La Bce lascia ancora invariati i tassi

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Ripianifichiamo subito una ripresa. Dopo potrebbe essere tardi

Nella seduta di giovedì 20 luglio 2017, la Bce ha lasciato ancora invariati i tassi di interesse. Il tasso principale è allo 0%, mentre quello sui depositi resta negativo allo -0,4%. Ha inoltre rinsaldato il Quantitative Easing (QE) a 60 miliardi di euro mensili ed è preparata ad allargarlo ”in termini di entità o durata” nel caso peggiori l’economia. Ma cos’è in parole semplicistiche il QE della Banca Centrale Europea ?

Si potrebbe tradurre in ”allentamento monetario”. Infatti, com’è noto da tempo, le Nazioni e specialmente l’Italia, avendo necessità di denaro liquido per sostenere la propria economia, quindi anche servizi, remunerazioni, pensioni e attività, emettono titoli di Stato (BOT, BTP, CCT, CTZ) con una variabile cedola per il compratore, che possono essere acquistati dai cittadini, dalle imprese e banche.

Per creare moneta e fare in modo che circoli più denaro, quindi per invogliare a smobilizzare i soldi dai depositi e stimolare così gli investimenti, la banca centrale si propone quale acquirente di titoli di stato ma senza rendimento, al fine di incentivare la crescita economica e per stimolare l’economia, così indirettamente trasfondendo liquidità in modo elettronico senza stampare valuta e allo stesso tempo mantenendo il tasso ufficiale di riferimento per le banche ai livelli minimi, con conseguenti benefici per chi chiede prestiti, mutui, ecc.

Purtroppo, seppure a fronte di questo perdurare di tassi bassi, specialmente al Sud, non si rileva fattualmente ancora nessun rilevante miglioramento dell’economia reale, almeno per chi può e vuole vedere.

Peraltro, rispetto a questa evidente stagnazione e malgrado la notevole pressione fiscale che nel primo trimestre 2017, secondo i dati ISTAT, è stata pari al 38,9% (segnando un aumento di 0,3 punti percentuali rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente), nel medesimo periodo, secondo i dati Eurostat (l’Ufficio Statistico dell’Unione Europea) il debito italiano è salito al 134,7%, confermandosi il più alto dell’Unione Europea dopo la Grecia. Che per l’Italia significa un aumento di 2,1 punti percentuali, rispetto al 132,6% del quarto trimestre 2016.

Tuttavia, salvo l’inquietante aumento del debito pubblico nonché dell’opprimente pressione fiscale, il perdurare dei tassi bassi è almeno una buona notizia per l’Italia (e la Sicilia), poiché abbiamo bisogno di un po’ di tempo è di altrettanto ossigeno (interessi bassi) per potere tentare di pianificare un’incorruttibile graduale ripresa economico-occupazionale, dopo decenni di legalizzata razzia politico-pubblica, che purtroppo e notoriamente in parte ancora continua.

Occorrerebbe però anche più onestà politica e intellettuale, come pure una maggiore vigilanza giudiziaria e  amministrativa. Ma per queste ultime necessità, ci vorrebbe anche “un Governo per i cittadini” e non, come di tutta notorietà ed evidenza da anni, Nomenclature per partiti, corporazioni, categorie, logge, lobby, ecc.

Gli italiani (e i siciliani) dobbiamo capire e con sollecitudine, che questo livello di tassi bassi è come una manna che ci sta sfamando. Ma non può durare per sempre. E una volta che dovesse iniziare a compiersi, potrebbe ritornare un’impietosa crisi ancora peggiore di quella ultima del 2008.

Adduso Sebastiano

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