu’ bonus con possibile introduzione di una clausola rescissoria di 25 milioni. Ma l’algerino ha preso tempo aspettando qualche club europeo (il Liverpool?) con un’offerta importante da valutare. Lo rivela Il Mattino.

Dall’Audi Cup ad un match contro una squadra di Premier: le amichevole a tinte azzurre

Dall’Audi Cup ad un match contro una squadra di Premier: le amichevole a tinte azzurre

Il programma delle amichevoli estive del Napoli è più o meno già definito. Gli azzurri cominceranno come ogni anno a giocare contro i dilettanti del Trentino e successivamente con una squadra d’Eccellenza locale. Successivamente, prima del ritorno a Castel Volturno, gli azzurri sfideranno una squadra professionistica che farà il ritiro in zona (al momento non trapela alcun nome). L’1 e il 2 agosto, il Napoli dovrebbe disputare l’Audi Cup con Bayern, Borussia Dortmund e Liverpool. Anche qui il condizionale è d’obbligo perchè, come riporta il Corriere dello Sport, manca ancora l’accordo contrattuale. Poi (8 agosto) il Napoli dovrebbe andare in Inghilterra contro il Bournemouth.

Sarri vuole tenersi Reina, ma il rinnovo è complicato: si lavora al nuovo colpo

Sarri vuole tenersi Reina, ma il rinnovo è complicato: si lavora al nuovo colpo

Per Sarri, Pepe Reina “è un punto di riferimento, un ragazzo di grandi valori. Spero che rimanga il nostro portiere a lungo”, ed è per questo che potrebbe prendere quota l’ipotesi del rinnovo dell’estremo difensore per un altro anno, ma a cifre piu’ basse: lo spagnolo guadagna 2.5 milioni, il prolungamento fino al 2019 potrebbe scattare intorno al milione e mezzo, ma gli è giunta un’offerta del Newcastle di 3 milioni. Con Szczesny ormai vicinissimo alla Juve, si pensa a Neto. L’alternativa e’ Skorupski, altro nome caldo Leno del Bayer Leverkusen. E si lavora su un profilo giovane: seguiti Meret dell’Udinese e Cragno del Cagliari.

Widmer più vicino al Napoli, spunta la cifra della sua cessione

Widmer più vicino al Napoli, spunta la cifra della sua cessione

Il Napoli è sulle tracce di Silvan Widmer dell’Udinese. Secondo la Gazzetta dello Sport l’affare è vicino alla chiusura: “Silvan Widmer è stato trattato anche nell’estate scorsa, ma Napoli e Udinese non trovarono l’accordo per chiudere l’operazione, mentre il ragazzo fu tentato dall’interesse del Milan poi sfumato per questioni di bilancio. Il diesse napoletano è disposto a riprovarci e, quest’anno, la questione potrebbe essere più semplice da trattare e concludere. Dopo Zielinski, dunque, con l’Udinese si potrebbe aprire un nuovo dialogo che dovrebbe concludersi con il trasferimento a Napoli di Widmer. La valutazione si aggira intorno ai 12-13 milioni di euro. Il dirigente napoletano ha già preso contatti con Fredy Strasser, il procuratore del giocatore”.

Per battere incubi e paura ci vuole il coraggio della passione

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Per rispondere alla paura che probabilmente ha originato il panico in piazza, Antonio Scurati scomoda il filosofo Thomas Hobbes: non dobbiamo “continuare ossessivamente a commemorare”, bensì “lottare con il pensiero, l’intelligenza, lo spirito critico”.

Il coraggio per battere gli incubi

La sola passione della mia vita è stata la paura.  

Lo annotò quattro secoli fa Thomas Hobbes, il grande filosofo di un’Inghilterra tormentata dalla guerra civile. Giungeremo alle sue stesse malinconiche conclusioni anche noi, bersagli di una guerra contro la civiltà? Lasceremo che la paura diventi la sola passione della nostra vita? No, non lo permetteremo. Dobbiamo questo impegno ai nostri nonni che combatterono per garantirci la libertà, ai nostri padri che lavorarono per il nostro benessere e ai nostri figli che dovranno ereditare entrambi.

Rinnovata la promessa, si tratta di capire cosa stia succedendo, quale sia la linea di tetano che avvelena i nostri svaghi, i nostri piaceri, le nostre partite del cuore e le nostre canzoni cantate con gli amici.

Guardiamo, perciò, con coraggio in fondo all’abisso che ci si spalanca sotto i piedi. Vedremo allora che il crepaccio ha attraversato, inavvertito come un’incrinatura sottile, le nostre vite per decenni. Per decenni abbiamo vissuto un’esistenza scissa, abbiamo abitato due case diverse, la casa mediatica infestata dai fantasmi della violenza globale e la nostra casa reale che, per quanto modesta, era un luogo di pace.

