Come spiega Alessandro Barbera, in vista delle trattative d’autunno il ministro dell’Economia Padoan avrà a disposizione un tesoretto da un miliardo di euro.
Palazzo Chigi e Tesoro trattano ancora: “Pronti a spendere un miliardo in più”
Padoan: Abbiamo avviato un percorso su alcune ipotesi. Oggi primo voto sul bilancio: Mdp dice sì e poi esce dall’aula
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OMA – Che in Parlamento sarebbe stato un autunno difficile l’avevano intuito. Bastava leggere in filigrana le ultime dichiarazioni di quello che a Palazzo Chigi è considerato il vero regista dell’operazione, ovvero Massimo D’Alema. Paolo Gentiloni lo conosce bene, Piercarlo Padoan in tempi ormai lontani ne è stato persino collaboratore. Ormai da giorni il premier e il ministro del Tesoro sono impegnati a tempo pieno per lavorare ai fianchi la truppa non propriamente granitica dei parlamentari Mdp. «Non faremo arrivare la Troika», ripete spesso Pierluigi Bersani. «Non si abusi della nostra responsabilità», dice Roberto Speranza. La pattuglia degli scissionisti può intestarsi la battaglia per far saltare l’accordo sulla legge elettorale, più difficile affossare il governo durante la sessione di bilancio. Se il governo finisse in minoranza si andrebbe dritti alle urne e all’esercizio provvisorio: uno scenario non auspicabile per una nazione sempre nel mirino delle agenzie di rating.
Nei palazzi c’è chi racconta che le dimissioni di ieri del sottosegretario Mdp Filippo Bubbico avrebbero allarmato il presidente Mattarella. Eppure la decisione di ieri dello stato maggiore degli scissionisti su come comportarsi oggi in Senato dà l’idea di una trattativa in atto per evitare il peggio. A Palazzo Madama ci saranno due chiamate: una per votare lo scostamento di bilancio (ovvero l’aumento del deficit dall’1,2 all’1,6 per cento come concordato con l’Unione europea), il secondo riguarda l’intero Documento di economia e finanza (Def), primo atto della sessione di bilancio. Il primo scrutinio ha una peculiarità: deve avere il sì di 161 senatori, non uno di meno. Per evitare la crisi i sedici senatori Mdp voteranno sì al primo provvedimento e non parteciperanno al voto sul secondo: per le regole del Senato l’astensione equivarrebbe a un no.
I problemi veri inizieranno dopo il 20 ottobre, quando il governo avrà approvato la bozza della Finanziaria e il testo arriverà in Commissione: per allora le richieste di Bersani e soci si salderanno con quelle di Renzi e Alfano. Con le elezioni ormai alle porte la lista dei desiderata è lunga. L’unico punto sul quale il governo non sembra disposto a trattare sono le pensioni. Su tutto il resto la partita è aperta. Secondo quanto riferiscono i ben informati, Gentiloni e Padoan hanno già messo in conto un aumento dei saldi della manovra di almeno un miliardo di euro. Secondo alcuni potrebbero concedere anche di più, e anche per questo nei numeri del Documento di economia e finanza il deficit previsto per il 2018 (1,6 per cento) sarebbe più basso dell’1,8 che tutti pronosticavano.
Il governo insomma è pronto a trattare. In audizione al Senato, ieri mattina, Padoan lo ha detto in modo esplicito: «Dentro la cornice di politica economica è avviato un percorso con le forze di governo, Pd, Mdp, Alleanza Popolare e gli altri gruppi volto a definire ipotesi di intervento in materia di investimenti, lavoro, lotta alla povertà e salute». L’ultimo punto è il più delicato e costoso: Mdp chiede un aumento del fondo sanitario e soprattutto l’abolizione del cosiddetto superticket. «Costerebbe 6-700 milioni di euro», abbozza D’Alema in televisione. Poche ore prima, a precisa domanda, Padoan era stato evasivo: se la spesa sanitaria diminuisce in rapporto al Pil è «perché la crescita nominale aumenta di più della spesa stessa» e questo «non è necessariamente un male». Anzi, «di qui al 2020 la spesa in termini assoluti aumenterà». Appuntamento per i dettagli a novembre.
Twitter @alexbarbera
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