Francesco ci ricorda che la terra nasce dal mare e dal fuoco
Terremoto: è l’ora della ricostruzione. Ma contro il malaffare occorrono talenti e menti oneste
I
MORTI, le rovine, i funerali, le polemiche, i progetti di ricostruzione, l’assistenza: tutto è stato ormai vissuto dalle vittime del terremoto avvenuto in Abruzzo, in Umbria, nel Lazio di Rieti, in quella fascia dell’Appennino già messa più volte alla prova. Ora tocca all’azione ricostruttiva. I talenti ci sono, ma insieme ad essi si ripresentano anche varie e assai diffuse forme di malaffare, contro le quali ci vorrebbe una mente, un’esperienza ed una onestà a tutta prova.
Ho letto la settimana scorsa un ampio articolo pubblicato dall’Osservatore Romano e scritto da Francesco Scoppola, per anni sovrintendente al ministero dei Beni culturali e in particolare proprio di quelle zone dove il recente terremoto si è scatenato. A persone come lui bisognerebbe affidare la progettazione della attuale fase: programma, persone capaci di attuarlo, fondi necessari. Mi auguro che anche il ministro competente lo abbia letto e ne tragga conclusioni adeguate.
Questo è il fare, ma c’è anche il pensare alla natura della quale facciamo tutti noi parte, subendone o provocandone gli effetti. È nostro nemico il terremoto, nostri nemici i vulcani, nostri nemici gli abissi che d’improvviso si spalancano sotto i nostri piedi? La gente normalmente la pensa così ed è naturale che sia questa la reazione di fronte al frequente ripetersi di questi spaventosi fenomeni in un paese come il nostro dove le catastrofi geologiche sono frequenti e diffuse.
Ma questo fenomeno naturale, oltre alle camarille che ci mangiano sopra, mette in causa per i presenti anche Dio. Perché Dio non interviene, non impedisce eventi che causano sofferenze e morte a persone, vecchi, bambini, ricchi e poveri? Dio non c’è, ma solo una natura affidata al caso o al destino? Monsignor Pompili, vescovo di Rieti, ha capovolto il problema, ha affermato pubblicamente nei giorni del dolore che terremoti e vulcani hanno costruito il mondo e non hanno prodotto il male; sono gli uomini che uccidono gli uomini con le loro opere imperfette e il loro malaffare.
La gente nella sua grande maggioranza è rimasta a dir poco stupita. Ma poi tre giorni fa ha parlato papa Francesco, la gente nei paesi distrutti aspetta che vada di persona a visitarli e confortarli. Francesco ha parlato ancor più chiaramente del vescovo. Ha detto: “Terremoti e vulcani hanno costruito il mondo e in particolare i luoghi emersi dalle acque. Invitiamo tutti ad un esame di coscienza al fine di confessare i nostri peccati contro il Creatore, contro il Creato, contro i nostri fratelli e le nostre sorelle, perché quando maltrattiamo la natura maltrattiamo anche gli esseri umani e in particolare i più indifesi che sono i poveri”.
Questo è il pensiero di Francesco, così come fu il pensiero del Santo di cui ha preso il nome. Il Creato è santo perché santo è il suo Creatore. Anche gli uomini, cioè la nostra specie, fanno parte del Creato, ma ad essi Dio ha donato la libertà di scegliere tra il bene e il male. Qui sta il punto che ci differenzia dal resto del Creato. Ma come e perché? E questo vale soltanto per il Dio dei cristiani o anche per le altre religioni? Il Dio è unico, pensa e dice Francesco. Ma le altre religioni sono d’accordo? E lo dimostrano e lo predicano come Francesco?
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In teoria tutte le religioni, soprattutto quelle monoteiste, non negano il Dio unico, anche se ne parlano il meno possibile. Ci sono tuttavia due differenze fondamentali rispetto alla Chiesa cattolica ed anche alle altre Chiese cristiane: né gli ebrei né i musulmani hanno alla loro testa un Papa, un Patriarca o comunque si chiami un religioso che tutti li rappresenta. Ci sono dei rabbini più autorevoli di altri e così pure degli imam che si distinguono per il loro sapere e per il numero dei loro seguaci, ma un Papa non c’è. E questa è la prima differenza.
La seconda però è ancora più importante e riguarda soltanto i musulmani. Molti Stati in cui sono divisi sono tutti teocratici, cioè il potere politico e quindi anche quello religioso sono nelle mani di un religioso e questo crea grandi differenze rispetto al resto del mondo. Bernardo Valli, nella sua rubrica di oggi sull’Espresso, dedica proprio a questo tema le sue riflessioni. L’articolo è intitolato “Come si dice laicità in arabo”, e scrive così: “La Medina di Maometto non è stata cancellata dalle coscienze. Ha contribuito ad alimentare le fantasie e le passioni e rimane ancora un estremo rifugio nelle disgrazie. Il ritorno alla Medina di Maometto è il rimedio a tutti i mali del secolo, a tutte le umiliazioni subite. E può anche essere una fonte di fanatismo come dimostra lo Stato islamico”.
La teocrazia ha immobilizzato l’Islam. E diviso in molte diverse sette, gli sciiti, i sunniti, i wahabiti e molte altre, ma il laicismo non c’è e se qualche famiglia islamica che vive all’estero lo pratica viene espulsa dalla comunità e a volte addirittura uccisa, oppure è mobilitato il padre che fa giustizia dei figli che hanno tradito il potere religioso e le sue leggi.
Riusciranno mai i musulmani ad acquisire il laicismo senza con questo rinunciare alla loro religione? Di fatto ciò significherebbe rinunciare alla teocrazia. Valli spera di sì e forse ha ragione ma ci vorranno secoli. Del resto la Chiesa cattolica ha impiegato secoli a rigettare il potere temporale, che è una forma sia pure moderata di teocrazia. Papa Francesco combatte ancora questa battaglia ed è ancora lontano dall’averla vinta.
L’ostacolo maggiore che Francesco incontra è il contrasto che ancora lo divide tra la verità assoluta e il relativismo laico. Questi due modi di considerare la verità sono inconciliabili e questo è un ostacolo apparentemente insuperabile per quell’incontro con la modernità che è uno dei precetti più importanti del Vaticano II. Francesco vuole attuarlo ed è per questo che cerca di trovare una soluzione. In alcune nostre conversazioni ho avuto la sensazione che abbia trovato il bandolo per sciogliere la matassa. Mi ha avvertito qualche tempo fa, ma adesso mi sembra che su quel bandolo sia all’opera e me ne rallegro.
La nostra verità – dice Francesco – è assoluta perché Dio è assoluto. Questo principio non è superabile e marca la nostra differenza con i non credenti. Ma il nostro assoluto è percepito da ogni persona religiosa a suo modo. Le persone non sono cloni. Ciascuno crede alla verità assoluta ma a suo modo. Quindi la verità assoluta è la mia, è la tua, è quella che molti vescovi hanno, per esempio sulla famiglia, una verità che non è la stessa di altri vescovi e così su molte altre cose. Sono differenze che arricchiscono e mi permetto di aggiungere che arricchiscono il mondo cattolico ma anche il mondo laico e non credente. Su tutto questo domina il dubbio. Il quale non preclude l’azione, ma mantiene la vigilanza critica. Questo è l’umanesimo.
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