Qualunque cosa facessimo per guadagnarci pacificamente e modestamente da vivere – ufficio, officina, redazione – ci accompagnava sempre una bolla di immagini tragiche, terribili, sanguinolente, proveniente dai quattro angoli del pianeta, soffiata dagli schermi televisivi o di Internet, in cui si rappresentava la distruzione violenta di vite altrui, la sofferenza e la crudeltà di un’umanità che comunque, per quanto vivida fosse l’immagine, restava straniera.

Ciò fu vero anche con lo spettacolare terrorismo mediatico dell’11 settembre e con le guerre che lo hanno preceduto e che ne sono seguite. Per noi sono rimasti comunque tutti eventi mediatici. Dopo le torri gemelle, per la prima volta gli psichiatri statunitensi diagnosticarono la sindrome post-traumatica da stress, la malattia professionale dei reduci, in spettatori televisivi. Era il paradosso di un’umanità traumatizzata da un’esplosione la cui eco restava inaudibile dalla vita vissuta. Sapevamo che quegli accadimenti terribili ci riguardavano, segnavano la storia del nostro tempo, eppure nella nostra esperienza quotidiana – in ufficio, in officina, in redazione – non ne trovavamo traccia. Eravamo scissi, spaccati a metà.

Ora accade che la spaccatura si ricompone, le due case diventano una sola. Questa nuova, subdola, vigliacca forma di terrorismo da stadio, da mercato rionale, da struscio domenicale, attaccando con fendenti di coltelli da cucina, con arnesi domestici le nostre esistenze quotidiane, conficca la violenza mediatica globale nella base d’esperienza delle nostre vite. E allora ci guardiamo attorno, al bar, sul treno, allo stadio, in piazza, nei cento luoghi consacrati dall’Occidente al culto della libertà, e ovunque cerchiamo l’assassino ignoto che, insinuandosi nelle maglie larghe del nostro benessere, ci scannerà. Ogni nuovo assassinio funge da moltiplicatore della paura perché ogni nuova vittima è colpita in quanto simbolo della nostra libertà.

Che fare allora? Continuare ossessivamente a commemorare, a compiangerci, a intitolare i nostri concerti, i nostri stadi, le nostre discoteche alle vittime? Continuare a pensare a noi stessi soltanto come potenziali vittime inermi, come vacanzieri minacciati dall’uragano?

No, non è questa la strada. Thomas Hobbes ce la indica. Il grande filosofo rispose alla paura che lo avvinceva costruendo una possente cattedrale di pensiero consacrata al culto del laicismo, del secolarismo, dello Stato moderno e del vivere civile contro la brutalità primordiale. In altre parole, Thomas Hobbes rispose alla paura con la lotta. Lottò, coraggiosamente, vittoriosamente, con i suoi mezzi: il pensiero, l’intelligenza, lo spirito critico. Questo dobbiamo fare: lottare. Solo così si vince la paura, nella lotta. Lottare per rimanere noi stessi, con i nostri ridicoli calzoni a vita bassa e le febbri del sabato sera, lottare per difendere dalla lugubre pulsione di morte la disperata gioia di vivere che è il fiore della nostra civiltà.

Chiediamoci allora: siamo disposti a lottare per le partite di pallone, per le libere elezioni, per le risate con gli amici? Siamo disposti a lottare per il diritto delle nostre donne all’istruzione, alla dignità del lavoro, al libero amore e per la nostra piccola, impagabile gioia nel vedere le ragazze sorridere, le ragazze ballare?

Se vi risponderete di sì, non c’è da aver paura: i mezzi della lotta sono tanti. Non ci sono solo i coltelli.

vivicentro.it/opinioni
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lastampa/Il coraggio per battere gli incubi ANTONIO SCURATI

In piazza San Carlo non c’era un piano di emergenza

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La notte della finale di Champions League in piazza San Carlo a Torino non c’era un piano di emergenza e la linea dettata dal capo della polizia per i grandi eventi è stata disattesa. Sono le accuse più pesanti che ora potrebbero aprire un nuovo fronte nell’inchiesta della Procura: si indaga sulle carenze di Comune, Questura e Prefettura.

A Torino non c’era un piano di emergenza. Ignorata la circolare di Gabrielli

Disattese le misure dettate dal capo della Polizia dopo la strage di Manchester. Per piazza San Carlo assenti il centro di coordinamento, steward e punti raccolta per feriti

TORINO – Subito dopo l’attentato di Manchester il capo della Polizia, Franco Gabrielli, aveva dettato – con una circolare datata 25 maggio – le linee guida da adottare in occasione dei grandi eventi.
  • Verifiche preliminari: «Specialmente nei luoghi dopo possono essere celate insidie».
  • Controlli agli accessi: «Valutando l’adozione di impedimenti anche fisici all’accesso dei veicoli nelle aree pedonali».
  • Presenza di steward degli organizzatori: «Come per gli eventi sportii»,
aveva scritto il prefetto nella nota inviata a tutte le questure d’Italia.
  1. Perché gli attacchi di Parigi, Nizza e Berlino hanno cambiato la percezione della sicurezza.
  2. Perché ogni manifestazione di piazza è potenzialmente un obiettivo.
  3. E perché, nell’immaginario, è entrato ciò che prima non c’era: la figura del terrorista.

È attorno a tutto questo che adesso ruota la domanda delle mille pistole: «Ma, a Torino, s’è fatto davvero tutto il possibile?». E tutto ciò che Gabrielli ha imposto-suggerito? Se l’allerta attacchi ha fatto innalzare il livello dei controlli – sabato in piazza c’erano 200 circa tra poliziotti e carabinieri più 100 e rotti vigili – ciò che è mancato in toto è un piano per l’emergenza. Cioè una strategia per i soccorsi in una piazza che potenzialmente può contenere 30 mila persone. E questo era compito degli organizzatori. Anche con gli steward. Che non c’erano. Come non c’era un punto di raccolta feriti, uno per le persone disperse o spaventate, un centro di coordinamento interforze. Tutte cose che nella notte della finale non si sono viste. E che si sono concretizzate sul tardi grazie all’intervento di un vicecomandante dei Vigili del fuoco di Torino che ha organizzato i soccorsi e cercato di dare una forma agli aiuti nella piazza impazzita mettendo in comunicazione istantanea tutte le forze coinvolte. Ma ormai era mezzanotte passata. Quasi due ore dopo il disastro.

C’era un punto di soccorso, è vero. Ma era in un angolo della spianata (lato opposto al maxi-schermo) ed è stato quasi travolto dall’ondata di gente in fuga. Se i feriti sono andati in ospedale è per la decisione del capo della polizia municipale che ha deviato in zona otto autobus che hanno portato via oltre 120 feriti. Intuizioni dei singoli. Non strategia pianificata a tavolino. Non c’era una via dedicata all’arrivo dei mezzi di soccorso. E il parcheggio sotterraneo, quello che corre sotto la piazza e prosegue per tutta la lunghezza di via Roma, sabato era aperto. Chiusi soltanto gli accessi pedonali su piazza San Carlo. Ma un’auto in fiamme lì sotto – per caso o perché incendiata – avrebbe provocato, nonostante i sistemi antincendio, colonne di fumo che avrebbero invaso comunque piazza San Carlo.

Se ci sono responsabili per tutto questo è una questione tecnico-giuridica che è troppo presto da definire. Dopo l’attacco di Parigi, i gestori dell’ordine pubblico a Torino avevano comunque già dato una stretta in tema di sicurezza. Ma è rimasta sospesa la «safety», ovvero la gestione dell’emergenza. E l’organizzatore dell’evento, Turismo Torino, per ora non commenta: «Aspettiamo di confrontarci con gli avvocati».

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lastampa/A Torino non c’era un piano di emergenza. Ignorata la circolare di Gabrielli LODOVICO POLETTO

VIDEO – Football Leader, l’incontro di Tardelli e Capello alla casa circondariale di Poggioreale

Le dichiarazioni

Parte ufficialmente Football Leader 2017. Alla Casa Circondariale di Poggioreale standing ovation degli oltre cento detenuti presenti in sala all’ingresso di Marco Tardelli e Fabio Capello. A moderare il talk show nella chiesa del carcere Xavier Jacobelli. Prima del dibattito i saluti del governatore della Campania Vincenzo De Luca“Un grande abbraccio a voi e alle vostre famiglie. Voglio ringraziare soprattutto queste due figure, due simboli non solo del calcio italiano ma del nostro Paese per quello che hanno dato allo sport dentro e fuori dal campo. Sono due combattenti: hanno subito delle sconfitte, sono caduti ma non si sono mai arresi. Grazie per la formazione che farete ai giovani allenatori”. Ottanta ore di corso per aspiranti gli aspiranti coach nel carcere di Poggioreale. L’annuncio ufficiale è del vicepresidente dell’Aiac Biagio Savarese“Un corso per formare e informare chi vi parteciperà. Lezioni di metodologia e teoria dell’allenamento, tante ore dedicate alla tattica. Lezioni sulle regole di gioco, con arbitri ed ex arbitri. Infine, alcune ore saranno dedicate alla nostra associazione. Il presidente Scarfato sarà presente durante il corso per informare delle attività che svolgiamo. Auguro a tutti i partecipanti buon divertimento prima che buon lavoro”. Alla domanda di un detenuto che chiede quali opportunità professionali per il corso, Savarese chiarisce: “Sarete formati per un impegno nel settore calcistico. La certezza dell’Aiac è che un corso del genere possa lenire un po’ la pena ma dare anche qualche piccola proiezione futura. Si tratta solo del primo passo del cammino completo perché poi bisognerà partecipare ad altri tre successivi corsi che consentiranno di allenare i giovani di tutte le categorie, poi gli adulti dilettanti. Bisogna provarci. Con questo corso comincerete a farlo”. Entusiasta per l’evento, Antonio Fullone Direttore della Casa circondariale di Poggioreale: “Il nostro è un luogo anche di discussione sul calcio ci fa sentire la comunità del carcere vicino alla società, al territorio. Il calcio è rimasto uno dei pochi elementi di identità collettiva. C’è anche un po’ la storia individuale, sentimentale. Per un’operazione di ricostruzione bisogna partire da sé stessi”.

Alle domande di Jacobelli, Fabio Capello si racconta: “Un piacere ed onore stare con questi ragazzi. Abitavo in un piccolo paese e c’era solo la scuola calcio. Mio padre aveva la passione per il calcio e me lo ha insegnato. Sono andato alla Spal quando avevo 11 anni. Non avevo il telefono e scrivevo due lettere a settimana a mio padre. Si accorse che qualcosa non andava e venne a Ferrara. Ricordo che mi disse ‘Provaci’. Ecco, provateci, senza coraggio non si raggiungono gli obiettivi. A 18 anni il primo infortunio, a 21 il secondo. Quando gli altri andavano a mare io mi mettevo a lavorare. Indossavo la scarpa di ferro per tenere la muscolatura. Qualche volta la strada è tortuosa ma bisogna provarci. Quando ero giocatore solo la voglia e la determinazione mi hanno portato a rimettermi in discussione. Non solo il calcio. Ci sono anche altre situazioni nella vita che sono ripartito”.
Il calcio italiano. “Per prima cosa cercherei di far sì che ci fosse una giornata dedicata allo sport una volta a settimana perché lo sport unisce, aiuta. Con una giornata di sport a settimana si crea una forza unica, lo spirito di squadra. Cosa che manca qui da noi, manca lo spirito nazionalistico. In Inghilterra e in Russia si respira un’atmosfera diversa. Il secondo passo è avere stadi di proprietà. Non deve vivere solo la domenica, tutti i giorni. Bisogna aiutare a livello tecnico i settori giovanili. Quando ho allenato la primavera del Milan andavo nelle piccole società ed era una gioia immensa guardare la voglia dei bambini di giocare a calcio. Oggi, le scuole sono diventate un business. Tante non sono all’altezza della situazione”.
Come si costruisce una squadra di invincibili come il tuo Milan? “Quando vai a Madrid capisci che sei in una squadra straniera e ti devi adeguare. Se non lo capisci diventa complesso. Serietà, serenità e rispetto: non fare capricci, prima di tutto. Se uno arriva in ritardo o chiede qualcosa di diverso, esce dal campo e non dà la mano all’allenatore manca di rispetto a tutta la squadra. Questa linea di condotta del rispetto è importantissima. I leader che lo capiscono trasmettono la mentalità vincente alla squadra. Le squadre vincenti hanno leader positivi. Se in una squadra dessimo ai giocatori la possibilità di fare la formazione per 10/11 sarebbero gli stessi che scelgono gli allenatori. Il Milan ha vinto perché chi passava il testimone trasmetteva una mentalità vincente”.
Il giocatore più difficile da gestire? “Uno è Cassano. Giovane, bravissimo in campo, matto fuori. Il più difficile è stato quello anche più bravo che ho allenato: il fenomeno, Ronaldo. Veniva da un infortunio, io ero a Madrid, si presentò a novembre e pesava 96 Kg. Al mondiale di Corea – Giappone ne pesava 84. Un peccato vedere un giocatore così forte non voler fare sacrifici per abbassare il peso. E’ arrivato a 94, ha giocato tre partite, le abbiamo perse”.
Nel corso della sua carriera di allenatore ha incontrato ragazzi con problemi con la giustizia? Forse qualche presidente. A pensarci, ci sono due casi. Uno era stato poco in carcere, veniva dalle favelas e l’altro dall’Argentina. Ho cercato sempre di supportarli sapendo che avevano trascorso un brutto momento della vita”.

Le domande dei detenuti. Mi piacerebbe allenare, qual è la cosa più importante per farlo? “Capire le persone, il rispetto e capire di cosa hanno bisogno i calciatori. Dicevo sempre ai miei: “Se avete bisogno, venite nello spogliatoio”. Ero sempre disponibile, sia per un problema tecnico che personale. La cosa più importante è il rapporto che c’è tra i giocatori e il secondo allenatore che fa da filtro, in particolar modo per le istanze di chi è più in difficoltà”.
Tra le varie squadre che hai allenato qualche ti è rimasta nel cuore? Ho avuto la fortuna di allenare squadre e di vincere. Ho finito la mia carriera al Milan ed è quella la squadra a cui sono più attaccato. Anche per una questione di successo. Il Real, la squadra del sogno. Senti subito di essere in una grandissima squadra. Ma anche l’esperienza in Inghilterra e Russia mi ha dato tanto, con tutte le difficoltà. Quindi, dico Milan ma ho avuto gioie da tutte le parti”.

Marco Tardelli, dopo il mondiale dell’82, a che tipo di calcio siamo arrivati? “A me piace il calcio del campo, quello fuori è cambiato rispetto ai miei tempi. C’era un’atmosfera diversa. Ci sono oggi degli allenatori molto più preparati sul campo ma molto meno nel contatto con i calciatori. Le difficoltà sono evidenti quando giochiamo all’estero. Io credo che sia ora di muoversi, fare qualcosa di importante, di costruire i vivai perché altre nazioni come la Germania lo hanno già fatto ottenendo risultati. Loro fatto bene, dobbiamo cominciare a fare così anche noi. In Italia c’è troppo campanilismo. Bisogna essere uniti tutti nello sport. Ieri ero qui a Napoli e quando la Juve ha perso hanno sparato i botti. Una squadra italiana che gioca all’estero merita il rispetto degli italiani.”.
Che giocatore era Scirea? “Non è facile parlare di lui al di là del giocatore fantastico che era, non ha avuto quello che meritava. Era capace di fare tutto, pronto a coprire gli errori degli altri in campo. Un compagno che sapevi di trovare sempre. Persona onesta, coraggiosa. Molto introversa ma un ragazzo fantastico”.
Allenatori italiani all’estero. “Tatticamente siamo più bravi degli altri, più attenti ai dettagli. Quando andiamo all’estero riusciamo ad applicare alla tattica questa voglia dei calciatori stranieri di essere più liberi. Io credo che il leader se lo scelga lo spogliatoio se non c’è un allenatore che può farlo. Quello è fondamentale sia per l’allenatore che per la squadra perché fa da unione tra i due”.
Come si fa a riprovarci dopo un incidente di percorso? “Io sono stato fortunato perché non ho mai avuto incidenti. Però all’inizio ho fatto una gran fatica perché i miei genitori non capivano niente di calcio e non erano d’accordo. Soprattutto mia mamma. Tante volte andavo a giocare e rientravo di nascosto. L’unica cosa che ho dovuto riprovarci sempre è sulla mia fisicità. Molte volte sono stato scartato da Inter, Milan, Bologna perché non avevo una credibilità fisica. Ho cercato sempre di portare avanti la mia passione ma ci vuole anche fortuna. Non mollare mai è il segreto”.
Le domande dei detenuti. Pensavi di entrare nella storia del calcio prima del mondiale del 1982? “Io ho fatto l’urlo di importante. E’ rimasto quello. Si tratta anche di una cosa che mi ha perseguitato perché sembra che ho fatto solo quello. Ho fatto anche 50 goal, giocato con la squadra che non amate. Entrare nel calcio italiano non è semplice. Maradona lo ha fatto, io sono più indietro ma credo di aver fatto qualcosa di carino”.
Il mondo del calcio potrebbe aiutare i giovani a non prendere una strada sbagliata? Ero figlio di operai che vedevo poco e avrei potuto sbagliare strada, incontrare persone che mi avrebbero fatto del male. Ho puntato sul calcio che mi ha sempre tenuto fermo sul campo, sul pallone. Molti altri miei compagni non ce l’hanno fatta. Oltre al calcio metterei la cultura. Ho preso il diploma però mi è mancato molto lo studio. Credo serva molto per indirizzarti nella vita”.
E’ possibile creare una selezione nazionale di detenuti allenata dal un big del calcio?  Dipende dalle istituzioni, non possiamo decidere noi. Ma siamo pronti ad impegnarci.
Ai margini dell’incontro il saluto di Gianni Di Marzio che raccoglie il caloroso abbraccio della platea: “Sono pronto a fare il vostro allenatore!”

 

BTS Under 14 batte l’Arzano Basket e vola in finale (FOTO)

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Continua l’imbattibilità per la BTS Under 14 di Castellammare Stabia. Nella tendostruttura del Liceo Scientifico Francesco Severi si è disputato oggi lo spareggio tra la squadra di casa e l’Arzano Basket, per aggiudicarsi la finale dei play off della fase Gold, e raggiungere poi la qualificazione alle Final Four.

Nella partita di andata ad Arzano la squadra stabiese ha vinto con 22 punti di vantaggio sugli avversari.

Il match di oggi ha visto il primo quarto terminare 5-9, sotto di 2 canestri la squadra stabiese.

Si va alla pausa lunga dopo un secondo quarto giocato punto a punto che termina con la squadra ospite in vantaggio di un canestro, sfruttando la palla persa dalla BTS.

Nel terzo quarto la partita cambia ritmo e le squadre lottano su ogni pallone incitati dai supporters presenti nella tribuna. Termina 31-32.

Dal Time out chiamato da Gino Sabatino vede la propria squadra condurre 43 a 35.

Il match termina 50-41, risultato che porta i giovani cestisti stabiesi alla finale dei play off e che conferma gli importanti risultati raggiunti dalla squadra durante l’intera stagione regolare.

A cura Luisa Di Capua, foto a cura di Antonio Gargiulo e Andrea Alfano

 

 

Vespa Rosa: Il rammarico delle tifose del Menti dopo l’ennesima ingiustizia

Noi della Vespa Rosa siamo stati in silenzio per alcune settimane prese dal finale di stagione che per le vespe è stato amaro. Sono trascorse quasi due settimane dalla cocente delusione dovuta alla eliminazione della Juve Stabia dai play off ad opera della Reggiana o meglio per mano della terna arbitrale, ma la ferita è ancora aperta e tanti tifosi ancora oggi commentano l’episodio del gol annullato ingiustamente a Ripa.

Oggi vi portiamo a conoscenza del pensiero di due tifose in merito a questo ennesimo ”furto”.

Roberta Schettino già protagonista della nostra rubrica “La Vespa Rosa” e partecipante anche al concorso indetto dalla Lega Serie B qualche anno fa afferma:

“Non provo rabbia per il gol annullato a Ripa, ma ricordandomi del gol annullato a Gomez a Bassano, ho una mia teoria: diamo fastidio a qualcuno! Non capisco quale sia il motivo di questa forte antipatia nei nostri riguardi, considerato che a livello di tifoseria siamo tra quelle più corrette.

Come tanti altri tifosi non ho più parole che possano far comprendere il mio stato d’animo, spero solo che l’anno prossimo saremo presenti, magari più competitivi di oggi, per toglierci la soddisfazione di vincere contro tutti e tutto, come si dice dalle nostre parti: alla faccia di chi ci vuole male!

SEMPRE FORZA STABIA !!!! ”

Anche Maria Mosca membro dell’associazione sportivo culturale StabiAmore e già protagonista anche lei della nostra rubrica “La Vespa Rosa” afferma:

“Ho visto la partita Benevento – Perugia e anche durante questa partita hanno prima convalidato e poi annullato il gol a Di Carmine con una decisione che in questo caso era giusta. Tutti gli addetti ai lavori hanno commentato invece come il gol di Ripa fosse assolutamente regolare.

Gli errori li commettono i calciatori, le società con le proprie scelte e anche gli arbitri. Mentre calciatori e società li pagano sulla propria pelle, perché gli errori arbitrali restano impuniti? Secondo me si dovrebbe creare un sistema di squalifiche “certe” anche per loro.

Non mi è piaciuto il comunicato della Lega Pro che li ha addirittura difesi raccontando una realtà diversa. Chi era presente allo stadio, soprattutto quelli della Tribuna Varano (ex Distinti), sa che è andata in modo diverso dalla “storiella” raccontata dai vertici della Lega Pro.”

Concludiamo il nostro articolo con un’affermazione che ci deve dare la forza per sperare che il calcio malato, piegato a logiche di potere e di denaro non esista più: “il calcio è di chi lo ama e ne noi siamo innamorati pazzi!”

Patrizia Esposito

Claudio Sciannamè: Uno di Noi

Claudio Sciannamè, che ricopre il ruolo di difensore, ha vissuto un periodo difficile in  questa stagione appena conclusa con successo per il Siracusa Calcio.

Il giocatore ventinovenne è entrato nella rosa del club artuseo il 12 settembre del 2016 adattandosi completamente alla squadra siciliana.

Il bravo difensore ha subito una serie di infortuni e questo gli ha condizionato la stagione calcistica. Malgrado ciò, quando è stato chiamato in causa ha sempre risposto positivamente disputando delle meravigliose partite.

Vanta nella sua carriera 221 presenze, purtroppo solo 9 con il Siracusa.

Fantastico nel 3-2 contro la Juve Stabia, perfetto nella gara vibrante con il Melfi decisa nei minuti finali.

Sciannamè è un giocatore di spessore ed esperienza: da ricordare che in carriera ha giocato in piazze calde come Foggia (2013-2014) e Pagani (2009-2010 e 2010-2011).

Ha intrapreso la sua carriera a 7 anni e da professionista, nel 2005-2006, il suo esordio  è avvenuto con l’F.C. Empoli da cui ha tratto i giusti insegnamenti per avviare la sua carriera da difensore.

Ciò che colpisce di Claudio è forse la disponibilità e il calore che dimostra con i tifosi. Risponde sempre con un  sorriso dolce che lo contraddistingue fra  molti altri. Malgrado le sue assenze in campo è un giocatore amato dal pubblico aretuseo proprio per la sua affabilità con le persone e questo ha contribuito a renderlo “uno di noi”.

Il contratto con la squadra aretusea scadrà il 30 giugno 2017, non sappiamo se il suo futuro sarà lontano dal “Nicola De Simone”.  Spifferi, però, ci rivelano che molto probabilmente potrebbe andare altrove, infatti il Siracusa calcio non ha ancora pensato se rinnovare o meno il contratto. Siamo sicuri  però, che chi lo prenderà a servizio, avrà assicurato: impegno, fatica ed esperienza. Imput  questi,che fanno innamorare i tifosi, gesta che appartengono ai guerrieri.

Sarri: “Reina? E’ un punto di riferimento, spero rimanga con noi. Su Milik e Insigne…”

Maurizio Sarri, allenatore del Napoli, ha ricevuto il premio Timone d’Oro e ha rilasciato alcune dichiarazioni raccolte da TMW Radio:

“Fra tutti i premi, quelli che danno maggiore soddisfazione sono quelli che provengono dai colleghi, per questo sono soddisfatto. Siamo usciti dalla Coppa Italia contro la squadra che ha poi vinto il trofeo. Stesso discorso in Champions: siamo usciti agli ottavi contro la squadra che si è laureata campione. Nei sorteggi forse non siamo stati fortunati. La finale di Champions? Son due squadre di grande livello, è chiaro che il Real Madrid, se prende il sopravvento sul piano del gioco, può far male. Siamo stati eliminati da una grande squadra, questo è palese: forse abbiamo mollato un po’ perché era un eliminazione diretta, fosse stata una gara di campionato sicuramente avremmo portato a casa un punto.

Il terzo posto in campionato? Chiudere a 86 punti e non entrare ai gironi di Champions è pesante. C’è un po’ di soddisfazione per quello che abbiamo fatto a livello di punti ed un po’ di rammarico per aver mancato la Champions diretta per un punto. Il preliminare per le squadre italiane è estremamente difficile e porta ripercussioni sia in negativo che in positivo per un bel periodo di campionato. Fa male essere l’ultima squadra italiana che farà il preliminare”.

Sulla permanenza di Reina: “È un punto di riferimento, è un ragazzo di grandi valori. Spero che Reina rimanga il nostro portiere a lungo”.

Sulle parole di Milik: “Il ragazzo rispetta la decisione della società. Ha avuto un lungo infortunio, ha lavorato tantissimo per tornare ad alti livelli. Il prossimo anno ci saranno i mondiali, reputo giusto che abbia un periodo di riposo. Certo, per un polacco forse c’è un po’ di rammarico per non poter disputare l’Europeo in casa”.

Su chi scommette la prossima stagione? “Se Insigne fa un altro salto di qualità diventa uno dei più forti al monto. Il salto di qualità lo ha già fatto, la sua stagione è stata straordinaria. Ha fatto più gol ed assist di altri giocatori di altre squadre che sono osannati dalla stampa. È un giocatore fortissimo e completo, ha sempre avuto grande talento ma in questo momento riesce sempre ad incidere sulla partita. Milik? Ha già dimostrato di essere un giocatore importante, è rientrato velocemente dall’infortunio, poi in quel ruolo è esploso Mertens e non potevamo fare a meno del belga. Peccato, sarebbe stato bello vedere Mertens vincere la classifica cannonieri”.

Sulla Juventus: “È la squadra più forte e la società più forte. Hanno in rosa tanti giovani e ne stanno acquistando altri, avranno un ricambio progressivo. Chiaro, qualche campionato prima o poi lo perderanno, è normale, ma sicuramente per i prossimi 20 anni sarà sempre al top. Il problema per noi e per la Roma è il ritorno delle milanesi. Sicuramente ci saranno più squadre in lotta per la Champions”.

Le milanesi? “Sono state un anomalia degli ultimi anni, ma vedendo come stanno lavorando sicuramente è un anomalia destinata a rientrare nel giro di poco tempo”.

Sulla gestione dello spogliatoio: “È la stessa in ogni categoria, forse ho fatto più fatica a gestire le prime donne in Lega Pro rispetto ai campioni del Napoli”.

Sulla mancanza di un centrocampista di grande personalità: “Noi abbiamo un giocatore che in una partita ha fatto 207 passaggi e nessuno ne ha parlato. Quando un giocatore riesce ad accentrare il gioco in una squadra che è fra le protagoniste del mercato, non penso che sia un giocatore di poca personalità. Poi il percorso del Napoli non passa da questo tipo di acquisti, ma dall’acquisto di giovani di prospettiva”.

Il campionato della Fiorentina? “È una squadra con qualche difetto, ma con grandi pregi. Ha dei giocatori di talento assoluto come Bernardeschi. Kalinic è fra gli attaccanti più forti in Italia: forse ha fatto qualcosa in meno rispetto alle aspettative, ho l’impressione che ci siano state tante difficoltà durante l’annata e questo può aver influito sulla stagione. Ha una bella base, poi tutto dipende da quello che si chiede ai viola. La Fiorentina può far bene se fa un anno sorprendente, non può essere sempre protagonista in un campionato con squadre decisamente più apprezzate”.

 

da tuttomercatoweb.com

Rai – Nuova proposta di ADL a Reina: rinnovo con ritocco dell’ingaggio, si attende una risposta

Ciro Venerato, giornalista Rai esperto di calciomercato, è intervenuto ai microfoni di Radio Crc rilasciando alcune dichiarazioni:

“In casa Napoli resta ancora da definire il futuro di Pepe Reina. Sarri non vorrebbe privarsi dello spagnolo che ritiene importante come leader e uomo spogliatoio. De Laurentiis ha fatto un ultimo sforzo offrendo 4 milioni in due anni invece dei 2,5 che percepirebbe fino al 2018. il Napoli attende una risposta, in caso di permanenza si punterà su un secondo portiere di prospettiva. Se Reina non dovesse accettare la proposta di rinnovo, la società tratterebbe la sua cessione con il Newcastle partendo da una base di cinque milioni. In questo caso si punterebbe su un sostituto già pronto. I nomi sono due: Neto e Leno. Il primo sarebbe felicissimo di approdare in azzurro, il secondo costa tanto oltre a percepire un ingaggio oneroso”.

“Dillo all’untore …..” (Roberta TEANO)

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“Il male e la paura sono gemelli siamesi” affermava Bauman nel suo libro ”Paura liquida”, ciò significa che nessuno si incontra mai senza l’altro.

In un macabro gioco di specchi sabato sera abbiamo vissuto tutto ciò che può generare la paura e la follia. Sabato sera fuggivano a Torino e fuggivano a Londra, a Torino c’era in atto la demenza alcolica di pochi balordi che ha generato la psicosi di un attentato terroristico provocando il panico di una folla intera, a Londra la realtà di un attentato terroristico, uno degli incubi peggiore nel quale questo secolo è immerso.

Considerando il fatto che l’umanità ha acquistato la capacità, sempre più avanzata, di”autodistruggersi”, come in un film “horror” noi non conosciamo da quale parte verremo attaccati e né da chi.

E’ impossibile prevedere. I terroristi sono ”serpi” in seno perché la maggior parte delle volte sono stati accolti, sono cresciuti, parlano la stessa lingua, usano gli stessi mezzi pubblici e le scuole delle proprie vittima ma le odiano, nel modo più immondo e spietato, in nome di qualcosa che ancora oggi non capiamo.

Hannah Arendt diceva che il male è banale, il bene lo comprendi il male,ahimè, è incomprensibile trascende nel banale e genera terrore.

Hanno generato in tutti noi una paura di quelle che ti rende folli. La paura immobilizza, ti pietrifica la mente, ti gela il sangue nelle vene, si ha una sorta di regressione agli istinti primordiali quella che si è avuta a Torino.

Si scappa ognuno per sé per isteria o per sopravvivenza, la stessa strategia che usa il cacciatore con il cingliale, per prenderlo lo trascina nel vortice della cecità della paura.

Oggi noi viviamo avvolti nel vortice della paura, la prudenza non ci salva e per usare le parole di Ralph Waldo Emerson ”pattinando sopra il ghiaccio sottile, la nostra speranza di salvezza sta nella velocità”.

Bene vorrei che si sviluppasse questo in ognuno di noi, comprendere che la vita è ”veloce”, sprecarla nella paura della “non vita”è un vero peccato.

In fondo fare il loro gioco, alzare muri, chiuderci dentro , avere paura dello straniero, gridare “dillo all’untore…” (generare così una paura collettiva) come “Nei Promessi Sposi” ci porterebbe tutti a rinunciare alla vittoria più grande che un uomo possa conquistare ,la Libertà. Per non parlare dell’alto prezzo in termine di democrazia che dovremmo pagare dall’invasioni degl i”sciacalli” politici, che sulle paure collettive ne fanno il loro cavallo di battaglia

Qualcuno mi dirà che è facile parlare “ma i fatti sono tragici e fanno paura”, intanto i 50 mila ragazzi e non riuniti a Manchester per il mega concerto di Arianna Grande, hanno dimostrato che a vincere, è sempre e solo l’AMORE

Dillo all'untore

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Nedved: “Volevamo Hamsik alla Juve, avrebbe avuto la possibilità di vincere il Pallone d’Oro”

Pavel Nedved, ex calciatore ed attuale vicepresidente della Juventus, ha parlato ai microfoni di TV Digi Sport soffermandosi anche su Marek Hamsik. Ecco le su dichiarazioni riportate dall’edizione online de Il Mattino:

“Ho parlato di persona con Hamsik, ma alla fine il trasferimento non si è concretizzato. E’ il capitano e l’idolo del Napoli e il club non ha voluto lasciarlo partire. Penso che Hamsik concluderà la sua carriera a Napoli. Se si fosse trasferito da noi avrebbe avuto la possibilità di vincere il Pallone d’Oro”.